Siamo qui, siamo qui!
di Maria Luisa Venuta
Da domenica scorsa mi sveglio al mattino con il suono di una vuvuzela che dalla gru nel cantiere che si trova dietro casa dà un segnale alla città. Dice che i ragazzi che sono sulla gru sono ancora lì, che hanno trascorso la notte e che stanno per iniziare una lunga giornata. Un’altra giornata lassù a 35 metri di altezza.
La gente che passa al mattino andando verso gli uffici verso le scuole, le università passa sotto la gru e con il naso in su guarda se sono ancora lì. Loro escono dalla cabina del manovratore, appendono uno striscione enorme con scritto “sanatoria” e poi parlano con il gruppo che accanto al cantiere si da il cambio a presidiare, a non lasciarli soli né di giorno né di notte. La gru non è più una L capovolta nel cielo che sovrasta l’entrata a nord nel centro storico di Brescia, è diventata un enorme punto di domanda.
Non puoi evitarlo. Lo sguardo sale e scende. La mente va e viene. Il punto interrogativo è lì enorme sopra le piazze, i palazzi, le donne, gli uomini e i bimbi che transitano, che vivono normalmente, secondo un copione che ci si è costruiti e che si segue costantemente, senza grosse sbavature. Le domande sorgono spontanee. Dal chiedersi semplicemente come facciano a vivere le quotidianità fisiche, come stiano tutto il giorno e la notte in quella cabina sospesa nel vuoto. Ci si chiede come abbiano fatto a resistere durante i tre giorni di pioggia e vento che hanno fatto ruotare continuamente il braccio della gru, mentre il Nord Italia andava sott’acqua e loro non mollavano con una forza inaspettata. Ci si chiede che cosa accadrà, quanto durerà. Poi si guarda in alto. Da là sopra forse la visione del sistema cambia. Le logiche diventano diverse. Il gioco della sopravvivenza riappare nella sua crudezza.
La forza che arriva dalla cabina della gru non è quella di cinque o sei disperati, che presi dalla rabbia e dal desiderio di provocazione, salgono sulla gru e da qui non scendono. No. Dopo cinque giorni, di cui tre passati nella tempesta di pioggia e vento, direi che non è quella la leva che spinge loro e che scuote chi sta con i piedi sull’asfalto e con il naso all’insù. La forza che arriva da là sopra è più profonda: parla di fiducia nel sistema, di dignità umana, di desiderio di lavorare con gli stessi diritti e doveri di chi è nato qui. Tutti elementi che in una democrazia sana sarebbero tutelati e che invece sono stati via via calpestati. Elementi che sabato scorso sono stati anche vilipesi in modo violento e maldestro quando, durante la manifestazione per i diritti dei migranti, il presidio permanente, che era stato montato da un mese in un’aiuola verde di fronte alla questura poco fuori dal centro, è stato divelto e sbriciolato con le ruspe su ordine del vicesindaco di Brescia. Un inganno sull’inganno. Questi uomini hanno pagato di tasca loro per accedere alle procedure della regolarizzazione, poi hanno versato i contributi INPS connessi ai contratti di lavoro indispensabili per ottenere i permessi di soggiorno. Chi ha sborsato già tremila euro, chi cinquemila in questi ultimi due anni di lunghe file in questura e di attese interminabili per arrivare ad avere i documenti in regola. Soldi che lo Stato si è intascato. Poi improvvisamente la circolare di quest’anno sull’impossibilità della cosiddetta sanatoria a regolarizzare chi era incappato in reato di clandestinità, perché sorpreso senza documenti negli anni scorsi. Da qui la totale incertezza del diritto, la confusione, la completa deresponsabilizzazione dei politici che hanno combinato il pasticcio, lasciando alla soggettiva decisione dei TAR locali la scelta sul comportamento da seguire. Restituire i soldi o concedere i permessi di soggiorno? A Brescia, come in altre città, è stato il caos e il vuoto decisionale.
Nel vuoto, il senso della truffa si è amplificata fino a stravolgere il senso del presente e del futuro individuali e delle comunità straniere. Questo penso con il naso all’insù guardando la gru e i suoi temporanei abitanti. Sembra un mondo sospeso in una bolla di vetro. I loro sguardi indagano che cosa sta avvenendo lì sotto. Ci si saluta, si parla e si riprendono trattative e pianificazioni di manifestazioni. Poi partono i megafoni in un dialogo tra basso e alto, tra il sopra e il sotto. La città è lì intorno. Un po’ silente, presa da se stessa, si svela anestetizzata da anni di televisione e di reality. Il mondo sospeso nella cabina sulla gru non rappresenta nulla di ambito, anzi è qualcosa che forse si vorrebbe nascondere o non vedere. I tamburi urbani inventati con le protezioni del cantiere diventano un tam tam che richiama l’attenzione dei passanti, il presidio si amplia di presenze, di canti e di slogan urlati, ritmati. “Basta truffa!” “Basta fregare!”“Basta truffa!” “Basta fregare!”
Le ore scorrono. I migranti offrono dolci, tè caldo, caffè zuccherato a tutti quelli che stanno lì anche se per qualche minuto. Parole, presenze che giorno dopo giorno ritrovano il senso del termine “solidarietà”. Elemento trascurato da chi governa la città perché non offre nulla se non se stesso, ma è il cardine della rete di connessione e di riconoscimenti che si sta tessendo lentamente in questi giorni intorno alla gru. Qualcuno dice che una volta, nel giro di poche ore, si sarebbero riempite le piazze per protestare e scioperare di fronte allo smantellamento del presidio. Oggi non più. E sembra già un’operazione ben riuscita il mantenere vivo e forte il presidio giorno dopo giorno, notte dopo notte. Troppi anni di sfilacciamento delle relazioni sociali che non danno più spazio all’azione politica e collettiva diretta e l’incapacità di vedere. Chi rappresenta cosa?
La piccola comunità sulla gru ci interroga su come sia stato possibile arrivare a questo punto. Ci chiede di interrogarci su chi in questo momento abbia meno da perdere. Loro in alto sospesi nel vuoto, ma talmente consapevoli tanto degli inganni di questo sistema, quanto della loro dignità umana da rischiare in prima persona per avere riconosciuti i propri diritti. O noi che stiamo lì sotto con il naso in su, ma persi tra le traiettorie quotidiane delle nostre esistenze, rassegnati alle angherie politiche, alla squallida gestione di lavori precari spesso sottopagati, rassegnati nell’accettare che si calpesti quello che rimane del sistema democratico italiano: la possibilità di esprimersi e manifestare le proprie opinioni in modo pacifico per difendere e tutelare i propri diritti come essere umani prima che come cittadini.
Per seguire via web che cosa sta avvenendo a Brescia: http://dirittipertutti.gnumerica.org/
Per tutti l’invito è a partecipare alla manifestazione che si terrà a Brescia sabato 6 novembre con ritrovo alle ore 15 in piazza Loggia.
grazie, ML.
Si dice che l’Italia è in uno stato di coma, e non lo credo. Per esempio, Maria Luisa Venuta racconta quello che accade nella sua città, descrive
in una lingua bellissima come la gru assomiglia a uno stato di vita sospesa nel freddo, nella notte, come si lotta tra cielo e terra per avre i diritti che dovrebbe offrire ogni democrazia ai suoi cittadini, quelli che vengono cercare speranza, che lavorano con coraggio, fanno crescere il paese. Credo che noi abbiamo tutto da imparare del coraggio, non solamente in Italia ma in Europea.
Quello che mi sconvolge in quaesto racconto reportage è che da un fatto che potrebbe passare inosservato, qualcuno (Maria luisa) decide di mettere sotto la luce una lotta, un combattimento per trovare vita dignitosa.
correzione: avere, questo
[…] nazione indiana […]
Grazie Véronique.
Questa sera è passata la notizia che anche a Milano alcuni immigrati sono saliti su una torre in via Imbonati per manifestare contro la sanatoria e per solidarietà alla situazione di Brescia.
Ho fatto fatica a trovare la notizia che viene per ora riportata solo da Indymedia.
http://lombardia.indymedia.org/node/33168
Questi signori ci stanno insegnando come si combatte per ottenere il riconoscimento dei propri diritti (che sono poi di tutti) a noi bianchi e pasciuti che pensiamo di vivere in una botte di ferro. In Italia, sempre più spesso, la dignità di cittadino ce la stanno ricordando, o addirittura, insegnando gli ultimi degli ultimi, perché anche stranieri. I veri stranieri alla democrazia, siamo noi.
ringrazio maria luisa sopratutto per aver chiarito le ragioni della protesta;
appare chiaro, allora, che non è questione come dice gustavo di neri che insegnano la democrazia ai bianchi; credo che la questione riguardi le condizioni di vita: se lo stato si comportasse nei confronti degli italiani come si comporta nei confronti di queste persone, noi pure sceglieremmo forme estreme di protesta, noi pure saremmo costretti a passare all’azione politica. come è succeso con gli operai licenziati, come succede in campania, come succede con la tav. lo stato italiano è indegno e poi chiede il rispetto della legalità, si comporta lui in manierA FRAUDOLENTA e poi esige il rispetto delle leggi
e difatti uno dei momenti più significativi della manifestazione di sostegno di ieri (partecipatissima) è stato quando sulla gru è stato montato lo striscione della rsu dell’innse presse, presente nel corteo.
l’innse è la fabbrica che più di un anno fa ha iniziato la stagione del “salire sui tetti” quando, per una speculazione edilizia più o meno avvallata dalla lega, si tentò di chiudere lo stabilimento e mandare tutti a casa : http://tinyurl.com/2v7bl94
Già. In una democrazia evoluta ci sono norme chiare e definite soprattutto per l’accesso alla cittadinanza, al lavoro, alla legalità. Questa è una democrazia mediatizzata in cui i diritti e doveri sono spettacolarizzati e il contenuto dell’agire in politica è svilito o nascosto. Ieri è passato un nuovo pacchetto sicurezza e noi siamo da 2 settimane a parlare di bunga bunga. Le università svendono al mondo affamato dei precari docenze annuali a costo zero, le scuole elementari son messe male, concretamente male, e la massima reazione in genere è un’alzata di spalle, un “ah sì?”.
Anche i ricercatori del CNR sono saliti sui tetti… “ah sì, vabbè poveracci” E Draghi di Banca Italia fa discorsi lungimiranti e con un’analisi chiara, con dati alla mano. “ah bè, ma quello parla difficile e poi da che parte sta?” La presidente di Confindustria viene intimidita se continuerà a fare dichiarazioni… “Sei sicura di aver capito bene? Secondo me non può essere, dai.”. Ecco la scelta della protesta è anche un modo per riprender atto del senso e del ruolo di ciascuno di noi in un sistema reale e non in una sua rappresentazione scenica.
Altra nota è sull’informazione: ieri qui a Brescia un corteo era formato da migliaia di persone, è durato quattro ore, ha girato per tutta la città, ma sulla stampa nazionale io stamani non ho visto nulla o quasi. E’ la prima volta in vita mia che assisto in prima persona ad una differenza, ad uno iato così profondo tra vissuto e l’informazione. E’ anche questo un segno grave.
giusto per aggiornare gli interessati:
questa mattina alle 6, il presidio è stato sgomberato con un intervento parecchio duro delle forze dell’ordine. le cariche e i fermi si sono succedute nel corso della mattina e ora c’è un presidio di 200/300 persone in via san faustino. ci sono almeno 14 italiani tra i fermati, tra cui giornalisti di radio onda d’urto e di una street tv bresciana. almeno una persona è ricoverata. non si conosce il numero dei migranti fermati ma a quanto pare è di qualche decina. le persone sulla gru sono ancora lì e hanno minacciato di buttarsi. sembra che l’operazione sia gestita direttamente dal ministero dell’interno con un importante dispiegamento di forze. la situazione, comunque, ora è di stallo.