Articolo precedente
Articolo successivo

Tra scatti di ignoranza e caviale

[Michele Monina, ogni settimana, parla dei cazzi suoi e di musica su PopOn. Questa volta se la prende con Roberto Vecchioni. Come dargli torto? G.B.]
di Michele Monina

L’altro giorno parlavo con uno degli editori che pubblicano i miei libri, e quando mi si faceva notare che a volte le citazioni di cui infarcisco le pagine dei suddetti libri risultano incomprensibili non solo ai più, ma addirittura a chiunque altro non sia io, ho risposto qualcosa che deve esser suonato davvero sgradevole. Una roba tipo, “io scrivo, dopo se la gente non capisce io non ci posso far niente”. Come a voler dire, se la gente è ignorante e io no che ci posso fare? Non volevo ovviamente dire questo, ma così è uscito dalla mia bocca, e quel che è più tragico, il mio editore, immagino proprio per una questione di ruoli, non mi ha seraficamente mandato a fare in culo, ma mi ha vezzeggiato, come se il mio ego di per sé spropositato (parlo nello specifico del mio presunto superego che avrebbe partorito una simile cazzata, per la cronaca) avesse bisogno di ulteriori coccole. Un po’ come Vecchioni che, prima di cantare la sua Chiamami ancora amore nella finalissima di Sanremo, nel dedicare il brano a sua moglie, con parole ricercate e toccanti, non si è fatto sfuggire l’occasione per prendere le distanze dal popolo-bue, il popolo-bue che di lì a pochi minuti gli avrebbe regalato la tardiva vittoria al Festival, dicendo che se anche nessuno a casa lo avesse capito a lui non sarebbe fregato nulla, perché gli bastava lo capisse sua moglie, appunto.

Radical chic allo stato puro, lui, e radical chic pure io, a questo punto, anche nel mio prendere le distanze da Vecchioni che vince a Sanremo, incontro inaspettato tra il popolo-bue, quello del televoto, e la cultura (un popolo senza cultura non ha futuro, ha ripetuto fino allo sfinimento il professore dopo la vittoria, andando magari ospite di Gad Lerner, tanto per specificare di che pasta è fatta lui, accampando, in automatico, un posto nell’empireo della cultura, evidentemente). Con me, del resto, si sono schierati in pochi, fatto altrettanto radical chic, e quei pochi erano tutti radical chic comprovati, da Luca Sofri a Filippo Facci. Di più, il Giornale, nella figura di Vittorio Macioce, ha cantato le lodi del professore, mettendoci in un angolo, noi, a cantarcela e suonarcela, anche se nei suoi intenti c’era di specificare come appariva buffo, in un mondo di doppiopesismi tipico del quotidiano della famiglia Berlusconi, che di colpo anche il televoto che ha portato alla vittoria il professore a Sanremo, lo stesso che ha piazzato secondi i Modà e terzo Al Bano, tanto per non lasciarci andare a romanticismi fuori luogo, fosse diventato per tutti il termometro di un malcontento nei confronti del premier, capace davvero come nessun altro di far propri tutti, ma proprio tutti i frammenti di questa società morente (questo non l’ha detta Macioce, ovviamente, ben felice di vivere in questa società, ma io, che onestamente in questa società mi ci trovo come il protagonista di Tapparella a una festa delle medie).

Ora, potrebbe anche essere vero che se uno non capisce le citazioni che faccio nei miei libri e anche nei miei articoli, io, personalmente, me ne frego, perché non è certo per quell’uno incapace di coglierle che le ho messe lì, o meglio perché non le ho messe lì necessariamente per essere colte, ma anche solo per non rompermi troppo le palle mentre scrivo, che non sono Quentin Tarantino e posso vivere anche senza che mi si riconosca l’enciclopedica cultura pop che ho o che penso di avere, però se uno mi dà del radical chic, io, personalmente, io che sono cresciuto idolatrando Tom Wolfe che proprio ai radical chic ha dedicato uno dei suoi scritti più ficcanti, lì nel suo completo bianco come la panna, scatto in avanti, a torso nudo, la fascia da capitano sul braccio sinistro, non il mio capitano ma pur sempre un capitano, la mascella impanata di barba tirata in avanti come un bimbomikia col ciuccio in bocca e la pasticca in bocca e scatto con la testa, dove colpisco colpisco. Per dirla come il titolare di questa immagine, mi scatta l’ignoranza, e davanti agli occhi posso anche avere uno che, in qualche modo ha rappresentato una fetta della mia stessa storia, non ce n’è, cerco di assestargli una craniata sui denti, anche se i denti, a ben vedere, manco ce li ha. Mi scatta l’ignoranza perché quella del dare del radical chic a chi non la pensa come te e pretende, sì pretende, di dare una lettura della società un po’ meno superficiale e schematica, è come dare dell’invidioso a chi critica certi modi di vivere che al momento vanno per la maggiore.

Di fronte a certe critiche, in effetti, si reagisce spesso, troppo spesso, con un contrattacco. Ti piace qualcosa che non incontra il plauso della maggioranza? Sei radical chic, gauche caviar, o quel che è. Critichi un modus vivendi al limite del codice penale (al limite, ma oltre il confine)? Sei invidioso di chi è più ricco e ha più successo di te. No, cari miei, non ci sto. Tanto per fare una citazione: ho detto no. Ho avuto la percezione che la canzone di Vecchioni, ribadisco, a mio avviso piuttosto bruttina, basata su una poetica piuttosto scontata, volesse cavalcare il malcontento generale per innalzarsi al ruolo di inno, fatto che avrebbe fatto passare in secondo piano la scarsa qualità del brano, e le dichiarazioni di Vecchioni, prima e dopo la vittoria, mi hanno confermato questa tesi. Sentirlo dire a Domenica In che la dedica alla moglie, con quelle parole alte e al tempo stesso romantiche, quindi popolari, era stato un discorso “elettorale”, fatto appositamente prima della finalissima per procacciarsi voti e quindi la vittoria finale non fa che consolarmi. Leggere le sue dichiarazioni, qui su PopOn, in cui dice che è stato il primo cantautore nella storia del Festival (in soldoni) ad aver mischiato alto e basso, aprendo una strada ma al tempo stesso arrivando per primo (chiunque lo farà, d’ora, in poi, sarà sempre il secondo, dice, sempre in soldoni), consolida la mia tesi. E mi dimostra che il professore, evidentemente, troppo preso a cantarsela e suonarsela, tutti questi Festival non deve esserseli visti, perché altri cantautori o in tutti i casi autori alti prima di lui hanno calcato la scena di Sanremo, e in alcuni casi hanno pure vinto.

Per rimanere agli anni zero, non voglio citare Cristicchi, che non reputo né particolarmente alto come autore né particolarmente interessante come cantautore, ma basti il caso degli Avion Travel per fugare dubbi in proposito. Vecchioni, qui lo dico e qui lo confermo, non mi sembra un radical chic in cachemire, ma un furbetto che ha voluto davvero sfruttare il malcontento per dare una defibrillata non tanto a una sinistra sonnacchiosa e morente, ma a una carriera che da anni, io direi anche da decenni (vogliamo parlare di Voglio una donna, vivaddio!!!) non dice niente di buono. Uno che dice di aver intuito superata la soglia della terza età, che si può mischiare alto e basso, seguendo la strada di Modugno e Tenco, peccato abbia in passato tirato fuori canzoni che al basso guardavano con una certa attenzione, scordandosi magari di mirare anche all’alto (vogliamo parlare di Voglio una donna, vivaddio!!!). E non lo dico perché lo invidio, non faccio il cantautore, non faccio il professore, libri ne pubblico anche io e, a ben vedere, ho anche qualche anno meno di lui (vogliano parlare di Voglio una donna, vivaddio!!!). Vecchioni ci ha un po’ presi per il culo, ammettiamolo, perchè saremo anche il popolo migliore al mondo, ma quando si tratta di abboccare all’amo, siamo davvero creduloni come dei bambini la notte di Natale. E non venite a darmi del radical chic, che sennò mi scatta l’ignoranza e parto di scatto con la testa a cercare di colpire il viso. Non avete capito la citazione? Affari vostri, io che ci posso fare…

Print Friendly, PDF & Email

52 Commenti

  1. Se il problema è sapere chi lui sia, basta – ad esempio – leggere la sezione chi siamo sul sito di PopOn. Lo dico giusto per evitarti una craniata da “lui” :-)

  2. Buongiorno autore dell’articolo Monina
    Penso siamo tutti in corale accordo sulla stroncatura da infliggere a Vecchioni che mai mi piacque mai come allora, in san remare, vuoto scontato e brutto(oltre che vecchio poco interessante… vecchio di forfora). Scontato è forse poco. Mieloso, d’un miele che qualcuno (radical o chic) se ne accorge quant’è acidulo, colle sue cucchiaiate gelatinose… sì, una merda.
    Che dica questo o quello chissene frega. scrive quei pezzacci da una vita, forse era meglio accodarsi a qualche altro genere. torni a fare il professore, che si sente la penna rossa, profusa male.

    Sul suo conto e sul suo radicalismo, le dico, uno che non mi piacciono molto quelli che citano ipercitano (senza offesa, a forza di citare si parla come Cita, lei sa chi sto citando…) ma se lei vuole farlo, lo faccia! me ne prendo la responsabilità. lo faccia. non è quello il punto. se lei si sente in colpa invece della sua inconoscibilità di scrittore, della sua inintelligibilità, allora questo è grave. ci vogliono malloppagli e paccottiglie di malloppaglie di critica e punture per far capire alla gente un autore… si figuri quanto può incidere una citazione inafferrata… lo dica al suo editore. quello.

  3. Articolo di grande ignoranza che trasuda livore da tutti i pori. Torna ad ascoltare quel drogato di Vasco.

  4. tuoparente,
    complimenti per l’acuta analisi comparata, da fine intellettuale. E per il coraggio, così raro in rete, a mostrare la tua faccia.

  5. Il testo:

    E per la barca che è volata in cielo
    che i bimbi ancora stavano a giocare
    che gli avrei regalato il mare intero
    pur di vedermeli arrivare;
    per il poeta che non può cantare
    per l’operaio che non ha più il suo lavoro
    per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
    in un deserton come in un porcile
    e per tutti i ragazzi e le ragazze
    che difendono un libro, un libro vero
    così belli a gridare nelle piazze
    perché stanno uccidendo il pensiero;
    per il bastardo che sta sempre al sole
    per il vigliacco che nasconde il cuore
    per la nostra memoria gettata al vento
    da questi signori del dolore
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    Che questa maledetta notte
    dovrà pur finire,
    perché la riempiremo noi da qui
    di musica e di parole;
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    In questo disperato sogno
    tra il silenzio e il tuono
    difendi questa umanità
    anche restasse un solo uomo
    Chiamami ancora amore
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    Perché le idee sono come farfalle
    che non puoi togliergli le ali
    perché le idee sono come le stelle
    che non le spengono i temporali
    perché le idee sono voci di madre
    che credevano di avere perso,
    e sono come il sorriso di Dio
    in questo sputo di universo
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    Che questa maledetta notte
    dovrà pur finire,
    perché la riempiremo noi da qui
    di musica e parole;
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    Continua a scrivere la vita
    tra il silenzio e il tuono
    difendi questa umanità
    che è così vera in ogni uomo
    Chiamami ancora amore
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    Che questa maledetta notte
    dovrà pur finire,
    perché la riempiremo noi da qui
    di musica e parole;
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    In questo disperato sogno
    tra il silenzio e il tuono
    difendi questa umanità
    anche restasse un solo uomo
    Chiamami ancora amore
    Chiamami ancora amore
    Chiamami sempre amore
    Perché noi siamo amore.

  6. Scatti nervosi e sfocati, questi di Monina, perché, come le sue citazioni, non si capisce dove voglia andare a parare e cosa intenda dire. A meno che non abbia voluto dire semplicemente quel poco che ha detto male. Ma, mi chiedo: era così necessario parlare del telev(u)oto di Sanremo? Provoca davvero così tanta indignazione il fatto che per il terzo anno consecutivo non abbia vinto una creatura sfornata da “Amici”? Non ci sono forse, magari, in questo momento, in Italia, figure più “degne” contro cui riversare la propria rabbia?

  7. È conosciuto al pubblico soprattutto per aver scritto le biografie di Valentino Rossi, Vasco Rossi e Laura Pausini.

  8. A leggere questo Monina ci vuole santa pazienza. Imparasse a scrivere forse lo si capirebbe pur avvalendosi della facoltà di non sostenerne le tesi assurde. Al momento Monina capisce solamente gli urletti di Vasco con i suoi ripetuti ‘e già e già e già e già’.

    Monina non sarebbe arrabbiato per cose così ma parlandone sempre passando da Vasco a Vasco. Non conosce altro. Fa pena.

    E’ o non è Nazione Indiana? Tuoparente basta e avanza.

  9. tuoparente
    se avessi letto anche solo mezzo libro di Monina su Vasco Rossi scopriresti che non è affatto un cantante che ama.

  10. E’ possibile che i libri di Michele Monina siano meritevoli – confesso, non li ho mai letti – ma in tutta sincerità, e in tutta pacatezza, questo articolo non mi ha fatto sorgere desiderio o curiosità a riguardo.
    Poi, Vecchioni non lo reggo nemmeno io, che lagna banale (Ares ha coraggiosamente riportato il testo, e fa davvero arrossire, perdio).

  11. Per chi come me non ha visto né il Festival né Vecchioni in altre trasmissioni tv, non si capisce se Monina ce l’abbia con Vecchioni, con il popolo-bue o con chi dà del radical chic a chi non si adegua ai gusti del popolo-bue – peraltro non emerge chiaramente dall’articolo chi parla di popolo-bue o di radical chic.

    La domanda che sorge spontanea è: ma se il Festival e certe trasmissioni tv sono fatti per il popolo-bue, che ci faceva Monina a guardarli?
    E ancora, come fa Monina a prendersela sia con Vecchioni che prende per il culo il popolo-bue sia con chi (non noto) gli dà del radical chic perché non si adegua ai gusti del popolo-bue?
    In altre parole, Monina vuol far parte del popolo-bue o no?
    Se no, non dovrebbe sentirsi preso per il culo da Vecchioni, stando alla logica. E per esserne sicuro, potrebbe evitare di vedere trasmissioni tv fatte esplicitamente per tale popolo.

  12. Fare le pulci a Vecchioni a Sanremo significa non aver capito un cazzo né di Vecchioni né di Sanremo. Il festivàl è una pantomima che va letta senza arroganza, volendo capire qualcosa dei corsi e ricorsi culturali e ‘politici’ del nostro Paese. Fate un po’ il confronto tra il secondo posto di Emanuele Filimerdo, lo scorso anno, e il primo posto di Vecchioni oggi e ditemi se “la musica” non sembra sul punto di cambiare. Ciò detto, siamo d’accordo, il pezzo è loffio, sopravviveremo. Non ascolto Vecchioni, come del resto non leggo Molina, ohimè tapino. Dev’essere uno bravo, Wiki dice che ha già donato al Mondo una trentina di titoli, tra i quali una biografia di Lady Gaga. Io me lo raffiguro a metà strada tra Tommaso Labranca e Matteo Bordawne, ma più aggressivo, “più rock”, direbbe Celentano. Hey ho, let’s go!

  13. certo che tra vecchioni e benigni, tra detrattori e estimatori in deliquio, questo sanremo ha fatto bingo!
    che se ne stia parlando troppo?
    almeno una volta molte anime belle lo guardavano con vergogna, e mai lo avrebbero ammesso, al pari di chi votava caxi quasi si stesse facendo una pugnetta…cose private da non raccontare in pubblico.
    adesso se ne fa l’esegesi ogni due per tre.
    quasi quasi rimpiango quella pudica ipocrisia che faceva dire: io sanremo non lo guardo! :-)

  14. Magari vi piace, e in caso fate conto che non abbia scritto questo commento, ma onde evitare che vi ammazziate di pippe riguardo il pezzo postato sopra, torno a dire: è l’editoriale settimanale che pubblico su Popon, sito che di musica italiana si occupa, ed è nato come risposta ai commenti suscitati da un altro pezzo, postato qui sopra, in cui commentavo Sanremo (è un sito di musica italiana, commentare Sanremo è logico, lì). Riguardo al radical chic e il resto, ho citato nomi e cognomi dei colleghi cui facevo riferimento, caro Lorenzo. Basta leggersi i pezzi di Sofri, Facci e Macioce, ma anche no, a scelta. Radical chic, poi, è un termine tornato pesantemente in voga grazie alla Gelmini, ultimamente, ma so che sto chiedendo troppo.
    Lo stato dell’arte, questo il nome della rubrica, è uno spazio in cui settimanalmente mi occupo di musica e altro, senza star lì a prendermi sul serio come, temo, siate abituati a far voi con voi stessi. Un po’ di leggerezza, che diamine, si parla di canzonette.
    Infine, e per amor di cronaca, io non regalo al mondo libri, li scrivo per gli editori i quali mi pagano per farlo, quindi non di gesto generoso, e inutile (almeno dal mio punto di vista e dal punto di vista di chi quei libri se li compra), si tratta. Take it easy.

  15. Monina, lei ha citato nomi di persone che lei stesso ha presentato come radical chic in quanto sulle sue stesse posizioni, e ha citato Macioce che vi ha criticato dalle pagine del Giornale. Questo è. La Gelmini poi non si riferiva certo a chi critica Sanremo quando ha parlato di radical chic. Non vedo perché dovremmo noi lettori scomodarci a leggere i pezzi di gente come Macioce e Facci (Luca Sofri è invece una persona rispettabile). Non è ancora chiaro inoltre chi ha parlato di popolo-bue.
    Sul fatto che lei scriva su pagine di musica che parlano anche di Festival di Sanremo bene, ma continuo a chiederle: Vecchioni, con la sua uscita deprecabile visto il contesto (su questo io concordo), ha preso più per il culo spettatori del Festival come lei o come quelli che lo hanno votato, ossia il fantomatico popolo-bue?

  16. Galbiati, se lei ha capito a chi si riferiva la Gelmini, la prego, batta un colpo. Lei è liberissimo di leggere o non leggere chi le pare, io ti citare chi mi pare, più o meno esplicitamente. Ad averla conosciuto prima, non v’è dubbio, avrei citato anche lei.

  17. Michele fa il suo mestiere, che è quello di scrittore.

    Suo fratello fa l’editore, ma non paga i diritti agli
    autori.

    Eccoci qua, ogni tanto possiamo dire la nostra.

    Scrittori in causa.

  18. chiamami sempre amor di cronaca popolo chic radical bue gliurlettidivascolimolliabagnasco tra vecchioni e benigni il terzo gode tu sofri in silenzio figlio di savoia Avanti Gagaaa esegesi di pugnetta
    Takeiteasy
    Foga

  19. Sulla canzone di Vecchioni:
    Non mi piace il messaggio “Questa maledetta notte dovrà pur finire…” poiché sa tanto di fatalismo, di rassegnazione. I giovani dovrebbero invece che non devono aspettare (qualcosa che probabilmente non arriverà). “Questa maledetta notte dovrà pur finire…” sembra una frase de “Il deserto dei tartari”. I giovani hanno, al contrario, bisogno di messaggi che li invitino a scuotersi da un torpore che ha portato la disoccupazione giovanile al 30%. Non bisogna aspettare la fine della notte, ma cominciare a costruirsi un’alba nuova. Da soli.

  20. Michele Monina, per quel che vale, a me il suo pezzo è piaciuto subito.

    Biondillo lei ci prende sempre;

    poi:

    ‘Michele Monina, ogni settimana, parla dei cazzi suoi e di musica su PopOn. Qusta volta se la prende con Roberto Vecchioni. Come dargli torto? G.B.’

    è un’ overture deliziosa..

    deliziosa ?!? °-° oddio cominci a parlare come mia nonna.

    era esautiva, e presentava benissimo il seguito.

    Come al solito Biondillo

  21. Monina straparla. Non è chiaro neanche nei commenti. Troppo Vasco nelle orecchie e troppi errori, vero signor Monina? Scrive su commissione, scrive male e si ripete in errori grossolani, vale a dire non sa commentare neanche le canzonette. E già e già e già e già. Come radical chic lei deve aver preso ripetizioni dal ministro Gelmini o dalla Donà, tanto non fa differenza nel suo caso. Come traduttore lei è ancora peggio.

  22. Interessante questa visione veterotestamentaria rivisitata, che prevede che le colpe dei fratelli ricadano sui fratelli…

  23. Federico, sono anche fratello di Caterina, nonché figlio di Learco e Angela, cognato di Mauro, Cinzia, Michela e Diego, padre di Lucia e Tommaso, genero di Franca e Raffaele, nipote di un tot di persone. Cambia qualcosa?

  24. Senta avrei scritto un romanzo: “batteri birichini” una sorta di.. di ..Harry Potter dei batteri, dove dei batteri buoni e dei batteri cattivi si trasformano e combattoni ..

    Ci può mettere una buona parola ? °_^

  25. @Biondillo

    Ma a quali colpe si riferisce, a quelle attribuite da un lettore a Marco Monina? Non ci siamo capiti. Ignorando fino a ieri l’esistenza del Monina Michele, e incuriosito dal commento di ‘scrittore in causa’ (che diffama senza firmarsi, il che mi sembra un poco vigliacco), ho fatto la mia ricerchina del cazzo, esplicitando il dato anagrafico ad uso degli altri lettori. Nessuna visione veterotestamentaria (per quanto il cosiddetto ‘vecchio testamento’ mi interessi molto). Occhèi?

    @Monina

    Non cambia nulla, infatti. Vedi sopra. Ma com’è suscettibile. Stronca tizio e si lamenta se sempronio Le risponde. Caio dice che è fratello di suo fratello, e si lamenta. Insomma come scrittore che pratichi tematiche ‘pop’ dovrebbe essere un tantino più corazzato, come dire.

  26. Federico, non mi metta a piagnucolare, che non è rock. Prima vuole fare il sarcastico (il radical chic?), mettendomi a metà tra Labranca e Bordone, parla di libri donati al mondo con malcelato tono di distacco, e poi fa la faccia di Maradona negli spogliatoi di Grecia-Argentina? Fuori le palle. Se si fa sarcasmo non ci si nasconde dietro un dito. Gabba Gabba Hey

  27. @Monina

    Bravo, così mi piace, così mi sento invogliato a leggere qualcosa di Suo.
    In due righe ha toccato El Pibe e pure il pube, e le gonadi, si sa, son rock, da che mondo è mondo. Tuttavia, per essere veramente rock mi sembra un po’ troppo mattiniero. Che io sappia, soltanto Robert Fripp si sveglia prima delle dieci. Infine – e questo è un complimento – da questo nostro breve scambio intuisco che Labranca è un tantino più simpatico di Lei, ma Bordawne è infinitamente più stronzo.

    @Biondillo

    infatti non si capisce una fava con questi commenti (ma wp non aveva il tastino ‘reply to’?). Occhèi, cmq :)

  28. Da che ho tradotto (malissimo, direbbe Tuoparente) i testi di Nick Cave, sono diventato mattiniero. Passa lui a prendermi per farci un caffè al bar, poi lui corre a scrivere canzoni, io cazzate. Se Labranca la sentisse dire “tantino”, si fidi, non lo troverebbe poi così simpatico.

  29. @ Monina

    L’acribia di Labranca mi è ben nota ma sono convinto che su ‘tantino’ non alzerebbe ciglio, essendo il termine d’uso corretto (almeno) dal Tommaseo in poi. Forse si riferiva al triste ‘attimino’, che tutti deploriamo?
    Ma Nick li mangia i fascioli a colazione?

  30. @Leonardo p..
    no, no stanno benissimo questi, sono leggeri e divertenti, anche se permalosissimi.. sono rockpopop

    Devi aver letto certi post su’ premi letterari vari o quando si accapigliano in discussioni sulla critica contemporanea, allora li si, che danno il meglio del meglio in quanto patologie di vario genere.. ^__^

    .. questo è niente.

  31. Ti è mai capitato di leggere la Policastro, io l’adoro, ma se capita che sei in disaccordo con lei ti fa un culo quadro che non ti siedi per giorni °_°

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Il venditore di via Broletto

di Romano A. Fiocchi
Sono trascorsi molti anni ma mi ricorderò sempre di quel giorno gelido di fine gennaio in cui lo incontrai. Lavoravo come fotoreporter da circa tre mesi, mi aveva assunto in prova l’agenzia Immaginazione.

Il cuore del mondo

di Luca Alerci
Vincenzo Consolo lo incontrai, viandante, nei miei paesi sui contrafforti dell’Appennino siciliano. Andava alla ricerca della Sicilia fredda, austera e progressista del Gran Lombardo, sulle tracce di quel mito rivoluzionario del Vittorini di "Conversazione in Sicilia".

Apnea

di Alessandro Gorza
Era stata una giornata particolarmente faticosa, il tribunale di Pavia l’aveva chiamata per una consulenza su un brutto caso. Non aveva più voglia di quegli incontri la dottoressa Statuto, psicologa infantile: la bambina abusata coi suoi giochi, i disegni, gli assistenti sociali e il PM, tutti assieme ad aspettare che lei confermasse quello che già si sapeva.

Spatriati

Gianni Biondillo intervista Mario Desiati
Leggevo "Spatriati" e pensavo al dittico di Boccioni: "Quelli che vanno", "Quelli che restano". Il tuo è un romanzo di stati d'animo?

La fuga di Anna

Gianni Biondillo intervista Mattia Corrente
Mi affascinava la vecchiaia, per antonomasia considerata il tramonto della vita, un tempo governato da reminiscenze, nostalgie e rimorsi. E se invece diventasse un momento di riscatto?

Una vita dolce

Gianni Biondillo intervista Beppe Sebaste
"Rompere il ricatto della trama": credo di non avere mai fatto altro da quando ero un ragazzo. Da una parte perché sono sempre stato dalla parte di chi trasgredisce, e la trama è sempre, anche graficamente, un’uniforme e una messa in ordine, un ordine del discorso.
gianni biondillo
gianni biondillo
GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: