Una poesia

di Andrea Inglese

Non cedo nulla, anzi quasi niente,
non bisogna cominciare mai, da nessun punto,
cedo al massimo l’acido cianidrico
e qualche altra bruttura, la rotaia guasta,
se cedessi anche un solo sapore, gli spinaci freddi,
senza olio, o una noce secca, con il gheriglio
sui bordi atrofizzato, qualcosa comunque
cedo ancora, la tapparella che s’inceppa,
e anche – ora che ci penso – quella luce grigia
che filtra di mattina, e il mattino, quello buio,
invernale, con il cielo senza zone, interrato,
cedo il cielo, l’aria che non circola, la mia gamba
che magra non s’appaia con il torso,
e non trova la giusta curva nell’immagine allo specchio
e l’albero nervoso, il registratore di cassa
delle forme: cedo anche la matassa morbida nel cranio,
e il contratto stesso di cessione, totale,
non rimanga neppure quello
ad ingombrare nel vuoto
del cedimento perfetto

.

foto dell’autore in sembiante subacqueo

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17 Commenti

  1. Una poesia magnifica, cedere, quando tutto scappa, non obbedisce al suo desiderio di essere sodo- quando oggetto, natura, anche il cielo si mette contro di te. E questa luce grigia, il cielo senza zona, mi lascia il gusto di un ricordo, tanta la parola scappa, è nel ritmo del corpo visto nello specchio.

  2. Caro Andrea Inglese,
    questo mio ti potrà sembrare un modo alquanto insolito o sballato di commentare una tua poesia, perché pongo la parola poetica direttamente in rapporto con la “realtà”; ma spero, siccome ci siamo incrociati e scambiati opinioni, di recente anche su questo sito (a proposito della “primavera araba egiziana”), me lo concederai.
    Vedi, io prendo proprio sul serio il primo verso «Non cedo nulla, anzi quasi niente», non lo considero un’espressione puramente letteraria, ma una dichiarazione poetica-estetica-etica-politica profondamente sentita da te che ne sei l’autore. E perciò ti chiedo – in quanto redattore di Nazione Indiana – di non cedere «nulla, anzi quasi niente» nel far rispettare il diritto di esprimere il mio pensiero di utente saltuario di questo sito.
    È accaduto, infatti, che avendo due giorni fa scritto quanto qui sotto segue e per ben due volte nello spazio commento – l’unico a me concesso – di due post prima del tuo (per la precisione quelli del 25 e del 26 agosto) :

    AI GESTORI DI QUESTO SITO

    A quando un post sul macello in corso in Libia?
    A quando un giudizio sulla taglia da Far West per la cattura di Gheddafi “vivo o morto”?
    La “nazione indiana” dorme?

    il mio pensiero (provocatorio forse, ma allora cos’è pensare?) mi è stato ripetutamente cancellato da qualcuno dell’amministrazione.
    Chiedo ora a te pubblicamente, come poeta serio e prendendo spunto da questa poesia seria,
    di difendere il mio diritto a porre delle domande serie.
    Un caro saluto
    Ennio Abate

    P.s.
    1.
    Avendo fatto conoscere alla mia mailing list personale quest’episodio di “minima” ma brutta censura, ti aggiungo, per conoscenza e riflessione, anche le reazioni di un amico, pure lui frequentatore del vostro sito:

    Caro Ennio,
    più che dormienti sul “tema” libico, quelli di “nazione indiana” mi paiono aver fatto la fine dei loro sedicenti antenati, cioè ridotti nelle riserve a ubriacarsi miserabilmente del whisky al metanolo di brutte poesie e prose. Se ricordo come molti di loro avevano salutato nel blog la “ribellione” di Bengasi quale espressione di democrazia contro il tiranno, quanto meno dovrebbero postare un articolo di autocritica ristabilendo la verità dei fatti. Ma questo implicherebbe una serietà politica che non hanno. Ma se continuano a far finta di niente, ciò dimostra che sono in malafede.

    2.
    Se anche questo messaggio dovesse essere cancellato dall’amministrazione, aggiungo il mio indirizzo mail (ennioabate@alice.it) in attesa comunque di tuoi chiarimenti.

  3. trovo la poesia bellissima, forse magnifica, a parte forse il solo verso finale, dove avrei atteso, auspicato, implorato, un’esplosione più violenta e incontrollata del lirismo disperato a stento trattenuto in tutti i precedenti versi. mi riporta a qualche bellissimo testo dell’ultimo porta. leggere poesia così, è una boccata di ossigeno. la rileggo!

  4. a tutti, grazie per gli apprezzamenti scritti e firmati (leggo solo ora)

    a ennio,
    felice di concederti un ot in questa colonna di commenti; quanto alle tue richieste, posso risponderti personalmente. Non ho in programma alcun pezzo sulla Libia.

  5. mi permetto di inserirmi nel dialogo con Ennio. sarebbe oltremodo opportuno parlare della Libia, per quanto si vaghi tutti nello stesso fumo della non-informazione. tutto quello che penso e che posso dire ad oggi, personalmente, l’ho riversato in questi versi:

    se l’arancia trasuda violenza
    non puoi farne a meno: la trafiggi
    con la punta del coltello nero
    mentre ti esplode in mezzo allo stomaco
    un proiettile a frammentazione
    avanzato dall’ultima guerra
    ancora in corso da qualche parte
    poi s’apre l’anta della dispensa
    tra i biscotti fanno capolino
    migliaia di profughi libici
    ti vengono incontro
    sorridenti
    pieni di fiori ballando
    il samba ti riempiono gli occhi
    e la cucina

  6. Grazie ad Andrea e grazie anche all’invito ricevuto dalla redazione a scrivere io qualcosa sul macello in Libia. Dato che il mio scopo non è fermarmi alla provocazione per la provocazione, cercherò di farlo bene nei prossimi giorni.

  7. ci ho sentito un’aria pagliaraniana alla ” se facessimo il conto delle cose\che non tornano”

  8. TRASGRESSIONE OBBLIGATA (E CON SCUSE)

    Non avendo nessuno della redazione di Nazione Indiana accettato di pubblicare il pezzo sulla guerra in Libia che avevo annunciato nello spazio commento Una poesia di Andrea Inglese, torno alla vita grama del commentatore costretto ad un’ultima (spero) incursione OT e segnalo ai naviganti più curiosi che il pezzo, Il Tarlo della Libia. Riflessioni e domande di un esodante, si legge sul sito di MEGACHIP.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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