Note per un diario parigino
da Chiunque cerca chiunque
di
Francesco Forlani
Ottavo capitolo
Papillon
Per campare faccio corsi d’italiano. L’altra cosa che potrei fare è il cameriere. Un cameriere guadagna il doppio, però vuoi mettere, una cosa è dire faccio il professore, per campare, e un’altra servo ai tavoli e mi faccio mandare affanculo dai colleghi e dal padrone. Per campare faccio il professore d’italiano nelle società francesi, formation continue, ed è un culo mica da ridere che sia continuo perché altrimenti come cazzo farei a campare. La mattina vado a Mantes la Jolie, nelle Yvelines, dipartimento 78, che sul Monopoli francese lo trovi agli angoli, c’è scritto Prison.
La bella amante, dico a Massimo quando torno, perché quando vado, alle sei di mattina ,che è notte fonda fino alla fermata Hotel de Ville, con Notre Dame che sovrasta la Senna in lontananza, lui dorme. Massimo per campare fa il coordinatore nella scuola di lingue dove ci siamo conosciuti e c’era pure Esteban,e nel tempo che gli rimane si può dedicare al concorso per ricercatore. Mantes la Jolie è una delle più toste Banlieues di Francia. Le quartier des écrivains, ci fu un periodo in cui la gente si sparava a bruciapelo da balcone a balcone. Dalla Rue Camus stamattina è partita una raffica dal balcone di un pensionato contro i zonards che vendevano hascisc davanti al portone di casa, dicevano alla radio. La racaille, così dice il ministro, la chiavica umana, abita a Mantes la Jolie, cioè non proprio a Mantes ma in Val Fourré. La mattina sono alle Ciments Français appena comprata da Italcementi, Uno dei direttori mi ha raccontato che non sapevano nemmeno che esistesse quella società e che gli avevano detto, – però non so ti dire sinseramente se si tratta di legianda metropolitana ou c’est la verité, ma paresse che l’ingenieur Pezenti si è presentato al bureau con l’argent in contanti, tu vois?
Il pomeriggio faccio corsi nelle case di moda, Ungaro, Kenzo, Marongiu, e così se la mattinata la passo nel buco de culo del mondo, seppure a uno sputo da Giverny, l’atelier giardino in cui Monet coltivava le sue Ninfee, dal dopo pranzo fino a sera sono in Avenue Montaigne con le Ninfee in carne ed ossa. Per campare faccio dei corsi al telefono di venti minuti. Per fare corsi al telefono bisogna avere un telefono. Due sono le possibilità, casa o le cabine telefoniche. Una volta ho fatto un corso a una direttrice di Boutique Kenzo di una bellezza spropositata davanti al supermercato dei fratelli Tong, tredicesimo arrondissement, e quando ho finito fuori avevo una fila di cinesi incazzati neri.Per campare mi faccio un culo della madonna però che soddisfazione!. Ottomila duecentocinque franchi, nella prima busta paga, a ventiré anni e mamma che al telefono mi fa – mi raccomando mettine sempre un po’ da parte, sticazzi!! Per non parlare dei grandi alberghi. E già, perché facciamo corsi a portieri, cameriere, centraliniste, direttori commerciali e capi sala. E mica alberghetti a ore. Hotel Crillon, Ritz, Concorde Lafayette. All’Hotel Crillon ho una studentessa che mi piace però su questo mi mantengo assai talebano. Non si scopa con le allieve. Una legge universale. E le leggi universali non consentono eccezioni di alcun tipo. Ieri mi ha chiamato al telefono ed era una furia. All’inizio non capivo, lei sapeva tutto, tutte sapevano tutto, di tutte, magari non i dettagli, però insomma che se l’amore era tale solo se libero come cazzo si poteva pretendere di mettergli in groppa la maglia da stopper? Legge universale. Papilloma virus, verità, anzi grande verità. L’ho capito soltanto alla fine, e ordine del medico di andare subito a fare le analisi. Subito quando? Mo, mo proprio. ma è grave? e se è grave come cazzo si fa a portare un nome così dolce, ammaliante e ficcartelo nel culo! Uno che si presenta e ti dice: piacere, Goebbels, capisci tutto e gli dai una botta in testa. Comunque via fax mi manda tutte le coordinate:
Institut Alfred Fournier
– Dépistage VIH, hépatites, syphilis, IST
25, boulevard Saint-Jacques – 75014 Paris
Tél. : 01 40 78 26 71
Métro : Saint-Jacques (ligne 6) , Glacière (ligne 6) – RER B : Denfert-Rochereau – Bus : 216
Doctor Ugo Pollino
Fuck you!
Che leggendolo tutto di filato scambio l’insulto per la specializzazione del medico. Deve essere italiano, penso. fa parte del mio stesso scaglione, leva 65-70, dopo gli anni di piombo e prima delle lenzuola d’oro. Argento vivo a spasso per l’Europa. Ah, les italiens!! Medici alla frontiera o professori d’italiano. camerieri. E vai! Non prima di aver passato mezz’ora al telefono a tenere la voce sul “chi è stato, magari te, io ma sei pazzo, tu, con la minchia ballerina, sicuramente la greca, i greci non si lavano, ma cazzo mica è una piattola, papilloma non è un insetto è un virus, cazzo, fa un male boia alle donne e negli uomini non si vede una beata mazza, colpa di papa Woityla, è il vaticano che è responsabile di tutto, papilloma, Sida, con la loro storia della parola proibita, Ivo di qua, Ivo di là, ma vaffanculo a voi, si che ti dico appena so qualcosa. Certo che ti amo. Vero è.
Arrivo che mi faccio accompagnare da Luca che mi cago sotto. Che devo fare la Totale prima, test di depistaggio, epatite a,b, c, e mancano solo gli orecchioni. Dopo che mi hanno succhiato tutto quello che ho in vena un’infermiera mi accompagna dal dottor Pollini. Un po’ più grande di me, condividiamo la Fuga di cervelli ma il suo pesa il doppio del mio. Mi accomodo sull’enorme sedia con i braccioli per le gambe e mi visita. Mi spalma una cosa sull’esserino timido che sporge la testa – salve io mi chiamo Thycho, Thycho Brahe, e tu?– Lui aspetta, e appaiono in superficie alcune macchie chiare.
Solleva la testa e mi dice, – ce l’hai, ma non con tono grave, diciamo cool, tipo figurine panini e io rispondo, grave, assai grave, alla me, e ora?
–Bisogna operare ma attenzione che è cosa cronica, bisogna farsi rivedere poi
– Bene, faccio io e aggiungo- quando?
– Anche ora, se vuole, è questione di pochi minuti e poi se ne va via più leggero
– Ora quando?
– Mo
Tra due ore ho un appuntamento con la studentessa. Non è per un corso ma per bere un bicchiere, è stata lei ad invitarmi. La prima cosa a cui penso è la legge universale, così precisa, ineludibile,, perfetta, come un orologio svizzero. Dio è svizzero come le guardie. i papi sono tutti svizzeri però si fingono italiani, polacchi, francesi e quando uno se ne accorge quelli lo accoppano e chiudono in cassaforte.
Il dottor Pollini prepara i ferri. Mi ha appena fatto una iniezione per l’anestesia locale. Almeno non soffre, penso.
Sudo ma non fa caldo. Vedo una sorta di lama rovente che un guanto in caucciù tiene parallelo al pavimento. l’altra mi tiene fermo contro lo schienale a che non faccia movimenti strani . Vorrei chiudere gli occhi ma è da codardi. Vorrei non poter vedere anche se lo sguardo sembra cadere proprio sul teatro di guerra. tengo gli occhi perpendicolari al pavimento ma più in alto della lama così le due traiettorie non si incrociano. Scorgo una colonna di fumo come nella canzone di De Gregori. Sento puzza di bruciato. Ho un barbecue in mezzo alle gambe che mi viene voglia di un kebab con patate fritte dai greci, anzi no dai turchi, meglio se curdi, PKK. st Michel.
Il medico mi medica e quando poso il mio sguardo sull’essere mi sembra un mutilato di guerra. Si è solo bruciacchiato qualche centimetro di pelle ma ha l’aria afflitta. Anch’io.
Quando esco all’aria aperta c’è un bel fresco. Torno a casa a piedi e visto che ci incontreremo nel Marais io e la studentessa, ho tutto il tempo di riprendermi dallo shock. Massimo non è ancora rientrato e così mi ritrovo una segreteria telefonica che clignote come la sirena di Kojak. Mi preparo a una sfilza di improperi. Invece il bilancio, pare, positivo. Solo due Papilloma in giro, il mio e il suo. E passo il resto della serata insieme all’allieva. Bevendo e scherzando. Con una ingessatura in mezzo alle gambe che fa di me un uomo probo.
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Le sventure del narratore in Diario Parigino sono raccontate con la grazia del sorriso. E’ tutta la saggezza napoletana – ridere delle sue grane.
Mi sembra- leggendo una pagina del diario- sentire Effeffe, anche vederlo camminando, parlando, gesticolando: è una qualità potere
versare nel stile il suo propio carattere.
Ciao Effeffe, è un piacere leggerla.
ciao Lucia sentiamoci
effeffe
[…] Andrea subito dopo mi fa: sai come si dice farfalla in francese, no? -Certo, rispondo io, papillon (e mi e calo lo sguardo sull’uccello) – Gli spagnoli, lo saprai senz’altro, la chiamano mariposa. E fa volteggiare la mano […]