Costruire nel costruito
Architettura a volume zero
CAMERINO Palazzo ducale, 31 luglio – 4 agosto 2011
XXI Seminario internazionale e Premio di Architettura e Cultura Urbana – Camerino 2011
Costruire nel costruito … costruire il presente sul passato, senza ipotecare l’avvenire, unendoli senza distruggerli entrambi. (A. Sartoris)
Conservazione e rinnovamento dell’edilizia storica
Costruire nel costruito non vuol dire rinunciare all’architettura anzi, è proprio dal confronto fra nuovo e antico che si enfatizza l’intensità espressiva dell’uno e dell’altro; sia negli interventi conservativi in cui prevale la cura nel salvaguardare i caratteri e le matrici formali degli edifici, con materiali, tipi e tecniche costruttive conformi, che nelle ristrutturazioni in cui presentare con sincerità forme, materiali e tecnologie proprie della contemporaneità come espressione di una rinnovata urbanità, comunque in equilibrio con il paesaggio urbano conformato.
In entrambi i casi resta determinante la capacità di intervenire, da un lato, senza forzatura delle capacità prestazionali degli edifici storici e delle loro qualità architettoniche, dall’altro, senza mimetismi ma sviluppando una logica costruttiva compatibile, in grado di dialogare con le preesistenze.
Riuso degli spazi urbani residuali e delle fabbriche dismesse
La chiusura di attività produttive ha lasciato spazi abbandonati al degrado: dalle fabbriche ottocentesche, ricche di memorie storiche, con le residenze operaie ancora abitate a quelle del più recente periodo industriale, più decentrate e disabitate. In ogni caso esse rappresentano una opportunità per nuove forme di convivenza urbana oltre che per più motivate ragioni costruttive dell’architettura: funzioni produttive tradizionali e innovative, nuovi modi di abitare e di lavorare all’interno di inediti spazi rigenerati, rispondenti alla domanda della multiforme società contemporanea; spazi verdi, piazze, luoghi di incontro, di svago e di cultura. L’occasione di innestare inaspettate funzioni pubbliche e collettive nel tessuto urbano più marginale offre una speranza di aggregazione e di integrazione della attuale società multietnica e un principio fondativo per la città futura.
Recupero e valorizzazione dei territori periurbani
Negli ultimi decenni indistinte agglomerazioni edilizie si sono depositate al suolo come una coltre di detriti, sfrangiate lungo le infrastrutture o disperse in enclave nelle campagne. I territori agricoli periurbani sono stati oggetto di speculazioni fondiarie sia private che pubbliche con la continua urbanizzazione di nuove aree o considerati come riserve in cui scaricare le funzioni sgradite e i problemi irrisolti delle città.
Il tema che si pone è di recuperare i valori del contesto rurale con funzioni idonee alle proprie caratteristiche, incentivando l’uso agricolo e forestale dei suoli. Il processo di recupero e valorizzazione delle aree periurbane dovrà tendere a fornire servizi rurali alle comunità urbane in termini di attrezzature culturali e per il tempo libero oltre ai prodotti da coltura biologica a Km zero, in una logica di relazioni a rete, in cui i territori periurbani riacquistino la forza di contrastare la loro occupazione indiscriminata.
INFO: giovanni.marucci@unicam.it
Un grande esempio di costruito nel costruito:
Luigi Moretti e il suo …
complesso edilizio per uffici ed abitazioni in corso Italia e via Rugabella, Milano. 1949.
da scriverci un libro:
“L’architettura e i suoi orrori “
Un capolavoro.
Davvero interessante complimenti.
Senza nulla togliere alla serietà dei promotori del convegno, quando leggo frasi come “è proprio dal confronto fra nuovo e antico che si enfatizza l’intensità espressiva dell’uno e dell’altro” oppure “una logica costruttiva compatibile, in grado di dialogare con le preesistenze” mi prende una certa inquietudine. Significano tutto e niente. E’ come “la valorizzazione dei parchi naturali”, la “riqualificazione”, che in molti casi ha puntato all’inserimento di chioschi bar o vendita ai privati di antiche ville per “un dialogo costruttivo tra pubblico e privato.” Vorrei invece che venisse detto chiaro: siamo dei conservatori o no? Io sono per la conservazione pura dei centri storici, senza “dialoghi” col moderno. Conservare, restaurare, senza la sfida dei contemporanei che fremono per porre le loro creazioni accanto a quelle degli antichi.
Invece sottoscrivo il “Riuso degli spazi urbani residuali e delle fabbriche dismesse” (sarebbe interessante un tour didattico in certi quartieri di Londra) e il “recupero e valorizzazione dei territori periurbani” anche se la parola “valorizzazione” continua a causarmi una certa allergia.
.. oddio, un capolavoro.. cosa mi tocca sentire..
…mette in omba gli altri edifici che si ritrovano senza sole, sulle pareti dei quali si formano muffe e si staccano intonaci..
Mah…si staglia come una coltellata maldestra su una torta chantilly allo zafferano.
Appunto.
Mauro io mi sono laureato col massimo teorico della conservazione architettonica. E lui per primo mi insegnò che il moderno, quando è di qualità, sa (e deve) dialogare con l’antico. Solo la pessima qualità non dialoga con nulla. Altrimenti il duomo di Siracusa, per dire, sarebbe una schifezza: tempio greco, trasformato in chiesa dai normanni, alla quale successivamente hanno aggiunto una facciata barocca.
Ah ^__^