Mondo sull’orlo di una crisi di Nerds : Cosmopolis

di
Francesco Forlani

From the pain come the dream
From the dream come the vision
From the vision come the people
From the people come the power
From this power come the change

Peter Gabriel, Fourteen Black Paintings

Il giovane manager multimiliardario, Eric Packer (Robert Pattinson), attraversa New York nella sua limousine. Come è stato scritto su Libération , il personaggio sembra un clone del nerd Mark Zuckerberg (Facebook) o il figlio tenuto segreto di Bill Gates (Microsoft). New York è semi bloccata dai dispositivi di sicurezza che accompagnano la visita in città del Presidente degli Stati Uniti, e l’unico desiderio che ha il nostro protagonista è quello di attraversare la città per tagliarsi i capelli dal vecchio barbiere di famiglia che è da tutt’altra parte. A più riprese si ha come l’impressione di vivere in una costante citazione di Fuga da New York, di Carpenter. Come nel romanzo di Don Delillo, il mondo è quello che appare a Packer dai finestrini della Limousine, e chiunque faccia parte del suo business, per poterlo incontrare, deve entrare nella scatola nera in cui si sta giocando, perdendo, il destino finanziario della propria società.

E tra le prime ad entrare scopriamo Juliette Binoche che interpreta una critica d’arte incaricata di acquistare opere per conto del più giovane boss. Il fatto che tutte le donne del presidente, le sole con cui abbia rapporti sessuali, siano più grandi non è un dettaglio. Diciamo subito che il tempo non è un dettaglio, il tempo è denaro ma soprattutto, in economia, una corsa tenace contro di esso.
Così quando Packer formula a più riprese, con insistenza il desiderio di acquistare la Rothko Chapel, la sua consulente ribatte che la fondazione che ne è proprietaria non ha minimamente l’intenzione di vendere.

Se si va sul sito della Rothko Chapel capiamo perchè Eric Packer è ossessionato dal luogo. Le tavole, quattordici per l’esattezza, apposte lungo tutto il perimetro della Cappella ci ricordano infatti i finestrini della Limousine osservati da fuori ovvero senza possibilità di vedere cosa accade all’interno. Così appare rovesciata oltre alla posizione del punto di vista anche la visione del mondo che ne deriva.

Tra le missioni della Rothko Chapel leggiamo infatti quella di “to inspire people to action through art and contemplation, to nurture reverence for the highest aspirations of humanity, and to provide a forum for global concerns.”.
E sicuramente da questo aveva tratto la sua ispirazione Peter Gabriel quando alla magnificenza del luogo dedicò la sua canzone Fourteen Black Paintings.

Certo la global economy che si gioca – l’interno della Limousine è tappezzata di schermi su cui le cifre delle borse si rincorrono sette giorni su sette ventiquattro ore su ventiquattro – non fa parte delle highest aspirations of humanity . E fa bene del resto il critico di Libération a ricordare come nelle stesse cartelline stampa oltre che nelle scritte sui palazzi e nelle parole di alcuni manifestanti in rivolta incontrati nel suo periplo, si ripeta lo slogan ” Uno spettro si aggira per il mondo…”. Un film marxista? Si chiede Gerard Lefort, e lo fa riportando paro paro uno dei passaggi più profetici del Manifesto di Marx ed Engels.

“Spinta dal bisogno di trovare sempre nuovi sbocchi, la borghesia invade il mondo intero. Essa deve penetrare dovunque, stabilirsi dovunque e impiantare ovunque dei mezzi di comunicazione. Grazie allo sfruttamento del mercato mondiale, la borghesia dà un carattere cosmopolita alla produzione ed ai consumi di tutti i paesi. Facendo disperare i reazionari, ha tolto all’industria la sua base nazionale. Le antiche industrie sono distrutte o stanno per esserlo. Vengono soppiantate da industrie nuove la cui introduzione diventa questione di vita o di morte per tutte le nazioni sviluppate, industrie che non utilizzano più materie prime locali, ma quelle importate dalle zone più lontane, ed i cui prodotti vengono consumati in ogni angolo del pianeta, non solamente nel paese. “

Se così fosse che cosa trascina la Limousine di Robert Pattinson ( vampiro protagonista del popolarissimo Twilight) nel baratro quando poi l’unica sua domanda rivolta all’autista a proposito della machine è “Where are they parked at night?”

Proustata asimmetrica

Non so dire se Cosmopolis sia o meno un film marxista, quel che invece credo di poter dire è che è sicuramente un film filosofico. Lo è nella misura in cui i personaggi agiscono come concetti in grado di decriptare la realtà delle cose. Robert Pattinson infatti ci dice in una intervista, a proposito del suo ruolo: è più un concetto che un personaggio. e quando si chiede in un’intervista a Don Delillo che tipo di sfasamento temporale aveva riscontrato Cosmopolis visto che dalla pubblicazione del romanzo erano ormai passati ben nove anni, lo scrittore risponde: Quando stavano per essere ultimate le riprese, c’è stata la nascita del movimento Occupy Wall Street e colpisce la coincidenza, dato che è collegabile anche a quello di cui si parla nel film. Vija Kinski, nel film, spiega a Packer, il suo capo, che i manifestanti sono strettamente connessi alle azioni di Wall street e del capitalismo e contribuiscono ad aggiornare e regolare il sistema. In un certo modo, aiutano Wall Street a ridefinirsi in un nuovo contesto e in un mondo più grande. A mio parere, questo è anche quello che sta accadendo con Occupy Wall Street: non ha cambiato niente, non ha ridotto i bonus astronomici rastrellati dai dirigenti aziendali ma ha permesso loro di studiare soluzioni alternative alla protesta.

Quello che rende un concetto autenticamente filosofico è proprio la capacità che ha di approdare da una dimensione visionaria a quella iperrealista, aggiungerei a questo punto.
Per tornare al film c’è un efficace passaggio che potrebbe essere sfuggito ai più ma che a mio avviso risulta il vero punto nodale della narrazione. La Limousine di Eric Packer è prousted.
” I Had the car prousted” dice Eric alla giovane moglie Elise. Il dialogo continua allora così.

ERIC: The way they build a stretch is this. They take a vehicle’s base unit and cut it in half with a huge throbbing buzz-saw device. Then they add a segment to lengthen the chassis by ten, eleven, twelve feet. Whatever desired dimension. Twenty-two feet if you like. While they were doing this to my car, I sent word that they had to proust it, cork-line it against street noise.

Cosa vuol dire Prousted se non ripiegata su se stessa, ovvero in una completa autonomia percettiva e ovattata della realtà? Il tentativo però non gli riesce, più o meno come l’acquisto della Rothko Chapel.

ELISE: Did it work?
ERIC: How could it work? No. The city eats and sleeps noise. It makes noise out of every century. It makes the same noises it made in the seventeenth century along with all the other noises that have evolved since then. No. But I don’t mind the noise. The noise energizes me. The important thing is that it’s there.

Cos’è allora il rumore di fondo che farà cadere il nostro diavolo della New Economy? Il tema musicale che ascoltiamo a più riprese durante il funerale di un rapper Sufi,”Mecca” di K’NAAN a cui lo stesso Don Delillo ha prestato le parole e che Packer si è addirittura fatta installare nell’ascensore?
Si dovrà attendere forse l’attentatore bulgaro della torta in faccia (interpretato da Mathieu Amalric)? In realtà la caduta della faccia d’angelo – “per me, l’essenza del cinema è una persona, una faccia che parla” ha detto Cronemberg in una intervista sul film- avviene durante una visita di routine, e più particolarmente quando il dottore al termine di un’analisi rettale gli diagnostica la “Prostata asimettrica”. In inglese asymmetric prostate .
Prousted diventa Prostate, e scopriremo proprio alla fine che l’universo di Packer si incrina insieme al concetto fondamentale nella sua visione del mondo, finanziaria o esistenziale, di simmetria, di calcolo, di previsione degli andamenti di mercato. (sul tema della simmetria si vedano gli eccellenti articoli di Antonio Sparzani pubblicati qui) In altri termini la sconfitta dell’imperatore, e del suo impero, è proprio nel passaggio dal capitale diventato corpo senza organi, a una dimensione biologica minima che il corpo rivendica (Prostate-protesta, ironic) perfino in un’anomalia assolutamente innocua, come sapremo.

Torniamo allora alla questione fondamentale di tutto il film. Dove sono parcheggiate le Limousine durante la notte? Non lo sapremo mai. Ci è soltanto possibile immaginare che a Eric Packer sarebbe di certo piaciuto stiparle nella Rothko Chapel, creando così finalmente, in totale simmetria, la sovrapposizione dell’interno con l’esterno, e lasciare che il nero non nasconda più nulla.

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6 Commenti

  1. Non so dire se Cosmopolis sia o meno un film marxista

    ma di certo so dire che questa tua lettura-recensione mi ha convinta tanto da farmi pensare che devo proprio vederlo, e chi sa, magari scoprirlo.
    bravo! bella.

  2. Natalia mi fa molto piacere davvero leggere questo commento. A volte ti prende un grande sconforto, soprattutto quando ti impegni su una cosa, all’idea che quella cosa scivoli via come una bottiglia che nessuno raccoglie :-) effeffe

  3. Mi associo ai complimenti per la recensione, direi che coglie benissimo almeno un paio di punti (il marxismo latente, il rapporto interno-esterno sotteso alla questione della Rothko Chapel) su cui nessuno – credo – si era concentrato. Un’aggiunta un po’ “silly”: la domanda su dove vengano parcheggiate le limo di notte a me ha fatto tornare in mente quell’altra (analoga?) di Salinger, su dove se ne vanno le anatre d’inverno quando il lago si ghiaccia…

  4. Innanzitutto grazie per i complimenti. Dopodik. A ben pensarci è vero, sono quel tipo di domande che apparentemente sembrano, nella loro infantile dimensione,innocenti ma che alla fine si rivelano o rivelano la faille nel sistema. effeffe

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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