Solo se giovani e belle

di Mauro Baldrati

Ho sempre ammirato lo stile di Natalia Aspesi. Durante gli anni dorati milanesi, nella città da bere, era una giornalista di moda temuta, perché scriveva articoli al vetriolo su certe sfilate, sulle trovate grottesche di alcuni stilisti, sull’uso becero dell’immagine femminile. Non era una finta trasgressiva, come ce ne sono tanti – troppi – in Italia, lo era veramente. E lo era dall’interno, non arroccata in uno spazio recintato di rifiuto sdegnoso. Ci andava alle sfilate, e talvolta ne scriveva pure bene, da brava giornalista di moda. Mi piaceva anche per questo, perché era dentro, era nel sistema, e mi piaceva quella contaminazione, forse quella contraddizione.

Poi leggevo anche suoi articoli di cinema, e di nuovo studiavo il mix di ironia, di critica ma anche di eleganza; però il tempo scorre, e in seguito ho letto altro e altri. Ma ogni tanto la ritrovo, e allora non mi perdo mai un suo testo. E lei non ha certo perso lo stile.

L’ultimo articolo l’ho trovato su Velvet di febbraio/marzo. E’ una rivista con un poderoso inserto di moda, tipo Vogue. L’articolo di Natalia si intitola “Solo se giovani e belle”. E’ un argomento quanto mai attuale, l’immagine della donna in un paese che non è per vecchie. Un articolo semplice, condivisibile al cento per cento, anzi al 95 per cento, perché anche l’immagine dell’uomo tende al giovane e al bello, al palestrato, al “fico”, anche se in modo meno invasivo. Scrive Natalia che “ormai la sola immagine femminile accettata è quella della giovinezza”. E questo imperativo si ripercuote nel lavoro, nella carriera, nella televisione, dove per esempio alcune giornaliste vengono rimosse dal video perché “poco splendenti”. Scrive Natalia che “siamo circondati, oppressi, imprigionati da volti freschi, nudità perfette, sorrisi radiosi, capigliature fluenti, seni all’insù, natiche marmoree.” Vero. E’ come un ordine che non si discute, un must assoluto. Traccheggiando col telecomando ho notato che persino le concorrenti di alcuni giochi a quiz sono sempre giovani e scollate, tipo velina.

Poi ho fatto una curiosa scoperta. Sfogliando Velvet mi sono accorto che tutti gli elementi messi in luce da Natalia erano rappresentati in forma compiuta. Era composto da centinaia di pagine “bucate” da un tripudio di “sorrisi radiosi, capigliature fluenti, seni all’insù, natiche marmoree.” Il mondo stigmatizzato nell’articolo era celebrato da una folla di vestali giovanissime, modelle magre e splendenti, ma anche i personaggi dell’attualità erano perlopiù giovani, oppure, se appartenevano al passato, venivano comunque descritti e fotografati nei loro anni migliori. C’era anche un redazionale dal titolo Quasi 40 con belle foto in bianco e nero dove si spiegava alle donne come combattere l’invecchiamento, perché “c’è un rimedio a tutto, anche alle rughe”.

Singolare, ho pensato, è come se un articolo sui danni dell’alcol venisse pubblicato in un giornale pieno di pubblicità di alcolici. Si dirà: ma la moda non è l’alcol, non fa male a nessuno. Di nuovo vero. Inoltre sfogliando le pagine ammiravo alcuni servizi fotografici, per esempio il redazionale di Marcus Ohlsson, immagini in stile avantgarde molto interessanti. Oppure un servizio di attualità su Maripol e la New York hot degli anni ’80, i giovani artisti, i musicisti. Però la contraddizione sembrava palese, macroscopica.

Dunque era di nuovo all’interno del sistema Natalia? Stava forse mettendo in pratica quella deterritorializzazione di linguaggi minori all’interno di lingue dominanti che vengono scavate dall’interno? Forse lo era quando viaggiava nel mondo della moda e lo sbertucciava facendone parte. I suoi pezzi erano intrecciati al pezzo dominante, e lo sfibravano nella trama.

Invece mi è sembrato piuttosto un gioco di compartimenti stagni. Vi sono contenitori onnivori che inglobano qualunque cosa. In passato, negli anni delle contestazioni, si usava il termine fagocitare. Oggi nascono nuovi territori, vengono messi a disposizione terreni per qualsiasi coltivazione, senza entrare nel merito. E chi accetta di coltivare quel terreno lo fa pensando al proprio orizzonte, perché è libero, nel suo recinto. Spazi chiusi, appaltati, ignorati, e le lingue sono parallele, né minori né maggiori, ma cacofonie, linguaggi non comunicanti, non interferenti.

Ma questo può continuare a esistere finché esiste un contenitore-madre che ospita i territori minori che possono anche essere in aperta contraddizione, ma non costituiscono una minaccia. E’ la metropoli dove si parlano tutte le lingue e interagiscono tutte le razze e tutti i conflitti, ma esiste sempre uno strato profondo dove viene conservato il vero potere. E il potere non teme l’ironia, non teme il suo contrario, perché non teme le colonie. Non le teme finché sono sparse, recintate, e i loro recinti non entrano in contatto, e le staccionate non vengono abbattute, e il bestiame e le coltivazioni non diventano beni comuni.

Print Friendly, PDF & Email

23 Commenti

  1. Il libero arbitrio.

    Il libero arbitrio
    è o non è un’illusione?
    E’ o non è il Caso
    che si occupa dello spessore
    del nostro probabile?

    L’eventuale risposta
    rispetti in ordine d’importanza :
    suono
    senso
    decenza(stilistica)
    pertinenza.

  2. così è.

    ma non c’è una fotografa, tra gli indiani o gli amici degli indiani? si potrebbe proporre una serie di belle facce di vecchie donne, belle di tempo passato e intelligenza, e di rughe e altri danni interessanti, così, tanto per cominciare

  3. questo perchè le arti figurative sono relegate ai margini.Qualora si lasciassero intravedere i volti incorniciati dagli scatti dei maestri della fotografia(mi viene in mente salgado)della gente comune,o venissero portati alla luce i capolavori della pittura raffiguranti ancelle dai tratti irregolari,forme abbondanti o visi indimenticabili disegnati dalle avversità forse per riconsiderare l’ estetica con occhi nuovi non dovremmo aspettare il ritorno di joker.I complici dello status quo possiamo sempre trovarli dentro lo specchio

  4. le televisioni del silvio nazionale ospitano la satira anche su di lui. ma come è di larghe vedute, il nostro presidente, che si figlia le serpi in casa! dentro il recinto, appunto. poi però, di vedetta, ci sono i suoi telegiornali e giornali. per un po’ ancora autori “contro” in einaudi e mondadori. e così via.
    nella roma arcaica avevano la meglio i canti beceri della soldataglia durante il trionfo del generale: lì e basta. se si fossero azzardati in un luogo serio a fare menzione di un capello fuori posto sarebbero stati giustiziati.
    tutte scimmiette dentro ai recinti: e per le noccioline abbondanti che i visitatori tirano, uno può fare anche finta di essere nella giungla.

  5. Un’altra riflessione che aggiungerei, sulla scia dell’essere o meno dentro al sistema è questa: a partire dagli anni 60, la categoria “I Giovani” è diventata soggetto e oggetto del potere.

    Soggetto nella rivoluzione dei costumi, delle aspirazioni, dei valori. Oggetto, in un secondo tempo, di conseguenza, di mercificazione e commercializzazione, per cui tutto ciò che è “giovane” è bello ed è degno di commercio.

    Nei nostri tristi tempi, l’evoluzione ha portato a questa contraddizione: tutto ciò che è “giovane” continua a essere oggetto di desiderio e di commercio, ma la categoria “I Giovani”, soprattutto in Italia, è tra le categorie che hanno meno potere.
    Meno potere di acquisto, di cambiamento e perfino di desiderio di cambiamento perché oltretutto, tra una cosa e l’altra, ne sono state stroncate anche le naturali ambizioni.

    Potrà succedere che non avendo più la gioventù tutte queste attrattive, e tutto questo potere, anche l’essere, o sembrare, Giovani diventi cosa non più così attraente? (come si usava ai “bei” tempi).
    O siamo ormai talmente scollati da ogni realtà per cui quello che “va” ormai è solo quello che ci viene propinato come cosa sana e bella al di là di ogni possibile valore, storia, motivazione?

  6. Grazie a tutti per gli interventi. La considerazione di Elena, se cioè a un calo di potere contrattuale dei giovani dovrebbe corrispondere un calo di attenzione verso l’immagine giovanile e quindi il suo consumo, richiederebbe un’analisi molto complessa che riguarda: la caduta di potere contrattuale non solo dei giovani ma di tutte le classi, se non addirittura una quasi-scomparsa delle classi in favore del concetto di “massa”, con un riferimento piuttosto ansiogeno alla riflessione della Arendt su uno dei concetti-base del totalitarismo; un bisogno estremizzato in questi ultimi anni di identificazione con la giovinezza, se non di consumo, o di violazione, di aggressione, di oltraggio, addirittura di distruzione (e questo è il caso macabro del rais nazionale), e i motivi di tutto questo. Io qualche opinione personale credo di averla, ma forse troppo personale, e comunque c’è davvero molta carne sul fuoco…

  7. L’idea che el donne per avere cittadinanza e visibilità debbano essere giovani e belle non mi sembra un tratto caratteristico dell’età contemporanea, ma della società patriarcale basata sul potere maschile.
    Giovani e belle, nell’antichità, quando l’età media non superava i 25-30 anni, corripondeva al periodo di fertilità della donna, dai 14 anni fino alal morte, che veniva usata per afbbricare la discendenza.

    In Italia direi che per quanto riguarda i maschietti, il potere è saldamente nelle mani dei vecchi (non sol oanagraficamente).
    Qui i giovani sono costretti a un lungo periodo di purgatorio sotto le ali protettive della famiglia per poi aspirare in età avanzata ad un ruolo autonomo.
    Idem per le classi dirigenti.

  8. Non lo è infatti, non del tutto almeno, ma l’età contemporanea (e parlo + o – di un decennio) ha segnato una estremizzazione del consumo che si traduce, per esempio, in forme di identificazioni ossessive coi modelli proposti/imposti (e lo dice il padre di una ragazza di 16 anni). Non bisogna confondere l’esaltazione della giovinezza come forza di rinnovamento in grado di ribaltare il vecchio potere e il consumo, la mercificazione del corpo giovane (ma, ribadisco, anche maschile).

  9. @Stalker

    però, “non più giovane” “matura” “anziana” sono tutti escamotage per non dire “vecchia”, parola della quale però vorrei riappropriarmi, se una donna non lo fa, l’unica chance che le resta è quella di restare inchiodata alla nostalgia del desiderio altrui, ma appunto, è altrui, vediamo almeno di fare in modo che non sia il nostro unico specchio.

    Comunque ci sono belle foto di vecchie e sono belle foto perché si tratta di belle vecchie, la vecchia Colette, la vecchia Yourcenar, la vecchia Blixen, la vecchia Arendt, la vecchia Ortese, la vecchia Morante, non mi direte che la vecchia Morante è peggio del vecchio Camilleri:–)

    Poi certo, ci sono le merci, c’è il potere, il post parlava di quello, ma c’è anche la nostra capacità e volontà di riconoscere le antenate.

  10. da parte mia nessuna paura della parola “vecchia”.
    “le mie rughe lasciamele tutte, c’ho messo una vita a farmele” (cit)

    cercavo solo una parola chiave per uno stupido motore di ricerca.

  11. ci credo, quando ho commentato la prima volta ho fatto la stessa ricerca anch’io per mettere qualche link, con gli stessi risultati, bisogna cercarle a una a una e qui non riesco a caricare le singole foto, google immagini ha cambiato le impostazioni e rischio di lincare solo interi siti

  12. è vero, l’ossessione di apparire “giovani” e quindi l’ossessione e la “cura” del corpo è un mito consumistico che negli ultimi decenni ha permeato i modelli dicomportamento e di consumo.

    ma vorrei ribadire che se per le donne la vecchiaia è vissuta come un incubo più che per gli uomini cio’ è determinato da un fatto chiaro e semplice: il potere
    Chi ha il potere puo’ essere brutto e avere il culo flaccido e una protesi in mezzo alle gambe ma resta bello e affascinante.

    questo tratto culturale è talmente interiorizzato nelle nostre società che viene percepito come un fatto naturale: che cioè l’uomo non importa se e brutto o vecchio o fisicamente ripugnante
    la donna invece se non è bella non è.

  13. carmelo, tranne qualche eccezione, vedi donne come la marcegaglia.
    no aspetta, ho sbagliato esempio, lei è figlia di…..

  14. non ho capito la tua osservazione stalker
    non credo di aver voluto dire come vedo io le donne il che non sarebbe nemmeno interessante.
    buenas noches

  15. Simone de Beauvoir diceva che la vecchiaia si poteva sconfiggere o neutralizzare, cito a memoria, con tre cose: ricchezza, cultura, potere, tutte prerogative essenzialmente, quando scriveva lei, ma anche ora direi, del genere maschile.

    E infatti oggi come allora, noi vediamo vecchi che se sono ricchi, colti, molto colti, o di potere possono accompagnarsi con delle donne molto molto più giovani di loro.

    Credo però che questo non valga per le donne, una donna di potere o altro con il kulo flaccido, se vogliamo usare questa orrenda espressione che penalizza la vecchiaia tutta, difficilmente potrà avere un compagno che abbia molti molti anni meno di lei, perchè nel corso dei secoli e anche adesso la bellezza è considerata la prima qualità di una donna.Un attore a sessanta anni fa ancora la parte dell’amante, una attrice la parte della suocera, tanto per fare un esempio banale. E del resto basti guardare come le donne si automassacrano nell’illusione disperata di conservarsi “giovani” e “belle” con il risultato di essere dei mostri , spesso molto presto.

    Certo non è così per tutte, ma a tutte si chiede in modo ossessivo di essere belle, giovani, fresche, al punto che nei motori di ricerca la parola vecchia, anch’io ho fatto la prova di alcor, non si trova e se la digiti rimanda a ciò che alcor ricordava.

    Anche l’estrema vecchiaia ha una sua nobiltà se poggia sulla cultura o sul potere, e così mentre un grande vecchio si guarda sempre con venerazione, vera o falsa che sia, la grande vecchia può dare adito a qualche battuta poco simpatica a meno che non sia ancora….bella!

  16. @carmelo, volevo solo dire che anche donne sgradevoli e non belle (chè spesso la bellezza è data da un moto interiore, più che da un dettaglio fisico, ragione per cui trovo la marcegaglia una brutta donna), può diventare una gran “bella donna”, solo per il potere che esercita, potere tra l’altro ereditato.
    poi ci sono belle donne, anche vecchie, perchè hanno quella bellezza che travalica.
    donne come la marcegaglia sono brutte copie del potere maschile.
    se non i sono spiegata dimmelo, magari ci riprovo.. :)

  17. Sì, potere e ricchezza aiutano tutti, maschi e femmine, o almeno aiutano nel rifornimento di illusioni e carne fresca, la capacità degli esseri umani di raccontarsi delle storie è sempre stupefacente, a volte persino commovente, ma basta fare un passetto più in là, come si può vedere dalle intercettazioni di queste settimane, e le cose tornano alle loro dimensioni reali, un vecchio e una vecchia restano un vecchio e una vecchia, e dopo un po’, che gli piaccia a meno, muoiono. Meglio imparare a elaborare il tempo riconoscendosi nelle buone genealogie, ma anche per far questo bisogna godere di qualche privilegio, e non si può nemmeno dire che si tratti di privilegi culturali, da soli non bastano.

  18. capito stalker e ti ringrazio per la speigazione.

    quello che dice maria è molto interessante:
    La condizione subalterna della donna si potrebbe misurare proprio da questa riduzione anzi direi degradazione della sua persona al suo corpo, anzi alla superficie esterna del suo corpo. Le donne che usano il loro corpo per la propria affermazione sociale (liberissime di farlo) di fatto rinunciano alla loro anima e legittimano il dominio maschile. E vorrei anche ricordare che le prime a inculcare questi modelli di comportamento sono proprio le donne in qualita di madri.

    c’e’ da dire poi che il prestigio la visibilità e il rispetto che viene sottratto ai vecchi (vecchi in quanto “improduttivi”) è una peculiarità della nostra epoca dove tutto viene misurato in funzione della capacità di produrre e di consumare.
    In tal senso si puo’ ben dire che ci sia stata una regressione.
    Al mio paesello i vecchi venivano salutati con:
    – baciamo le mani
    – ossia mi benedica

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (4/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards 8. LA TERRA PROMESSA What happens to a dream deferred? Does it dry up like a raisin in...

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (3/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards RAZZISMO AL CONTRARIO Boston, Massachusetts. 29 maggio 1987. La partita tra i Celtics ed i...

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (2/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards ZEKE THE FREAK Quando nell’estate del 1979 il mitico Bobby Knight, dalla cui corte Bird...

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (1/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards “Dal momento che l’uomo bianco, il vostro “amico”, vi ha privato del vostro linguaggio sin...

Etan Thomas: We matter – racial profiling in USA

Da ragazzino, il basket era tutto per me. Per la verità, non avevo un gran talento, ma conoscevo ogni...

Tre incontri sulla letteratura elettronica a Genova

Fabrizio Venerandi, autore dell'ebook Poesie Elettroniche coedito da Nazione Indiana, terrà a Genova tre incontri a ingresso libero sul...
jan reister
jan reisterhttps://www.nazioneindiana.com/author/jan-reister
Mi occupo dell'infrastruttura digitale di Nazione Indiana dal 2005. Amo parlare di alpinismo, privacy, anonimato, mobilità intelligente. Per vivere progetto reti wi-fi. Scrivimi su questi argomenti a jan@nazioneindiana.com Qui sotto trovi gli articoli (miei e altrui) che ho pubblicato su Nazione Indiana.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: