Una cosa di sinistra (che non arriva mai)
di Helena Janeczek
Sabato in piazza San Giovanni, Matteo Renzi è stato non molto gentilmente invitato a “dire qualcosa di sinistra”. Per chi fosse troppo giovane per ricordarlo, la frase risale a Nanni Moretti che sbottava vedendo D’Alema a “Porta e Porta”. Sono passati 15 anni. Ma nel partito democratico l’unica novità pare che sia diventata applicabile anche al sindaco di Firenze. Sembra, soprattutto, che l’unica alternativa sia quella tra il “vecchio” e il “nuovo”. Poi, una volta compiuta la libera scelta tra Bersani e Renzi, non si vorrà pure pretendere che dicano o facciano qualcosa di sinistra. Il primo mira all’alleanza con l’Udc, porto franco dei topi che fuggono dal Pdl. Il secondo, secondo Michele Serra, sarebbe il nostro Blair giunto con vent’anni di ritardo, ma meglio tardi che mai. Tony Blair, oggi? In tutto il mondo si espandono movimenti che criticano le ricadute del neoliberismo. Persino nella Germania di Angela Merkel, la Spd ha elaborato un programma in materia economico-finanziaria decisamente di sinistra. E qui da noi – cosa che indicano con evidenza il voto delle comunali e i referendum – le cose di sinistra non le sta chiedendo solo Nanni Moretti o quelli che tengono alla propria identità politica per ragioni di sentimento o coerenza. Le sta chiedendo chiunque abbia capito – spesso letteralmente a proprie spese e sulla propria pelle – che Berlusconi è stato solo l’esemplare sommo dell’1% che ha eroso a proprio vantaggio le condizioni di vita del restante 99%, così come l’edilizia selvaggia ha eroso il suolo preparando il disastro ambientale. Per questo, l’alternativa tra il “nuovo” e il “vecchio” è un tale cul-de-sac da parere quasi partorita dalla mente strategica di Massimo d’Alema. “Noi non dobbiamo reagire, ma rassicurare”, gli faceva il verso Nanni Moretti. Ormai ci crede solo la leadership, sia nuova che vecchia.
pubblicato su L’Unità, 8 novembre 2011.
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Ben detto!
Ma cos’è “sinistra”?
Renzi, al pari di Bersani e tutto il PD, hanno lo stesso programma della Bce. Che c’entra con la sinistra?
La Bce (e il Fmi) chiede: privatizzazioni, revisione della contrattazione, revisione delle norme sull’assunzione/licenziamento, ritocco delle pensioni, clausola sul deficit, riorganizzazione dell’amministrazione pubblica …
Il Pd, in tutte le sue varianti, propone: privatizzazioni, revisione della contrattazione, revisione delle norme sull’assunzione/licenziamento, ritocco delle pensioni, clausola sul deficit, riorganizzazione dell’amministrazione pubblica …
Che c’entra con la sinistra?
Ma naturalmente, alle prossime elezioni, voterete tutti felici il PD e le sue stampelle “sinistre”, Vendola in testa. Ma che c’entra con la sinistra?
Il panorama è chiaro: da una parte, ciò che resta del Pdl, al centro il Terzo Polo, poco più in là l’alleanza elettorale tra Pd, Vendola, Idl e partitini vari. Dopodiché, vinte le elezioni con margine risicato, il governo sarà Pd+Vendola+Idl+partitini+Terzo Polo (Mario Monti?). [Unica variante ammessa: alleanza elettorale PD+Terzo Polo, con esaclusione di Idv+Vendola+partitini; solo che è una variante troppo rischiosa. Si accettano scommesse].
E comincerà, col consenso della Triplice, il massacro sociale: comincerà l’applicazione del programma della Bce. E allora, che faranno Vendola+Idv+partitini? Si accordernanno; piccoli distinguo verbali, piccole narrazioni differenti, poi, coi comportamenti, voteranno in sintonia con la Bce. Anche qui, si accettano scommesse.
E la sinistra?
Sotto scacco, ancora una volta.
Gli indignados americano lottano contro Obama (che infatti li fa arrestare), quelli spagnoli contro Zapatero (che infatti si è dimesso); in Italia voteranno i nostrani Obama e Zapatero. Siamo proprio alla frutta.
PS: per essere tale, la sinistra deve recuperare “lucidità” (la strada è proprio la lucidità di Saramago). Altrimenti vince la Bce.
Mah, non è detto che chi ha urlato “dì qualcosa di sinistra”, intendesse veramente dire “dì qualcosa di sinistra”. Moretti…, che per quanto ggiovane ho visto e ricordo, forse proprio in quanto ggiovane, non c’entra secondo me. “Dì qualcosa di sinistra” è un tormentone, una di quelle nenie sfruttatissime che sono diventate parole d’ordine tra sedicenti comici e giornalisti (che si rubano il mestiere a vicenda). Un po’ come “non c’è un’alternativa”, che è un non-sense. Sono quelle frasi preintallate nel sistema operativo dell’utente medio.
Poi beh, il fatto che Renzi non abbia un’intelligenza politica, secondo me almeno, è secondario. Cosa vuoi di più dalla vita? E’ “nuovo”, e questo sembra essere il fondamentale requisito. Poi è ggiovane, e questo è il secondo requisito fondamentale. Dove lo trovi un altro così? … Dappertutto, dirai tu. Ci sono milioni di giovani sconosciuti, “nuovi”. Io ne conosco una decina, tutti disoccupati, nuovissimi. Ma appunto, proprio per questo… Lui è uno qualunque, è uno di noi. E questo è il terzo requisito fondamentale. Almeno per come la vedo io.
Stan mi ricorda quel tale una volta che in un pub del centro storico ce la menò a lungo sul fatto che Bersani era un clerical-fascista e Berlusconi l’unico vero marxista in Italia e che lui, da sempre di sinistra, votava col popolo, cioè per il Pdl. Va da sè che alla fine se ne andò dimenticando di pagare la sua parte. Dice cose anche giuste (il programma della BCE) ma si tradisce con la piccola bufala faziosa del ‘Obama li fa arrestare’…
Oro.
credo che durante la reggenza dei predecessori di Renzi si sia speculato urbanisticamente non meno che se avessero governato omologhi destrorsi.Per ora dobbiamo accontentarci per ciò che concerne le differenze tra le due ali,di una certa forza di gravità etica che spinge gli affaristi con meno scrupoli ad allontanare fuori dalla sinistra più rapidamente.La difesa del lavoro da quelle clausole che lo rendono alienante o poco dignitoso,promessa negli slogan dei cartelloni nell’ora dei comizi,non mi è sembrato mai in agenda.E lo spettacolo è stato scadente
http://www.youtube.com/watch?v=cQ4geMUx6bQ
Il punto non mi sembra quello di specificare cosa sia di sinistra: molti ormai considerano la descrizione della politica come contrapposizione tra una destra e una sinistra una cosa senza senso, una vera e propria frottola che nasconde la realtà.
Oggi dobbiamo invece dire che le scelte sono molto drastiche, perchè così ha deciso il capitale internazionale, e quindi o si sta col FMI, BCE, Sarkozy, Merkel, Obama, o si sta col 99%. Non so cosa si inventeranno nel PD, ma qui i margini di doppiogiochismo sono estremamente ridotti, e se stanno con le istituzioni finanziarie non possono stare col 99%, è difficile costruire trucchi verbali su questo discrimine così netto.
… Non è che voglio fare il migliorista, il Gondrano della situazione a tutti i costi, ma: le ragioni per cui non vale la pena votare nessuno le conosciamo e ne abbiamo a iosa.
Ora, la prospettiva auspicabile sì ma pure fattibile, qual è? Scheda bianca in tutta la nazione? Tanto vale aspettare la penisola si stacchi dal continente, alla lettera, perché affondi come si addice a qualsiasi zattera di pietra.
Oppure: qualche ragione per votare uno piuttosto che un altro c’è, regge, resiste?
Secondo me sì.
Perché il canto che fa “tutti-lo-stesso” equivale al canto “stiamo-meglio-ora-che-stiamo-peggio”. Di sirene siamo pieni.
Ma qualcuno, ubriaco o delinquente o imbecille totale che uno schifo di patentino nautico almeno ce l’abbia lo dovrà prendere il timone, o no?
Evvai col meno peggio allora! – Ma… chi è?
Un saluto!
Antonio Coda
Sospetto che la cultura italiana produca triadi (dante, boccaccio, petrarca; dalla, de-andré, de-gregori, etc.) e che questo valga dall’incrocio con lla ex-dc anche per le correnti del partito democratico.
Così temo davvero che alla vecchia triade imperante: bersani, d’alema, veltroni (ma perchè d’alema lo intervistano ancora?) si sostituirà fra una decina d’anni la futura triade: renzi, civati, serracchiani.
Con una meccanica di correnti, più che di idee. Per il momento i giovani, prodotti di partito, hanno il vantaggio di essere visti nell’immaginario collettivo come politicamente vergini.
Valore che è riconosciuto a renzi, lo stesso con il quale berlusconi e la lega vinse le elezioni. In fin dei conti, ancora una volta, un valore cattolico. Quanto alla BCE, ci avviamo verso una stagione di politica negativa. la libertà é ormai a tutti gli effetti quella di Berlin.
Con l’ufficiale giudiziario europeo alla porta, c’è rimasto poco da decidere – forse solo come tagliare – e molto, moltissimo da eseguire.
Temo che chiedere conto esattamente di quel COME (e dove) tagliare, sarà già troppo e, al tempo stesso, non abbstanza per allentare la morsa su quasi tutti. Più sulla scuola e sanità privata e meno sulla scuola e sanità pubblica. Più sulle grandi opere e meno sull’ambiente. Più sulla difesa e meno sulla previdenza. Più sui costi della politica e meno sui contribuenti. Molto più sui redditi alti e le proprietà che sui salari. E così via.
Forse è il minimo che possiamo pretendere, ma dobbiamo farlo. Il che non toglie che possiamo, contemporaneamente, chiedere un ripensamento assai più radicale delle politiche economiche. Si può cercare di pensare e agire a diversi livelli, con diversi strumenti. Giusto per non togliere alla democrazia rappresentativa, il minimo di controllo e pressione – appunto – democratica.
Concordo sul fatto che non si tratta di separazioni partitiche o di ubbie di fazione, perchè è la stessa società che chiede di essere amministrata in modo diverso,
non la società senza popolo ma pilotata dal populismo, non la società dilaniata dallo scoppio dell’ordigno mediatico in questi ultimi trent’anni; ma quella degli otto milioni di poveri, del crollo del 7% del Pil, del trenta per cento di giovani disoccupati, dei cittadini incazzati tra di loro e contro la peggiore classe politica d’Europa, cui però continuano a chiedere favori, interessi e licenze di chiudere un occhio. La società che vuole più equità e meno privilegi, più garanzie sul lavoro e meno clientelismo familista, più bellezza e meno cemento, magari anche più riforme e meno comunicazione. Non so se è sinistra, forse è solo una richiesta di coerenza: protestare contro questa pseudocrazia populista, in nome della democrazia.
Passo di qua e voglio solo puntualizzare che in Italia il vento neoliberista non è mai soffiato: http://www.qdrmagazine.it/2011/11/8/35_fasano.aspx
@helena, fermarsi alla democrazia rappresentativa è già un limite a scapito di quella partecipativa, alle istanze del 99%. Caduto Berlusconi la lotta deve continuare perchè non cambierà nulla. Si chiederà tutto in cambio di poco. sotto il segno della catastrofe imminente i “pagherò” saranno scambiati con sacrifici contanti ed immediati. E’ dal Governo Amato che questa tecnica dei due tempi spariglia tutti i fronti di vera opposizione alle iniquità di sistema. I punti fermi delle rivendicazioni (scuola ricerca sanità pensioni) verranno svenduti come scudi ideologici di gente che non vuole ragionare. Al contrario che negli USA qui il fronte si spariglia in men che non si pensi e chi resta è additato come terrorista. Non vedete? un po’ tutti hanno già le loro ricettine dalla faccia pulita che in verità ristrutturano il privato a scapito del pubblico in modo ancor più radicale di quanto non abbia potuto il berlusconismo in quasi 20 anni. Beppe Grillo e Boeri (la voce.info) mi fanno paura per come sanno esaltare l’ideologia del singolo e denigrare la cosa pubblica. vedremo
carlo, forse non l’ho detto con sufficiente chiarezza, ma non intendevo affatto che bisogna fermarsi alla democrazia rappresentativa. Dico semplicemente che, secondo me, non è nemmeno il caso di voltarle le spalle completamente, considerarla un terreno perso dove non si ottiene niente. Se parto dal presupposto che quel che farà o sarà il Pd (ma anche Sel ecc) non mi riguarda, perché tanto so già come andranno le cose, di fatto sto dando carta bianca all’immobilità e alla realpolitik a ribasso. E’ per questo che invece penso mi riguardi, a prescindere dal fatto che abbia o meno intenzione di votare per questo o quel partito, e senza farmi illusioni su quel che possa ottenere.
Della crisi della democrazia rappresentativa stanno soffrendo di più i partiti di (centro)sinistra, non potendo interpretare con naturale adesione ideologica il ruolo di portavoce dei Grandi Interessi (finanza, multinazionali, istituzioni monetarie ecc), malgrado tutti gli sforzi passati di essere “moderni” i cui nodi ora sono venuti al pettine. I movimenti portano alla luce e fanno esplodere perciò comprensibilmente molto più le contraddizioni che li riguardano. In Spagna, Grecia, Usa. Poi, stando in Europa, basta guardare a questi due paesi per rendersi conto che il comportamento di Zapatero o Papandreu un tantinello si differenzia da quello di Berlusconi. Le dimissioni tempestive del primo hanno messo il suo paese al riparo del peggio, per dire. Il che forse non sarà stata una cosa di sinistra, ma di “semplice civiltà”, per dirla sempre con Nanni Moretti.
Soprattutto in Italia, visto l’andazzo di lunga data, l’assoluta cristalizzazione del ceto politico di centro-sinistra o delle formule obsolte che continua a inseguire (Renzi ne è un sommo esempio), comprendo bene che passi la voglia di investire anche solo una briciola del proprio tempo e delle proprie energie per occuparsi di quel che fanno o faranno i partiti. Ma continueremo a vivere in una democrazia rappresentativa e una dialettica tra politica parlamentare e partitica e le forme di mobilitazione extrapartitiche ci sarà comunque, anche sotto forma di conflitto. Pensare che non ci riguardi, rischia di fare il gioco della destra che, ripeto, non ha nessun problema a lavorare per i pochi e più forti.
Nel caso non fosse chiaro: io penso che sia molto importante, oggi, fare politica FUORI dai partiti, portando avanti liberamente riflessioni assai più ampie e riappropriandosi (reinventandosi) nuove pratiche di aggregazione e di protesta. Semplicemente non sento mia l’opzione di aut-aut.
D’accordissimo helena: fare politica fuori dai partiti! Non hai citato l’altra frase morettiana, atrocemente rappresentativa dello spirito del tempo: “Con questi dirigenti non vinceremo mai!”. Nell’interveno di Baricco a Firenze si dice che la sinistra ha paura di perdere, che dovrebbe avere un atteggiamento vincente…Ma questi pensano solo a”vincere”(vedi film di Bellocchio sul fascismo)? Non si chiedono mai in che modo, con quali idee e contenuti, dovremmo “vincere”? Non riescono a immaginare nient’altro?Non capiscono che la politica non è solo, né principalmente, conquista e gestione del potere, ma autogoverno, educazione nel presente, impegno morale, trasformazione delle persone qui ed ora, come ad esempio ci ricordava sempre un outsider come Vittorio Foa.
@ Helena
temo che il tuo “programma minimo”, quello che inviti a chiedere così:
“Più sulla scuola e sanità privata e meno sulla scuola e sanità pubblica. Più sulle grandi opere e meno sull’ambiente. Più sulla difesa e meno sulla previdenza. Più sui costi della politica e meno sui contribuenti. Molto più sui redditi alti e le proprietà che sui salari. E così via.”
non appartenga al Dna delle forze maggiori in campo, PD compreso, e che quindi vada perseguito con la lotta, e quindi strappato coi denti.
Io, francamente, dal punto di vista della democrazia “rappresentativa”, la vedo molto male. Probabilmente voteremo col “porcellum”. Ciò imporrà alleanze “strane” e governi sempre sull’orlo della caduta. E quindi, viste le forze in campo, nessuna possibilità di andare in quella direzione che tu auspichi.
Sono convinto – e davvero apro le scommesse – che ci sia già una sorta di “patto” tra Terzo Polo e Pd sul futuro governo. E’ ovvio che non potranno andare alle elezioni insieme. Io vedo probabile (diciamo al 70%) che al voto si schiereranno Pdl+Lega da una parte, Udc al centro, Pd+Altri (Vendola, Idv, etc.) di lato. Ad oggi, stante la crisi del Pdl (e i sondaggi e le intenzioni) e il gradimento dei “mercati”, è facile ipotizzare la vittoria di Pd+Altri, con buon piazzamento e vero ago della bilancia per l’Udc. Solo che, proprio a causa della legge elettorale in vigore, sarà una vittoria di misura, e si renderà obbligata la strada di un governo con l’Udc. In questo quadro, il tuo “programma minimo” diventa utopia.
Non ci sono grandi novità rispetto all’esperienza del Governo Prodi (l’unica è Grillo, ma non avrà i numeri per entrare in Parlamento o, per lo meno, per contare). In quel contesto, al di là di qualche “concessione” di facciata, sarà ben difficile ottenere qualcosa; e tieni anche conto che la Triplice, e in particolare la Cgil, smetterà ogni conflittualità, come per l’appunto successe con Governo Prodi .
E allora? E allora concentrarsi tutti sul fare vivere la sinistra FUORI dal Parlamento, nei territori. C’è l’esempio splendido e passato nel silenzio quasi totale del General Strike di Oakland, di uina settimana fa. Al di fuori di tutte le istituzioni, anche di quelle sindacali, lavoratori, pensionati, studenti, professori, etc., hanno bloccato la città per due giorni, dando un segnale forte alla politica americana. Questa è la strada. Se si riuscirà ad essere forti e ben radicati, allora i Parlamento dovrà ascoltare e tenere comportamenti appropriati; altrimenti ci meriteremo la merda.
Continuare a seguire alchimie elettorali, magari ripetendo il solito squallido (che ricomparirà, statene certi) ricatto “se non votiamo vince la destra”, ci porterà all’ennesima sconfitta, debilitandoci ancora di più. Ricordo che l’esperienza del Governo Prodi, proprio per il continuo andare “al ribasso”, ha decretato l’esclusione dal Parlamento delle forze “di sinistra” non centrista. Perché non confrontarci con quell’esperienza e con la grande voglia di partecipare che c’è oggi? E cominciare, finalmente, a ESSERE sinistra?
Stan. L.
PS: leggo solo ora il tuo ultimo commento. Voltare le spalle completamente alla democrazia rappresentativa non è possibile, perché è in parlamento che si fanno le leggi; però inseguire *questa* rappresentatività, per gli scenari che abbiamo di fronte, è continuare a darsi la mazza sui piedi.
@Helena
Ci sono due condizioni minime affinchè la democrazia rappresentativa possa funzionare.
La prima condizione è che le posizioni realmente in campo vengano tutte rappresentate.
Nel merito della situazione in cui ci troviamo, c’è la posizione neoliberista, per cui il mercato è il giudica indiscutibile a cui ci dobbiamo pòiegare, e la posizione che vuole rimettere la politica al posto d’onore, e che pertanto considera il mercato, o meglio gli operatori finanziari come parte in causa.
Se adesso tutte le parti che attualmente sono rapptresentate in parlamento convengono su una visione del mercato come giudice di ultima istanza a cui sarebbe infantile opporsi, viene a cadere questa condizione, abbiamo cioè un’assemblea elettiva che ignora un’opinione certamente presente nella società e che obiettivamente costituisce l’unica possibile alternatriva all’ipotesi liberista dominante.
La seconda condizione è che le procedure appaiano trasparenti, che non si facciano eccezioni e trucchetti vari.
Dovremmo chiederci in questo contesto se il Presidente della Repubblica si sia comportato come la Costituzione gli imporrebbe.
Ad esempio, la soluzione adottata di comune accordo da berlusconi e Napolitano delle dimissioni a tempo, costituiscono una procedura discutibile. Di fatto, qualcuno potrebbe credere che Napolitano abbia voluto assicurare una rapida approvazione delle direttive UE ed FMI, facendo dipendere le dimissioni dell’attuale esecutivo (naturalmente impazientemente attese dall’opposizione) dall’approvazione di quel provvedimento, in modo da determinare una benevolenza dell’opposizione. Poco importa se la stessa opposizione convenga su quel provvedimento, è probabile che sia così, ma il collegare queste due questioni costituisce palesemente una forzatura delle procedure. Certamente non si tratta del primo episodio, è almeno da luglio che Napolitano ritiene di dovere svolgere un ruolo politico a tutto tondo, ben aldilà del ruolo di garante che la costituzione gli assegnerebbe, per sollecitare i partiti italiani ad assumere decisioni prese in un circolo politico riservato europeo a cui si ha ragione di sospettare che Napolitano appartenga, senza preoccuparsi di come in tal modo le regole risultano forzate se non apertamente violate.
Se entrambe queste condizioni non vengono soddisfatte, allora è inevitabile che ci saranno pezzi più o meno consistenti della società che cercheranno strade differenti. Inb sostanza, la scelta di quanto questo sistema istituzionale riesca ad essere rappresaentativo non spetta certo a chi ha un’opinione difforme, ma evidentemente alle stesse istituzioni che devono compiere quelle scelte che conferiscano al sistema la desiderata rappresentativityà.
Per averci oggi un partito capace di essere di sinistra occorre aver avuto, a suo tempo, un Vero Partito Socialista, in grado di reggere la botta del crollo dei regimi dell’Est europeo (invece di rimanerci sotto, com’è successo ai partiti comunisti, compreso quello italiano) e in grado di conservare quei due o tre princìpi fondamentali della sinistra e traghettarli nel nuovo secolo: in Francia e in Germania ce l’hanno avuto ed è per questo che ancora hanno una sinistra. Non sarà “antagonista”, ma avercela.
Come sanno in molti, il nostro Partito Socialista, invece, si fece mettere in galera per corruzione, praticamente in toto.
la Storia si vendica sul presente: chissà per quanto tempo ancora pagheremo il Merda…
voglio aggiungere solo una cosa. La dico da studioso più che da cittadino perchè si tratta di un principio teorico e storico: Le democrazie non nascono sui tavoli di trattative e neppure alle urne. Non incito alla violenza, anzi. Questa forse è l’ultima generazione TQ a poter ancora proporre riflessioni sulla violenza, su come essa si articoli nelle forme postmoderne (dei giorni nostri per intenderci) e sulla quiescenza delle istituzioni e delle stesse vittime. Se passa l’idea del mercato che detta l’agenda politica degli stati, si può ancora parlare di democrazia? Le prossime assemblee cittadine e consiliari le faremo negli ampi spazi dei megastore
Non c’è dubbio, Carlo, che l’esercizio della democrazia non possa che avvenire prevalentemente fuori dai luoghi e riti istituzionali, essendo quelli stati pignorati.
forse la commentatrice parla degli usa,non credo dell’italia.qui ,il liberismo non esiste.
le posizione della stessa sinistra,lasciando stare il poeta “nichi che stai a di” vendola(le cui ipotesi economiche sono state smontate e ridicolizzate giustamente ampiamente da un serio sito di economisti liberal italiani come nfa)sono assai complesse.da fassina (alter ego di bersani e anche lui sbertucciato per le sue ipotesi economiche dallo stesso nfa)alla bindi a letta.tutte però si scontrano con un dato di fondo,ossia che il mercato è un altrove economico con cui si deve fare i conti non contrapponendosi ,ma capendolo.solo che il mercato propone e vuole(semplificando) efficienza,giustizia certa,regole certe,competizione per i posti,flessibilità vera,ossia che di chi ,qui,è protetto comunque anche se improduttivo(basta andare al sud per averne di decine di esempi).tutte caratteristiche che in italia non sono mai esistite,semplicemente.ogni ipotesi fregarsene del mercato e di vivere come se non fosse attore economico è evidentemente una fiaba per vecchi.
come giustamente dice zizek,in ue ci sono solo due destre,una populistica peronista e una conservatrice.la seconda,qui,si chiama pd e sel e di pietro.
Caro umberto, ho visto solo ora i tuoi commenti. Ho ripreso – sempre solo per accenni – la questione nel pezzo postato oggi. Possiamo trasferici là a discuterne, se ti pare.