MANIFESTO LAICO
di www.italialaica.it
Esiste anche un’altra Italia. E se ne deve tenere conto. L’Italia laica di chi crede che la convivenza civile si fondi sullo spirito critico di ciascun cittadino. 1) SÌ ALL’AUTONOMIA E AL PLURALISMO DELLO STATO 2) NO ALLE INGERENZE DELLE GERARCHIE ECCLESIASTICHE · 3) SÌ ALLA RIGENERAZIONE DELLA SCUOLA PUBBLICA 4) NO AL FINANZIAMENTO STATALE DIRETTO O INDIRETTO DELLE SCUOLE CONFESSIONALI · 5) SÌ ALLA LIBERTÀ D’INSEGNAMENTO 6) NO A TRUCCHI PER AGGIRARE IL DETTATO COSTITUZIONALE: “SENZA ONERI PER LO STATO” · 7) SÌ ALLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE DI TUTTE LE RELIGIONI 8) NO AI PRIVILEGI DELLA CHIESA CATTOLICA · 9) SÌ ALLA LIBERTÀ DELLE SCELTE MORALI E CULTURALI DI CIASCUN INDIVIDUO 10) NO A UNA LEGISLAZIONE CHE PROVOCA DISUGUAGLIANZA TRA I CITTADINI ······ Esiste anche un’altra Italia. E se ne deve tenere conto. L’Italia laica di chi crede che la convivenza civile si fondi sullo spirito critico di ciascun cittadino. Di chi condanna ogni integralismo ideologico o religioso. Di chi è determinato a rispettare e difendere le regole della tolleranza e del dialogo. Di chi non fa confusione tra religione e ideologia politica, tra fede e posti di governo e di sottogoverno. Di chi sa che la libertà dello stato si fonda sulla sua autonomia. Di chi soprattutto trova ripugnante volere imporre agli altri, soprattutto alle nuove generazioni, valori univoci e verità rivelate. Il tutto con i soldi pubblici. Di chi vorrebbe che l’individuo maggiorenne fosse padrone di sé stesso e quindi libero di scegliersi le proprie relazioni e la propria morale. Di chi vorrebbe che all’individuo minorenne non fossero imposte, né dallo stato né dalla famiglia né dalle chiese, visioni del mondo univoche e totalizzanti che condizionano fortemente il suo futuro. Di chi pensa che ogni singolo debba avere effettivamente la massima libertà d’esprimersi, coltivare e realizzare la sua personalità, senza altri vincoli se non quelli derivanti sia dalla libertà degli altri sia dall’obbligo di promuoverla, garantirla, difenderla. Siamo molto preoccupati dalle ricorrerenti e sfacciate rivendicazioni clericali, dalle aperte ingerenze sui pubblici poteri, ma ancor di più dall’acquiescenza e dai segnali di resa delle forze politiche e culturali che hanno, o dovrebbero avere, valori pluralistici contrapposti al fondamentalismo nostrano. Corriamo il rischio, frutto del neocinismo imperante, che sia messa sotto i piedi la nostra Costituzione e i principi di laicità che fondano lo stato moderno. Soltanto concezioni ferme al medioevo possono ancora concepire l’individuo sottoposto ad autorità ideologiche esterne e il pluralismo come la sommatoria di sistemi chiusi e imposti. Il principio dello stato moderno, quello che ha salvato l’Europa dalle guerre religiose e ha garantito la libertà di culto, è la distinzione fra diritto e morale. La gerarchia ecclesiastica cattolica non si è ancora pacificata con questo principio. Essa interviene pesantemente sia sull’attività del governo e del parlamento sia, addirittura, sulle trattative per la formazione degli esecutivi. Poiché i cattolici non hanno più (o ancora) un solo grande partito, è il Vaticano a farsi partito. Già da tempo, il Papa ha lanciato ufficialmente la campagna politica contro una legge democraticamente voluta dal popolo italiano (quella che regola l’interruzione volontaria della gravidanza) e contro proposte di legge o politiche dei governi locali che riguardano la regolamentazione della fecondazione artificiale e il riconoscimento delle coppie di fatto. Oltre a continuare a battere cassa pubblica per le proprie scuole confessionali. Ugualmente aperto è il contenzioso tra una pratica laica e gli ambienti politici cattolici che si fanno portavoce della Chiesa sulla negazione della donazione dei gameti che va contro la libertà di procreazione, e sulla limitazione di tecniche, accettate ovunque, per la terapia della sterilità. Ugualmente inaccettabile è il monopolio dei cattolici nel Comitato nazionale per la bioetica. La Chiesa interferisce – come non succede in nessuno degli stati occidentali – direttamente nelle scelte politiche della nostra repubblica, perché non accetta quello che per lo stato liberale e democratico è invece il fondamento indiscutibile: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3 della Costituzione). E’ chiaro che lo stato non impone, né privilegia particolari scelte morali. Secondo la Chiesa romana, invece, i cittadini non dovrebbero essere trattati egualmente, ma in relazione alla loro adesione ai principi religiosi cattolici. Questa pretesa, occorre ribadirlo con forza e senza ambiguità alcuna, è in totale disaccordo con il nostro patto costituzionale e con la cultura politica nella quale i cittadini italiani si riconoscono tramite quel patto. Confidiamo che il governo difenda questa fondamentale prerogativa di civiltà, che sia davvero il governo di tutti, e non il governo dei cattolici praticanti.
Scrive Rino Tripodi su LucidaMente il 30 novembre scorso
Esiste un liceo a Bologna in cui il 100% degli allievi è promosso. Alcuni anche pervenendo alla media del 9, ma, in genere, perlomeno con voti finali sopra il 7. La retta si aggira su i 4.000 euro l’anno.
La scuola è il Liceo privato paritario Malpighi, riconosciuto come istituzione educativa cattolica dalla Chiesa di Bologna. Questi dati non farebbero notizia se non fosse che la preside di tale istituto è stata nominata sottosegretario all’Istruzione nel Governo Monti. Si tratta di Elena Ugolini, militante di Comunione e liberazionei. Attualmente fa parte del Comitato di indirizzo dell’Invalsi (Istituto nazionale di valutazione).
Non si era mai visto in tutta la storia repubblicana un esponente della scuola privata al governo dell’istruzione pubblica. La scuola paritaria privata dalle elementari alle superiori accoglie solo il 5,5% degli studenti italiani. Inoltre, come è noto, il ministero della Pubblica Istruzione ha, tra i propri compiti, quello di vigilare sul funzionamento delle stesse scuole paritarie private.
Come è possibile allora che a sovrintendere a questo compito sia chiamata, nel ruolo di sottosegretaria, una dirigente di una delle scuole da controllare? Non si crea un enorme conflitto di interessi? Nella nostra Costituzione è ben chiara la distinzione fra la scuola statale e quella privata. Forse migliaia di dirigenti della scuola statale, di diverso orientamento politico non potrebbero assolvere meglio e più coerentemente il compito di sottosegretario del delicato dicastero?
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