Poesie # 4
di Franco Buffoni
Vita agra
E li pensavo invece che ai ponteggi
Aggrappati al condominio di fronte,
Sui prati verdi a prendere il sole
Giocare a tamburello bere birra
Scherzare fino a tardi ritornare
Per svegliarsi alle sette
Essere alle otto in punto qui di fronte
Risalire il ponteggio, accompagnarmi
Per tutta settimana, cento pagine nuove
Da tradurre.
E sabato e domenica per me
Pagine sole nel computer verde
Senza imbarcadero di carrelli
Richiami all’alto, virtù di gru
E braccia rimboccate alle putrelle.
Vorrei parlare a questa mia foto
Vorrei parlare a questa mia foto accanto al pianoforte,
Al bambino di undici anni dagli zigomi rubizzi
Dire non è il caso di scaldarsi tanto
Nei giochi coi cugini,
Di seguirli nel bersagliare coi mattoni
Le dalie dei vicini
Non per divertimento
Ma per sentirti davvero parte della banda.
Davvero parte?
Vorrei dirgli, lasciali perdere
Con i loro bersagli da colpire,
Tornatene tranquillo ai tuoi disegni
Alle cartine da finire,
Vincerai tu. Dovrai patire.
Lontano dalle sere
Quando era lontano dalle sere
Gli sembrava tutto naturale,
Dimenticare il travestimento
Le gomme a posto, il senso
Della città d’essere solo.
Ma quando era già buio, e poi più buio
(E c’è soltanto il fare,
Dire stasera non mi sento
O per stasera lascio stare,
Basta per un’ora, ma poi l’altra).
Allora tornava senza sole
Il desiderio, vuoto il bisogno di salire
Sul palco aperto al cuore della strada.
Gay Pride a Roma
“E il caffè dove lo prendiamo?”
Chiede quella più debole, più anziana
Stanca di camminare. Alla casa del cinema,
Là dietro piazza di Siena.
Non si erano accorte della mia presenza
Nel giardinetto del museo Canonica,
Si erano scambiate un’effusione
Un abbraccio stretto, un bacio sulle labbra.
Parlavano in francese, una da italiana
“Mon amour” le diceva, che felicità
Di nuovo insieme qui.
Come mi videro si ricomposero
Distanziando sulla panchina i corpi.
Le scarpe da ginnastica,
Le caviglie gonfie dell’anziana.
Quella sera, come smollò il caldo,
Passeggiai fino a Campo de’ Fiori,
Pizzeria all’angolo, due al tavolo seduti di fronte,
Giovani puliti timidi e raggianti
Dritti sulle sedie, con il menù, sfogliavano
E si scambiavano opinioni
Discretamente.
Lessi una dignità in quel gesto educato
Al cameriere, una felicità
Di esserci
Intensa, stabilita. Decisi li avrei pensati sempre
Così dritti sulle sedie col menù.
Per quanto può valere la mia opinione, quest’ultima è indubbiamente la serie di poesie che preferisco tra quelle recentemente pubblicate da Buffoni su NI. Soprattutto le prime due sono evocative, potenti e dirette: poesia leggibile, quasi prosastica, nell’accezione positiva del termine.
Eh , no, no a me sono piaciute anche quelle prima..