La deriva dei continenti

di Enrico Piergallini

si crepano i pontili tramortiti
i bambini si stringono alle madri
il mare sputa tronchi tumefatti
a riva insieme a corpi intirizziti

l’epilessia di forge siderali
contorce le ventraglie dei pianeti
e spinge pus di lava tra le faglie
che stravolge la geometria dei cieli

le derrate sono salve nella stiva
ma dove stiperemo i passeggeri?
si spaccano in più punti gli emisferi
e i continenti vanno alla deriva

*

sono notti di lune soffocate
l’acqua gorgoglia sogni d’annegati
le sirene si strozzano coi canti
i maremoti svuotano le case

ma sorge a buona sorte un’alba luce
l’ondata si ritira dalle cose
riemergono i relitti dai fondali
gli abbracci delle ali sugli scogli

accogli chi ha bevuto le tempeste
chi ha navigato a vista per tornare
chi ha bruciato la carne con il sale
per sanare le piaghe della peste

*

a pena schiusi i pesci tra le onde
non hanno pinne larghe e resistenti
sbattuti in secca cenci come alghe
si slogano le branchie per gli stenti

«salvato dal cesareo ha un cuore duro
ma i polmoni di legno come noci
da allora sta annegando nello scuro
lo inseguimmo per mesi con le voci»

esiste una ragione così sia
se siamo parassiti d’aria pura
respirando ossidiamo la natura
dai bronchi espettoriamo la moria

*

dall’utero cucito col ditale
la figlia ha partorito sette figli
allattati in cantina con gli artigli
cresciuti nell’ecchimosi del male

godeva per rimorso senza voce
sfamava il suo demonio in quel macello
il padre che semina il nipote
la sorella che genera il fratello

lo sperma ormai corrotto dall’innesto
si sparge come scabbia per la terra
è meglio che si secchino nel mestruo
i cacchi col genoma dell’incesto

*

le dune di farine alimentari
da viticci di vermi concimate
riciclano cartilagini tendini
febbri e cotenne di chi le ha mangiate

è l’etimo dell’essere malvagio
che smuove tutti gli atomi a legarsi
mutando gli organismi ad adattarsi
sospinti dall’istinto del contagio

prolifera nel cibo va col polline
la pandemia ha raggiunto i romitori
finisce intossicata dagli untori
l’era della comunità cannibale

*

inforcano gli spiedi intorno al fuoco
nelle incerate inneggiano abbracciati
gli onesti cittadini affratellati
dall’odio per chi ha nulla di chi ha poco

«padre nostro che regni con gli eserciti
non dare il nostro pane agli stranieri
lustrammo con le fiamme i tuoi pomeri
rimetti sopra loro i nostri debiti»

al mattino rispettano gli orari
ringraziano si scambiano favori
incendiano di notte i dormitori
consultano le trippe sugli altari

*

il campo è seminato di bocconi
impanati col vetro per chi ha fame
gli assassini acquattati nelle tane
aspettano che abbocchino i coglioni

oppure tra baracche di lamiera
adescano cacciati e cacciatori
riempiono le stanze di vapori
caglianti sanguinacci di interiora

nei giorni cupi se si sta rinchiusi
si sentono gli stupri negli ovili
sopravvivono solo i più crudeli
che fiutano i carnieri come lupi

*

al casolare afflitto dalle pene
serrate i catenacci delle porte
nei quarti marci mosche quasi morte
depongono le larve delle tenie

ma dove t’incammini tutta sola
lo scialle è troppo corto e fino fino
non perderti nel fosso c’è una gola
dove gelano i raggi anche al mattino

«ma dove siete andati voi lontani
mi sono fatta cava per accogliervi
ho riempito la casa di veleni
per conservare gli orti per nutrirvi»

*

attraverso millenni d’anni luce
c’ investirà incendiando l’atmosfera
la vampa di una stella collassata
quando il globo era un bolo di materia

dovunque guardi dappertutto nero
nera la notte nero il mare in fondo
nere le stelle morte nero il mondo
nere le buche dove annega il vero

da questo spasmo immenso nulla sfugge
nella spirale d’astri fuori sesto
attratti dagli scarichi del cosmo
tutto si crea e tutto si distrugge

*

si gravita sul peso dell’orrore
colato nei budelli della terra
e dove non esiste il tempo smuore
il gemito di tutte le galassie

ma le masse dei mondi sbriciolati
si versano in un punto a mulinelli
e nel gorgo ribollono le stelle
a grappoli rinasce l’universo

*

Enrico Piergallini (1975) vive a Grottammare, nelle Marche. Ha pubblicato poesie nelle plaquettes Tra ròcioli disperso (1999) e Giacimenti (2006), sulle riviste «Nuovi Argomenti» «Atelier» «Nostro Lunedì» «La Gru». È presente nelle antologie Parco Poesia (2003) Altri salmi (2004) Italville-New Italian writing (2005) Porta marina (2008) Calpestare l’oblio (2010).

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3 Commenti

  1. Fanno parte del nuovo atteso libro di Enrico Piergallini, “Generazioni”, in corso di pubblicazione per la Sigismundus Editrice di Ascoli Piceno, con una nota di Eugenio De Signoribus. L’uscita è prevista per dopo l’estate.

  2. Incestuosi Elementi e Potentati in attualissima e furibonda lotta scatenano la sublime visione poetica. Grazie per questo tragico sguardo sdrucciolo e magnifico, degno dei sapienziali testi di Battiato Testa Testi Testoni Pilat. Abigeato, impiallacciato, grazie. Giovanni Evangelista non avrebbe potuto dire di più e meglio. Dilettante, fedifrago, marpione, improvvisato… lui. Tu no… ci lasci incatenati all’eterno e al nobile, frignamo, qui e adesso, di cuore. Grazie…
    grazie.

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gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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