DISUMANIZZAZIONE

di Antonio Sparzani

Quando nei lontani anni sessanta mi laureai in fisica, la famiglia e il parentado e anche alcuni amici erano tutti stupiti e ammirati e chiedevano, sbarrando gli occhioni, fisica nucleare? E io ad affannarmi a rispondere che no, che io mi ero laureato in fisica teorica, e anche specializzato così e che no, fisica nucleare no, e tutti vagamente delusi a dire ah ecco, già, io credevo, ma cos’è, insomma, ecc.

La fisica teorica ha un suono meno importante e meno mediaticamente interessante, mentre la fisica nucleare, quella sì che si sa cosa possa servire. Appunto. Non è mai stata la mia passione, non ho mai neppure dato l’esame di “fisica nucleare” o “istituzioni di fisica nucleare” fondamentali per un altro indirizzo. Ma anche se così fosse, se avessi seguito un indirizzo “più nucleare”, dovrei confessare qui che chi davvero è in grado di mettere le mani nella costruzione di una centrale è un ingegnere nucleare cioè uno di quelli che ha una formazione che gli permette di progettare un complesso di apparecchiature in grado di far funzionare davvero un impianto nucleare.

Perché, sapete, cosa sia una centrale nucleare è facile a dirsi a grandi linee: è un impianto che produce acqua calda, il cui vapore fa girare delle turbine che attraverso macchinari del tutto convenzionali producono elettricità. Solo che l’acqua viene scaldata con un sistema di produzione di calore derivante da un processo che viene chiamato di fissione nucleare, perché nella parola fissione è racchiusa l’idea di spezzare una cosa grossa in varie cose piccole.

Uno dei possibili processi di fissione dell'uranio 235

[figura presa da qui.]
Si spezza un nucleo grosso in pezzetti piccoli. Questo è quello che accade, e che accade in natura, anche. La fissione è utile per il semplice motivo che la reazione nella quale l’uranio decade, cioè si spezza in frammenti più leggeri, è fortemente esotermica, ovvero produce molto calore, perché nella reazione si perde un po’ di massa e ormai lo sanno anche i sassi, da quando l’ha detto Einstein, che la massa e l’energia sono equivalenti secondo una formuletta che vuole che se sparisce la massa m deve apparire al suo posto un’energia pari a mc^2; qui la lettera c sta per la velocità della luce che vale approssimatamente 300.000 Km/s; dal che si desume, facendo un paio di equivalenze, che se sparisse una quantità di massa pari a un grammo, si produrrebbe una quantità di energia pari a 25000 megawattora, capace cioè di far funzionare a pieno ritmo una centrale elettrica da 25 Megawatt per mille ore. Tanto per fare qualche paragone di ordini di grandezza, un terremoto come quello che ha colpito ora il Giappone ha liberato un’energia complessiva dell’ordine dei cento milioni di volte quella corrispondente a un grammo di massa.

Un evento come quello che è ancora sotto i nostri occhi, e che ci tiene comunque in apprensione per la sorte e per la storia di quel paese così lontano ma ormai così vicino — in questo momento non sono cessati esplosioni e incendi nella centrale di Fukushima 1 — fa capire almeno una cosa, che le nostre capacità di previsione sono sempre e sistematicamente insufficienti; nessuno può pensare a tutte le eventualità, il terremoto, per dirne una, ha interrotto l’alimentazione del gasolio alle pompe che mandavano l’acqua di raffreddamento, una banalità, ma il punto vero è che è una banalità di questo genere che può avere conseguenze totalmente sproporzionate, ovvero catastrofiche.

Non intendo minimamente imbarcarmi ‒ e non ne avrei la sufficiente competenza tecnica ‒ in una minuziosa disamina delle argomentazioni a favore o contro lo sfruttamento dell’energia nucleare per usi pacifici (su quelli non pacifici non c’è discussione, a mio parere, l’energia nucleare va abolita e basta); e non dimentico mai quello che diceva Sesto Empirico (II° secolo d.C.), illustre esponente dello scetticismo ellenistico: che per ogni tesi è facile trovare almeno un’argomentazione a favore e una contraria; e su questo tema so bene che argomentazioni ve ne sono a bizzeffe in un senso e nell’altro, che ci vengono ormai fornite dai dibattiti televisivi e dalle interviste giornalistiche a personaggi di vario tipo. Io mi farò forza delle argomentazioni che più convincono me, per ragioni non tutte razionali, ma che per me sono molto rilevanti. E anzi spiegherò bene solo la prima di queste, che è la seguente, e che non compare nei dibattiti ufficiali, ma che per me ha un peso psicologico molto forte:

i danni prodotti da un incidente nucleare sulla popolazione sono di una qualità diversa dai danni prodotti, che pure esistono e possono essere tremendi, da un incidente a una centrale convenzionale. Il danno da radioattività, di cui purtroppo il Giappone è l’unica autorità mondiale, fin da quel maledetto agosto del 1945, altera la qualità della vita in un modo più radicale che per gli altri casi, non concede speranza di cura riabilitante, rimane solo, per chi ne è severamente colpito, un residuo misero di vita da trascinare senza speranza di miglioramento. Il danno da radioattività non si vede arrivare, non c’è il lampo della bomba, l’urto sul corpo, c’è un subdolo mutare delle cellule del tuo corpo che a un certo punto non sembrano più tue, una disumanizzazione più grave e definitiva di ogni altra.

Io penso dunque che danni di questo tipo vadano tassativamente evitati, a qualunque costo: e per evitarli occorrerebbero quindi centrali sicure: ma si capisce facilmente che questo aggettivo è insensato: nulla è mai sicuro in questo campo, né le centrali nucleari né quelle convenzionali, prima di tutto a causa dell’errore umano, fonte prima e ineliminabile di ogni errore; e poi a causa degli errori costruttivi, i cedimenti strutturali nei materiali, che esistono per quanto sia alta l’attenzione messa nei procedimenti costruttivi, e a causa degli imprevisti, come un terremoto di intensità altissima, ma non eccezionale, come questo dell’undici marzo. In un paese perfettamente organizzato e preparato come il Giappone i risultati sono quelli che abbiamo sotto gli occhi e che di ora in ora rischiano di peggiorare.

E in Italia? Non fatemi aprire una dolorosa parentesi: io non voglio neppure immaginare cosa potrebbe succedere agli appalti per costruire le centrali. Farebbero gli involucri di cemento con la sabbia del mare? E i controlli sarebbero sufficienti? Io non ho, e sono molto lontano dall’avere, la fiducia sufficiente per dire di sì.

Non starò a parlare dei problemi enormi e ancora irrisolti costituiti dallo stoccaggio ‒ millenario ‒ delle scorie radioattive, dei costi di smantellamento di una centrale alla fine della sua vita, dei crescenti costi di costruzione e dei tempi relativi, perché so che a tutte queste argomentazioni si può opporre tanta buona volontà e tanta ottimistica fiducia nella capacità innovativa e inventiva degli ingegneri e dei fisici. Ma è proprio la mia formazione di fisico che mi induce a essere altamente diffidente rispetto a queste possibili controargomentazioni. Chiamatelo un feeling da fisico, se volete, ma è così.

Lo so che paghiamo fior di quattrini a Francia e Svizzera per comperare energia elettrica e ai paesi arabi e non solo per comperare petrolio e gas naturale, lo so che il carbone inquina, che il gasolio inquina, che anche le centrali idroelettriche hanno i loro problemi, lo so. Ma so più fortemente che non voglio correre quell’altro rischio, e so anche, per altro verso, che una politica diversa da questa che tra le altre delizie ha appena bloccato i fondi per le energie rinnovabili, potrebbe porre riparo a questa situazione, da un lato investendo una adeguata dose di risorse nella ricerca volta a perfezionare e rendere sempre meno inquinanti le centrali tradizionali e dall’altro attraverso lo strumento a mio parere cruciale non solo del risparmio ma del decentramento energetico, ovvero: sempre più filiera corta anche per l’energia, e sempre meno costosi trasporti di energia su lunghe distanze.

Ma questo naturalmente è da solo un tema per un intero post.

Print Friendly, PDF & Email

71 Commenti

  1. condivido riga per riga Antonio; i costi, ahimé non teorici,di una tecnologia nucleare non sono umanamente sostenibili e questo per me tronca qualsiasi dibattito, visto che potremmo anche impegnarci, come giustamente da anni si sostiene, su altre opzioni energetiche

  2. grazie un post straordinario e molto utile per chiunque si impegnerà nella campagna referendaria
    maria

  3. Adnkronos – Pubblicata mercoledì 16 marzo 2011
    Nucleare: Margherita Hack, referendum spreco di soldi, vince il NO

    Roma, 16 mar. – (Adnkronos) – “Fare un referendum ora significherebbe solo buttare soldi perché è ovvio che con la paura non si può trasformare un Paese in un mondo di scienziati che valutano razionalmente i rischi e i non rischi”. E’ quanto ha affermato l’astrofisica Margherita Hack ai microfoni di Radio Yang, la web radio dell’Agenzia Nazionale per i giovani, intervenuta ad un dibattito sul nucleare con il responsabile scientifico di Legambiente, Stefano Ciafani, alla trasmissione ‘Leggermente’.
    Secondo l’astrofisica “sull’onda dell’emozione come avvenne dopo Chernobyl, il referendum sarà certamente contro il nucleare”. Quanto al nucleare, Hack si dice convinta che “è meno inquinante del petrolio che prima o poi si esaurirà. Noi – dice – compriamo energia nucleare e siamo dipendenti in tutto e per tutto per il petrolio”. Per questo la scienziata si dice favorevole al nucleare, mentre sui possibili rischi sostiene che “ce ne sono così come in qualsiasi impresa tecnologica, come ce ne sono stati e ce ne sono ancora nel viaggiare nello spazio, ma altrimenti il progresso non andrebbe avanti”.
    Sulle politiche energetiche, inoltre, l’astrofisica ‘bacchetta’ il nostro paese nel quale “si dovrebbe consumare meno”. E cita un esempio: “si continuano a costruire palazzi di vetro che diventano serre d’estate e frigoriferi d’inverno, con un’enorme spreco di energia per riscaldarli e condizionarli”.
    O ancora: “sulla raccolta differenziata paghiamo la Germania per smaltire i nostri rifiuti, con i quali loro si riscaldano le città, potremmo farlo noi. E invece la differenziata nel nostro Paese si fa poco e in molte parti d’Italia stiamo ancora a zero”.
    Questo perché – conclude – Ma noi siamo governati da ignoranti”. Sul referendum, invece, il responsabile scientifico di Legambiente si è augurato che “gli italiani votino a prescindere dall’emotività. Per questo – ha detto – chiediamo a tutti di informarsi per fare una scelta consapevole al referendum di giugno”. Secondo Ciafani, “c’è un’ampia miopia della politica nel mettere in piedi politiche serie” per incentivare le fonti rinnovabili sulle quali, sempre secondo Legambiente, l’Italia deve puntare per sostituire il nucleare.
    “L’Italia – ha spiegato – importa energia dall’estero pagando una bolletta molto alta ed è ancora indietro nell’applicare i protocolli nella lotta ai cambiamenti climatici, problemi energetici che non riuscirà ad affrontare con il ritorno del nucleare. Se pensiamo che per le centrali si dovrebbero spendere 50-70 miliardi di euro per coprire appena il 6-7% del bilancio energetico nazionale ci sembra un esborso spropositato rispetto al contributo che verrebbe da questa fonte”

    “ce ne sono così come in qualsiasi impresa tecnologica, come ce ne sono stati e ce ne sono ancora nel viaggiare nello spazio, ma altrimenti il progresso non andrebbe avanti”

    cheddonna con le palle!

    di mio, sogno un mondo di debosciati!

    urlo alla mounk
    la fu

  4. …e aggiungo “l’energia di un’epoca si misura dal numero degli uomini che soffrono, e una credenza religiosa o politica si afferma solo grazie alle vittime che provoca, dato che la bestialità è il carattere primordiale di ogni riuscita nel tempo”

    tolleranza zero nei confronti di pensieri scellerati in nome del “progresso”!
    la fu

  5. A me che sono ingegnere nucleare (settore ricerca sui materiali, pero’, non costruzione/esercizio di centrali) la gente chiede cosa succede e cosa fa il governo. Dico la mia da tecnico; in fondo al colonnino c’e’ quello che fa il governo, molto in breve, e cosa ha in mano il cittadino comune (sostanzialmente: il referendum).

    Tecnicamente succede “molto”, raccontato in varia forma e misura dagli organi ufficiali, dai media, dalla politica e dalle agenzie di opinione. Succedera’ ancora “abbastanza” per un certo tempo, un “abbastanza” al momento imprevedibile. Tecnicamente, in ogni caso, succede “meno” di quanto ci si sarebbe atteso a seguito di un distastro (terremoto + tsunami) di quelle proporzioni, considerando il tipo di impianto che ha impattato. Tecnicamente, l’Unione Europea ha deciso ieri di sottoporre a stress test le centrali attualmente presenti sul territorio UE -cioe’ una simulazione di cosa succederebbe se in Europa si verificasse un evento di portata analoga a quello del Giappone. Tecnicamente, le centrali di cosiddetta terza generazione, in costruzione in numero di due (una in Finlandia, una in Francia), sono attrezzate per resistere e portare a spegnimento sicuro il nocciolo anche in eventi di quella portata, sostanzialmente perche’ i sistemi di emergenza che si attivano in quei casi sono presenti in numero di quattro per ciascun reattore, indipendenti tra loro e ad alimentazione autonoma, invece che che in numero di uno per reattore come nell’impianto giapponese (che lo tsunami seguito al terremoto ha messo fuori uso, da cui quel che si vede ora). Tecnicamente, una prima ricostruzione e’ che il disastro si accaduto per un eccesso di sicurezza: in seguito alla scossa di terremoto, il sistema di sicurezza e’ stato fatto scattare quando ancora non era strettamente necessario; questo ha disattivato alcuni elementi ordinari dell’impianto che avrebbero consentito una piu’ alta probabilita’ di spegnimento sicuro dopo il passaggio -imprevisto ma prevedibile- dello tsunami. Tecnicamente, il livello di radiazioni attualmente presente entro un raggio di 30 km dall’impianto di Fukushima oscilla fra livelli trascurabili e livelli elevati in senso probabilistico (non ci sono danni immediati ma si alza -di poco- la probabilita’ che si sviluppino tumori dopo anni). Tecnicamente i 50 operatori che stanno lavorando sul sito vanno incontro ad un destino che ottimisticamente viene definito incerto.

    Veniamo a cosa fa il governo. Il governo fino a l’altro ieri tirava dritto. Ieri c’e’ stata una riunione a livello europeo e questo tirare dritto e’ stato parzialmente accantonato, in nome della collegialita’ comunitaria. Dal punto di vista politico il governo ha oggi detto che il parere delle regioni sull’accettare o meno centrali sul proprio territorio sara’ vincolante.

    Inoltre c’e’ un referendum il 12 giugno (data probabile) e chi -per qualunque motivo- non vuole il nucleare, puo’ andare a votare “si”, voto che sara’ vincolante a patto che si raggiunga il forum. Il quesito referendario e’ il seguente: “Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?”.

  6. “la Hack non ha mai brillato per la sua indole filantropica” ? non mi risulta.

    comunque, se anche fosse, qualche ragione l’avrebbe, l’uomo che mira al mantenimento (noi cittadini delle economie avanzate) e al miglioramento possibilmente rapido (qualche miliardo) delle sue condizioni di vita, è uno dei maggiori fattori di inquinamento.

    Abbiamo paura, è vero, anch’io ho paura, tra l’altro sono cresciuta nell’era del grande terrore atomico, quando non si parlava di centrali, ma di bombe, e tuttavia sono perplessa, anche per molte delle considerazioni che Sparzani già fa qui sopra. Una, che Sparzani non fa, è che siamo già circondati da centrali nucleari poco oltre i nostri confini, e che il vento per ora sfugge alla nostra capacità di contenimento, perciò non bisognerebbe soltanto fare un referedum nazionale, ma europeo e planetario, che perderemmo, anche perché il referendum non è uno strumento planetariamente accettato, almeno per ora.

    Si disse che dopo Chernobyl era aumentato il numero delle tiroiditi di Hashimoto anche da noi, nonostante le Alpi, ma non so se sia vero.

  7. caro fu :) anche tu come la camusso susanna, per esempio, non dai indicazioni di voto per il 12 di giugno?

    Greenpeace ha deciso di svelare i retroscena più torbidi del nucleare Giapponese. L’accusa, velata, ma evidente è quella che gli incidenti di queste ore non siano il frutto soltanto di una calamità naturale, ma che siano rintracciabili precise responsabilità.

    Sotto accusa il Godzilla del nucleare civile, l’azienda Tokyo Electric Power Corporation, proprietaria dei reattori di Fukushima e più volte protagonista, nei suoi 60 anni di attività, di situazioni di pericolo e/o di illegalità. Come svela il documento di Greenpeace:

    Nel 2002 si è saputo che TEPCO ha falsificato per oltre venti anni i dati sulle violazioni alle disposizioni sulla sicurezza nei suoi reattori, con decine di resoconti truccati presentati alle autorità di controllo.

    Accusa simile è stata mossa alla stessa azienda anche nel 2006, dimostrando tutta l’insensibilità di questo Godzilla. Insensibilità, che ha avuto negli incidenti la sua prova più lampante:

    Ecco una breve cronologia offerta da Greenpeace dei fatti più recenti (gli ultimi dieci anni) che, secondo l’associazione ambientalista, la TEPCO ha provato a nascondere:

    * 2000. Un reattore della centrale di Fukushima (quella colpita dal terremoto dell’11 marzo) viene spento. Altri incidenti, con perdita di radioattività, erano stati già registrati nel 1994 e 1997;
    * 2002. Sempre a Fukushima vengono individuate fessurazioni nell’impianto di raffreddamento;
    * 2004. Secondo Der Spiegel, nell’agosto 2004 (il giorno del 59mo anniversario dell’esplosione atomica su Nagasaki), quattro operai muoiono per una fuga di vapore surriscaldato nella centrale di Mihama;
    * 2006. Ancora Fukushima: viene registrata una fuga di vapore radioattivo;
    * 2007. Un terremoto meno violento di quello dei giorni scorsi danneggia gravemente l’impianto nucleare di Kashiwazaki-Kariwa (sempre della TEPCO, il maggiore al mondo come capacità produttiva); l’impianto è composto da sette reattori in teoria a prova di terremoto (almeno, questo era quello che millantava TEPCO nella sua pubblicità). Invece, 1135 litri di acqua radioattiva finiscono nel Mar del Giappone durante il terremoto;
    * 2008. A Fukushima, un terremoto provoca la fuoriuscita di acqua da una piscina in cui erano stoccate barre di combustibile nucleare esausto;
    * 2009-2011. La storia degli incidenti a Kashiwazaki-Kariwa continua. Nel 2009, quattro persone vengono ferite per un incidente nell’impianto. Nel 2010, a tre anni di distanza dal terremoto, dopo numerosi interventi per aumentare al sicurezza e dopo ben undici incendi, solo due reattori erano stati riattivati. Al momento del terremoto (11 marzo 2011) tre reattori erano ancora chiusi.

    Nonostante la sua dimostrata inaffidabilità, continua Greenpeace, la TEPCO dirige ancora 17 reattori nucleari e prospetta di crearne altre 4. Forse sarebbe il caso di fermare questo Godzilla, si chiede l’associazione ambientalista.

  8. L’abbraccio nucleare è un abbraccio di morte.
    Marco Cedolin
    In Giappone il violentissimo terremoto di ieri ha creato un inferno apocalittico degno dei peggiori film catastrofici. Un inferno dove gli impianti petrolchimici bruciano rendendo nero il cielo, i depositi petroliferi riversano il greggio in mare, i viadotti crollano, le superstrade vengono inghiottite dalle voragini apertesi nel terreno le linee ferroviarie ultramoderne si accartocciano come fogli di carta dentro ad un caminetto, le dighe cedono di schianto creando nuovi Vajont. I mentori dell’onnipotenza tecnologica si ritirano nelle loro tane, i notiziari raccontano migliaia di vittime il cui computo sarà purtroppo destinato ad aumentare in maniera esponenziale con il passare delle ore.
    Le centrali nucleari vacillano e quella di Fukushima esplode in una nube bianca che potrebbe costituire il prodromo di una tragedia radioattiva della gravità di quella di Chernobyl.
    La società del progresso tecnologico si ritrova spogliata ed in stato di shock, di fronte alla forza di quella natura che pretenderebbe di dominare. Una natura tanto più pericolosa in quanto violentata e profondamente minata nei suoi equilibri.
    Le centrali nucleari vacillano e mostrano ancora una volta inequivocabilmente i termini di una scelta sbagliata, drammatica, demenziale ed assassina, ricordandoci che siamo seduti sopra ad una bomba di cui si è persa traccia della spoletta d’innesco.

    Nel mondo sono attive circa 440 centrali nucleari. La Francia da sola ne possiede 80, la Spagna 9, la Svizzera 5 e la Germania una ventina, solo per citare i paesi a noi più vicini.
    Ognuna di esse oltre a rappresentare una grave fonte di radiazioni per il territorio circostante, potrebbe essere causa di una catastrofe di proporzioni inenarrabili, nel caso si verificasse un incidente, un attentato o un intenso movimento tellurico come quello verificatosi in Giappone.
    Ognuna di esse produce tonnellate di scorie radioattive che resteranno attive per un periodo che va dai 20 ai 150 mila anni. Scorie completamente ingestibili, poiché risulta materialmente impossibile determinare la sicurezza dei siti di stoccaggio delle stesse, dovendo ragionare su grandezze temporali nell’ordine delle decine di migliaia di anni….

    Una pesante eredità fatta di veleni e di morte, che lasceremo in dono alle generazioni future, simile ad una spada di Damocle, sospesa nei secoli a venire sopra le loro teste.
    Se a tutto ciò aggiungiamo da parte dei governi, la sempre più spiccata propensione ad affidare sia la costruzione che la gestione delle centrali nucleari ad imprese private come già avviene in Giappone, le quali sono interessate solo ed unicamente al proprio tornaconto, quello che traspare è un quadro a tinte fosche, potenzialmente pericolosissimo ed i cui contorni si perdono nell’imponderabile.

    Dal 1945 ad oggi sono state oltre 2000 le esplosioni atomiche messe in atto per sperimentare nuovi ordigni nucleari. Se ne annoverano 1039 da parte dei soli Stati Uniti.
    Impossibile determinare la gravità della ricaduta radioattiva conseguente a tali esperimenti, anche a causa dell’omertà di buona parte del mondo scientifico, asservito ai grandi poteri.
    I dati riguardanti i casi di tumori e leucemie, aumentati negli ultimi 50 anni in maniera esponenziale, dovrebbero essere da soli bastevoli a far comprendere la grandezza del problema dell’inquinamento nucleare.
    Nonostante ciò in campo medico i pericoli per la salute dell’uomo, indotti dalle ricadute radioattive, continuano ad essere colpevolmente sottaciuti, mentre si cerca di mistificare le reali cause di tumori e leucemie, imputando il loro ingenerarsi a colpevoli di ogni genere, la maggior parte dei quali assolutamente improbabili.

    Dal dopoguerra ad oggi sono stati 32 gli incidenti, ufficialmente dichiarati dalle autorità, provocati da armi nucleari.
    I mari del mondo sono assurti al ruolo di vere e proprie pattumiere nucleari. Basti l’esempio del Mediterraneo, già teatro nel 1956 dell’inabissamento di un bombardiere statunitense B- 47, con due capsule nucleari a bordo e divenuto discarica, in tempi più recenti, per centinaia di bombe all’uranio impoverito, sganciate nell’Adriatico da aerei americani durante la guerra in Kosovo.
    Naturalmente, come sempre accade quando si tratta d’inquinamento nucleare, nessuno si è preoccupato di approfondire le conseguenze di tali situazioni sulla salute di tutti noi, che consumiamo i prodotti ittici e pratichiamo la balneazione.

    Un caso su tutti, che ritengo esaustivo per meglio comprendere la ferale pericolosità dell’inquinamento radioattivo, è quello della città di Mayach, negli Urali del sud, in Russia.
    Una città invisibile, epurata dalle cartine geografiche, insieme ai suoi abitanti, tristi fantasmi, simili a morti che camminano.
    Mayach fu costruita nel 1945 e dal 1948 in poi divenne operativa nella produzione di plutonio.
    Fino al 1951 scorie liquide radioattive di medio ed alto livello vennero rilasciate direttamente nel fiume Techa, contribuendo a contaminare oltre 100.000 abitanti che vivevano sulle sponde dello stesso.
    Dopo il 1951, dal momento che il fiume Techa sfociava nell’oceano artico e la contaminazione rischiava di diffondersi in maniera incontrollabile, gli scarichi dell’impianto vennero indirizzati verso il lago Karachai, privo di contatti diretti con l’oceano.
    Nel 1957 un’esplosione all’interno degli impianti contaminò una regione grande quanto la toscana. Si trattò di un disastro di enormi proporzioni, ma la cosa venne tenuta segreta.
    Dieci anni dopo, nel 1967, allorquando a causa di una secca il lago Karachai fu oggetto di un ritiro delle acque, il vento sollevò grandi quantità di polvere radioattiva, contaminando gravemente un’area di 2000 Kmq.
    Oggigiorno il lago Karachai è un mostro radioattivo in grado di uccidere un uomo che sostasse per una sola ora sulle sue sponde, e tale rimarrà nei secoli a venire.
    E’ indicativo rilevare, a beneficio di coloro che ancora si ponessero domande riguardo ai reali effetti della radioattività sulla salute dell’uomo, come fra i cittadini di Mayak e delle aree contaminate circostanti, negli ultimi 50 anni ci sia stato un aumento del 78% degli ammalati di cancro e leucemia. Inoltre come il 30% dei bambini dei bambini nasca con difetti e malformazioni genetiche ed il 50% degli uomini e delle donne risultino sterili.

    L’uso in campo militare dell’uranio impoverito (DU) nella costruzione dei proiettili, nonché nella blindatura dei mezzi corazzati è stato avallato dalle forze armate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Turchia, Israele e Francia, Arabia Saudita, Pakistan e Tailandia.
    Grazie a questa pratica sciagurata, tutti i paesi teatro di guerra negli ultimi 15 anni, dalla ex Yugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq, sono stati contaminati in maniera significativa.
    Non esistono studi che possano determinare la reale pericolosità di questa contaminazione, né gli effetti che essa avrà sulla salute degli abitanti a medio e lungo termine.
    Le uniche ricerche, oltretutto manipolate dai grandi poteri, si riferiscono al breve periodo e riguardano quasi esclusivamente il rischio per i militari impegnati nei combattimenti, la cui esposizione al DU è relativa al breve lasso di tempo nel quale essi sono rimasti nell’area del conflitto, a differenza della popolazione civile che in quella stessa area dovrà continuare a vivere, coltivare e allevare bestiame, subendo anno dopo anno le conseguenze di un territorio altamente contaminato.

    L’inquinamento nucleare, si può annoverare senza dubbio come uno fra i problemi più gravi, in grado di minacciare sia il nostro presente, sia il nostro futuro, nonché quello delle generazioni a venire.
    Un problema che si muove su vari livelli, spaziando dalla gestione del nucleare civile a quello militare, fino ad arrivare all’ingerenza dei privati che in molti casi stanno soppiantando le amministrazioni pubbliche.
    Un problema scientemente sottaciuto dai media, nascosto all’opinione pubblica, sia mistificando la gravità degli incidenti già avvenuti, sia ignorando colpevolmente la situazione pericolosissima che molteplici elementi stanno ingenerando in propensione futura.
    I pochi studi seri, riguardanti l’inquinamento radioattivo sono, per forza di cose limitati al breve e medio periodo e la maggior parte di essi è stata secretata.

    Un abbraccio, quello nucleare, sempre più stretto e sempre più invisibile, un abbraccio che si può continuare a far finta non esista, in quanto non menzionato da giornali e TV, ma le corsie degli ospedali non hanno bisogno di telecamere e taccuini, per essere annoverate come parti della realtà.

  9. grazie sparz.

    Oltre al problema delle scorie (a mio parere irrisolvibile a meno che non le si mandi nello spazio a costi altissimi…) il cuore del problema è proprio il tipo di danno per la popolazione, che è insostenibile, inaccettabile: non si tratta di semplice “accettazione di un rischio” perché questo rischio è il danno irreversibile, incurabile (la radiazione modifica il Dna).

  10. Il fatto che ci siano delle centrali nucleari ai nostri confini non significa di certo dover farne di nuove sul nostro territorio.

    Ovvio che non siamo al sicuro nemmeno così, ma la questione è più complessa, si tratta dello stile di vita che vogliamo adottare nei prossimi decenni, si tratta di incentivare altre fonti di energia che invece non lo sarebbero per nulla nel caso vincesse l’opzione nucleare, si tratta di limitare eventuali gravissimi danni contenendo il numero delle centrali ,alcune delle quali , forse, potrebbero anche essere dismesse

    Ma , poi, se davvero si crede nell’Europa,non vedo perché non si possa continuare a comprare energia nucleare come è stato fatto fino ad oggi, in paesi limitrofi. Voglio dire che in casi problematici e fondamentali come questi, avrebbe forse più senso fare un discorso comune europeo e non soltanto nazionale. L’energia costa troppo a chi la compra, la centrale costa troppo a chi la gestisce? E che ci si metta d’accordo, altrimenti cosa l’abbiamo fatta a fare l’unione?

  11. Le centrali verranno costruite, ma non partiranno mai, giusto per ingrassare le imprese che devono costruirle e per non far spregio ai francesi che ci tengono per le palle, per via che ci vendono sottocosto la loro energia nucleare in eccedenza e per via che detengono una grossa fetta del nostro debito pubblico, oltre il 20%. Quindi rassicuratevi: le uniche centrali che si faranno in Italia, perfettamente compatibili con il carattere nazionale, saranno le centrali ecologiche a lagna.

    PS: se proprio volte impaurirvi, fate un’indagine sul nucleare militare presente sul territorio, sul quale non sappiamo nulla, nemmeno in termini di sicurezza.

  12. Non sapevo che i francesi avessero energia nucleare in eccedenza, una notizia, se vera, mica da poco.

  13. Anche se in pieno dibattito di approfondimenti ( o pre referendario?) torno alla lettura pura del bellissimo post, di cui voglio ringraziare Sparzani: c’è molto o tutto già, per iniziare a pensare il NO al nucleare in Italia –
    Poi, affrontare il dibattito, o le contro argomentazioni, anche;
    ma fissare lo sguardo dove vada fatto.per fare luce la bene, insomma.
    Maria Pia Quintavalla

  14. Ma, sempre che mi decida a riprendere la differenziata, dopo che la lettura di Cedolin mi ha quasi convinto che non ne vale più la pena, visto che sono morta o morente, a chi crederò, di chi mi fiderò?
    Di Hack, Veronesi e Bonicelli, o di Mattioli, Silvestrini e Natalini?

    Deciderò, quando deciderò, sulla base di informazioni affidabili e verificabili?
    Sarò messa in qualche modo in grado di decidere? O non fidandomi più di nessuno mi abbandonerò alle mie paure?
    I due terzetti di cui sopra spingono in una direzione o nell’altra per innato ottimismo o pessimismo, oppure sulla base di informazioni, conoscenze, dati concreti?

    Per me il problema – o anche il dramma, se volete – è questo. Non so di chi fidarmi.
    A naso mi fiderei di più di Hack Veronesi e Bonicelli, se non altro perché so più o meno chi sono (che è un criterio estremamente stupido, lo ammetto volentieri), ma a naso tendo anche a non fidarmi di nessuno, viste le sorprese che il tempo ci ha riservato.

    E nella mia incertezza, sento sullo sfondo la presenza massiccia delle centrali in funzione che mi circondano da tutte le parti.

  15. L’articolo di Sparz è molto bello perché pur essendo misurato e non retorico “dice”, e in profondità. Non altrettanto potrò “dire”, temo, di questo mio commento:

    le centrali nucleari con l’attuale tecnologia sono, dopo la guerra, la peggior follia della nostra specie. E’ la celebrazione finale di questo modello di sviluppo, uso senza scrupoli del territorio e dell’ambiente, spregio della salute altrui (ma anche della propria, e qui sta la follia), enormi interessi economici col pretesto dell’energia. La posizione della Hack mi rattrista ma non mi stupisce. E’ come quella della Montalcini, scienziate “pesanti” tutte ricerca occidentale e tecnolgia, per cui sì agli esperimenti su animali, vivisezione se necessaria al progresso ecc. Progresso che ci sta conducendo a velocità folle verso l’apocalisse e farà di noi o dei nostri discendenti i futuri cittadini della città nera.

  16. tutti nel bunker antiatomico tranne la alcor e forse il fu così si imparano a non fidarsi… del “buon senso” (!) (?) :)
    bacio schermato
    la fu

  17. Cosa c’entra l’opinione dell’uomo della strada, il comune elettore, cioè un emotivo all’ennesima potenza, con gli scienziati, gli esperti e i sapientoni che propugano il nucleare?
    C’è un scarto eccessivo tra i primi e i secondi attori.
    Bisognerebbe votare come si fa al festival di Sanremo: da un lato il popolino e dall’altro gli specialisti e gli esperti delle giurie.
    Insomma, dopo una precedente consultazione contro l’uso di centrali nucleari, andiamo di nuovo alle urne. E’ un bene o un male? Mistero.
    E’ successo qualche cosa? Forse è il lunedì di Pasquetta? Ah, io porto la fruittata di spaghetti, quella classica, semplice e senza aggiungere niente altro. e anche il tortano con almeno cinque uova sode dentro.

  18. Ma no fu (il o la?) non così spettacolari, basterà comprare una scatoletta di tonno che, evento impossibile, beninteso, avrà radiazioni chissà perché (ma sappiamo che non può verificarsi perché ci sono i controlli), o un’auto giapponese, tra cinque o sei anni, i cui sedili, o la vernice (evento inconcepibile, come sai perché ci sono i controlli) sono radioattivi; oppure la pasta, o l’acqua, che come ben sai non possono essere radioattivi perché ci sono le garanzie, così come è impossibile che le mafie seppelliscano abusivamente le scorie ecc. E decine di miliardi di euro bruciati per arricchire i vari sultani e i loro famigli, che verranno sottratti a scuola, sanità, ma ovviamente le cose non saranno collegate, ci saranno le “finanziarie” per via della crisi. Ah, e poi il pericolo di terremoti o attacchi terroristici, eventi assolutamente impossibili, come sai, perchP le centrali di 3 generazioni sono “assolutamente” sicure.

    E vari assoluti ecc ecc ecc

  19. eh, il buon senso, magari!, neppure lui, poveretto, nei secoli si è dimostrato tanto affidabile, pensa a quando nelle grandi pesti si scatenava sui poveri untori

    comunque il commento della funambula mi conforta, nulla muta, bisogna schierarsi sempre senza dubbi, e invece io penso che il dubbio sia una delle poche cose buone delle nostre democrazie, sia verso le certezze del potere che verso quelle dell’opinione pubblica, posso?

  20. cara fu :)

    credo la mia posizione in materia sia abbastanza evidente, se non altro per indole, attitudine e mestiere; inoltre, in tempi di integrazione europea, quel che fa l’Italia in Italia conta relativamente poco anche per le mie modeste tasche, nel senso che -paradossalmente- parte dei soldi che non verranno spesi per costruire centrali andranno alla ricerca del settore, che a mio avviso ne uscira’ fortemente stimolata verso, soprattutto, l’obiettivo ultimo della fusione (progetto ITER e dintorni).

    sul dibattito mediatico e le maniere di fare informazione, tornato in Italia da un mese e mezzo ed esposto nuovamente alle radiazioni RAI-Mediaset, trovo che da un certo punto di vista l’ecosistema sia migliorato: anche i mezzi generalisti e i grandi quotidiani cercano di fare informazione in maniera grossomodo corretta da un punto di vista tecnico; e’ poi inevitabile che, in una democrazia imperfetta come la nostra, il discorso diventi subito conflitto di estremi, di interessi e di tifo calcistico

    voglio infine fare un plauso a Sparzani, per il tono e il senso ultimo del suo messaggio; avere piu’ interventi di quel tipo aiuterebbe a rendere questo “evento” utile ad una riflessione di cui c’e’ senza dubbio bisogno

  21. Ennò.
    Commento rivolto a tutte le persone affette dal “dubbio” (es. Alcor). Gli altri tralascino pure.

    Sono d’accordo anch’io che il dubbio è sempre preferibile al dogma e che non dobbiamo dimenticarci nemmeno Cartesio per cui appunto la certezza si fonda a partire dal dubbio. Dubitare è bene, soprattutto quando ci sono di mezzo questioni così importanti. Il problema però è nel modo di porre i dubbi.
    Dubitare se abbia ragione chi è pro o contro, significa chiedersi: ha ragione chi dubita del nuclerare, o chi non dubita del nucleare?
    – Chi dubita del nucleare tiene conto che l’uomo non può prevedere l’imprevedibile: cioè pone nella discussione il Principio di precauzione, che è un altro modo di dubitare. Dubita cioè che l’uomo possa prevedere e controllare le cause di un disastro.
    – Chi invece non dubita si affida alle certezze della scienza (perché è indubitabile che chi non dubita si affidi a delle certezze: se non avesse delle certezze non esporrebbe, sia pure per ipotesi, i propri concittadini a dei rischi tanto gravi: chi non dubita è quindi sicuro che il nucleare è la scelta giusta; oppure è uno sciocco).
    Ora, se vogliamo dubitare, e nel dubbio, consideriamo anche le ragioni di chi non dubita, non stiamo affatto dubitando. Perché il dubbio consiste proprio nel minare le fondamenta delle certezze.
    In altre parole: il dubbio di chi dubita se abbiano ragione i nuclearisti o gli anti-nuclearisti, è un dubbio solo formale, dialettico, non di sostanza. Non è un dubbio di sostanza perché implicitamente prende per vere delle certezze.

    Chiarito il discorso sul “dubbio”, sento spesso un altro argomento
    – Ci sono delle centrali ai nostri confini, quindi: dato che siamo esposti comunque a dei rischi, perché non costruirne entro i nostri confini?
    Questo argomento presuppone che dei rischi ci sono (li stiamo già correndo) e sulla base di ciò propone un incremento dei rischi. Se ad usare questo argomento è poi una persona che “dubita”, mi preoccupo.

    Quanto all'”imprevedibile”: questo nuovo millennio si è aperto con l’imprevedibile. E ancora l’imprevedibile continua a entrare con forza nella vita degli uomini. L’imprevedibile viene dalla natura e viene dall’uomo. Chi non tiene da conto l’imprevedibile, cioè chi non dubita, è uno sciocco.

  22. tutto questo sfoggio di dialettica (un po’ zoppicante) per darmi della sciocca? tu mi vuoi bene, @dm, è evidente, ma leggi male, almeno me, sei accecato dall’affetto

  23. eh, il buon senso, magari!, neppure lui, poveretto, nei secoli si è dimostrato tanto affidabile, pensa a quando nelle grandi pesti si scatenava sui poveri untori

    comunque il commento della funambula mi conforta, nulla muta, bisogna schierarsi sempre senza dubbi, e invece io penso che il dubbio sia una delle poche cose buone delle nostre democrazie, sia verso le certezze del potere che verso quelle dell’opinione pubblica, posso?

    certo che puoi e ti autorizzo, per quel che mi riguarda a non dubitare riguardo al mio categorico NO al nucleare, un NO frutto di un dubbio suffragato da fatti, statistiche, numeri, eventi, costi benefici…che solo un dubitatore del dubbio degli altri si ostina a non vedere
    nel dubbio non ti bacio :)
    la fu

  24. L’argomento, il VERO argomento, ai miei occhi, è quello portato da Sparz quando dice:

    «i danni prodotti da un incidente nucleare sulla popolazione sono di una qualità diversa dai danni prodotti, che pure esistono e possono essere tremendi, da un incidente a una centrale convenzionale»

    e da FEM quando dice:

    «non si tratta di semplice “accettazione di un rischio” perché questo rischio è il danno irreversibile, incurabile (la radiazione modifica il Dna).»

    Questa è la vera ragione della “mia” paura, non il numero dei morti al momento dell’eventuale incidente, se è vero che gli incidenti stradali causano solo in Europa circa 120.00 morti l’anno, e che la denutrizione, vedi qui: http://www.unicef.it/doc/270/gli-effetti-della-malnutrizione-sullinfanzia.htm, ne causa molti di più.

    Su questo argomento [tipo di rischio e smaltimento delle scorie GIA’ PRESENTI nel mondo] che cosa si sa? Che cosa si fa o si può fare? Quanto costa smaltirle oppure – se come sembra smaltirle non è possibile – metterle in sicurezza? Se per ipotesi la costruzione di nuove centrali relativamente sicure liberasse risorse mondiali che potessero essere dirottate sulla bonifica delle situazioni esistenti, potrei essere interessata. E’ solo un esempio, ma non OT, per dire che io non vedo le cose in bianco e nero.

    Sono così ingenua da pensare che i governi impiegherebbero con naturalezza questo denaro per fini nobili? No. Ma non sono neppure tanto catastrofista da rifiutare di prendere in considrazione il peso di un’opinione pubblica planetaria in questa direzione.

    Sono discorsi complessissimi che vanno ben oltre il dato tecnico, e soprattutto io non ho le competenze per farli, solo per abbozzarne una possibile declinazione qui, ma voglio poterli pensare, e mi rifiuto di vedermi costretta a semplificare TUTTE le volte OGNI riflessione in un SI o un NO.
    Anche perché questa finirà per essere una discussione accademica, visto che nessuna regione italiana accetterà una centrale sul suo territorio.

    La funambola non mi bacerà? Tanto di guadagnato.

  25. poi sarebbe interessante parlare dello spreco energetico che ci sta portando a questo. siamo ormai degli esseri che vogliono vivere d’estate a 10 gradi e l’inverno a 30, che senza macchina siamo persi anche per andare a comprare il pane a duecento metri da casa, quando in bicicletta su molti percorsi si fa la stesso tragitto in un decimo del tempo, che produciamo tanta di quella immondizia che smaltirla è ormai un problema e neanche riusciamo a differenziarla….ma che ne dobbiamo fare di tutta questa energia?

  26. grazie di avere apprezzato la mia argomentazione che va per l’appunto al di là delle valutazioni sulle scorie e sui costi; il che non significa affatto che io ritenga inutili o sciocche queste valutazioni, anzi, estremamente importanti e probabilmente decisive per le decisioni politiche definitive. Molti dei link indicati sono utili a farsi delle idee più precise.

    Il pezzo sul dubbio di @dm mi fa venire in mente la posizione di Metrodoro di Chio, vissuto attorno al 400 a. C., di cui si ricorda questa frase: “Io affermo che noi non sappiamo se sappiamo o ignoriamo qualche cosa; e che non sappiamo neppure se sappiamo o non sappiamo questa cosa stessa né assolutamente se esista qualche cosa o no.” Come dire, non molto incoraggiante per una sensata discussione:-)

    Apprezzo molto i dubbi di Alcor, che teme giustamente di farsi ingannare da una parte o dall’altra. Io credo che dopo aver letto e valutato, pensato e parlato, arrivi un momento nel quale la nostra mente fa clic e capisce che per lei, la mente, una serie di argomentazioni è più importante dell’altra; finché non arriva quel momento è giusto continuare a leggere e pensare. La mia ha fatto clic con l’argomentazione che ho detto.

  27. Alcor: Non lo penso assolutamente. Ho scritto il commento abbastanza di fretta e impulsivamente e l’ultimo “sciocco” è piovuto da solo. Non volevo in nessun modo riferirlo a te. Capita quando ci si sente coinvolti nelle cose (e lo sono, per alcune ragioni personali). Ti chiedo scusa, anche se forse è fuori moda. Leggo spesso i tuoi commenti perché li trovo intelligenti. Ciao.

    Sparz: mi immaginavo un’obiezione del genere, forse un po’ riduttiva. Anche per questo ho pensato che era il caso di argomentare meglio il discorso sull’imprevedibilità. E ho scritto un post. Sono cinque semplici domande.

    Ti invito (e invito chiunque sia interessato a questa riflessione) a leggerle qui:

    http://www.danielemuriano.com/blog/opinioni/cinque-domande-nucleari/

  28. se, ormai ragionevolmente e secondo esperienza, non riesco a fidarmi di nessuna delle istituzioni del mio paese, non posso certo pensare di riporre una qualsivoglia fiducia in chi, chiunque esso sia, in futuro gestirà impianti di questo genere, in cui risiede un rischio tremendo & terminale.
    una domanda per Sparz: ma che cazzo ci faceva quella centrale a dieci metri dalla costa del Pacifico, in un paese dove l’onda anomala è una sinistra tradizione?

  29. Se cercate «reattori nucleari attuali e futuri» (non riesco a fare il copiaincolla dell’indirizzo, non so perché)
    potete scaricare un pdf dell’Arpa dal quale copio questo:

    Attualmente sono in funzione
    circa 440 reattori che appartengono
    principalmente alla prima e
    seconda generazione, con alcune
    unità di terza generazione già
    operative in Asia.
    Dei 440 reattori nucleari in funzione
    nel mondo, 266 unità sono
    ad acqua in pressione. Tale tipologia
    più diffusa include i PWR
    occidentali e i VVER di progetto
    russo, entrambi moderati e refrigerati
    ad acqua leggera in pressione.

    440 è un numero impressionante, e vedo confliggere le risorse per garantire la sicurezza dell’esistente con le risorse da impiegare sulle energie rinnovabili sull’intero pianeta, poiché mi pare chiaro che non si tratta di limitati problemi territoriali, bensì planetari. Questo mi preoccupa molto, assieme a quello che dice Bourg sopra, che non sarà facile convincere i cittadini dei paesi in via di sviluppo a ridurre le loro aspettative economiche.

  30. e questo:

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-03-17/cina-nucleare-111131.shtml

    non preoccupatevi, mi fermo:-)

    quello che trovo interessante, è vedere come tutto sia connesso e abbia delle ricadute, per esempio come il passaggio dal carbone al nucleare avrebbe dovuto far calare decisamente negli anni l’inquinamento ambientale e il gas serra, e come il passaggio massiccio al solare indicato da Rubbia sia una strada molto lunga e come nel frattempo (una ventina d’anni?) la necessità di energia non si abbasserà se non in misura minima, visto che altri soggetti si affacceranno sul palcoscenico dello sviluppo industriale, eccetera

  31. e poi questo blog

    http://www.keplero.org/

    dal tono calmo e divulgativo, cosa che mi piace, se non dicesse nella stessa frase che la “sindrome cinese” è un’iperbole, ma che per contrastarla nei reattori vengono prese misure adeguate

    ma insomma, mi dico, se è un’iperbole è una figura retorica, e restiamo nel mio campo, ma se vengono prese misure per contrastarla passa dal rango di figura al rango di possibilità

  32. @ Alcor / Sparzani

    «i danni prodotti da un incidente nucleare sulla popolazione sono di una qualità diversa dai danni prodotti, che pure esistono e possono essere tremendi, da un incidente a una centrale convenzionale»

    quel tipo di danni e’ mano mano reso piu’ improbabile (ma non ancora assolutamente improbabile) dall’avanzare delle tecnologie costruttive/contenitive e dal corretto esercizio/manutenzione degli impianti gia’ esistenti e di quelli a venire

    ma sono sostanzialmente d’accordo con chi esprime in Italia paura per il fattore umano (i costruttori, gli esercenti, i controllori, i bonificatori… la sabbia nel calcestruzzo per dirla in breve) prima che per quello tecnologico; l’Italia non e’ in grado di gestire progetti di questa complessita’ e non lo sara’ ancora per lungo tempo…

    … anche per motivi di interesse economico: meglio distribuire miliardi a pioggia ai piccoli pirati delle rinnovabili (una qualsiasi filiera che campa su incentivi della proporzione di quelli appena bloccati dal governo RUBA a piene mani i soldi dalle tasche anche di chi in quelle tecnologie crede) invece che concentrarli su megaprogetti aperti ad infiltrazioni di ogni tipo

    concludo dicendo che in Italia il nucleare si potrebbe fare oggi stesso e convenientemente, ma solo in una maniera: appaltando tutto il ciclo di costruzione/esercizio/dismissione alle ditte estere incaricate e dichiarando i siti scelti come suolo militare, cioe’ alzando recinti e tenendo la marmaglia disturbatrice -pro/contro che sia, affaristi, ambientalisti, fanatici di vario stampo- a debita distanza e a tiro di schioppo

  33. “Io credo che dopo aver letto e valutato, pensato e parlato, arrivi un momento nel quale la nostra mente fa clic e capisce che per lei, la mente, una serie di argomentazioni è più importante dell’altra; finché non arriva quel momento è giusto continuare a leggere e pensare. La mia ha fatto clic con l’argomentazione che ho detto”

    argomentazione che credo sia condivisa dai più, “fanatici” “irrazionali” e dubbiosi di cui faccio parte :)

    a questo pensiero del fu :)

    “concludo dicendo che in Italia il nucleare si potrebbe fare oggi stesso e convenientemente, ma solo in una maniera: appaltando tutto il ciclo di costruzione/esercizio/dismissione alle ditte estere incaricate e dichiarando i siti scelti come suolo militare, cioe’ alzando recinti e tenendo la marmaglia disturbatrice -pro/contro che sia, affaristi, ambientalisti, fanatici di vario stampo- a debita distanza e a tiro di schioppo”

    prediligo di gran lunga questo che ingessa forse una sensata discussione ma ha il pregio di non far danni “collaterali”

    “Io affermo che noi non sappiamo se sappiamo o ignoriamo qualche cosa; e che non sappiamo neppure se sappiamo o non sappiamo questa cosa stessa né assolutamente se esista qualche cosa o no.”

    ps anche chicco testa (prototipo della miseria umana) ha espresso oggi un piccolo dubbio

    baci
    la fu

  34. Okay, mi sembra chiaro che c’è qualcuno che non vede oltre i propri piedi, e che non vede oltre il prossimo futuro quando i propri piedi non ci saranno più.

  35. grazie maria
    apprezzo i tuoi commenti pacati e di “buon senso” qui su ni
    io, che pacata lo sono solo con una cannetta :) esorto a
    ricordare queste firme di persone inconsapevoli che giocano, grazie ai loro emeriti titoli, con la vita delle persone
    che si vergognino e chiedano scusa!
    dovremmo listarci a lutto, dovremmo proiettare su uno schermo gigante, in tutte le piazze di tutti i paesi e di tutte le città, la tragedia e l’orrore che si sta consumando in giappone, che ci riguarda tutti, e che riguarderà il futuro? di un intero popolo composto nel dolore e spaventosamente dimentico della tragedia che li ha colpiti mezzo secolo fa
    bacio
    la fu

    Le prime firme

    Sen. Umberto Veronesi
    Giorgio Salvini, presidente onorario Accademia Lincei
    Carlo Bernardini, professore emerito di fisica università di Roma- direttore di “Sapere”
    Margherita Hack, astrofisica, professore emerito università Trieste
    Enrico Bellone, professore ordinario di storia della scienza
    Edoardo Boncinelli, genetista, professore di Biologia e Genetica Universiutà San Raffaele
    Gilberto Corbellini, docente di Storia della medicina-Università di Roma
    Giovanni Bignami, astrofisico
    Roberto Vacca, scienziato e scrittore
    Franco De Benedetti, economista
    Erminio Quartiani, deputato PD
    Enrico Morando, senatore PD
    Tiziano Treu, senatore PD
    Pietro Ichino, senatore PD
    Francesco Tempestini, senatore PD
    Chicco Testa, manager
    Umberto Minopoli, manager
    Adolfo Spaziani, presidente Federutility
    Massimo Lo Cicero, economista
    Anna Ascani, manager
    Andrea Camanzi, manager, consigliere Autorità vigilanza sui contratti pubblici
    Marco Valenzi, bioinformatico
    Fabrizio Rondolino, giornalista
    Silvio Simi, pubblicista, fondatore di ” Libearal”
    Enza Bruno Bossio, manager
    Paolo Mautino, funzionario pubblico
    Francesco Romano, ingegnere
    Pietro Costantino, manager
    Amedeo Lepore, professore universitario
    Andrea Margheri, senatore
    Aldo Amoretti, sindacalista consigliere Cnel
    Carlo Pedata, direzione nazionale giovani PD
    Mario Bianchi, dottore Comunità francescana O.F.S.
    Riccardo Casale, presidente Iride Energia
    Maria Giovanna Poli, giornalista
    Marino Mazzini, professore ordinario Università Pisa
    Bruno Neri, professore ordinario Università Pisa
    Gianni Petrangeli, ingegnere
    Vincenzo Rosselli, imprenditore
    Angelo Tromboni, imprenditore
    Marco Ricotti, professore ordinario Politecnico Milano
    Giuseppe Bolla, ingegnere
    Raffaella Di Sipio, manager
    Ernesto Pedrocchi, professore ordinario Politecnico Milano
    Bettanini, Ph in ingegneria elettrotecnica
    Maria Luisa Mello, fisica
    Giovanni Forasassi, professore
    Gianfranco Bangone, direttore di Darwin
    Anna Meldolesi, giornalista scientifica
    Andrea Gemignani, presidente Confindustria Livorno
    Francesco Semino, manager
    Myrta Merlino, giornalista
    Luigi De Paolis, professore Univesità Bocconi
    Herman Zampariolo, presidente Vona Energy
    Silvia De Grandis, ingegnere, imprenditrice
    Giorgio Turchetti, docente Unibo, presidente Centro A. Volta
    Giulio Valli, Galileo 2001, già dirigente Enea
    Carlo Artioli, ingegnere

  36. Stai tranquilla Alcor, nessuno perseguiterà i senatori, gli illustri scienziati, gli imprenditori , i giornalisti e i manager le cui firme appaiono in calce alla lettera, peraltro pubblica da tempo, e scritta proprio perchè fosse divulgata in ogni dove.

    maria

  37. una piuma per alcor :)

    “le nostre conoscenze, come le nostre esperienze, dovrebbero paralizzarci, e renderci indulgenti verso la stessa tirannia, visto che rappresenta una costante
    siamo abbastanza chiaroveggenti da essere tentati di deporre le armi
    nondimeno il riflesso della ribellione trionfa sui nostri dubbi
    e benchè potremmo diventare degli stoici perfetti
    l’anarchico rimane dentro noi e si oppone alla nostra rassegnazione”

    bacio
    la fu

  38. In questi casi vedo le facce degli illustri colleghi giapponesi, ora anzianotti o morti, di cinquant’anni fa. All’opera nel dibattito pubblico che si era creato in seno alla stessa società che dall’atomo aveva avuto tanto danno. Sono simili credo, non tanto nei lineamenti, ma dal punto di vista della fallibilità delle conclusioni, a quelli che nell’Unione Sovietica, meno titubanti sicuramente, vedevano nell’atomo il fantasma del progresso. Chi sa, forse anche da quelle parti avranno scritto e firmato lettere. E si saran detti, è tutto sicuro, se lo dice il tal luminare, il tal intellettuale, questa è gente seria, mica ci mette nei guai o in rischi seri. A volte l’immaginazione aiuta. Anche nella ricerca della “verità”.

  39. Con Chernobyll ho perso come tanti altri la tiroide, sindrome autoimmune, hanno detto, ma come mai solo dipo quell’accaduto? Esattamente tre anni dopo e poi a raffica un sacco di altre persone,io più sensibile degli altri. I dati sono allarmanti e riguardano i bambini con il mio stesso problema. ma si può vivere c’è gente che è morta.
    Quello che mi sono chiesta per il Giappone è una domanda a cui non so dare risposta o meglio ne ho una sola:follia.
    Hanno conosciuto gli esiti della bomba atomica, l’hanno consociuta sulla loro pelle e paimenti i danni della sismicità del territorio in cui vivono. Come non considerare l’imprevisto come preponderante, non la genialità umana come condizione sufficiente per superare la messa in crisi ddata dagli eventi. Non so come si possa dimenticare la lezione avuta per decenni, molti, prima di uscire da quella prima disfatta e poi dai terremoti, per inseguire cosa? Quale falso benessere?
    Tutti noi abbiamo sotto i piedi una grossa stufa, brucia un combustibile che brucerà senza sosta per …non so quanti millenni.Perché non sviluppare una ricerca che offra la geotermia come soluzione al nostro problema di riscaldamento, ma anche risolva la necessità di energia, non per produrre auto, non per produrre una vita convulsa come la nostra in cui si rincorre l’inutile e si trascura la bellezza ( e non intendo veline e altre oscenità da baraccone e circo delle donne cannone).
    Condivido certamente le paure di Sparzani, e sono lieta di averle; mi fanno ancora oggi muovere con spirito critico verso la vita, non verso una morte costruita in serie.f.f.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

La follia dei numeri #3, però . . .

di Antonio Sparzani
“L’italiani sono di simulato sospiro”, dice il Gadda nelle sue fantasmagoriche Favole e aggiunge “L’italiani sono dimolto presti a grattar l’amàndola: e d’interminato leuto”. Bene, l’italiani matematici non son da meno: i nomi di Gerolamo Cardano (pavese, 1501-1576) e di Rafael Bombelli (bolognese, 1526-1572) sono tra quelli più implicati nella ulteriore follia che esaminiamo adesso.

Visti dall’Oltre

di Fabrizio Centofanti
In potenza siamo molte cose: un’energia allo stato puro che tende verso una realizzazione. Ma è l’atto che ci definisce. È l’idea di progetto: chi siamo veramente? Conosciamo il nostro destino, ciò per cui siamo al mondo? Ci interessa?

La follia dei numeri #2

di Antonio Sparzani
Dove siamo arrivati con la follia dei numeri: siamo arrivati a costruire una classe di numeri che sembra li contenga tutti, visto che possiamo scrivere un numero qualsiasi di cifre prima della virgola e una successione qualsiasi di cifre dopo la virgola, anche una qualsiasi successione infinita, cosa vogliamo di più folle ancora?

La follia dei numeri #1

di Antonio Sparzani
In tutta la mia vita adulta i numeri e la scienza che li tratta, la matematica, mi sono stati piuttosto familiari, e spesso necessari, data la mia...

M’è venuto un sospetto. . . .

di Antonio Sparzani
Spero abbiate tutte e tutti notato come e in quali efferati e rivoltanti modi la polizia italiana (comprendo in questo termine carabinieri, polizia, urbana e non, e qualsiasi altro cosiddetto tutore dell’ordine) stia, come dire, alzando la cresta, ovvero il livello della brutale repressione dei “diversi” in qualsiasi modo essi si presentino: i fatti di Verona e poco prima i fatti di Milano, quattro agenti che pestano di brutto una transessuale ecc. ecc.

Le parole della scienza 3: da Tito Livio alla terribile “formula”

di Antonio Sparzani
La prima puntata qui e la seconda qui. Che cosa hanno in comune una Ferrari e il censimento della popolazione nell’antica Roma? Non molto, sembrerebbe, salvo che c’è una stessa parola che è implicata in entrambe. Nell’antica Roma, due millenni prima dell’epoca delle Ferrari, Tito Livio, storico di età augustea, scrisse un’opera immensa, cui si conviene di dare il titolo Ab urbe condita – dalla fondazione della città–per–eccellenza
antonio sparzani
antonio sparzani
Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: