Opere di Cristina Annino alla Galleria Vittoria
Giovedì 7 aprile 2011, ore 18,30
inaugurazione della mostra di Cristina Annino
(a cura di Tiziana Todi)
presso la Galleria Vittoria –
Via Margutta, 103, 00187 ROMA
Tel. 06.36001878.
Fax. 06.3242599.
info@galleriavittoria.com
La mostra si protrarrà fino al 16 aprile.
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Cristina Annino, ovvero della leggerezza
di Robertomaria Siena
“Così come in tutto ciò che dipingi…
vi è qualcosa che mi viene incontro dal
più lontano possibile”.
A. Breton“Solo gli uccelli volano, e gli angeli, e gli uomini
quando sognano”.
J. Saramago
Accostarsi alla ricca produzione pittorica di Cristina Annino, significa assistere allo spettacolo di un artista che porta nuova e fresca acqua al mulino della polemica antineoavanguardista. A tutt’oggi le Neoavanguardie imperano e portano avanti il discorso della negazione della pittura; si tratta di un’ ideologia pesante, afferma la Annino. A questa pesantezza oppone la sopravvivenza scandalosa della pittura ed una “filosofia della leggerezza” che intende, appunto, rovesciare l’ortodossia dominante. Vediamo di procedere con ordine.
Innanzitutto la natura non è quasi mai presente nei lavori della pittrice; Annino si occupa principalmente di corpi umani e animaleschi, anche se questi vengono travolti tutti dalla tempesta perfetta della de figurazione. Questa poi è a servizio della leggerezza che rimane il filo rosso delle meditazioni della nostra. Leggerezza non vuol dire però l’edonismo smaccato di cui parlava Matisse; la pittura si occupa anche del male e delle difficoltà umane, anche se l’orizzonte di una cupezza senza rimedio rimane estraneo all’Annino. Ecco dunque gli esseri deformarsi, stirarsi, allungarsi e perdere senz’altro i segni della realtà e dell’empiria.
Leggerezza ed antimimesi si incrociano e si incontrano ovviamente, dato che il discorso dell’artista risulta assolutamente coerente e consequenziale. Ora la pesantezza non è solo quella che scaturisce dal calvinismo delle Neoavanguardie; la pesantezza, sostiene la pittrice, appartiene alla stessa architettura ontologica del mondo, e questa va quindi negata attraverso l’infinita malleabilità dei corpi e della loro disposizione a derealizzarsi trionfalmente e definitivamente. Da qui l’oggettiva alleanza di Cristina Annino con Chagall, con Licini e con Cucchi. Alla fine è il sogno che decide la partita; infatti in uno spazio impossibile, diventa normale l’assurdo di un universo sregolato rispetto alle leggi del Giorno. Tutto, in Annino, va controsenso; appunto come nei sogni; controsenso fino al punto che spesso spunta l’oro. Ora l’oro rimanda alle icone bizantine, ad un cielo che non è atmosferico, bensì assoluto ed estraneo al visibile. L’oro evocato non è però l’oro dell’iperuranio, bensì si presenta come l’ennesima definizione di una alterità irrimediabile ed ostinata. Torniamo così al punto di partenza.
Questa “alterità”, come abbiamo visto, prende le strade della pittura, la quale rimane la via regia per accedere al mondo dei sogni, l’unico reale per l’artista. E’ qui che cade a proposito il video sapientemente messo in atto da Lorenzo Nardelli; che cosa dimostra un tale lavoro? Dimostra semplicemente come la pittura abbia occupato l’intera abitazione dell’artista; l’invasione non si è attuata nel senso di una istallazione, fenomeno questo che rimane sempre e comunque estraneo a Cristina Annino. Se ne conclude, senza ombra di dubbio, che la pittura si afferma definitivamente come l’unica “finestra” possibile, come l’apertura privilegiata sul “rovescio del quotidiano”, su quel “più lontano possibile” di cui parlava il Breton citato in epigrafe.
un grande in bocca al lupo a cristina!
Anch’io: nessun lupo abbia i denti ma l’ANNINO gli parlerebbe ammansendolo..
MPia Quintavalla