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FAQ: Come scegliere un buon romanzo (italiano)

di Giacomo Sartori

È Natale, tempo di regalare o regalarsi qualche bel romanzo. Se per i romanzi stranieri è più facile, perché si va per area linguistica, e/o per tema, e/o per consacrata fama (già la traduzione è in qualche modo una garanzia, anche se non assoluta), scegliere invece un buon romanzo italiano contemporaneo è assai arduo. Lo sappiamo tutti. Tutti noi abbiamo preso, spesso guidati da recensioni entusiaste, o dal fervore generale, abrasive cantonate. Non dimentichiamo che siamo il paese che ha inventato il bestseller non letto: centinaia di migliaia di persone comprano un libro e non lo leggono. La cosa è cominciata con Il nome della rosa, e poi è andata avanti.

È difficile per gli stessi addetti ai lavori, non si creda. Hai letto qualcosa di buono? si sente sussurrare in situazioni dove il predominio incontrastato della qualità dovrebbe essere piuttosto la regola aurea. Come si implorerebbe una dose di droga che finalmente ci faccia dimenticare l’orribile mondo dove viviamo. Figuriamoci allora il comune lettore, poveraccio, che entra in libreria e si trova davanti distese di nomi che non conosce, o che ha sentito vagamente nominare, rutilanti copertine che rivaleggiano per potenziale di adescamento, eleganza, o anche solo volgarità (tutti i mezzi sono permessi), senza sapere a che santo votarsi. Senza contare che molto spesso le perle si trovano solo negli scaffali di difficile accesso, rigorosamente in copia unica. O più spesso vanno ordinate.

Però qualche trucco che può aiutare in fondo c’è. Prima di tutto le classifiche. Le classifiche si trovano dappertutto, e sono uno strumento molto oggettivo e assolutamente affidabile: vanno seguite con la massima attenzione. O meglio, visto che le librerie piccole e grandi vi si adeguano ormai pedissequamente (il libraio, abdicando al suo ruolo di intelletto, si trasforma in dipendente di supermercato), a rigore le si può consultare anche solo indirettamente, per così dire sul campo. L’importante comunque è usarle bene. Vale a dire non comprare mai un libro presente in classifica. Ma proprio mai. Al limite, se proprio per sbaglio un romanzo buono o almeno passabile ci fosse cascato dentro, caso rarissimo, lo leggerete qualche anno dopo, ottenendolo per pochissimi soldi (dopo un paio d’anni i bestseller vengono sempre proposti a prezzi stracciati). Farete un affare, e vi risparmierete carrettate di parole che pensano e dicono tutti. Già partirete col piede buono.

Del resto la lettura di un romanzo è un atto molto intimo, una specie di amicizia, che in qualche caso può trasformarsi in amore. Voi vi prendereste per amico una persona che nel corso di una serata affollatissima e per certi aspetti antipatica, sorride a tutti, dice le cose che ammaliano tutti, fa le battute che fanno ridere tutti? Vi avvicinereste a quello sbruffone/commediante, gli chiedereste se ha voglia di passare un paio di lunghe serate, o anche una settimanella, a tu per tu con voi, nell’intimità del vostro salotto, se non addirittura nel vostro letto? Certamente no. Sapete benissimo, per esperienza, che l’amico che serve a voi non potrebbe brillare in una contingenza così volgare, e è anzi uno che con l‘umiltà più sconcertante tira fuori le cose che più vi interessano e più vi toccano, e che sa apprezzarvi come siete (la scrittura non è una relazione a senso unico: lui ha bisogno della vostra sensibilità e delle vostra intelligenza!), e che soprattutto durerà nel tempo, anche dopo anni di connubio non finirà mai di stupirvi.

Diffidate poi delle case editrici. Certo qualche rara casa editrice media o piccola, propone dei romanzi che in genere sono almeno passabili. Si potrebbe fare qualche nome. Ma sono mosche bianche. La maggior parte degli editori italiani pubblicano cani e porci, letteralmente. Capolavori e ciofeche, tutti assieme, tutti mescolati. Quindi voi non fidatevi. Mai. Avete già letto un bel libro in quella collana? Prima di comprarne un altro pensateci dieci volte. Una volta non era così, ma adesso sì.

Evitate poi come la peste le recensioni sui quotidiani nazionali e sui settimanali. Non leggetele, e se vi capita di scorrerle velocemente, non fidatevi, non tenetene conto. Nella stragrande maggioranza dei casi sono vacue, imprecise, autocompiaciute, tendenziose, se non addirittura tronfie, false, assurde, biecamente interessate. Sono spiacente di dire queste cose, e forse qualcuno potrebbe sentirsi offeso, ma questa è la mia esperienza e quella di tantissimi altri lettori. Prova ne sia cosa ne pensano della questione gli scrittori (pur sempre i diretti interessati!) coinvolti nell’inchiesta che ha realizzato l’anno scorso il blog collettivo di cui faccio parte (nazioneindiana.com): peste e corna. Ma in fondo lo sapete già anche voi, e le case editrici sanno che lo sapete (nel loro gergo le recensioni “non muovono il libro”), quindi era forse inutile dirlo.

Bisogna dedurne che i nostri recensori sono tutti incompetenti, o peggio ancora – si sente dire anche questo – dei prezzolati? Personalmente non lo credo, e per quel che ho potuto constatare si tratta spesso di persone oneste e intelligenti. Immaginiamoci però che voi vi ritroviate a dover giudicare una grande quantità di dolci prodotti dalla vostre zie, da vostri parenti e amici vari, dal vostro capufficio, e da altre persone che vi danno i soldi per vivere. Tutto ciò in loro presenza. Avete pochissimo tempo, e dovete dire quale dolce è più buono. Sapendo che ogni parola che pronuncerete potrà rivoltarsi contro di voi, potrà inimicarvi una o più delle vostre suscettibilissime zie, o peggio ancora rompere rapporti che sono fondamentali per la vostra stessa sopravvivenza. C’è molta confusione, perché tutti parlano, e proprio da quel gran parlare vedete che tutti si conoscono, tutti si omaggiano a vicenda (almeno in apparenza), tutti vi sollecitano. Voi quindi sudate, vi sentite confusi.

Talmente confusi che mettete in bocca macchinalmente pezzi di dolce, cominciando naturalmente da quelli delle zie più importanti, senza più poter capire se sono buoni o meno. Vi sembrano, anche se naturalmente non è vero, tutti uguali (il gusto è un senso molto delicato, non resiste a troppi strattonamenti), avete un po’ di nausea. E allora finite per votare la zia che deve lasciarvi l’eredità, o quel signore che vi da i soldi con cui pagate l’affitto, l’amico che non potete perdere. È umano. Insomma, è umano in Italia. Finiscono per fare così anche i critici più austeri, quelli che si circondano di un’aurea di ferrea esigenza. Anche loro, patapumfete, a dire che il tiramisù preparato dal loro amico, dal loro collega di università, o anche solo pubblicato dalla casa editrice per la quale lavorano, è il più buono di tutti. In perfetta buona fede. Insomma, la nostra versione della buona fede.

Per quanto riguarda i premi più importanti vale lo stesso discorso delle classifiche: vade retro italico conformismo. Ammesso che un osannato vincitore valga qualcosa, di solito il meglio si trova nelle opere precedenti, non in quella che ha trionfato. E delle migliaia di premi piccoli (“città di questo” e “città di quello” …) non vale nemmeno la pena di parlarne, nessuno se ne interessa. E i gruppi di lettura? Difficile giudicare, perché sono tantissimi e sparsi per ogni dove, ma la mia impressione è che ricalchino molto spesso, anche se forse in maniera meno immediata, e con qualche libertà in più, le stesse gerarchie che vanno per la maggiore. Sulla televisione stendiamo un velo pietoso, perché è sempre stata e sempre sarà la peggiore nemica della buona letteratura.

E internet? In effetti su internet si possono trovare ottime indicazioni. Paradossale, perché proprio sulla rete prevale il dilettantismo più spinto, spesso non immune da mitomania o indomita saccenza: si sa, ognuno può dire impunemente la sua. Il vantaggio però è la polifonia: è più facile farsi un’idea, almeno per me, quando ci sentono tante campane diverse. Qualche prezioso indizio salta pur sempre fuori. E poi sulla rete ci sono ottimi siti letterari dove si è abbastanza sicuri che prevalga la sincerità, spesso non sprovvista di competenza e gusto. Però mi sembrano rimedi adatti per i grandi lettori, più che per il lettore comune. È come se per comprarsi una ciabatta si dovesse ogni volta fare una ricerca sui modi di coltivazione del frumento.

E allora come si fa, a scovare questo benedetto buon romanzo italiano? Si fa con il vecchio e mai tramontato passaparola, tenendoci buoni i preziosissimi “passeurs” che in passato ci hanno dato ottime imbeccate. Un po’ come con la raccolta dei tartufi, per la quale si ha bisogno di un cane appositamente addestrato. Però non vorrei sembrare troppo pessimista, l’eccezione c’è sempre: il libraio che legge i libri e ha gusti raffinati, il critico che porta avanti con costanza la sua umile e certosina azione, magari su un quotidiano regionale, il programma radiofonico (la radio è spesso una grande alleata dei buoni libri), uno stralcio di testo presentato su un sito letterario. Bisogna munirsi di lanternino, ma ci si arriva.

[questo pezzo è apparso sui quotidiani  “Trentino” ( 21.12.10) e “Corriere delle Alpi” (22.12.10)]

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31 Commenti

  1. articolo condivisibile ma poteva anche premiarci sbottonando alla fine almeno un consiglio… voglio dire, s’era creata una certa attesa.

    A meno che non si debba intendere questo silenzio come eloquente dichiarazione in merito a un libro consigliabile tra quelli in circolazione…

  2. Gli manca l’acribia linguistica, la ferocia nominale nel dettaglio, il puntiglio maniacale, una certa comica ostinazione: aggiungete a questo che è un articolo di giornale gli elementi suddetti e avrete un Autismo sartoriano
    ps sui librai conniventi, concludo la nota di lettura sul libro domani LPELS

  3. non capisco l’allusione nella sua ultima frase;

    ma naturalmente NI è in prima linea per quanto riguarda la segnalazione di testi di valore che per vari motivi hanno poca visibilità; e poi naturalmente c’è la bella iniziativa delle classifiche di Pordenonelegge, della quale si è qui molto parlato anche recentemente;
    ma come dire, queste sono cose – o almeno così paiono a me – per iniziati (almeno per il momento: certo in futuro …);
    mentre il mio articolo, destinato a un quotidiano, si metteva nei panni del “lettore comune”; lo ho ripreso qui su NI solo perchè secondo me è bene non perdere d’occhio “la visione complessiva” (come dire, ogni spezzone della catena, per esempio i librai, hanno il loro ruolo e le loro responsabilità e il loro, per quanto si dica, margine di gioco);

  4. @ lupo
    il qui pro quo, del quale sono responsabile (rispondendo a un commento senza specificare), continua!

  5. Mi permetto consigliare un autore che, almeno per me, è stata una rivelazione. Cesare De Marchi. Se vi va, leggete La furia del mondo e La vocazione.
    Non credo siano comparsi nelle classifiche Pordenonelegge, ma mi rendo conto che non si può leggere tutto, anche se, ma…
    Liliana Z.

  6. per la letteratura straniera seguo i miei traduttori prediletti che paradossalmente tendono a svendersi meno degli autori e spesso sono talmente virtuosi che svolgono egregiamente funzioni di editing ribaltando magari una prosa arida.Per gli italiani vado a culo,anche se mi sembra che in parallelo con il mondo della musica pure la narrativa nostrana stia vivendo una stagione “interessante”,con decine di autori che in partite non truccate possono giocarsela con i cosiddetti mostri sacri del panorama internazionale.Quello che sta peggio è il cinema vampirizzato dalla fiction di rai e mediaset,ineccepibile dal punto di vista del prodotto ma nel contempo inguardabile(Boris è su un altro pianeta)

  7. Nel suo piccolo, il blog letterario di cui sono il curatore: LUMINOL (www.luminol.it) cerca proprio di fare questo, occcupandosi in particolare, anzi esclusivamente, di scrittori esordienti italiani.

  8. d’accordo con Sartori e diamonds

    1)seguire i consigli dei lettori meglio se li conosci perche’ potrai soppesare e valutare se l’autore indicato puo’ accendere il tuo interesse.
    i lettori sono animati da passione e disinteresse verso le opere; due qualità che raramente possiedono i critici;
    2) seguire i consigli dei traduttori; sono loro che ormai svolgono la funzione di critica; sono loro che scovano autori di qualitò e li propongono agli editori. Si potrebbero fare tremila esempi ma basta ricordare angelo morini che consiglio’ bolano a selelrio.
    3) avere un traduttore per amico, anzi meglio averne uno per ogni lingua: ti svelerà un mare di tesori.
    4) seguendo questo principio vale la pena, escludendo i best seller e le oepre consacrate, controllari quali libri sono stati tradotti dall’italiano nelle altre lingue. quindi punti 2 e 3 all’inverso
    5) avere un poeta per amico; non so spiegare il motivo ma io dai due poeti che conosco ho sempre ricevuto consigli preziosissimi
    6)affidarsi al caso, all’istinto, a quel sesto senso che ti spinge a comprare quel libro di cui non sai un bel niente
    7) a volte leggi una recensione o un’intervista e ti colpisce una frase, o un riferimento o una citazione: compra quel libro; è stato cosi’ che ho scoperto, Pitol, Serna, Arno schmidt, hans henny jahn, ricardo piglia, javier marias….

  9. concordo a mia volta (lo dico solo perchè introduce nuovi elementi, non per creare un rimpallo di d’accordismi) con Carmelo, e in particolare sul ruolo bellissimo (e questo lo diceva anche Diamonds) svolto da molti traduttori (che in alcuni casi hanno un blog seguito e apprezzato …);

    va tenuto presente che spesso i traduttori leggono moltissimo, ma davvero moltissimo, nella lingua dalla quale attingono (ho in mente degli esempi ben precisi di traduttori dal francese: impressionante), e soprattutto macinano testi senza pregiudizi (il che è molto importante, è evidente, per salvaguardare le proprie “capacità critiche”); già questo evita uno dei limiti dei recensori e di molti critici, che per quel che è dato capire leggono in realtà molto poco, e soprattutto con tanti pregiudizi/costrizioni/;

    ma sono molto d’accordo anche sul valore dei giudizi dei poeti, con i quali mi trovo anch’io spessissimo d’accordo nella valutazione dei romanzi;
    e anche sul “caso”; che poi non è altro, detto altrimenti, che mettere se stessi, e le proprie esigenze e bisogni, che spesso hanno le loro vie e intuizioni, al centro del processo di scelta; l’esatto contrario del conformismo che fa comprare un libro perchè tutti lo comprano, insomma;
    anche a me capita spesso di capitare “per caso” proprio sul libro giusto al momento giusto; e di stupirmene;

    ma il realtà la lettura e “l’esperienza estetica” è un qualcosa di molto fragile, basta poco per farla saltare: la fretta, appunto i pregiudizi, la poca disponibilità (per apprezzare bisogna mettersi in gioco, come nel rapporto con le persone, non si può rimanere sulla propria alta colonna) ….; io molto spesso ho avuto l’impressione che i recensori che si erano occupati di alcuni miei testi, e penso a uno in particolare “più difficile”, semplicemente non l’avevano avuta questa disponibilità, questa calma e questo tempo, per fruire nel modo più appropriato, che però era purtroppo anche l’unico possibile, quello che avevo fatto; erano rimasti sulla loro alta colonna, che a me sembrava molto bassa (= il loro linguaggio, la scarsa sensibilità che mostravano, la rozzezza delle argomentazioni …);
    ma non fraintendetemi, non parlo di me per egolatria, visto che qui vicino si parlava di egolatria, o per lamentarmi, ma per apportare degli elementi alla discussione, perchè questa è la mia esperienza;
    del resto, indipendentemente da me, mi sembra che siamo in una fase dove i testi della narrativa sono in generale più interessanti, più ricchi e vari e nuovi, dei discorsi critici che vengono fatto su di essi; spesso però si sente sostenere però il contrario;

  10. Io mi affido al passaparola come dice l’autore. Neanche lì mi sono sempre trovato bene però, ma forse in questo caso il problema è personale.
    Il problema, da scrittore di romanzi quale sarò un giorno per forza di cose, secondo me sta, oltre che nel sistema, nella preparazione degli scrittori stessi. Spesso si approfondiscono poco gli argomenti per scrivere, scrivere, scrivere. Una noticina sul pressappochismo della scrittura contemporanea l’avrei fatto.
    E lo dico da scrittore pressappoco.

  11. Sartori, la prego, la faccia più semplice: vi consiglio i seguenti romanzi editi da…….
    Per quel che mi riguarda la mia scelta avviene sempre dopo una serie di esclusioni: scarto alcuni EDITORI, in primis l’Editorissimo; poi scarto i premiati, in primis quelli del Premissimo; poi scarto tutti quelli che incontro al Supermercato e all’Autogril. Il più delle volte, poi, scelgo a caso tra la bibliografia, che trovo nelle ultime pagine di un romanzo che mi sia piaciuto, delle opere edite da quella casa editrice. Con questi criteri non ho mai preso omeriche fregature.

  12. @ cuore di tenebra
    cercherò di farla più semplice, glielo prometto;

    ciò non toglie che nello sfascio generale (perchè anche quello di cui parliamo può essere visto come un tassello dello sfascio generale: anche comprare un bel libro diventa difficile, rischioso) la patata bollente finisce per cascare in mano all’individuo singolo, indifeso e fragile, e costretto a trovarsi in qualche modo i propri modi per sopravvivere (culturalmente, in questo caso): io faccio così, io faccio colì …;
    tutti convinti di avere la formula vincente, tutti ormai convinti che non ci possano essere soluzioni “collettive” (quali il prezzo unico per il libro, un minimo di deontologia dei quotidiani che impedisca per es. al Corriere di recensire precipuamente i libri Rizzoli, un minimo di deontologia dei recensori, una maggiore autonomia dall’industria del libro e una maggiore serietà dei premi, un ruolo più attivo dei librai, come in altri paesi europei …); anzi, si è dei poveri ingenui, se si esce dal sentiero della propria personale furbizia;

  13. Egr. Giacomo Sartori, avevo inviato una email al Trentino, che è stata pubblicata nelle “lettere”, ma era una lettera inviata prorpio a Lei e non da pubbilcare. Non so se Le sia stata recapitata. Comunque era questa che riporto sotto. Il Trentino l’ha molto tagliata, e qui la troverà intera. Al direttore probabilmente non è andata a genio la mia invettiva contro Eco, e mi ha risposto duramente.

    ecco comunnque la lettera originale:

    Caro Giacomo Sartori (mi permetta di darLe del “caro”),
    leggo il Suo articolo sulla scelta dei libri, e rimango del tutto d’accordo con Lei. Un vero pezzo di bravura è quello inerente alle classifiche dei più venduti: dopo aver detto che sono molto affidabili e vanno seguite con la massima attenzione (e quindi ci si aspetterebbe che si debbano comperare i li-bri là evidenziati), si prosegue che sono importanti ma solo in negativo: cioè i primi libri da scartare sono proprio quelli nelle classifiche!!
    In merito al libercolo di Eco, io non lo ho comperato e mi sono ben guardato dal leggerlo. Si è basa-to tutto su una scandalosa pubblicità planetaria, come tanti prodotti dell’industria culturale.
    E poi le recensioni, su cui molti si basano. Certo anche io talvolta mi baso su di esse per vedere di cosa tratta un libro. Ma Lei, penso, parli di quei pseudo-intellettuali che ritengono ancora che ci sia differenza fra sinistra e destra, leggono la Repubblica e lì scoprono quali libri sia necessario avere in casa per sentirsi parte di qualche area culturale. Riempiono di questi libri gli scaffali dei loro sa-lotti, ben in vista per i visitatori: libri che servono come soprammobili e che non leggeranno mai.
    I premi cosiddetti letterari? Sono tutti decisi dagli editori.

    Il libro? Mi sembra un prodotto come gli altri. Se viene pubblicizzato, allora viene forse venduto, altrimenti va al macero.

    Un’ultima considerazione: Lei parla di buoni o cattivi libri, ma chi decide in merito? I critici? No di certo. I lettori? Ma ognuno ha una sua visione: quello che è buono per uno non lo è per un altro. A qualcuno piace Verga, ma a qualcun altro no. Lei mi dirà che comunque non ogni lettore può essere affidabile: dare da leggere Celine a chi ha fatto le elementari, forse non è il caso. Ma anche fra i let-tori affidabili ci sono dispute accese, ovviamente. Anche qui capita che un libro piace a uno e non ad un altro. Ma per affidabile non intendo certo chi ha fatto l’università: anzi, il 90 % delle persone che escono dall’università sono dei poveri ignoranti, destinati a rimanere tali. Per affidabile intendo chi legge per trovare qualcosa di se stesso nel libro: se non ritrovi nulla di te stesso, il libro non ti piace. Ma anche ciò è arbitrario: uno trova qualcosa di sé in un libro, un altro lo trova invece in un altro libro e nel primo non ci trova proprio nulla di sé, perché siamo tutti unici e abbiamo le nostre uniche visioni del mondo.

    Un saluto
    Aldo Riccadonna

  14. intanto tanti auguri e che possiate dedicare le vacanze alle vostre passioni ->letture.

    io direi che la prima distinzione va fatta tra i libri che non vale la pena leggere e quelli che invece andrebbero letti.
    Tra i libri da leggere andrebebro inclusi anche quelli che potrebbero non piacere (potrebbero perchè se non li leggi come fai a dire che non ti piacciono)

    Insomma per esempio, io potrei anche decidere che kafka non mi piace, ma non direi mai che kafka non va letto.

  15. @Riccadonna
    no, non sapevo niente della sua lettera;

    per il conformismo dei lettori (= il fatto che gli acquirenti di libri si concentrino su pochi titoli scontati) non credo che c’entrino la destra e la sinistra (a differenza di lei, io credo che esistano ancora); e nemmeno le recensioni (che appunto sembrano avere una rilevanza nulla, almeno fino a quando non si trasformano in unanime e possibilmente anche televisivo martellamento su alcuni titoli); e nemmeno l’industrializzazione crescente dell’editoria e della distribuzione, che vengono spesso tirate in ballo (è un fenomeno che esisteva anche prima!); mi sembra che il vero motivo risieda piuttosto nel genoma culturale dell’italiano, che lo porta spesso a uniformarsi invece che a distinguersi, e questo certo per l’influenza della cultura cattolica (che ha sempre sfavorito lo spirito critico e addirittura la lettura dei propri testi) e per la storia italiana…; e certo lo stesso passaparola è un veicolo – e forse quello più importante, checchè contino i media – del conformismo, quindi è lungi dall’essere una panacea;

    per quanto riguarda gli eventuali criteri per stabilire il valore delle opere: a causa della mia ignoranza sono il meno indicato a parlarne (personalmente so benissimo – dopo averli letti – quali libri mi piacciono e quali non mi piacciono, e mi fermo a questo gradino empirico; e anzi credo che se questi criteri esistessero, la letteratura diventerebbe una branca della matematica, vale a dire non avrebbe ragione di esistere); ma troverà nell’archivio di NI un mare di materiali in proposito;

  16. Per quanto non sia avido di romanzi italiani devo dire che l’articolo mi sembra un buon antidoto alla pigrizia; penso inoltre che illustri un metodo buono per molte altre cose, non solo letterarie.
    Su una cosa, dal mio punto di vista, ha cannato: se non avessi letto la recensione di Le rondini di Montecassino su un settimanale (Internazionale) non avrei mai letto quel libro nè, forse, scoperto Nazione Indiana.
    Le vie del Signore sono infinite, quelle degli Uomini molto di più
    ciao

  17. l’o corretto, grazzie
    (d’altra parte da un agrimensore, che ha forse più dimestichezza con le patate, non si puo’ pretendere)

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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