diciamolo, per una volta
Diciamo, per una volta, che accettiamo il gioco dell’attualità; diciamo che un momento nella successione degli avvenimenti, anziché essere visto come un passaggio di processi lunghi, complessi, contraddittori, è letto come un quadro fermo; diciamo che a Mirafiori è successo qualcosa.
Diciamo che gli operai e gli impiegati sono dei salariati; diciamo che il rischio di impresa è sempre sulle loro spalle; diciamo che l’economia delle equazioni sconta stipulazioni forti, per esempio che le parti sono date, che chi ha deciso chi paga ha deciso per sempre.
Diciamo che ci sono persone che hanno votato da sole, in un angolo a mettere una croce, e hanno pensato al marito, alla macchina nuova, ai figli che fanno le superiori; diciamo che tutto il paese li guardava, alcuni dall’alto, alcuni di fianco, agitarsi nel labirinto delle scelte obbligate; diciamo che le ragioni sono tante, che le speranze sono poche.
Diciamoci, da ora, che abbiamo dei compagni, che scegliamo con chi stare, che scegliamo chi ha ragione.
[Immagine: Francesco Forlani]
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diciamolo chiamandola con il suo nome: lotta di classe.
Grazie.
Nulla di nuovo sotto il sole.
e di livelli di realtà: come fra tempo micronizzato, quello delle 350 “operazioni”, una per ogni 72 secondi, del singolo operaio – e, certo, “stasera Bunga Bunga”.
Diciamolo: a questo punto Dio mi deve concedere il meritato riposo. Anche il padrone, per quanto ripugnante possa essere, ha bisogno di chiudere le finestre e adagiarsi sul materasso. Ho lavorato troppo, oggi. Non lontano da qui, qualcuno patisce a causa del mio lavoro. Il mio sigillo ha annullato il loro sonno. Questa è l’economia. Sono le circostanze. Io sono solo la creatura che le deve fare andare avanti. Il boia del libero arbitrio. Sulla punta di questa spada c’è il mio nome. Ma la lama e l’impugnatura non hanno nome. Io stesso sono strappato a me stesso. Anche se agisco, in realtà sono le circostanze che mi dirigono. Il mio gesto è il loro. Gli operai non hanno capito questa vergogna eterna. Pensano di incidere sulle circostanze. E cambiare il loro destino. Capire è il mio privilegio. E la mia dannazione. Non posso liberarmi. Il sangue che porta la mia firma è mio solo in piccola parte. In fondo, sono innocente. Gli operai sono degli idioti. Per disattivare le circostanze, per fermarne il vortice, velocizzano la loro stessa fine. La concorrenza è la necessità superiore. La sua corsa ubriaca non può essere fermata. Una corsa cieca e senza mèta. Quando ti cattura, è bene lasciarsi trascinare. Farsi accogliere dal vortice. Con un po’ di fortuna ti arricchisci. Non vi è giustizia, in essa. Né mai potrà esserci. Devasta dal dolore. E dà piacere. Gli operai sono ingrati. Io faccio del bene. Il mio coraggio è a loro disposizione. Senza di me cosa sarebbero? Dio, mio Dio come sono stanco. Dio grande e misericordioso, tienimi in salute. Sono l’orgoglio della Nazione. Fai che il gorgo non mi trascini al centro della terra, là dove non c’è guarigione. Io non sono la Giustizia. Però sono necessario. Necessario alla necessità superiore. Sono il braccio della concorrenza. Il suo lubrificante. Benedicimi, o Signore. Presto sarò costretto a uccidere. Sono la punta della lama. Mi devo attenere agli ordini. Nel bagliore delle circostanze. Concorrenza e cimitero. Labirinto di gesti. Il sapore del sangue. L’anima posseduta. Cuori spezzati. Finché cresce il conto in banca. Gli operai sono senza vendetta. Tremano sotto il giogo. Nel vortice. Statue di marmo. Guarda, o Signore, i loro visi. Monumenti appesi al cappio. La legge è dalla mia parte. Anzi, sono io la legge. Più potente di ogni Costituzione. Finché vivrò, le circostanze avranno la loro soddisfazione. Sono la pace sociale. E la loro protezione. La Giustizia non abita qui. Gli operai sono sculture di dolore. Ma ora, grandioso Signore, dammi requie. Lasciami riposare. Non voglio un posto in tribuna, nel paradiso. Mi basta entrarci. Ho reso grande la Nazione. Il mio bottino è il premio. Gli operai sono invidiosi. Mi sfidano per un pregiudizio. E perché non capiscono. Sono asini. Io ho tre lauree. La loro rivolta è la mia preoccupazione. La polizia è con me. È la mia fortuna. Il sole mi abbandona. Il materasso ha le pulci. Questa stanza è senza finestre. La mia sicurezza è la sicurezza della Nazione. Io sono Nazione. Io sono Proprietà. Io sono Patria. Io sono Ordine. Io sono Tutti. Io sono Verità. Io sono Paura. Io sono Impero. Io sono Meschinità. Io sono Roma. Io sono Terrore. Io sono Ritorsione. Io sono Vendetta. Io sono Gloria. Io sono Esercito. Io sono Metastasi. Io sono Monastero. Io sono Rovina. Io sono Schiavitù. Io sono Abuso. Io sono Furto. Io sono Accumulazione. Io sono Denaro. Io sono Merce. Io sono Perla. Io sono Lussuria. Io sono Placenta. Io sono Cappio. Io sono Inferno. Io sono Silenzio. Io sono Ascesa. Io sono Meraviglia. Io sono Marciume. Io sono Stupro. Io sono Massacro. Io sono Guerra.
Io sono un bastardo.
il mio commento si lega ovviamente a quello di Samuele, e non al successivo di Bassoli.
Mai prima d’oggi una notizia era riuscita a rendermi così triste. Forse perché mi coinvolge personalmente, perché reincarna un fantasma che conosco bene e che è mio.
Non che le madri che uccidono i figli non mi sconvolgano; non perché la recessione economica non mi preoccupi; non perché i terremotati dell’aquila o i morti di colera di Haiti non mi interessino. Semplicemente tutti questi avvenimenti mi toccano “collateralmente”.
Il risultato del referendum, invece, mi ha inaspettatamente attraversato come un pugnale, andando a pungere proprio lì dove ancora duole.
Mi ha fatto rivivere la rabbia di mio padre, la sua frustrazione operaia, il suo sguardo pieno di scuse per non essere migliore, le sue spalle incurvate dalla spossatezza e dalla rassegnazione.
Mi ha fatto ricordare il mio disprezzo, a volte, per il suo atteggiamento durante il mio periodo universitario, quando ancora non avevo ben presente il filo che lega gli eventi, le cause alle conseguenze, mentre ora ancora non sono sicuro se un atteggiamento differente glielo avrei mai perdonato.
Penso a tutto questo e molto altro e la sensazione di essere nelle case di tutti questi operai è abbastanza insostenibile.
Spero solo che i loro figli vengano su più intelligenti lungimiranti di quanto sia stato in grado di fare io, e fortunati almeno quanto me.
Luigi B.
Attenti a non cadere nel trappolone.
Marchionne fa abbastanza schifo, ma è veramente da un capitalista che ci si aspetta qualcosa di meglio?
Questo sciagurato referendum è il classico psicodramma all’italiana che serve a coprire le vere manchevolezze di questo paese, cioè quelle della politica. Se questo paese attrae meno investimenti di Francia Germania e Inghilterra non è (come vogliono far credere) per l’elevato costo del lavoro, per cui spetta agli operai tirare la cinghia e pagare pegno. In altri paesi Europei il lavoro costa quanto e più che da noi, ma in compenso chi investe trova la certezza del diritto anzichè cause interminabili e una legislazione farraginosa, infrastrutture modernizzate e agevolazioni governative.
E – spiace dirlo – chi ha governato negli ultimi vent’anni e quindi è responsabile di questo ritardo non è solo Mister Bunga Bunga.
eh be’, diciamolo sì.
forse, se ho capito bene quel che è successo al voto, occorrerebbe distinguere tra impiegati e operai, ma detto questo, diciamolo.
e grazie a gherardo che l’ha detto e scritto.
Grazie a Gherardo Bortolotti per la chiarezza.
E grazie anche a Valter Binaghi per la giusta puntualizzazione.
“il gioco dell’attualità” – no, questo non va, lavorare all’immaginario, scrivere etc, non può farci ricondurre l’attualità sempre e solo a “un gioco” – pensate alla fiom, ai rapporti di lavoro oggi (e pensate a cosa hanno fatto – e non è finita se non si reagisce anche in posti come questo – alla scuola e all’università, ecco mettete insieme: l’azzeramento dei diritti va insieme alla crescita anche culturale delle persone: di questi corpi ridotti a brutale forza-lavoro cosa resta? vi lamentate che si sbrachino davanti alla televisione alle dieci di sera? cosa dovrebbero fare, leggere newdada? di cosa ci lamentiamo se i libri non si leggono?
Secondo me si è trattato di una sconfitta di Pirro. Infatti non si può festeggiare, perché non esiste adeguata forza, vale a dire forma organizzativa, per gestire questa sostanziale vittoria. Se essa ci fosse, da domani si comincerebbe tutti a lottare per l’estensione dei diritti fondamentali a tutti i lavoratori, anche quelli che non lo sono ancora, anche quelli extracomunitari che diventano clandestini da espellere pochi mesi dopo aver perso il lavoro, sotto gli occhi dei loro colleghi italiani che magari avrebbero votato NO. Insomma, finché ci saranno lavoratori con diritti e lavoratori senza diritti, certi appelli all’appartenenza risulteranno del tutto ideologici, detto nel peggior senso del termine. Senza dire che con un risultato del genere la grande industria tenderà sempre di più ad assumere, quando lo dovrà fare, personale vicino ai sindacati ” gialli “. C’è poco da festeggiare…
@ Valter Binaghi:
ciao Valter!
sì, in generale potrei essere d’accordo con te. Ma se si studiano in profondità i meccanismi del lavoro degli altri paesi non è difficile trovare anche lì i danni a spese dei lavoratori.
Vivo in Spagna da circa due anni: devo descrivere la situazione? Mi limiterò a dire che sulle pensioni hanno architettato una bella fregatura; circa il 60% della popolazione attiva è milleurista (o meno) e l’ultima riforma del lavoro concertata con i sindacati è un’altra fregatura (qui il lavoro non è difeso tanto come in italia dall’articolo 18 e le imprese ora possono licenziarti con un preavviso di 15 gg e una indennizzazione di 33 gg per anno lavorato dai 45 iniziali ed altre piccole cose).
Ho vissuto a Londra per circa tre anni: vogliamo parlare del sistema lavorativo UK? lì delle lotte per il ridimensionamento della giornata di lavoro se ne sbattono altamente: il lavoratore è a tutti gli effetti un ogetto che si vende ed è quotato in base al mercato, le pensioni sono bassissime, hanno tagliato tantissimo sulla cultura (anche se non sulla ricerca, ma ditemi uno che non studia storia e geografia cosa cazzo può ricercare se non sa nemmeno dove si trova) e le coperture sociali con la scusa della crisi, ma poi quando c’è stato da trovare i soldi per salvare il culo alla Royal Bank of Scotland & C. li hanno trovati.
Della tanto osannata Germania non mi pronuncio fino a che non mi informo completamente su quello che stanno facendo e che pare fotta i lavoratori sul piano delle pensioni e a lungo termine; ovvero: hanno trovato il modo di abbassare il tasso della disoccupazione ma è una misura che copre una faglia molto più grande che a lungo termine farà dei danni enormi.
La questione a mio avviso è una: la trasformazione del capitalismo produttivo in finanza pura. Come si diceva ad anno zero, Marchionne non si deve preoccupare della produzione, di quanta gente assume o licenzia etc. Marchionne si deve preoccupare dell’andamento delle azioni Fiat in borsa. Questo elimina i lavoratori da ogni piano industriale (non solo della fiat) relegandoli a pura appendice, poiché l’andamento delle azioni di fiat non è direttamente collegato alla produzione di auto etc.
Dall’altro lato è pur vero che gestire la competitività in un mondo globalizzato dove è possibile produrre le stesse cose ad un costo inferiore mette in difficoltà. Ma ci vogliono i coglioni quadrati per prendere delle decisioni drastiche in questi contesti.
Mi sono spiegato malissimo, lo so.
Luigi B.
Secondo me ti sei spiegato bene, Luigi.
Il punto è che, proprio perchè i fattori determinanti sono molteplici e non possono ridursi al capitale variabile (leggasi costo del lavoro), che il soggetto primario cui spetta tentare una sintesi e dare un impulso decisivo alla crescita di un sistema paese è la politica, cioè i governi. Da questo punto di vista, credo che nessuno sia messo peggio di noi per il navigare a vista e l’assenza totale di una politica industriale degna di questo nome.
tutto fumo! fra tre anni marchionne – oddio questo nome portiano, gaddiano – si inventerà un’altra scusa per emigrare. ci sono tutti i presupposti: è una tela che è stata filata da molto tempo. quando ci sono guai si condividono, quando ci sono profitti se li tengono. quando ci sono guai c’è la cassa integrazione, quando si fanno profitti si esportano. d’altra parte, se la “testa” dice che se vince il no, marchionne fa bene ad andarsene, cosa volete ci sia da capire? qualcuno pensa che dopo questo quasi ventennio saremo ritornati indietro di cinquant’anni? io credo centocinquanta e oltre: stiamo sentendo su tutti i fronti proclami in nome di una democrazia che non esiste più. il parziale rifiuto del legittimo impedimento a detta di bondi è un attacco alla democrazia, dove democrazia è diventata, nel suo idioletto, tirannide. in un contesto simile ragioniamo di vittoria, quasi vittoria, vittoria di pirro? tout se tient.
è del tutto evidente che la globalizzazione è la barbarie padrona del mondo. Un tempo si discuteva di alienazione da superare, di riduzione di orario di lavoro, oggi di sopravvivenza pura.
Viva i metalmeccanici della FIOM.
@lupo: la mia impressione è che proprio “il gioco dell’attualità” sia un lavoro sull’immaginario, ovvero sulla riduzione della complessità di ciò che è in corso ad una narrazione, in cui le forze in campo, le soggettività, le trasformazioni etc. vengono congelate in una rappresentazione che, necessariamente (al di là anche delle manipolazioni che poi alcuni vi introducono), semplifica, schematizza, orienta.
questo è necessario e anche proficuo ma, proprio per prendere sul serio quello che succede a chi poi, nel caso specifico, si trova a votare a mirafiori, mi sento in dovere di evitare, almeno in prima battuta, le necesità narrative dell’attualità. dopodiché, cerco di affrontarla, secondo le ricostruzioni che mi sembrano più sensate.
cmq, giusto per chiarire, non mi lamento affatto che ci si sbrachi di fronte alla televisione e non vedo dove sia la relazione con quello che ho scritto (con quello che sostieni è chiaro).
sulla discussione circa il costo del lavoro, la mia impressione è che sul piatto, a mirafiori come a pomigliano e, in genere, nella trasformazione in senso “toyotista” della manifattura italiana, il punto sia soprattutto il controllo della manodopera, piuttosto che l’abbassamento dei suoi costi (che, per altro, è una variabile che viene gestita al meglio in funzione proprio del controllo). un controllo che grazie alla logica delle esternalizzazioni, della dispersione della “fabbrica” sul territorio, è sempre più forte. al di là di tutto, cmq, mi sembra che, adesso, non sia tanto l’analisi economica che conta ma il chiarimento politico in senso lato. e, in questo senso, concordo sul fatto che quella del sì non è certo stata una grande vittoria. il sì (marchionne, il governo, il sindacalismo non conflittuale) non poteva perdere ma poteva convincere: evidentemente non c’è riuscito proprio là dov’era più importante.
@galbiati: immagino che, in qualche modo, si possa dire che gli impiegati hanno votato anche sulla pelle degli operai (e lo dico da impiegato – dato che, in buona sostanza, è quello che sono). tuttavia l’hanno fatto sottoposti allo stesso ricatto. questo mi sembra il punto discriminante, ovvero quello delle più o meno comuni condizioni di vita. se non si tiene conto di questo bisognerebbe allora andare anche a fare un discrimine tra gli operai del sì e quelli del no. ma è davvero la strategia migliore?
La sinistra gregaria di Emanuele Macaluso
“E’ stupefacente la cultura gregaria della sinistra che ha smarrito il quadrante della modernità e della conservazione, e pensa che l’innovazione sia cedere al pensiero dominante perché non ha un’idea propria del lavoro oggi, delle nuove disuguaglianze del legame, tra modernizzazione, partecipazione e solidarietà”. Questo scriveva ieri il Direttore di Repubblica Ezio Mauro. E la sinistra gregaria, i Veltroni, i Fassino, i Chiamparino che nella vicenda FIAT hanno osannato il Merchionne come simbolo della modernità, incassano e tacciono. Il risultato del referendum ci dice, che nonostante la campagna di tutto il governo e di quasi tutta l’opposizione, emerge un quadro in cui c’è molto da riflettere sugli entusiasmi dei marchionniani. I sì, estorti con un ricatto, dati con la preoccupazione del lavoro e i no dati nonostante il ricatto, fa onore a tutti i lavoratori. Anche a chi ha votato sì ma non ha osannato la modernità di Marchionne, come ha invece fatto la “sinistra gregaria”. Quelli che hanno votato sì l’hanno fatto solo come stato di necessità. Infine c’è da dire che prendere lezioni di autonomia nel pensiero politico da Repubblica segnala, per una parte della sinistra, una deriva gregaria veramente impressionante.
Il voto degli impiegati non è una novità, storicamente nelle grandi o piccole vertenze delle fabbbriche gli impiegati si sono schierati sempre su posizioni meno radicali, anche la famosa marcia dei quarantamila, se vogliamo restare alla fiat, erano quasi tutti, io credo, quadri, funzionari e impiegati.
E del resto è comprensibile che la forza contrattuale più antagonista e dura provenga da chi sperimenta in senso letterale sulla propria pelle la fatica e il disagio del lavoro fisico.
Trovo però in questa circostanza abbastanza bizzarro che dei lavoratori che hanno un orario di lavoro penso assai differente dagli operai, si siano espressi, per esempio, su turni di otto ore di seguito con mensa a fine turno e su pause che interrompono un ciclo di lavoro rigido e prefissato che nulla ha a che vedere con quello impiegatizio. Ma resta il fatto come osserva Gherardo Bortolotti che anche loro erano sottoposti al medesimo ricatto.
Diciamo che il fronte del sì doveva avere, sulla carta, il 70% dei consensi, ne è uscito quindi perdente. C’è poco da fare ipocriti trionfalismi, in fabbrica hanno perso, perché gli operai, benché sotto ricatto, hanno votato no. Questo i pseudo-sindacati governativi lo sanno benissimo. A questo aggiungiamo un leader non-personalistico come Landini, che porta nei dibattiti, nelle interviste, davvero un narrare collettivo che sfonda la melassa populista_buonista, e ditemi se non siamo di fronte a un ritorno di conflittualità operaia.
le percentuali si possono leggere in tanti modi. io leggo che doveva esserci un fronte del no pari al 70% e che i colletti bianchi, dalla famosa marcia (marcia!) dell’80 hanno segnato l’inizio della deregulation, prima che la regulation arrivasse ad approdi più sicuri. ora lo stesso. ma quale conflittualità! questo è un test di laboratorio per lanciare cento mille contratti illiberali, per fiaccare l’ultima superstite solidarietà. dovremo ripartire da zero, dal 1788, su tutti i fronti. visto che ci siamo chissà che cada qualche bella testolina, di quelle che fanno sissì, sissignore! di quelli che o berlusconi o morte, per cominciare. e di quelli che sono contenti di avere un antagonista impresentabile così non devono sforzarsi di essere presentabili loro, o di tener testa ad un vero avversario politico.
Diciamo che se in ogni luogo di lavoro ci fosse un voto sui contratti perderemmo ovunque. Diciamo che Mirafiori ha sempre fatto da apripista al peggioramento successivo di tutti i posti di lavoro. Diciamo che ora c’è un precedente che potrebbe essere replicato per qualsiasi contratto nazionale (voto da ogni parte e via, cancellato il tuo contratto). Diciamo che mentre nella prima sconfitta di Mirafiori con la marcia dei 40.000 ancora qualcuno che rappresentava i perdenti c’era, qua tabula rasa. Diciamo che il PD ha invitato a votare sì e che non rappresenta i lavoratori, perchè non si può stare con Marchionne, ma anche con i lavoratori. Diciamo che anche Vendola è stato contestato perchè non si arriva ai cancelli qualche giorno prima del voto. Diciamo che tutti, da sempre, stanno a guardare gli operai, perchè a loro è chiesto di fare la rivoluzione e non s’è mai capito perchè non se la dovrebbe accollare tutto il resto del paese, o perlomeno chi ha più fiato e meno da perdere. Perchè gli operai soffrono e stanno in catena. Però poi si dice anche che gli impiegati soffrono come loro, però votano diverso, però da loro non ci si aspetta la rivoluzione. Perchè la rivoluzione la si fa in piedi e loro stanno seduti. e un po’ di differenza ancora c’è, eccome, diciamolo. Ma fuori da Mirafiori i sì e i no che vengono pronunciati tutti i giorni in massa, ad esempio fra gli intellettuali, nei contratti editoriali, nei contratti di docenza a zero euro l’ora dei ricercatori, contano qualcosa o no?
Chi sta rischiando cosa mentre guarda e fa i conti su cosa hanno votato gli operai? E poi se gli operai sono spariti, cosa li guardate a fare? Lasciateli in pace nella loro dignità e muovete il culo. Fatela voi la rivoluzione, visto che loro non ce l’hanno mai fatta.
Scusate, ma è troppo vedere i miei guardare la tv sgomenti e afflitti, come ha scritto Luigi, pensare a tutte le case degli operai, la sera mentre mangiano la minestra. a quella scure che hanno tutti i giorni fra i sì e i no quotidiani e che i riflettori non illuminano mai.
Lucy, buona sera. Credo che dobbiamo cercare di leggere gli eventi senza farci prendere dallo scoramento. E’ ovvio che da tempo siamo precipitati in una deriva dalla quale sembra non esserci via d’uscita. Però questo referendum ha sancito una volontà di opporsi anche se ricattati (ed era pesante, la perdita del posto di lavoro, enfatizzato dalle forze politiche e dalle televisioni). Senza il voto degli impiegati avrebbero vinto i no. Io la chiamo conflittualità, anche perché gli operai FIAT hanno una guida di altissimo livello, (la FIOM e Landini), che si sottrae alla melassa della propaganda che in Italia ha assunto ormai toni da delirio. Landini ha saputo tenersi fuori dalla pappa buonista di Fazio, e in futuro dovrebbe evitare accuratamente di cadere nella trappola dei vari Santoro, con le urla scomposte dei tagliagole della destra ecc. E’ voce collettiva, come ho detto. Elementi importanti di conflittualità si sono visti anche con gli studenti, benché la propaganda – tutta, compresa la sinistra – abbia immediatmente cercato di neutralizzarla con le prediche sulla violenza.
nessuno sa che pesci pigliare! diciamolo :)
si gioisce giustamente per una vittoria di pirro!
il capitalismo mostra il terrificante ghigno della logica del profitto che non trova barriere nè culturali nè politiche in un mondo globalizzato che riduce milioni di esseri in schiavi di serie a e schiavi di serie b che si scanneranno per la mera sussistenza
si parla del diritto al lavoro e di repubblica fondata sul lavoro quando è evidente che la tecnologia in mano agli squali produce e produrrà masse di disoccupati disperati disposti a tutto
che fare?
sperare? pregare?
le risposte che vengono dalla “sinistra” ipocrita e collusa sono risposte di accettazione rassegnazione a questo mostro che è il mercato
e i privilegiati i garantiti quelli che si sentono al sicuro guardano con “trepidazione e commozione e simpatia” agli operai della fiat che hanno detto no “sperando” che da questo conato di orgoglio scocchi la scintilla della rivoluzione?
ho alzato il culo e sono andata a sentire vendola e lerner che dialogavano sul tema”sinistra e denaro tra ideologia e mercato”
iniziativa promossa dalle acli all’interno del ciclo ” molte fedi (appunto) sotto lo stesso cielo”
mi aspettavo che parlassero di soldi, cazzo, quelli che fan girare il mondo, cazzo
mi aspettavo un’analisi sulla crisi economica e finanziaria che sta mettendo in ginocchio nazioni intere
mi aspettavo che si parlasse della responsabilità delle banche nei crak finanziari degli ultimi dieci anni in italia che hanno rapinato legalmente 1.200.000 cittadini per 51 e passa miliardi di euro
mi aspettavo che parlasse di riserva frazionaria se proprio proprio la questione signoraggio è controversa,
mi aspettavo che parlasse di sovranità monetaria
mi aspettavo una sua opinione in merito al fatto che la banca d’italia è privata
mi aspettavo che parlasse di debito pubblico e annesso interesse che grava sui cittadini come una spada di damocle (31.000 euro procapite) ed è la scusa per tagli ai servizi ezzenziali alla dignità umana
mi aspettavo che parlasse delle spese militari che sono allucinanti e pornografiche
mi aspettavo che accennasse al trattato di lisbona
mi aspettavo che dichiarasse il suo stipendio
mi aspettavo che stesse sul pezzo santiddio! :)
un cazzo! un cazzo! e la rabbia mi sale
ogni tanto guarda il telefonino per tenerci aggiornati sull’esito del referendum fiat :) e strappa furbi applausi con le parole chiave berlusconi gay fiat le donne vittime e stuprate e discorsi retorici fumosi ridondanti sull’essere e l’avere l’apparenza contro la sostanza :))) e cara la mia signora non è più come una volta.
critica però la sinistra-zelig che non appena riesce a diventare governativa e a interloquire con le imprese assume lo stile confindustriale e nello stesso tempo plaude al quotidiano di confindustria, il sole 24 ore, perchè è ” l’unico che almeno ci prova ad approfondire il rapporto tra finanza ed economia reale, tra banche e lavoro” :))))
sono verde, alzo la mano per dire qualcosa ma il nostro insieme al gad ha finito la performance
questi incontri non prevedono il dibattito o qualche domandina sparsa :)))
salutano e se ne vanno mentre il “pubblico” applaude, soddisfatto, il nulla fatto persona
sotto il vestito ( di indubbia qualità nichi, sei elegante, lo ammetto) nulla
sul ponte svendola. punto
vaffanculo
la fu
grazie, mauro. sono molto pessimista e molto arrabbiata. credo che per molto meno della metà degli oltraggi che questo paese subisce in continuazione altrove si sarebbe rovesciato quello che è, a tutti gli effetti, un regime. in un clima come questo mi vien da pensare che marchionne rimanga perché “il y aura quelque chose à gagner ici” (mi torna in mente giusto il matelot-predone di Candide), poiché niente di strutturale e legislativo è stato fatto per incentivare l’investimento in italia. ergo…
non dico speriamo, poiché dispero.
@funambola, se ci mettiamo a fare una gara sulla catastrofe del nostro paese non so chi ne uscirà vincitore. Possiamo fare liste per due o tre libri. Se inizio a definire i nostri governanti penso che sarei passabile di arresto. Ma così che fine facciamo?
Il punto è cercare di riflettere sul presente e sulle possibile vie d’uscita, che possiamo anche chiamare resistenza. Vendola, pur dicendo cose molto giuste, e mi sembra davvero uno dei pochi, accetta il sistema politico-mediatico con tutti i rischi connessi, in sostanza essere fagocitati dal populismo, dallo spettacolo, dal caos dei talk show, dal sentimentalismo (cui non è esente), dal generalismo ecc. Di Vendola mi è piaciuta l’affermazione netta che non ha senso volere vincere per vincere, ma è indispensabile avere un programma chiaro ed essere pronti a lavorare anche da perdenti, ma con decisione. Rispetto all’ambiguità del PD è un enorme passo avanti.
Landini è un leader collettivo che entra nel merito e non si fa sviare dai trabocchetti buonisti, tipo “ma insomma siamo ragionevoli” “ma ci sarà pure qualcosa di buono” ecc. Lavora con decisione portando avanti il suo ragionamento collettivo su punti specifici, e su questi è andata avanti la lotta degli operai di Mirafiori. Se avete un po’ di tempo, per chi non l’ha vista, ecco l’intervista a Fazio. Non c’è una sola parola che non mi trovi d’accordo.
http://www.youtube.com/watch?v=rDwoouBYVt0
http://www.youtube.com/watch?v=2k6KBXjOERE
diciamo anche che c’è una relazione tra la prassi-Marchionne e quanto sta accadendo a Venezia (vedere alla voce: Speranzon). la stanza 101 insomma, e Winston siamo tutti, è ufficialmente riaperta (vedere alla voce: Orwell, 1984).
La crisi dell’Occidente è irreversibile. Non potremo permetterci all’infinito di tagliare sul costo del lavoro, e quindi sul benessere, per competere con chi di quel costo se ne sbatte. Avverso il declino l’Occidente ricorrerà al mezzo di sempre: costringere gli emergenti al ruolo di iper fabbrica a costo zero e trincerarsi nella terziarizzazione dei profitti.
Vorrei inoltre aggiungere, a proposito di chi blatera contro l’eccesso di finanziarismo, che la Borsa non è solo luogo di speculazione ma anche termometro del grado di benessere e vitalità economica e sociale di un detrminato sistema paese. E non è un caso che il DAX di Francoforte sia schizzato in alto solo quando la Germania ha ripreso a correre. E corrono tutti: fabbriche, banche, finanziarie, green economy, onlus, utilities and so on. Da noi sono tre mesi che corre soltanto la Fiat. Le solite Mani dei soliti Forti che lo fanno a beneficio del portafoglio di Marchionne? ma per favore, quella crescita significa principalmente che quanto sta accadendo in Fiat ( e io ci metto anche la Resurrezione di Cipputi) è l’unico bagliore di vitalismo (non vitalità) di questo Paese. A meno che non si voglia ripiegare sul compiaciuto disprezzo per le imprese di un vecchio sporcaccione.
diciamo che sostenendo senza arrossire che quel Si risicato è il frutto del voto operaio si rischia di umiliare un po di persone già esasperate.Viene proprio da pensare che quando si cerca di razionalizzare il pubblico impiego a sinistra i plutocrati trovano un po meno sponde.Questione di numeri(quando gli operai erano milioni gli economisti da passeggio facevano meno i galletti)
Anche i lavoratori della FIAT sono dei nostri, mancano all’appello però ancora molte aziende, il lavoro sarà lungo: mancano altre grandi aziende metalmeccaniche , chimiche, assicurative, bancarie..etc.. ma piano piano tutti i lavoratori subordinati vedranno sgretolarsi i loro diritti. Ci sono lavoratori che da tempo hanno visto i loro diritti sgretolarsi, grazie a questa marmagli di politicanti cala braghe e al beneplacito dei sindacati, direi che dopo l’applicazione della legge Biagi/protocollo sul Welfare Maroni , chi è entrato nel mondo del lavoro ha visto da subito la differenza tra sè e un “vecchio” lavoratore. Stai a vedere che finalmente, a dispetto dei sindacati, i lavoratori torneranno piano piano ad essere tutti uguali, proprio grazie ai padroni. Chissà che la società italiana, così eteronenea per diritti e interessi, non diventi una nazione unita, proprio nel non diritto.
Diciamo che lo “scandalo” (diktat fiat, investimenti sotto condizione, ricatto di delocalizzazione, ecc.) scoppia oggi, ma che ha avuto una lunghissima incubazione, e infinite complicità politico-sindacali, che non si possono solo ascrivere al silenzio del governo (vergognoso, perché ha dimesso ogni suo ruolo di “terzietà”), né all’assenso dei sindacati “moderati” o filo-governativi. A questo proposito mi pare utile rammentare il monopolio della costruzione auto graziosamente concesso alla Fiat da governi e partiti nei decenni scorsi. Un caso paradigmatico: la s-vendita della statale Alfa Romeo alla famiglia Agnelli per un pugno di lire (la cui prima rata, tra l’altro, venne pagata vari anni dopo la s-vendita) per evitare che il marchio Alfa Romeo finisse in mano Ford, e soprattitto per evitare che i punti vendita dell’Alfa Romeo andassero alla Ford. E ora che il marchio Fiat è andato in mani Crysler anche di questo se ne pagano le conseguenze, perché se in Italia vi fossero state altre fabbriche di automobili (statali, ma anche private) in comptetizione con la Fiat, non so se Marchionne avrebbe potuto imporre il suo diktat, almeno nei termini in cui l’ha fatto. Per cui, la politica di sudditanza alla Fiat portata avanti negli anni dai partiti politici (anche di “sinistra”) e dai governi mi pare uno dei nodi irrisolti che sono arrivati al pettine attuale. In Italia ci sono sempre stati due tabù: la Fiat e il Vaticano.
L’Alfa fu svenduta dall’allora Presidente dell’IRI Romano Prodi, che aveva compiti di liquidatore di un’industria di stato sull’orlo dell’abisso.
Che poi dico io: l’IRI succhiasoldi l’abbiamo liquidata, non avrebbero dovuto trarne beneficio le finanze di stato?
non lo so, c’è qualche cosetta che non torna.
Azz.. mi sono accorto adesso di essermi firmato Alex ..invece che Ares..
..hem va bè poco cambia ^__^