DIFFERENZE ALLO SPECCHIO
di FRANCO BUFFONI
Nel Maghreb “zamel” è il termine più volgare per definire l’omosessuale, naturalmente passivo (non esistendo il concetto di omosessuale attivo, ritenuto un maschio e basta). In arabo classico, invece, zamel (con accento sulla prima sillaba) significa “colui che sente freddo”. Il termine ricorre in alcuni versetti del Corano, in particolare quelli in cui Dio si rivolge a Maometto ordinandogli di destarsi e di procedere alla predicazione del suo messaggio. Nei primi giorni giorni della rivelazione – trasmessa dall’arcangelo Gabriele al Profeta – infatti, questi – sorpreso e impaurito – tornava a casa e ordinava alla moglie di avvolgerlo nelle coperte, perché si sentiva “freddo” a causa della copiosa sudorazione causatagli dal terrore. Pertanto, nel Maghreb, maestri coranici e insegnanti evitano accuratamente di leggere i versetti contenenti tale termine per non suscitare ilarità e sconcerto tra i giovani allievi.
La mia non-fiction novel intitolata Zamel, apparsa presso Marcos y Marcos nel 2009, rispecchia il proposito non di inventare storie verosimili, ma di raccontare la realtà come se fosse una storia verosimile. Si incontrano sulla terrazza del Zephyr a La Marsa sulla costa tunisina, Aldo cinquantenne romano – ritiratosi a vita privata “in quest’angolo di paradiso” – e Edo, trentenne milanese, in vacanza per una settimana. Edo, impegnato nel movimento lgbt per i diritti civili, sta scrivendo un libro sulla cultura omosessuale, e – conversazione dopo conversazione – ne racconta all’amico il contenuto. Aldo pensa, sente, preferisce in modo tradizionale: si deve agire; non se ne deve parlare, se non svagatamente per ingelosire le “amiche”.
Aldo reagisce in modo scettico ma incuriosito ai racconti di Edo, col tono di chi le cose non le ha studiate, ma le ha vissute e le vive: i ragazzi qui preferiscono me, anche se sono più vecchio; con me si sentono sicuri sul ruolo da svolgere. Tu li destabilizzi.
Aldo è troppo orgoglioso per dare ragione a Edo. Tuttavia, alla fine della settimana di permanenza del giovane scrittore, sembra consapevole di essere ancora nella fase due (1 Repressione sempre e comunque – 2 malattia da curare – 3 diritti da acquisire).
Dopo la partenza di Edo, Aldo conosce il ventiduenne tunisino Nabil e intreccia con lui una vera e propria relazione. Racconta tutto a Edo in una serie di mail. Lentamente Aldo capisce che Nabil lo ama davvero, non lo disprezza. E’ molto dotato il ragazzo, ma quasi se ne vergogna. Si lascia accarezzare a fondo lì…
Fino a quando Aldo pretende che Nabil ammetta di essere omosessuale, provocandone la reazione irrimediabilmente violenta. L’errore fatale di Aldo è lessicale. Conoscendo qualche parola di arabo, ricorre al termine “zamel”.
In pratica la tragedia avviene perché entrambi i protagonisti non riescono ad affrancarsi dai loro fantasmi “culturali”. Aldo non riesce più a sentirsi attratto da Nabil, quando si accorge che Nabil lo sta amando perché è uomo. Nabil – che accetterebbe senza problemi di definirsi in francese homosexuel -, non può tollerare per sé l’epiteto “zamel”, per di più se proferito da uno “straniero”, uno che lo deve pigliare in culo, pagare e tacere.
Entrambi giunti alle soglie dell’acquisizione di una nuova dignità, si ritraggono impauriti, ripiombando nei più triti cliché in cui si sono formati e dannandosi a vicenda: Aldo, continuando a sentirsi “donna” e come tale incapace di amare un uomo che non desideri le donne; Nabil, con la sua ira “giusta” in difesa del suo onore.
Nella prima parte del libro, Edo scende in Tunisia, nella casa di Aldo, per assistere al processo a Nabil. Ricostruisce. Quasi si sente colpevole. L’assassinio è stato brutale. Aldo è morto dissanguato nella vasca da bagno, più volte colpito con un frammento del vetro della porta del bagno andata in frantumi. Il referto della visita medica a cui Nabil viene sottoposto (“orifizio anale imbutiforme, tipico dell’omosessuale passivo”) riporta Edo al secolo scorso, all’epoca delle visite pre-confino agli “arrusi”. Ma proprio quel referto impedisce alla difesa d’ufficio di Nabil di chiedere la consueta attenuante: giovane etero in funzione di marchetta attiva, improvvisamente insidiato da inaccettabile richiesta del “cliente”. Nabil è costretto a confessare che l’offesa è stata “verbale”. Ad uccidere è stata la parola, sostenuta dai pregiudizi culturali di entrambi. Il tribunale non può cogliere tali sottigliezze. Condanna Nabil a vent’anni: assassinio per rapina (ha rubato il cellulare).
La seconda parte del libro riporta le conversazioni e lo scambio di mail avvenuti quattro mesi prima tra Edo e Aldo: ne fuoriesce una breve storia dell’omosessualità, culminante nello scontro tra le idee tradizionaliste di Aldo (due gay tra loro sono come due lesbiche) e quelle moderne basate sui diritti – dignità parità laicità – di Edo.
(Come anticipato nel post “Omosessualità e letteratura” del 20 marzo scorso, nei giorni 17 e 18 si è tenne a Firenze il convegno “L’arte del desiderio. Omosessualità, letteratura, differenza”, organizzato dall’Istituto di Scienze Umane e dalla Provincia di Firenze, e presieduto da Nadia Fusini, Valeria Gennero e Gian Pietro Leonardi. In quella occasione presentai una relazione dal titolo “I diritti civili come scelta di vita e di scrittura” articolata in cinque parti: 1 L’aggettivazione tematica, 2 Genealogie, 3 Scelte di libertà, 4 Differenze allo specchio, 5 Eredità culturali.
Presento oggi la quarta parte. Le prime tre sono apparse nelle scorse tre domeniche. A seguire, domenica prossima, l’ultima parte.)
(franco: mi… accampanella “d’allarme hunting-ton”il senso del tag, il tono del culture clash)
Gina, quando si riassume il senso di un libro complesso si rischia sempre di enfatizzare qualcosa e di perdere molto. Tutto sommato il mio è un invito a leggere il libro…
Io il libro l’ho letto e concordo in pieno con quanto esposto da Franco Buffoni. Tra l’altro ne ho apprezzato molto lo stile e la forma, che mi pare di buona grana letteraria . Se devo pensare a referenti “alti”, mi viene irresistibilmente fatto di pensare al Diderot scrittore, alla sua estetica, alla sua scrittura “fotografica” e filosofica, avanti rispetto al suo tempo. Così, del resto, mi pare la struttura narrativa di Zamel, un bel mix di “fictional e non fictional” molto efficace come scelta di stile narrativo, per raggiungere il fine “illustrativo” o di lettura” di due tragici e opposti pregiudizi non comunicativi. Tra l’altro la storia rievoca un clamoroso fatto di cronaca accaduto qualche anno addietro proprio in Tunisia . Inoltre il testo , a me etero con fragile cultura della “differenza” rispetto alle tante sfumature del mondo lgbt, ha “illuminato” molti aspetti del problema, più e meglio di tanti freddi trattati. Per questo amo dire che Franco Buffoni è erede della solida cultura illuminista.
Ringrazio Salvatore D’Angelo per questi giudizi. Molto, molto generosi.