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Ubu-Reportage per un secolo di Patafisica

Per la rivista diretta da Riccardo De Gennaro ho chiesto al mio maestro Fernando Arrabal di scriverci una nota su questi cento anni di patafisica visti da dentro (fuori, sopra e sotto). La traduzione è mia e il fotodossier a cura di Mauro Guglielminotti. Abbonatevi a Reportage, vale! effeffe

Portrait di Mauro Guglielminotti

Hommage
di Fernando Arrabal
traduzione di Francesco Forlani
Da il Reportage numero 6, aprile-giugno 2011

Del College Pataphysique temo mi sia ignoto l’essenziale. Come di quasi tutto. Oppure, di non poter dire altro se non quello che ho sentito dire o letto.
Credo sia ‘Il’ centro delle ricerche sapienti. (Una vera manna per me!). Ma soprattutto inutili. (Meglio ancora!). Ovvero, miste a confusione. Un panico dovrebbe sentirsi tanto a proprio agio quanto un surrealista in forte imbarazzo. Il College, naturalmente, non ha mai praticato dei veti, proibizioni o espulsioni. Ovviamente, visto che offre soltanto delle soluzioni immaginarie. Si possono quindi studiare soltanto le leggi che governano le eccezioni. “Les très riches heures du C ’P” (Fayard, 2000) del Serenissimo pennifero Thieri Foulc mi farà da guida.

Mi sembra esemplare il fatto che Foulc possa essere “il serenissimo”, come la più alta autorità veneziana e al tempo stesso, “pennifero”. Inoltre, egli porta il titolo di “Rappresentante ipostatico di Sua Magnificenza”. Poiché la sua rappresentazione ipostatica (elevata al rango dello Spirito Santo), è associata a quella del coccodrillo. D’altra parte io sono, senza alcun merito, TS. Satrapo trascendente. Trascendente? Cosa c’è di meglio? E satrapo, il che equivale a tiranno? Ad ogni modo una sorta di sbirro dell’imperatore persiano. Il cielo e la merda. Titolo che avevo già dato a due dei miei spettacoli.
Credo che il C ‘P de Paris sia organo centrale e marginale. (Ma forse rischio di commettere uno sbaglio grossolano). Federatore e anarchico? Il Collegio dispone, con mia somma gioia, di 116 Commissioni, Sottocommissioni e Intercommissioni. Gli Istituti si moltiplicano dappertutto nel mondo. Consolidano il loro lavoro Australe. Il Corpo dei Provveditori del C ‘P si rallegra dell’esistenza di centinaia di Istituti nell’universo. E della costante creazione di nuovi. Sembra che il Collegio stia preparando un numero della sua rivista “Viridis Candela/Il corrispondente” interamente dedicato ai lavori di questi Istituti internazionali della scienza. Ognuno di essi sarà presente. Con i lavori e i progetti più trascendentalmente titanici. “Parigi” si è impegnata a tradurre perfino dal Volapük tutte queste presentazioni, si dice.
Purtroppo, il Collegio è difficilmente osservabile dall’esterno. Se non attraverso il periscopio della sua rivista interna. Penso che l’universo esista solo come aggiunta di elementi singolari. In questo contesto, noi altri, satrapi trascendenti, non esercitiamo per statuto alcuna funzione. Che norme edificanti! E non giochiamo alcun ruolo, né positivo, né negativo. In più non siamo soggetti a regole. Noi agiamo patafisicamente grazie alla nostra semplice presenza. Vedi in nostra assenza. “Come catalizzatori di catarsi”. Sia fatta la volontà di Pan!
Ho notato che il Corpo dei Satrapi si avvale in maggioranza di amanti degli scacchi. Quasi tutti lo sono o lo furono: Marcel Duchamp, Max Ernst, Boris Vian, Jacques Prévert, Raymond Queneau, Henri Jeanson, Topor, Michel Leiris, René Clair, Jean Dubuffet, Man Ray, Enrico Baj, Eugene Ionesco, Barry Flanagan, Umberto Eco e Jean Baudrillard. Eppure penso che non siano stati cooptati per questo motivo. Il che aggiunge un’altra rara eccezione. Li si è eletti pensando così di accogliere soltanto dei creatori tra “i più originali e sediziosi dei tempi moderni”, per usare l’espressione di Jean-Louis Bory?
Per una qualche splendida ragione, ovvero accecante, in Patafisica tutto possiede tanto senso quanto le sue possibili letture, e quindi i lettori. Il che permette a Thieri Foulc di riconoscere un’altra particolarità:
– Il Collegio sorvola su quanto degli spiriti meno liberi considererebbero come un pesante handicap: il premio Nobel che pesa sullo stimato Dario Fo.
Costui fu infatti accompagnato nella sua ascesa trascendentale (o discesa satrapica) da Jean Baudrillard e Umberto Eco. La cerimonia si è svolta a casa mia. Il Collegio aveva per l’occasione cambiato la disposizione del mio appartamento. Il 20 aprile 2001. Che fortuna per me! Si sono comportati con una modestia trascendente. Ad un’attrice molto giovane il satrapo trascendente & Premio Nobel si è presentato così:
– Sono Dario Fo, attore.
Ho tentato di decifrare per l’intera serata il quadro realista che, di fatto, mi aveva appena regalato: tre coppie nude in piedi, nell’atto di: Copulare? Pregare? Ballare? Topor è stato cooptato, quel giorno, a titolo postumo. Pochi giorni dopo, il suo quadro “Crocefissione di Braccio di Ferro” (che avevo prestato per una mostra a Chartres) è stato trafitto dal pugnale di un fanatico.
Mi sembra che ci siano seguaci che la Patafisica ignora in quanto tali. Parallelamente, altri che la Patafisica non riconosce come tali? Heidegger? Gilles Deleuze? Quest’ultimo ha dichiarato che “questa scienza è l’avanzata delle scuole filosofiche non dogmatiche di oggi”.
Non credo che la ‘P non abbia senso. O che sia ermetica. Noi stessi, la quasi dozzina di satrapi ancora in vita, ne diamo uno alle nostre opere. Oppure facciamo in modo che ne acquisiscano uno. Preferibilmente confuso come l’esistenza. Per fare quel che il Dottor Irénée-Louis Sandomir indica come il “buon rimbalzo”.
La Patafisica io l’accolgo come un eterno presente. Come un dono perpetuo. Come il pane (e il circo) quotidiano. Pecco forse di ottimismo. È forse irremovibile nel cambiamento senza fine? Poco prima di morire il satrapo trascendente Ionesco ha riconosciuto:
– Sono ricoperto di premi e onorificenze; dall’Accademia di Francia a quella di Boston. Ma il titolo che conta di più per me è quello di Satrapo: il College sovrasta tutte le accademie, presenti, passate o future.
Un patafisico sarebbe allora qualcuno che non si ignori rispetto a coloro che si ignorano?

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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