Nel nosocomio
di Rosaria Lo Russo
Tu che sei nell’alto di Sky, aiutami, Dottor
Casa, fa’ che non mi caccino proprio ora
che non ho più soldi, dal nosocomio, ormai
mi sono affezionato, disinvestirò altri soldi
ma tu aiutami, Dottor Casa, assistimi durante
la colonscopia che ho domani, ho paura, è la
terza, ti mettono un tubo lungo nel culo, mi
vien sempre da vomitare, ma tu, Dottor Casa,
che sei così dolce e spietato, così sicuro di te,
così pazzo e sexy quando zop-
pichi veloce, accorri in mio aiuto prima che
facciano che gli altri in sala d’aspetto fac-
ciano, che mentre mi inseriscono il tubi-
cino gli altri facciano zap-
ping.
***
Forse non tutti sanno che, per rinfrancar lo
spirito, è meglio una settimana enigmistica
nel deserto dei tartari, è meglio una bianca
settimana enigmistica sulla montagna incan-
tata: è meglio una settimana enigmistica nel
1984, cento volte meglio – strano, ma vero! –
che il processo di kafka alle astuzie di guerrin
la volpe o alle furberie di scapino. I buontem-
poni curino l’antologia del buon umore. Passe-
remo le ore sulle pagine della sfinge, prenote-
remo una settimana a sharm-el-sheik per asciu-
garci le ossa, faremo un ripasso enciclopedico
per rispondere adeguatamente ai quesiti della
susi e al cism.
***
L’evoluzione della specie richiede protesi
per disabili, arti in sostituzione di altri fan-
tasmi, commercianti a tasso zero di cuori
di ricambio, fegati freschi, tremolanti, reni. Ap-
pendici annerite, occhi di pernice, reni mob-
ili, dentiere rubate al vicino di letto: nel nos-
tro nosocomio le corsie dei macelli appesta-
no l’aria, surriscaldano il globo, tingono di
incontinente sangue grigio, povero, interi con-
tinenti. Non si lavano bene i denti, non fanno
la doccia due volte al giorno, non mangiano ver-
dure crude, mangiano cavallette fritte e vermi:
non sono liberi quelli che chiedono l’elemo-
sina, anche qui. Non fanno parte del nostro po-
polo e delle libertà.
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Testi tratti da: Nel nosocomio (Transeuropa, 2011).
“Non fanno parte del nostro popolo e delle nostre libertà”: accenno non poco velato al cavaliere della patonza.
Ad ogni modo, bella l’idea del nosocomio (il luogo, peraltro, dove tendiamo a spazzare via dalla nostra vita quotidiana tutto ciò che spiace all’occhio), ma più di quella, interessante l’accumulazione, negli ultimi versi, di cose sgradevoli alla vista e all’olfatto e al tatto. Nella società del cavaliere, società dell’immagine, dove la res non è più extensa ma è solo res visa, vista, veduta, apparsa, quest’accumulo dello schifo è l’unico mezzo per ridare senso alla realtà (C’è qualcosa che mi ricorda Camporesi).
Guardate la radio.
grande!
mi ti immagino a leggerla :)