Verifica dei poteri 2.0: Biagio Cepollaro
[Biagio Cepollaro risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0. Nell’inviargli l’articolo gli abbiamo chiesto di dire qualcosa soprattutto sulla poesia nel web. Qui le risposte precedenti]
Due link di premessa
Premetto che per una buona trattazione della poesia in rete di questi anni occorre riferirsi al saggio di Valerio Cuccaroni La poesia in rete 2.0. Dai blog alla Facebook Poetry in cerca della poesia digitale uscito sulla rivista Poesia, ma poi riproposto on line, e, per quanto riguarda il mio percorso, rimando alla rivista il Verri, n. 39 del 2009, ora in e-book (pdf).
La Rete da Archivio a Editoria
A partire dal 2003 la Rete è stata per me soprattutto archivio: negli anni ’80 e ’90 ho sofferto molto la mancanza della circolazione dei testi in cartaceo. Il problema della distribuzione era insuperabile, le polemiche, anche sui quotidiani, spesso avvenivano senza aver letto i testi su cui si discuteva, ogni discorso veniva ideologizzato anche per questa mancanza di referenza. Una volta Fortini mi telefonò perché gli inviassi per posta i materiali relativi alla rivista Baldus e ai miei testi perché avrebbe scritto un pezzo per il Manifesto. E non era frequente questa correttezza tra i commentatori e tra i critici. Ho creato allora un archivio scannerizzando le opere stampate, libere da diritti editoriali, sia mie che di altri poeti. Libri introvabili degli anni ’60, ’70 e ’80 che avrebbero potuto ottenere finalmente una circolazione che non avevano mai avuto quando erano usciti in cartaceo.
E così da otto anni curo sia il sito La poesia e l’arte di Biagio Cepollaro sia il blog Poesia da fare, uno dei primi blog di poesia in Italia, che funzionava come una rivista cartacea (lentezza e riflessività, selezione a monte dei contenuti, scarsa interattività)…
Ero l’unico curatore del blog ma pubblicavo i testi degli altri poeti che selezionavo, soprattutto tra i più giovani secondo un modo che è stato definito ‘corale’, né individuale né collettivo… Poi filtravo in e-book, in formato pdf, questo flusso lasciandolo coagulare in quaderni: i Quaderni di Poesia da fare (2003-2007) a cadenza semestrale.
L’editoria on line viene dopo, a partire dal 2004: Poesia Italiana E-book, inediti e ristampe (con ristampe di libri introvabili, tra gli altri, di Giulia Niccolai, di Luigi di Ruscio – finalmente leggibile anche dai più giovani –, Corrado Costa e con un inedito, tra gli altri, di Amelia Rosselli che mi è stato chiesto per il meridiano mondadoriano) e dal 2005 la rivista in pdf Poesia da fare e la rivista di critica letteraria Per una Critica Futura, curata insieme ad Andrea Inglese (2006-2010).
C’è da dire che ho affrontato la Rete a partire da una lunga esperienza del cartaceo: avevo già pubblicato dei libri (Scribeide, Luna presciente e Fabrica) e ‘fatto’ riviste come Baldus (1990-1996).
La mia intenzione era portare la lentezza, la riflessività e la selettività del cartaceo nella Rete: diffidavo dell’interattività proprio perché umorale e non riflessiva. Non si può rispondere in tempo reale su qualcosa su cui non si è studiato mentre chi ci parla o scrive ci lavora da anni: è evidente che l’interattività per queste cose non ha senso. È demagogico parlare di orizzontalità quando la mancanza di simmetria è generata dalla competenza non dallo statuto di parlante.
La demagogia dell’orizzontalità della Rete si aggiungeva pericolosamente al tradizionale problema delle corporazioni letterarie e dei giochini di potere tra critici, curatori di antologie, piccole e ridicole mafie ormai superate dal ben più entropico rumore della Rete…
I poeti in rete apparivano ulteriormente moltiplicati e tutti visibili e per questo inevitabilmente tutti invisibili: a centinaia, in un’Italia fatta di scandali, escort, pedofili, disoccupati, bamboccioni, una generazione intera saltata e sprecata… La logorrea trasmutava in chat, in fb e magari in skype con aggiunta visuale…
Dissoluzione della funzione della critica e internet
Nel 2003 interpretavo la Rete come uno strumento di produzione al servizio della riflessione e libero da ogni condizionamento, anche economico potendo editare poesia gratuitamente. Di fatto mi pare che il fenomeno indotto da internet della moltiplicazione delle voci sia andata insieme alla dissoluzione della funzione della critica: in questo senso la poesia non può essere parola plurale. Il pluralismo è nozione della politica (spesso del politichese) non della critica: stabilire dei valori è fondamentale per la critica. Per ogni valore c’è un disvalore, una poetica afferma e nega, una possibilità scelta esclude, proprio perché una possibilità scelta, tutte le altre: questo è il senso di qualsiasi antologia ma anche della critica militante che non può imbastardirsi con la tensione alla scientificità della critica accademica che lavora solo a bocce ferme e non quando i fenomeni sono ancora in corso.
La Rete si è diffusa in concomitanza con un atteggiamento sostanzialmente nichilista della critica e anche di alcune poetiche manieriste. Questa coincidenza di fasi non ha accolto e sviluppato l’eredità dei decenni precedenti: la questione del rapporto tra la parola poetica e l’extraletterario non si è più posta né in termini di realismo (in qualsiasi configurazione da problematizzare) né di sperimentazione (stanche notazioni formalistiche mancano le ragioni etiche della sperimentazione). Aver perso questi nodi ha reso davvero plurale la critica: nel senso che la critica è sostanzialmente indifferente al suo oggetto (può esercitarsi su qualsiasi oggetto, su Villa come su Magrelli, su Di Ruscio come su De Angelis) e anche per questo suo frequente carattere anodino che è diventata indifferente, ridotta a banale e bulimico esercizio retorico , come tutta la poesia ad essa equipollente: formalista, metricista, manierista… L’insistenza sulla metrica ha accentuato il destino autoreferenziale della poesia e della funzione intellettuale ridotta ormai a sterile e accanita decorazione del nulla.
La Rete ha incrociato questi fenomeni: la dissoluzione della critica è a monte e, in Italia, trova ragioni etiche e politiche, prima che teoriche: la mancanza di responsabilità intellettuale ‘maturata’ già partire dalla metà degli anni ’80 ha trovato la sua massima realizzazione pratica nel caotico egotismo della Rete.
Biagio Cepollaro