Senso comune, di Jacopo Galimberti
[Con il gentile consenso dell’autore, pubblico in anteprima qualche testo tratto dalla raccolta Senso comune (2004-2009), di Jacopo Galimberti, che uscirà nelle prossime settimane per Le voci della luna. L’autore si dice ovviamente disponibile a presentare il suo volume in un qualsiasi spazio tipo biblioteca o libreria. La figura del venditore/ciarlatano ambulante lo ha sempre affascinato.
Già presente su Nazione Indiana qui, a.s.]
Se rigenera il fuoco alla Fenice l’immanenza
della vita
(Biagio Cepollaro, Fabrica)
Prologo
Se tento di spiegare dove e come s’inizia,
non so, e mi blocco. Se non ci penso però
si addensa il gesto e l’azione ha motore, scocca.
Oggi il cambiamento inizia dal basso.
– Si rise quel natale in cui il bambino improvvisamente
ti diede la manina mentre i genitori erano rapiti
dalle vetrine.
Oggi il cambiamento inizia dal basso.
Dal basso tutto ci può ancora aiutare, dal basso
non si sa ancora, occorre camminare a mano aperta,
tutto può dare il la, forse l’ha già dato, forse lo darà.
Il materialismo dialettico, le radici delle piante, i giocattoli olandesi,
il filatoio, un video di cicatrici, la gag dei pattini o delle bretelle,
una sega tra amici.
– Passammo tutto il pomeriggio, ti ricordi? fino alla prima stella
a parlare agli insetti del prato, alle rughe degli alberi, a immaginare
i progetti che l’umidità poteva aver tracciato nei muri.
Eravamo, come dicevi e come, a ragione, si dice, eravamo
fuori.
Oggi il cambiamento inizia dal basso.
Nel basso, ci sono tutti gli indizi, si annida
la sfida del nostro mutamento.
Non la febbre alta, né lunghi digiuni, né l’amore incondizionato,
né la cecità o la vecchiaia, né una gravissima depressione, né
gli acidi o l’idillio, l’attesa del boia o il suicidio,
nessuna esperienza perde contiguità o teme l’esilio
tutto ancora è degno,
dal basso.
– E quell’estate? che di colpo mi sei venuta addosso
e piangevi e dicevi che tutta quella gente insieme, quegli sconosciuti
che però ballavano e ballavano da ore, insomma,
ti eri commossa, ti ricordi?
Dal basso, nel nostro tempo, inizia la mutazione.
Dal basso si ricorre a un giorno di silenzio per ascoltare
il tesoro tutto attorno: l’acqua che corre, la pentola calda, la luce radente
sui disegni della fiaba, la scuola che spaventa, la strada asfaltata,
la fogna, la musica della radio che accompagna
nel sonno.
– C’era quella volta, ti ricordi? che mi hai detto che ora ai piedi avevi
uno stipendio. Di un birmano, hai aggiunto, che lavora un mese,
poi hai preso in mano gli stivali nuovi, un po’ unti, e hai detto:
“Come sono stupendi però!”.
Oggi il cambiamento inizia dal basso.
Dal basso si va in cerca di canali, circuiti,
aorte che trasmettano la metamorfosi: la parabola, l’indovinello,
il mito, la barzelletta lasciva, l’orgia nel tempio, l’arte marziale,
il silenzio. Dal basso l’esempio ha molte lingue,
tutte senza imperativo.
– Ero agitatissimo, ti ricordi quella volta? Quella
che dicevo che era tempo di credere nell’assurdo
che cambino le persone
poi le cose seguiranno, così scosso,
che siamo finiti in ospedale,
mi ero slogato la mascella.
Dal basso c’è un’altra, una nuova,
un’ennesima possibilità di cambiare, dal basso
muoveremo.
La tradizione mancata
Ma se il primo che morde di là s’incastella,
fa elettrificare le recinzioni, mina le spiagge,
se il primo che ce la fa porta giustizia e se è stato stuprato
stupra, se moriva di fame affama, Callicrate,
mettiamo la testa nel forno.
Mi sono preso una bottiglia in testa
e tante botte, ma il turno di notte
è anche questo. E non ci si abitua.
L’anno che ero cameriera è successo
di essere stata seguita, toccata.
Arriva l’ora del colpo di sonno
sono obbligato a farne uso.
– Se colui che ignora le altrui fatiche
venisse messo un giorno all’anno ad arare o a remare al sole,
al fuso o al tornio per ore, non credi, Callicrate,
che saprebbe poi essere amico di chi con queste fatiche
abita e mangia?
– Si, è necessario, e saprebbe essere amico anche del domandare.
Novantanove su cento ti insultano,
ma per quell’uno, il lavoro, ha un senso.
Idiota! devi cercarli negli occhi
altrimenti la calca avanza e scansa,
ma non credere che ti ci abitui,
non pensarlo mai. Davvero devo
assolutamente lasciare
questo lavoro.
– E non credi, Callicrate, che essi da tale esperienza
saprebbero trarre tesoro?
– Tu dici bene, essi ne saprebbero trarre
tesoro.
Lo sa dio quello che io respiro qui,
anzi, lo si saprà, ma fra dieci anni.
In decomposizione, certo, capita,
come gli anziani che crepano in casa,
tagliamo la moquette dove si spargono.
E se si mettono a farlo in reparto?
vai di segatura, ma con l’odore …
è contro la nostra stessa natura,
non ci si abitua, non ci si abitua
mai.
– Forse che in tempo di pace colui che si privava
di un anno o due di vita per essere soldato
era più utile al presente o al futuro della città? Non credo,
allora ti domando, Callicrate, cosa impedisce che una tale legge
si scriva?
*** *** *** *** *** *** *** ***
Perdo biro, accendini, sigarette,
ne reperisco, ne riperdo, le ritrovo
e di nascosto a ma stesso
le rimetto nel loro corso materiale.
Gravi sottili, ignoti a dono e commercio,
circolano docili
in peripli minimi.
In altre fattezze ritornano
e trovo nuove biro, accendini, sigarette,
a caldo, senza saldi postumi.
Quasi un esercizio spirituale.
*
Se udiva dall’altro lato del muro
i genitori con il fiato grosso,
allora si addormentava lieta,
sapendo che le avrebbero insegnato
a stare al mondo.
Se qualcuno mi vuole per un presentazione in un locale…sono in Italia verso meta’ giugno.
Di bell’aspetto e automunito
grazie Sparz!
mo’ me lo segno!
l’anima sottile più brutale (o il bruto più sensibile) d’Europa
applausi
@ Sarmi @ Natalia
troppo buoni…io voglio qualche critica, per migliorare.
un respiro grave, inconsueto
E’ bello che ci sia un giovane poeta che ci propone una poesia delle cose, rigorosa nella lingua e nella linea etica, che si ostina ancora a dar conto della desolazione del mondo, lontano da consolazioni liriche e che non rinuncia a un linguaggio contraddittorio.
Grazie Giorgio delle tue parole. Quando presento a Milano non puoi mancare.
trovare le tue poesie di 13 anni fa, cercare il tuo nome per gioco e trovarti così affermato non sai quanto mi renda felice…