London, 27/11/1894 [ dell’insouciance & alia ]
Malìa [Londra – 1887]
di Francesco Paolo Tosti [1846 – 1916]
parole di Rocco Emanuele Pagliara [1856 – 1914]
e l’inimitabile ironico Alfred Kraus dal vivo
di Orsola Puecher
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London 29/11 94 |
Londra 1/12 94
Hotel Previtali |
E ci si può immaginare l’aff. Ginio in giro nella Londra dell’epoca, affrettarsi ai suoi impegni per le streets così vivaci nel loro flusso caotico ma armonioso di mezzi di trasporto animali e meccanici: carozze, carrozzini, fantastici tram a cavalli a due piani sponsorizzatissimi dai primi cartelloni pubblicitari, dove al piano superiore le signore aprivano i parasole, inclusi battelli a vapore sul Tamigi e rare automobili.
Il bisnonno, che la bisnonna Giovanna con tenerezza chiama Nanna, rivelando un ignoto e prezioso spaccato di lessico famigliare, era stato mandato dalla ditta in missione a Londra per affari delicati, che, da lontani racconti ormai, ahimé, non più verificabili, pare fossero inerenti all’acquisto del brevetto inglese per la pastorizzazione del latte, ancora ignota in Italia, per future Centrali del Latte. Il problema del impure milk, il latte infetto, era all’epoca causa di diverse epidemie e morti infantili.
Lascia davvero stupiti la precisa e lungimirante consapevolezza del giovane Ginio di quanto l’Italia fosse indietro dal punto di vista del sistema statale ed economico, per la burocrazia delle procedure e per il malcostume delle mazzette e tangenti varie, che ci affligge tutt’ora, sulla qual cosa aveva anche una certa sconsolata e confermata certezza: Cara mia in Italia si ha talmente tanto da imparare nel modo di fare affari che non so prevedere quando e come ci arriveremo.
Molti italiani, del resto, trovarono fortuna nell’Inghilterra dell’epoca, in una fuga di cervelli che ancora continua. Il Premio Nobel per la Fisica Guglielmo Marconi quando si rivolse al ministero delle Poste e Telegrafi Italiano, al tempo guidato dall’on. Pietro Lacava, illustrando la sua rivoluzionaria invenzione del telegrafo senza fili e chiedendo finanziamenti, non ottenne alcuna risposta, anzi la sua lettera venne bollata dal ministro con la scritta alla Longara, intendendo il manicomio, che allora a Roma era ubicato in via della Lungara. Trasferitosi a Londra invece ottenne senza ostacoli il brevetto e la possibilità di sfruttare e diffondere la sua invenzione.
Il napoletano Francesco Paolo Tosti famoso musicista pop dell’epoca, interprete elettivo di palpiti dannunziani e oscure morbosità pascoliane, le cui romanze e fogli d’album venivano massacrate nei salotti dalle signorine di buona famiglia e cantate a squarciagola nei mercati rionali, nel 1870 si trasferì a Londra dove, grazie a Lord Mayor e all’appoggio del celebre violoncellista Gaetano Braga, suo conterraneo, nel 1880 entrò alla corte della regina Vittoria come maestro di canto. Edoardo VII nel 1908 gli conferì persino il titolo di baronetto.
Tornando al bisnonno si nota che la preoccupazione per il borsellino vuoto di sterline è costante. Anche perché la carissima Nanna come regalo dal viaggio non si accontentava di un semplice monile o un di pizzo o di un souvenir qualsiasi, ma aveva fatto la commissione di un letto di ferro e ottone con i pomoli e le volute. Che sarebbe stato acquistato, nel caso le finanze residue lo avessero permesso, ai famosi magazzini Maple.
I cataloghi dei grandi magazzini di allora, dai Sears americani ai famosi Maple londinesi, sono fra le testimonianze più affascinanti dell’esposizione seriale di tutte quelle bellissime buone cose di pessimo gusto che affollavano i salotti di Nonna Speranza delle case borghesi dell’epoca. Legioni di pendole dall’aspetto antropomorfo, file di sedie a braccia aperte, scrivanie materne, paralumi vezzosi, languide dormeuse e chincaglieria per tutti i gusti. Ma come e se mai avvenne l’acquisto e il trasporto del famoso letto da London a Milano non si tramanda: se come ingombrante bagaglio appresso, passando la Manica e mezza Europa, o se spedito. Il suo viaggio sarebbe stato di sicuro un avvenimento, con tutto l’almanaccare della famiglia… ma quando arriva il letto… e il letto?… arriverà? e poi l’arrivo e il successivo montaggio e collaudo amoroso.
Lo si può immaginare questo talamo vagante, un letto si aggira per l’Europa, come un altro famoso letto d’ottone, quello del film inglese ⇨ The Knack …and How to Get It sulla swinging London degli anni ’60. Altra estinta insouciance.
Ginio, uomo d’affari dall’animo poetico, che di Londra trovava bella e graziosa anche la nebbia novembrina, come si evince dalla carta intestata delle lettere, abitava all’albergo Previtali, in Arundell Street, ora sparito, ma non certo lussuoso. Di questa Arundell Street c’è una fortunata e gustosa descrizione da parte de “la pulce ammaestrata della letteratura inglese“, quel Pelham Grenville Wodehouse, cantore e critico ferocemente leggero degli albionici difetti borghesi.
Da SOMETHING NEW |
Da QUALCOSA DI NUOVO |
NOTE
- Qui si allude di certo allo ⇨ Scandalo della Banca Romana del 1893. Il sentimento popolare era ben rappresentato dalla vignette del giornale satirico L’asino:
E dalla canzone anonima del 1896
Il crack delle banche [ versione Svampa&Patruno ]
Inno che dovremmo a tutt’oggi riunirci in massa a cantare in coro in tutte le piazze della Repubblica.
Luigi Pirandello descrive questo primo scandalo dell’Età Repubblicana nel suo romanzo I vecchi e i giovani, precorrendo con un diluvio di fango qualsiasi attuale macchina del:
↩Ma sì, ma sì: dai cieli d’Italia, in quei giorni, pioveva fango, ecco, e a palle di fango si giocava; e il fango s’appiastrava da per tutto, su le facce pallide e violente degli assaliti e degli assalitori, su le medaglie già guadagnate su i campi di battaglia (che avrebbero dovuto, almeno queste, perdio! esser sacre) e su le croci e le commende e su le marsine gallonate e su le insegne dei pubblici uffici e delle redazioni dei giornali. Diluviava il fango; e pareva che tutte le cloache della Città si fossero scaricate e che la nuova vita nazionale della terza Roma dovesse affogare in quella torbida fetida alluvione di melma, su cui svolazzavano stridendo, neri uccellacci, il sospetto e la calunnia. Sotto il cielo cinereo, nell’aria densa e fumicosa, mentre come scialbe lune all’umida tetra luce crepuscolare si accendevano ronzando le lampade elettriche, e nell’agitazione degli ombrelli, tra l’incessante spruzzolìo di un’acquerugiola lenta, la folla spiaccicava tutt’intorno, il cav. Cao vedeva in quei giorni ogni piazza diventare una gogna; esecutore, ogni giornalajo cretoso, che brandiva come un’arma il sudicio foglio sfognato dalle officine del ricatto, e vomitava oscenamente le più laide accuse. E nessuna guardia s’attentava a turargli la bocca! Ma già, più oscenamente i fatti stessi urlavano da sé. Uomo d’ordine, il cav. Cao avrebbe voluto difendere a ogni costo il Governo contro la denunzia delle vergognose complicità tra i Ministeri e le Banche e la Borsa attraverso le gazzette e il Parlamento. Non voleva credere che le banche avessero largheggiato verso il Governo per fini elettorali, per altri più loschi fini coperti; e che, favore per favore, il Governo avesse proposto leggi che per le banche erano privilegi, e difeso i prevaricatori, proponendoli agli onori della commenda e del Senato. Ma non poteva negare che fosse stato aperto il credito a certi uomini politici carezzati, che in Parlamento e per mezzo della stampa avevano combattuto a profitto delle banche falsarie, tradendo la buona fede del paese; e che questi gaudenti avessero voluto occultare ciò che da tempo si sapeva o si poteva sapere; e che, ora che le colpe avventavano, si volesse percuotere, ma colla speranza che la percossa ai più deboli salvasse i più forti. Certo, lo sdegno del paese nel veder così bruttati di fango alcuni uomini pubblici che nei begli anni dell’eroico riscatto avevano prestato il braccio alla patria, si rivoltava acerrimo, adesso, anche contro la gloria della Rivoluzione, scopriva fango pur lì e il cav. Cao si sentiva propriamente sanguinare il cuore. Era la bancarotta del patriottismo, perdio!
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un costante fil rouge tra microstorie e campiture d’affeschi in questi “memoriali” che Orsola custodisce e trasmette, un accumulo di macchine, oggetti, emozioni, costumi, un gran trovarobato da dove si stagliano nudi affetti e culture, poteri e cuori.
Formidabile!!!!
Complimenti Orsola, i tuoi ipertesti tra initima memoria familiare e storia riattualizzano davvero la meraviglia della lettura come, da bambini, con certa carta stampata
La storia di aff. Ginio e Nanna è esemplare.
Svampa e Patruno per sottofondo a dir poco esilaranti.
Per non dire dell’incipit dell’inimitabile Kraus, assalito dall’ebbrezza.
“un fascio di lettere – legate con un nastrino di raso verde – consunto – riposto da chissà quanti anni nel segreto – nel senso di cassetto invisibile”.
Complimenti Orsola
Adelelmo