carta st[r]ampa[la]ta n.48

di Fabrizio Tonello

Gentile Dottor Baricco,

come vedrà dai commenti qui sotto, i capitoli che mi ha inviato per la Sua tesi “Una certa idea di mondo” al fine di conseguire il dottorato in “Tuttologia comparata” richiedono ancora parecchio lavoro. In particolare, ho trovato il capitolo relativo a La guerra del Peloponneso di Donald Kagan, consegnatomi attraverso il quotidiano la Repubblica di domenica 25 marzo, molto carente. Dallo svolgimento mi sembra di intuire che le materie guerresche La appassionino ma che la mancanza di abitudine a scrivere in modo accurato abbia reso l’elaborato impreciso e superficiale.
Prima di entrare nel merito di questo capitolo, tuttavia, vorrei fare alcune osservazioni sui capitoli che mi ha mandato nei mesi scorsi. Comincerò dall’uso della lingua: nel capitolo su Fantozzi totale (8 gennaio), per esempio, Lei scrive, riferendosi alla realtà: “Il gioco era mandarla in mona convocando, al suo posto, il surreale”. Ora, l’espressione “mandarla in mona” (nel senso di “mandare al diavolo” o simili) potrebbe essere accettabile da parte di uno scrittore veneto in grado di mescolare con grazia espressioni popolari e raffinate, rimandi dialettali e chiarezza cristallina della lingua. Temo che la frase, nel contesto del capitolo, suoni goffa e artificiosa.
Ho trovato piuttosto interessante il capitolo su Storia delle idee del calcio (26 febbraio) anche se mi ha dato l’impressione che il Suo sport preferito sia il baseball. Per esempio, Lei cita un video di 6 minuti su Olanda-Uruguay del 1974, di cui dice “Il risultato non me lo ricordo nemmeno (beh, diciamo che non vinsero gli uruguagi) ma l’elementare contrapposizione di due culture, una morente e l’ altra straripante,è così luminosa che la capirebbe anche un bambino”.
Le due culture, in questo caso, non sarebbero quelle descritte da Charles Snow nel 1959 nella sua conferenza The Two Cultures (che, sfortunatamente, non vedo in bibliografia) bensì la cultura calcistica olandese e quella uruguagia. L’approccio è interessante ma la Sua conclusione mi lascia perplesso: la “contrapposizione di due culture, una morente e l’ altra straripante,è così luminosa che la capirebbe anche un bambino”. Ora, la “cultura straripante” del calcio olandese vinse quel campionato del mondo, e magari anche i successivi? Non proprio: l’Olanda arrivò facilmente in finale ma in quella sede fu sconfitta dalla Germania, una squadra di giocatori “forti, tosti [che] menavano come fabbri e giocavano un calcio pratico ed efficace”, ovvero una rappresentante di ciò che Lei definisce la “cultura morente”. Al terzo posto si piazzò la Polonia: altri undici giocatori “forti, tosti [che] menavano come fabbri e giocavano un calcio pratico ed efficace” (se non vado errato, il capocannoniere del torneo fu un polacco, Lato, con 7 reti, seguito da un altro polacco, Szarmach, con 5 reti a pari merito con l’olandese Neeskens). Per l’Olanda, un secondo posto fra due squadre che rappresentavano la “cultura morente” non sembra poi un risultato così “straripante”.
Proseguiamo: nel capitolo inviatomi il 4 marzo, Lei esamina criticamente La principessa sposa di William Goldman e scrive: “Nella sostanza, si tratta di una avventurosa storia d’ amore: lei è la ragazza più bella del mondo (…) e lui è uno che la ama sopra ogni cosa (…) Ed ecco il dialogo: Lui: «Tu preferisci vivere con il Principe piuttosto che morire col tuo amore». Lei: «Preferisco vivere che morire, lo ammetto». Lui: «Parlavamo d’ amore, signora». Ovviamente Flaubert è un’ altra cosa”. Ecco, direi anch’io che Flaubert è un’altra cosa: La pregherei di scegliere un case-study differente per il capitolo sulle storie d’amore.
Veniamo ora a La guerra del Peloponneso di Donald Kagan, un capitolo che Lei inizia così: “E’ noto che la più difficile manovra militare è la ritirata: quasi impossibile eseguirla senza fare boiate”. Più oltre, riferendo di una votazione dell’assemblea ateniese: “Votarono, decisero e andarono a dormire. Una nave salpò per portare a Mitilene l’ agghiacciante verdetto (non esistevano mail)”. Come Le accennavo qui sopra, la mescolanza di registri letterari “alti” e “bassi” richiede una certa competenza linguistica, qui assente. Ma veniamo alla sostanza.
Lei vuole “dedicare” il Suo capitolo “a quei centocinquantamila” che hanno acquistato in edicola La costituzione degli Ateniesi di Aristotele, affrontando il tema di come funzionasse la democrazia nell’Atene classica. Di certo, un lodevole proposito. Lei quindi prende in esame un libro che “aiuterà a collocare qualsiasi nozione sulla democrazia ateniese nel suo giusto contesto”. Non potrei essere più d’accordo. Mi permetto, tuttavia, di osservare che scegliere La guerra del Peloponneso di Donald Kagan a questo fine è un po’ come studiare la democrazia italiana attraverso L’addestramento ginnico-militare nell’esercito italiano: 1946-1990 di Angela Teja e Sergio Giuntini, pubblicato dall’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito nel 2007. Libro eccellente, peraltro.
Discutendo delle decisioni di Atene di sterminare i cittadini di Mitilene, Lei scrive: “A mente fredda, le sparate dei demagoghi di turno sembrarono meno convincenti, e il parere sobrio di alcuni moderati improvvisamente più condivisibile. Così decisero di cambiare il verdetto, condannando a morte solo i diretti responsabili del tradimento (…). Il problema però era che la nave era ormai partita, con il suo verdetto tragico a bordo. Allora (…) fecero salpare una seconda nave (…). Ai rematori diedero viveri in abbondanza e promisero un premio se fossero riusciti a raggiungere la prima nave. Ora dovete immaginare quelle due navi che si inseguono, nel silenzio del mare tra Atene e l’isola di Lesbo, e ditemi se non se c’è un modo più bello di riassumere la traballante coscienza etica di qualsiasi democrazia”.
Temo che se Lei avesse consultato le fonti che doveva consultare avrebbe scoperto che “la traballante coscienza etica di qualsiasi democrazia” c’entra una sega (come scriverebbe Lei se fosse al mio posto). Infatti, si sa che furono gli ambasciatori di Mitilene a fare pressione per riconvocare l’assemblea e votare di nuovo per revocare l’ordine. E furono gli stessi ambasciatori a fornire “viveri in abbondanza” e a “promettere un premio” se l’equipaggio della seconda nave fosse riuscito a raggiungere la prima nave in tempo. Se vuol controllare, vada al libro III della Guerra del Peloponneso di Tucidide (qualsiasi edizione) cap. 36 e soprattutto 49: “Siccome gli ambasciatori mitilenesi prepararono vino e farina per la nave e fecero grandi promesse…” (cito dall’edizione Boringhieri del 1963, p. 231).
Infine, ritengo opportuno che Lei esamini più a fondo il tema della La costituzione degli Ateniesi di Aristotele. Qui manca una certa chiarezza filologica. Per esempio, sarebbe stato opportuno citare, almeno in nota, che molti classicisti, per esempio Carlo Augusto Viano e P. J. Rhodes, sono dell’avviso che questo testo non sia di Aristotele ma di un suo allievo fino ad ora mai identificato con precisione. Un allievo che Rhodes definisce “a lazy student” che “did not consult very many books” (cito da The Athenian Constitution nell’edizione Penguin del 1984, p. 19). Viano è più circospetto: “potrebbe esser nata intorno ad Aristotele, ma non essere di sua mano” (Politica e Costituzione di Atene, UTET, 2006, p. 39). Il paragonare quest’opera di dubbia attribuzione a “uno Stradivari” risulta poco appropriato, Le pare?
Devo purtroppo concludere che l’elaborato fin qui non è sufficiente ma sono certo che, impegnandosi di più, potrà migliorare.

Con viva cordialità,

Fabrizio Tonello

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5 Commenti

  1. Sul ridimensionare il calcio olandese perché nel 74 ha perso la finale, in Germania, contro la Germania, via, riguardiamoci la partita. E’come dire che l’Argentina è stata più grande dell’Olanda nel 78 perché, in casa, ha battuto l’Olanda. Calcio olandese straripante è dir poco.

  2. Dite che l’avrà capito, Baricco, di essere ormai soltanto un megafono per inesattezze proclamate?

  3. L’inesattezza in realtà mi pare di Fabrizio Tonello che sostiene: per l’Olanda, un secondo posto fra due squadre che rappresentavano la “cultura morente” non sembra poi un risultato così “straripante”.

  4. Gentile collega Tonello,
    come forse avrà saputo, finalmente (ecco perché il ritardo della mia comunicazione) è stata decisa la composizione della commissione di laurea per il Baricco, della quale farò parte anche io. Concordo con i suoi rilievi e le farò pervenire per tempo i miei, alcuni dei quali sono stati fatti circolare ‘a mia insaputa’ (condivido con molti questa singolare esperienza) su questo stesso blog. Non so con quale media di partenza il candidato si presenti, ma mi giungono già pressanti raccomandazioni, devo dire, per la verità, tutte firmate col solo cognome, Baricco. So anche che il candidato pretenderebbe di avere una commissione senza commissari e una votazione senza voto, così come ha voluto un’Iliade senza dèi. Richiesta forse da accogliere, visto che gli chiederemo in cambio di pubblicare d’ora in poi articoli senza parole e libri senza pagine.

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gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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