VISIONI in TRALICE [V] Lascia ch’io pianga

[ “vigils musing the obscure” – veglie – molte – meditando sull’oscuro ]


F. Haendel RINALDO [1711] “Lascia ch’io pianga” [Philippe Jaroussky]

di Orsola Puecher

[ a mia madre [*] – acciaio e cartavelina – in quiete e memoria – nulla si perde ]

Good and evil we know in the field of this World
grow up together almost inseparably; […]

           John Milton Areopagitica 1644

E l’infanzia sfuggiva tersa e mite,
selvatica di rovi e di ortiche
e graffiata di reti arrugginite,
[ in luce cristallina ]
[ in nebbia di pianura ]
[ in stoppie di granturco ]


in chicchere minuscole di bambole
infusi d’aghi e arilli di tasso,
pozioni aigrappoli di maggiociondolo,
[ in pulviscolo di raggi ]
[ in fragore di tuoni ]
[ in scurirsi di nubi ]


in pentolini smaltati di verde
brode di rose e bacche di sambuco,
fragole matte e minestre di terra.
[ in profumo di fuochi]
[ in frescura di cedri ]
[ in sapore di more ]


 

[ Cuoci la pappa pentolino! Fermati pentolino! ]

 



[ Colazione di ⇨ Amalia Lindegren 1866 ]

 

La pappa dolce
 
C’era una volta una povera fanciulla pia, che viveva sola con sua madre; e non avevano più nulla da mangiare. Allora la fanciulla andò nel bosco e incontrò una vecchia che già conosceva la sua povertà, e che le regalò un pentolino. Doveva dirgli: -Cuoci la pappa, pentolino!- e il pentolino cuoceva una buona pappa dolce di miglio; e quando diceva: -Fermati, pentolino!- il pentolino smetteva di cuocere. La fanciulla lo portò a casa a sua madre: la loro miseria e la loro fame erano ormai finite, ed esse mangiavano pappa dolce ogni volta che volevano. Un giorno che la fanciulla era uscita, la madre disse: -Cuoci la pappa, pentolino!-. Quello fa la pappa ed ella mangia a sazietà; ora vuole che il pentolino la smetta, ma non sa la parola magica. Così quello continua a cuocere la pappa, e la pappa trabocca e cresce e riempie la cucina e l’intera casa, e l’altra casa ancora e poi la strada, come se volesse saziare tutto il mondo, ed è un bel guaio e nessuno sa come cavarsela. Infine, quando non restava una sola casa intatta, ritorna a casa la fanciulla e dice: -Fermati, pentolino!- e il pentolino si ferma e smette di fare la pappa; e chi volle tornare in città, dovette farsi strada mangiando.
 
Jacob e Wilhelm Grimm [KHM 103 – 1857 ]

 

E prima di aver visto la volpe morta, tutto era ancora così ordinato. Non servivano immagini per dire le cose con altre cose: non similitudini, né metafore ad affiorare dallo stupore e dalla paura, dal mutarsi della qualità gentile [prosaica] e luminosa dei sentimenti in soggettive [liriche] esperienze d’ombra. Il cielo con le nuvole e il sole ancora al loro posto. Non c’erano grinze sulla superficie della Terra. Era un lenzuolo di lino ad asciugare al sole sul prato, quattro pietre a fermarlo, da piegare tenendolo teso in due, in giocoso balancé.

 

Tira tira e molla… molla molla
e tira… tira tira tira… molla!

Tellurio

La Terra era ancora la sfera rigata di meridiani e paralleli con i continenti emersi color acquarello, in pallide sfumature gialle, rosa e verdino: ogni cosa, nel celeste fondo di oceani e mari, stava quieta sul vecchio Tellurio brunito, che la maestra Adele nome di miele faceva ruotare intorno alla candela, brillante e tranquilla nella classe scura, il cono d’ombra sempre alle spalle, con la Luna vicina e appesa al filo di ferro della sua orbita regolare. E noi, sicuri, magnete e calamita, ancorati in giostra alla sua buccia.

 

John Cage [ 1912 – 1992 ]
Imaginary Landscape No. 1 [ 1939 ]


La volpe morta, trippa per le mosche,
s’alza a rincorrerti dietro le spalle,
piccola strega di querce e nocciuòli.
 
Suona con fili d’erba un canto fine,
succhia il cuore dolce ai fiori dei glicini
e delle acacie dalle lunghe spine,
 
fata, bacchetta, stellina e straccetti,
dormi cent’anni se ti punge un fuso,
chiudi occhi e naso e bocca e sei morta.
[ in ronzio di elitre ]
[ in fruscio di zampe ]
[ in scalpiccio di passi ]
 
[ in stormire di foglie ]
[ in carezze di vento ]
[ in umido di fratte ]
 
[ in cantilene di sonno ]
[ in silenzio di albe ]
[ in lampi di palpebre ]


[ terra in bocca e sapore di formiche ]

 

La volpe morta stava a metà del sentiero, fra le viole e le foglie verdi a cuore delle viole, con il ventre aperto rosso e slabbrato e grosse mosche verdi e larve bianche che ne uscivano lente dalle viscere esposte, in quell’odore.





E siamo tornati, attratti, a rivederla. Con le ⇨ pile Lucciola, lucciole nella notte. E poi scappati via correndo forte. Senza guardare indietro: per paura che si potesse alzare, così, marcia e squarciata, a inseguirci.

 

Non avevamo mai sentito prima
le spalle così piene di buio e morte.

 

E anche la Luna, lassù, era un pezzo di legno marcio.

NONNA
C’era una volta un povero bambino che non aveva né padre né madre, erano tutti morti e non aveva più nessuno al mondo. Tutti morti, e allora lui se ne andò, vagando giorno e notte. E siccome sulla terra non c’era più nessuno, decise di andare in cielo, la luna lo guardava affabilmente e quanto alla fine ci arrivò,
era un pezzo di legno marcio, allora andò sul sole, e quando ci arrivò, era un girasole appassito e quando arrivò sulle stelle erano mosche d’oro stecchite come quelle che l’averla infilza sulle spine del prugnolo e quando volle tornare sulla terra, la terra era una pentola rovesciata, e allora si sedette e pianse e sta ancora là seduto, tutto solo.
 
da Woyzeck
di Georg Büchner
[scena 19]
Traduzione Giuliano Corti
Garzanti Editore

 

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*


* [ Berlino – Olimpiadi della Danza – 1936]

ILDEBRANDO PIZZETTI [1928] “Mattutino

[torna all’inizio]

_____________ *** _____________

 

[ scena inziale di Antichrist  LARS VON TRIER ]

 

_____________ *** _____________

 

Lascia ch’io pianga
Mia cruda sorte,
E che sospiri
La libertà.
Il duolo infranga
Queste ritorte,
De’ miei martiri
Sol per pietà.

 
F. Haendel RINALDO [1711]
Lascia ch’io pianga

 

_____________ *** _____________

 

Good and evil we know in the field of this World grow up together almost inseparably; and the knowledge of good is so involved and interwoven with the knowledge of evil, and in so many cunning resemblances hardly to be discerned, that those confused seeds which were imposed upon Psyche as an incessant labour to cull out and sort asunder, were not more intermixed. It was from out the rind of one apple tasted that the knowledge of good and evil, as two twins cleaving together, leaped forth into the world. And perhaps this is that doom which Adam fell into of knowing good and evil, that is to say of knowing good by evil.
 
da ⇨ John Milton Areopagitica [1644]

 

_____________ *** _____________

 

VISIONI in TRALICE

 
VISIONI in TRALICE [I] I can’t hide you the rock cried out
VISIONI in TRALICE [II] But doth suffer a sea-change…
VISIONI in TRALICE [III] … e abito sempre nel mio sogno…
VISIONI in TRALICE [IV] Cum dederit dilectis suis somnum

 
 
 

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10 Commenti

  1. sulle note parole, immagini, nessi, lucciole, pile, infanzie, vite e morti, poi le nuvole come se prima e dopo non fosse altro che tutto.
    *lascia ch’io pianga.*
    è una meraviglia.

  2. Il mondo di poesia di Orsola all’infinito:

    – nel cuore la lanterna lucciola
    – la musica delle notte in blu
    – il dolore dell’universo
    e la sua danza in attrazione
    – il regno della solitudine dentro la pagina infanzia
    – il ricordo di una volpe
    – l’ombra nacosta di una lacrima dentro la bellezza
    – un cielo che viaggia troppo veloce
    – un oggetto abbandonato

  3. sono due giorni che me lo riguardo due volte al giorno. anche adesso. e in fondo non so che cosa mi tiene qui. però azzardo e scompongo. una parte della colla è questa tua capacità raffinata di comporre, combinare, di rendere evidente quanto il sapere tecnico in rete è sapere estetico. oltre haendel e jonny cage. ne voglio ancora!
    chi

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orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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