Alfa Zeta: E come Eternity
Nuova puntata di Alfa Zeta per Alfabeta2.
qui, le puntate precedenti.
Il tutto comincia con l’Eternit dei tetti che apre questa nuova puntata di Alfa Zeta, con la ossessiva riduzione delle vite a miniature esistenziali, la gloria letteraria di Fabio Volo, sullo schermo sospesa e riflessa nelle vetrine di un megastore. Così appare anche la città, con i trenini in miniatura, solcata dalle icone della contemporaneità – ora il tifoso con il braccio teso, ora l’interno senza vita della metropolitana in cui si è appena consumato un delitto nazionale. Ecco allora che fai fatica, altro che rimboccarsi le maniche come scrivono i compagni che sba(di)gliano, perfino a scoprire, come nel manifesto inquadrato e strappato dai passanti, che oltre quello, proprio dietro, c’è il Cristo. Quell’eternità – êtrenitè, tu proprio non la capisci, non la decodifichi, sei come i sordomuti alla sede rai, a reclamare sottotitoli, lo schermo è vuoto, bucato, non appare nulla. Questa esperienza di disequilibrio, di caduta da stordimento, si è associata in me all’immagine dell’Albatros di Baudelaire, quel goffo balletto dei poeti, quel balbettio delle ali che sembra, ma solo a tratti, produrre piccoli venti di speranza. effeffe
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Una tristezza invade questo post, sopra i tetti i riflessi diventono veri, grigio, con un galoppo di cavalli, e il mare è il solo regno del poeta. Il riflesso di una vetrina mescola la sagoma, la mia con i libri proiettati nel mondo dove si compra il pensiero veloce, effemero. I
Il poeta, lo scrittore
sta soffocando, un po’più isolato, ma libero di liberarsi dal vetro,
di volare, anche se dapertutto si violenta la bellezza, la parola libera.
Per me Napoli rappresenta questo dolore. Uno strage compiuto ogni giorno.
E’ un mondo dove il sogno è costretto a fugire, dove la natura perde la sua eternità, un infarto con un cuore morte di immondizia. Non ho mai visitato il parco del Vesuvio, ma immagino che era una riserva di bellezza, di verdissimo, di uccelli, di ulivi, di luce e di vento. Ormai per scovare la natura, il cammino sarà lungo, forse nei paesi allontanati, luogo dove rimangono pocchi.
L’immondizia è tutto il male fatto a una città, dove il poeta, lo scrittore
non trova nessuno rifugio anche dal Vomero. Come si fa a resistare il mare ? Come si fa a camminare, studiare, lavorare in una città ammalata? Come si fa a non perdersi nelle strade? Come si fa a respirare?
Non siamo soli. La mia responsabilità di lettrice straniera è di leggere, riflettere, lasciare lo schermo vuoto ( non ho la TV), eccetto quando si dice una parola libera( è sempre più difficile trovare una parola libera),
allora ascolto, nel senso che la parola mi entra nell’anima.
Voglio cereder che non siamo soli.
voglio credere( e altri errori…)
grigio il cielo (non i riflessi)
compiunto
è costretto da fuggire
Ho troppo rumore intorno a me
Credo che vado fare un elenco
degli miei errori :-)
un photoshoperò bellissimo!
grazie forlani!
finisci di binario in binario su un binario morto, forse.
intanto prima che si arrivi ad un binario morto, devi passare per binari vivi, di terra in terra, di bestia in bestia, di solitudine in solitudine.
per principio non si ci potrebbe fermare su un binario vivo se non vuoi rischiare il frontale con quel FrecciaRossa che per caso finisce per esser proprio puntuale quando non lo dovrebbe essere. ti spacca la faccia con la stessa intensità dell’urlo di un sordo che urla perchè non sentirà mai la propria voce urlare il senso del suo essere che è quello che da solo non riesce a vivere.
per principio non ci si potrebbe fermare neanche su un binario morto, se la voce del sordo non l’hai sentita arrivare, su delle tegole di veleno non hai mai sentito parlare.
l’eternità farà di te il suo destino.
piccola magia che lascia con le braccia conserte dalla malinconia.