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Pariscoop! – Carmine Vitale

Parigi, sogni e strade di una città, , Historica Edizioni
di
Carmine Vitale
(estratti)

C’è una foto scattata a dei manichini silenziosi che guardano un’apertura al centro di un palazzo. Parigi è questa storia, anche senza le voci, gli sguardi, in un silenzio assordante ha un cuore pulsante. Potrebbe fare a meno delle persone, dei volti: ha un proprio asse, ci gira intorno il sole come una terra a parte, con queste sue strade che non ti lasciano neanche il tempo di dire come un corpo estraneo qui non possa mai entrare, è un lampo che dà stupore, rabbia, o dolore veloce, cose che si fondono insieme agli alberi e alle foglie, nel pieno centro del tuo cuore. È arte allo stato puro, è una montagna incantata, è la stella Assenzio, ars poetica, caffè, spirito delle leggi, è scadenze, ritorni, salvezza. Come a La Ruche dove c’è una scritta sul muro che ti guida: «Tutti coloro che lottano per la libertà combattono in ultima analisi per la bellezza».

Paristiques- Immagine di Francesco Forlani

L’Alveare è un luogo artistico, un purissimo santuario delle arti dove dal 1902 si alternano artisti di tutto il mondo. Situato nel quartiere Vaugirard ai confini di al “2, Montparnasse Passagge de Dantzig”, la Ruche è una vecchia struttura a forma poligonale che ha dato ospitalità a molti dei più grandi pittori e scultori del novecento. Chi abitava alla Ruche doveva pagare un bassissimo affitto che quasi mai gli artisti pagavano, ma Alfred Boucher non ha mai cacciato via nessuno. Né Alexander Archipenko, Modigliani, Marc Chagall, Léger, Soutine, né Kremegne, Kikoine, Zadkine, Diego Rivera, Ardengo Soffici, Lipchitz, Marcel Damboise, e tanti, tantissimi altri. La Ruche ha rischiato molte volte la pelle, la demolizione. Ma mi piace immaginare che grazie all’amore si è sempre salvata. Perché non bisogna farsi ingannare e anche se non ci fosse più la speranza di cambiare il mondo, che nulla meritasse più il nostro amore, che ci resterebbe da fare?
Salvare i nostri ricordi anche fuori tempo massimo. I ricordi possono diventare un business delle passioni, una risorsa, il punto di partenza di visite su cui impostare un ciclo degli amori sotto il profilo della Torre Eiffel.
Ci sono casi in cui definire passioni i ricordi può sembrare un paradosso. Esistono infatti cuori, anime private, storie esemplari che dimostrano come i ricordi che buttiamo, possono tornare a nuova vita sotto forme diverse e rientrare nel cuore dalla porta principale.
(…)
In Rue de Cascades, in questa parte di Parigi che sembra ancora un villaggio, sorge il centro intitolato a Louise Michel, l’attivista libertaria della Comune parigina. A volerlo, alimentarlo, gestirlo in una parte della sua casa c’è una figura straordinaria, fuori da
ogni tempo: Lucio Urtubia. Uno dei massimi magistrati francesi, pensando a lui ha affermato: «Lucio rappresenta più o meno quello che io avrei voluto diventare nella vita». Falsario, rivoluzionario, anarchico, maestro dell’essenziale, è un navarro che ha inseguito il sogno della giustizia sociale, attraversando i sogni. Dal 1954 esule in Francia, divenne famoso come falsario. Oggi è in pensione e mantiene vivo il sogno di chiunque attraversi la soglia sempre aperta della sua casa perché: «Ho sempre creduto che nella vita nulla fosse impossibile anche quando ho dovuto vivere nascosto e con un altro nome. Ignoriamo ancora del perché della nostra esistenza, non sappiamo perché siamo fatti in un certo modo, uno differente dall’altro, totalmente differenti. Unici. Una ricchezza inesplicabile questa, cui non diamo troppo valore – ben misere cose il denaro e il potere ‒ e di cui perdiamo il senso, troppo attenti a voler avere perdendo l’essere. Come ora qui sotto un cielo azzurro a pensare l’impossibile. Noi esistiamo, siamo la prova che l’impossibile non esiste. E questo non è semplicemente meraviglioso?».

Nota di effeffe
Quando Carmine Vitale mi annunciò che Francesca Mazzucato, gli aveva chiesto di pubblicare un libro nella sua collana Cahier di Viaggio (Historica Edizioni) la notizia mi aveva reso felice. Felice perché quando scopri un autore- si badi bene che chi scopre ha meno meriti di chi si è lasciato scoprire ed era successo qualche tempo prima– non c’è gioia maggiore della condivisione della “scoperta” con altri esploratori, e con i lettori che spero davvero siano tanti Nella mia quasi ventennale residenza a Parigi, ho accolto diverse centinaia di persone secondo il famoso teorema dei circoli affettivi, prima i parenti e gli amici, poi gli amici degli amici eccetera eccetera. I primi anni, lasciavo agli ospiti degli itinerari su fogli sparsi, un jour après l’autre, e in qualche modo funzionavano visto che a distanza di anni, gli stessi ospiti, rammentavano gli stessi con riconoscenza. Del resto quegli itinerari erano il frutto di un sur place, quasi militante, mica di un Erasmus o un viaggio di Nozze! Un giorno, però, avevo dimenticato di compilare per i miei ospiti il famoso vademecum e così in serata, prima che affrontassi la cosa i due, era una giovane coppia, cominciarono il racconto della giornata, l’epica del proprio casuale itinerario con tale dovizia di particolari e ritmo di narrazione che mi lasciarono basito. Cos’era che rendeva quel racconto migliore dell’altro, ovvero del racconto dell’ esperienza che avrebbero fatto dei miei itinerari? Quel che lo faceva inimitabile era il loro essere “unico”. Il “loro” itinerario era una abito fatto su misura – qui Carmine mi capisce- cucito, tagliato, con aghi e forbici che non avrebbero servito nessun altro. Ecco perché questo libro è prezioso, secondo me. Perché insegna ad amare l’unico modo che valga, per poter conoscere una città, ovvero perdersi in essa, alla maniera dei flâneur, così come Walter Benjamin e ancor prima Charles Baudelaire ci hanno insegnato. E loro maestra fu Parigi. Così come per noi. La Parigi di Carmine è un libro in cui ci si può smarrire, o ritrovarsi, magari entrambe le cose.

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10 Commenti

  1. La scritta sul muro a La Ruche, per me sarebbe più appropriata così: «Tutti coloro che lottano per la bellezza combattono in ultima analisi per la libertà ».

  2. Prenoto anch’io, libro e biglietto!

    OT per effeffe:
    Ordinare il tuto libro di poesie Edizioni La Chambre Verte, via Libreria Quarto Stato, si sta rivelando più che impresa titanica una Mission Impossible!

  3. La sensibilità di Carmine Vitale fa meraviglia. Per amare una città, le flâneur si spoglia, cammina nel colore poetico della sua visione, in una città straniera, la conosce la parte intima di lui, la bellezza addormentata si sveglia in una strada, nel tempo inatteso di una pioggia, in un caffè, nell’ombra del fiume.
    Parigi ha un incanto nostalgico, come se il tempo fosse l’oriente dimenticato della bellezza: è la pietra bianca luccicante, nel ultimo raggio della storia.
    Parigi mi angoscia, l’ho già deto sovente su NI, ha una bellezza di pantera, mi lacera, non ho mai domesticato questa angoscia. Ma è vero ci sono luoghi che ti parlano, fanno sorgere un sogno, un abbagliamento. Per me è la Rue des Rosiers, ignoro la mia attrazione: la strada è piccola, scura. Forse è la scrittura delle insegne in un alfabeto misterioso: è propio il luogo della scrittura. Una scrittura che non posso decifrare, una bellezza vicina e lontana. Altro luogo: il fiume nel suo lento cammino, nella sua luce d’alba, nel suo cielo d’inverno, nei suoi rifletti, nella sua riflessione.

    Complimenti a Carmine Vitale per il suo canto poetico a Parigi.

  4. grazie a tutti a forlani dico sempre che spesso la vera amicizia si trova come la bellezza sotto gli occhi e non si sa vedere
    agli altri grazie per il passaggio
    e a sartori un doppio grazie da quell’articolo e quell’intervista splendida mi hanno dato molto
    avrei voluto riportarla integralmente ,perchè l’uomo lo merita
    grazie
    c.

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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