Verifica dei poteri 2.0: Emanuele Trevi
[Emanuele Trevi risponde alle Cinque domande su critica e militanza letteraria in Internet a proposito di Verifica dei poteri 2.0; qui le risposte precedenti]
1. Le linee fondamentali di questa ricostruzione ti sembrano plausibili?
Assolutamente plausibili, anche se, essendo dalla stessa ricostruzione definito giustamente un “neofita” il mio giudizio vale quello che vale.
2. Quando e perché hai pensato che Internet potesse essere un luogo adeguato per “prendere la parola” o pubblicare le tue cose? E poi: è un “luogo come un altro” (ad esempio giornali, riviste, presentazioni o conferenze…) in cui far circolare le tue parole o ha delle caratteristiche tali da spingerti ad adottare delle diverse strategie retoriche, linguistiche, stilistiche?
Un amico, Piero Sorrentino aveva letto un mio pezzo su un libro di Cesare Garboli, scritto per “Alias”, e mi ha chiesto di pubblicarlo su “Nazione Indiana”. Proprio il giorno in cui questo pezzo è riapparso sul sito, però, sempre sullo stesso giornale era uscita una mia stroncatura di “New Italian Epic”, il saggio di teoria letteraria scritto da alcuni membri del collettivo Wu Ming (W.M.1 e W.M.2, se ben ricordo). Era un articolo abbastanza violento, come di raro mi capita di scriverne, e comprensibilmente i diretti interessati si erano un po’ irritati. Tutto il lungo dibattito, però, finì in coda al pezzo, molto più innocente e rivolto a un pubblico più selezionato, su Garboli. Questa circostanza materiale mi stupì. Un po’ per cortesia, un po’ perché in fondo, avendo stima per i Wu Ming, considerati come romanzieri, intendevo farli ragionare sulle sciocchezze che avevano scritto in quel loro manifesto teorico, e dunque ho tentato per un giorno o due di seguire il dibattito, ma mi sono presto scoraggiato. Intanto, non sopporto l’anonimato e i nomignoli quando si accompagnano a critiche severe, o addirittura a insulti. non è moralismo, ma il fatto che io, nel fare il mio lavoro, ci metto la faccia, come si suol dire, e mi piace giocare su un terreno di parità. Poi ho osservato che, oltre un certo numero di commenti, mi sembra che la discussione stessa perda la sua forma, come tutti i meccanismi puramente inclusivi. È come se in un dialogo di Platone tutti gli ateniesi entrassero a dire la loro sull’amore, o sugli archetipi della conoscenza. È un’idea divertente, anche molto “democratica”, ma ogni forma di linguaggio deve girare su un perno, ogni discorso ha bisogno del suo Socrate.
3. A tuo giudizio, sempre riguardo alla discussione letteraria, la critica o la militanza, cos’ha Internet di particolare, di specifico e caratterizzante, se ce l’ha, rispetto ad altri mezzi di comunicazione?
Dipende se si tratta di testi compiuti o di discussioni basate sulla successione di commenti (scusate, so quest’ultima cosa ha un certo nome, ma me lo scordo, comunque ci siamo capiti). I testi di siti come “Il primo amore”, privi di commenti, sono esattamente uguali a quelli che si pubblicavano per le vecchie riviste. Ma più comodi da reperire e tendenzialmente eterni. Sono tra coloro che sperano che in breve tempo TUTTA la scrittura diventi digitale, scaricabile su comodi supporti. Non avrei nessuna nostalgia per i libri di carta. Però, appunto, la novità non credo che sia lì, ma nell’altro tipo di testi, quelli che si creano collettivamente, con un meccanismo di interazione. Devo confessare che non ci vedo nulla di buono. Lo stesso impulso che si ha ad intervenire è poco sorvegliato, sia dal punto di vista stilistico che psicologico. A che serve, mi chiedo, scambiarsi le idee in questo modo ?
4. Ti sembra che la discussione letteraria in rete oggi sia diversa da quella di qualche anno fa? Credi inoltre che la discussione letteraria fuori dalla rete sia stata in qualche modo influenzata da ciò che si è prodotto sul web o è rimasta tutto sommato indifferente?
Per quanto riguarda la teoria letteraria, il “dentro” e il “fuori” dal web sono accomunati dal fatto di attraversare un periodo di povertà, di perdita di prestigio. E non credo che questa situazione possa migliorare costruendo degli infiniti polpettoni di opinioni collettive, sgradevoli da leggere, pieni di malintesi e ripetizioni. Le grandi idee nascono nella solitudine, prendendosi la responsabilità di quello che si dice, studiando, meditando, cercando le forme più adatte. Ahimé, la vecchia ricetta è l’unica buona.
5. Nel saggio abbiamo lasciato fuori qualsiasi considerazione su come la rete stia o meno contribuendo a erodere i tradizionali processi di legittimazione letteraria. Pensi, ad esempio, che la possibilità offerta ad ogni lettore di dare diffusione a un proprio giudizio di gusto su un libro (siti come aNobii, le recensioni su Amazon, blog personali ecc.) metta in qualche misura in discussione il ruolo e la funzione del critico, oppure sono due ambiti diversi che non si intersecano (o non dovrebbero essere confusi)?
Al novanta per cento (volendo essere generosi) i critici letterari che scrivono sui principali quotidiani e riviste sono degli emeriti coglioni, e pure degli asini. Dunque anche senza il web i “tradizionali processi di legittimazione letteraria” sarebbero più che erosi. Ma a questo proposito, è la tv il vero protagonista della mutazione, una specie di re Mida. In pochi anni, abbiamo assistito al sorgere del monopolio televisivo della legittimazione. Per ora, la qualità è stata molto bassa, perché i conduttori e le loro redazioni vanno in cerca 1) di oggetti narrativi facili 2) di casi umani. Ma non è detto che non si allarghino gli orizzonti, che non migliori la qualità. In generale, vorrei concludere con una considerazione: è vero che il mondo molto spesso sembra cambiare in peggio, e che i più giovani sono vittime di modelli fasulli. Ma l’unica strategia vincente è quella di andare dritti per la propria strada, anche quando sembra di essere in pochi, anche quando sembra di essere rimasti soli. Nessuna mutazione deve spaventare ed inibire.
Emanuele Trevi
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Sono d’accordo su tutto. Bravo Trevi!
c’è in queste, come nelle risposte di Rizzante, un sotteso raffigurarsi stoico e storico: di “amanuensi” certosini che anche sul web provano a salvare il salvabile.
Caro E. Trevi,
non credi che sia in corso un vero e proprio Negazionismo del Novecento Letterario!? Con tutte le rivoluzioni , le tragedie che hanno schiantato il pensiero e i linguaggi della creazione e dei mondi possibili in kelli fini che ki contiene l,avventura umana? Il perchè e come … beh!, è dura … tra il letamaio degli ultimi 20 anni italiani … e l’agnosia di una comunicazione … neofobica della conoscenza? Le Scienze … nella cultura italiana (sic!), la linguistica … Jakobson lettore carnale, emotivo della poesia di A. Blok e S. Esenin, ecc. E tanto altro da incollerirsi …
Ma è solo una battuta! Scusami.
cara viola,
secondo me hai letto male Rizzante. Te lo incollo qui:
Rizzante
“3. A tuo giudizio, sempre riguardo alla discussione letteraria, la critica o la militanza, cos’ha Internet di particolare, di specifico e caratterizzante, se ce l’ha, rispetto ad altri mezzi di comunicazione?
La libertà d’azione, di proposta. E, naturalmente, i tempi di reazione e un certo controllo, attraverso i commenti dei blog, dell’orizzonte d’attesa.
4. Ti sembra che la discussione letteraria in rete oggi sia diversa da quella di qualche anno fa? Credi inoltre che la discussione letteraria fuori dalla rete sia stata in qualche modo influenzata da ciò che si è prodotto sul web o è rimasta tutto sommato indifferente?
Penso che da qualche anno la sola riflessione letteraria degna di questo nome si faccia sul web. Nei giornali non esiste più. ”
Come vedi la posizione di Trevi è ben diversa, ed è semplicemente più conservatrice, nel senso che non coglie l’elemento davvero democratico del web, che non è tanto nei commenti, ma nelle strutture redazionali e nel modo di produzione. Rizzante, che pure scrive su “Repubblica”, questo aspetto l’ha invece colto perfettamente, come dimostrano le sue risposte.
Caro Andrea, grazie, avevo letto le risposte di Rizzante, più interessato alle dinamiche del web, come del resto palese nella sua partecipazione a N.I. ; quel che mi ha colpito e me li ha accomunati – al di là dell’utilizzo o meno dei canali disponibili e, soprattutto, degli eventuali cambi metodologici e non che questi comporterebbero – è stata la diagnosi dell’attuale dibattito letterario e, appunto, la volontà di “resistenza”. Diciamo che ero O.T. – come del resto sono spesso- visto quel che giustamente interessa è la “verifica dei poteri” e quindi lo scandaglio sui mutamenti e/o sulle roccaforti già prese….
sorry, un refuso, “visto quel che” è ovviamente “visto che quel..”
Il problema che il web non ha ancora risolto, come gia’ scritto in altro thread, e’ la definizione di un percorso formativo condiviso che affianchi ai luoghi classici (cartacei: universita’, media, grande editoria) la diffusione -e oggi la salvaguardia- della conoscenza umanistica in maniera rigorosa.
Questo senza arrivare agli eccessi di Trevi, che definisce emeriti coglioni il novanta per cento dei critici letterari; eccessi che fanno il paio con l’impressione generalizzata di cialtroneria riguardo alla classe degli scriventi piu’ in vista. Eccessi che costituiscono il retrogusto di fondo, liddove la democratizzazione dell’estetica si e’ infine trasformata in doxa del gusto individuale dei consumatori.
Ma, ripeto, l’ottica di partenza di questo lavoro storiografico sul web (Sisto-Guglieri e Pischedda) e’ mediana, coinvolge cioe’ talenti -e rispettive opere- che non rappresentano alcunche’ di memorabile accaduto negli ultimi vent’anni in Italia non solo sul web. Ne viene fuori un lavoro quantitativo notevole ma qualitativamente povero e poco originale.
Se l’immagine che sintetizza vent’anni di web e’ quella dulcamaresca dei wu ming, assieme a quella altrettanto dulcamaresca del Genna ai tempi di Clarence, significa che del web in Italia si e’ fatto un uso strumentale e mercatale. Invece sono esistiti decine di punti aggregativi del tutto spontanei che restituiscono l’immagine di germinazione naturale, come ad esempio il blog di autoformazione dell’ingegnere poeta Massimo Orgiazzi, che qui riassume la sua esperienza in rete allargando di molto la prospettiva di Guglieri-Sisto e di Pischedda: http://www.anteremedizioni.it/montano_newsletter_anno4_numero8_orgiazzi .
Mi trovo sostanzialmente d’accordo con l’analisi di Trevi. Poi uno dei problemi principali del web letterario è l’iperproliferazione, che rende difficile orientarsi e il tentativo perpetuo di usare le rete per costruire logiche di clan e meccanismi di pressione e costruzione del consenso che sono più facilmente organizzabili nel www. Non c’è però da essere pessimisti. E’ una fase di transizione che durerà a lungo ma che si esaurirà quando finalmente la scienza empirica della letteratura travolgerà un certo modo superato di fare critica e sfrutterà le potenzialità informatiche.
Dal punto di vista strutturale il www era nato con altri obiettivi che si sono esauriti e oggi quello che c’è è solo una deriva.
Non è così però per il mondo della ricerca scientifica, che può tornare alle origini di Internet con Garr-X.
Il Futuro è nella Scienza molto più che la Letteratura. E’ la Scienza che cambierà l’Uomo.