Bagnanti #2
di Renata Morresi
le vite dicembre
sulle isole Pelagie
furono dei pirati
dei Tomasi
feste lente
lingue di lava
pause lunghe un Pleistocene
ciascun erede della casata
sparso alla sua longitudine
se allarga le braccia, se abbraccia
è una cala
entrata naturale
ma come, cosa, chi altri
che l’aria
[…]
è che a forza di pensare all’Italia
siamo diventati un po’ Italia anche noi
mugola da scorza vecchissima
mugola mucosa
ulcerata dalla plastica
c’hanno visti con le altre nelle vasche
a Linosa all’ospedale
cinquanta chili o dieci o due di carapace
(le bambine più bruciate) in cura dalle piaghe
prega perdio non dal mare
[…]
[da R.M., Bagnanti, in corso di pubblicazione per Perrone, Roma]
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ecco l’epifania: “è che a forza di pensare all’Italia / siamo diventati un po’ Italia anche noi”.
questo verso, così chiarificatore su come funziona l’immaginario, la dice lunga sullo sforzo che bisogna compiere ogni giorno per immaginare qualcosa di meglio.
giuseppe
recuperi un (ri)sillabato di ere geologiche, per dirci forse che non ne siamo fuori, che nulla è mutato? hai spolpato i versi per mostrarci il nostro stato?
No, non dico niente, non mostro niente, non predico, non mando messaggi, non suono campane, non richiamo all’ordine (“l’ordine feroce”, AR), né ai frammenti (“…against my ruins”, TSE), e non credo di poter garantire niente: le poesie di questa serie non sono finestre, ma superfici, spazi da – auspicabilmente – attraversare (non da svelare).
Ci sono – riconoscibili, sì – le tartarughe e Lampedusa, gli occidentali mezzi nudi, gli esuli vestiti, certi dettagli isolani, ma niente allegorie da prendere sul serio, credo, piuttosto una matrice di scelte possibili. L’intento è rimanere bagnati, ma non affogare.
grazie, mi legherò alla tua zattera :-)