Avventure 6 – Medioevo

di Giacomo Sartori

Adesso suo padre scompariva anche tutti i pomeriggi. L’anziana con il viso butterato ma ancora piacente transitava sul bagnasciuga senza guardare nella loro direzione e scivolava con il suo passo ostentatamente allenato verso il promontorio. Lui dopo un po’ chiudeva il Corriere della Sera, e con una faccia da persona che non sa bene quello che farà si avviava dalla stessa parte. Un po’ alla volta diventavano due puntini che si confondevano con gli arbusti delle duna, atomi di brezza marina. Poi lui riappariva come se niente fosse per cena, e mangiava con i gomiti alti e masticando con energia. La sera faceva finta di addormentarsi nella sua tenda canadese monoposto, ma quando loro due si erano sistemati partiva con il sacco a pelo sotto il braccio. Lei aveva una tendina da montagna dall’altra parte del campeggio, quasi dello stesso rosso del bikini molto aderente che faceva pensare agli anni cinquanta. Secondo la sua ragazza era un vero scandalo, doveva assolutamente parlargli. Per lei era inammissibile che a quasi settant’anni si comportasse a quella maniera, quando sua madre, la moglie legittima, era rimasta in città a lavorare. Secondo lei era immorale che lui la chiamasse una sera sì e una no per dire che andava tutto bene. Lei non aveva voglia di diventare la nuora di un satiro che si credeva tutto permesso e al quale nessuno osava dire niente. Lui però non poteva parlare con il padre. Non avevano mai abbordato argomenti intimi, e quella non gli sembrava proprio l’occasione migliore, a quasi venticinque anni, per rompere il ghiaccio. E comunque in trentacinque anni di sconnesso matrimonio non era certo la prima volta che succedeva, e sua madre sapeva benissimo come stavano le cose. Non a caso per quanto potesse andare indietro con la memoria tutte le vacanze le avevano fatte separate. Ma questo non poteva dirglielo: tra loro quello della gelosia era un terreno irto di pietre sporgenti e crepacci nascosti. Si limitava a ribatterle che probabilmente l’aitante tardona marrone – a forza di star crocifissa nuda al sole era ormai color cioccolato amaro – se ne sarebbe andata, e la cosa si sarebbe risolta da sola. Ma la tizia non accennava a togliersi di torno, e anzi la sera al ristorante-pizzeria del campeggio divorava le sue insalate salutiste a due tavoli dal loro. E un mattino pensò bene di dispiegare l’asciugamano con un granchio rosa proprio sulla traiettoria che li univa al mare. E quando il padre salpò per una delle sue ridondanti nuotate repubblichine lei gli andò dietro. La sua ragazza gli disse chiaro e tondo che se aveva un minimo di spirito d’iniziativa doveva smettere di coprirlo: l’unica soluzione era spiattellare tutto alla madre, in modo che questa potesse prendere le misure che riteneva più opportune. Per fortuna il Medioevo è finito, da qualche anno c’è anche da noi il divorzio, disse. Lui pensò che non era detto che sua madre non gli stesse rendendo pan per focaccia con uno dei tanti amici ultrasessantenni, ma mise solo lì qualche frase generica. Per qualche anno i suoi genitori si erano dati da fare per apparire una famiglia unita e affiatata, poi però prima ancora che lui nascesse avevano abbandonato la partita, lasciandosi portare ciascuno a modo suo dagli anestetizzanti cambiamenti dei tempi. Se non si decideva a parlare con quel vecchio depravato lo avrebbe fatto lei l’indomani, tagliò corto la sua compagna, e forse – ma forse invece le cose avrebbero preso un’altra piega, adesso che partiva per l’estero – futura moglie. Lui quella sera sentì come il solito il padre riaprire la cerniera della tenda quando pensava che dormissero e allontanarsi con il suo passo lento ma sicuro da montanaro. Sapeva bene che non gli avrebbe parlato, e tantomeno avrebbe turbato lo spiraliforme vorticare della madre, ma gli sembrava pur sempre che avrebbe dovuto fare qualcosa. Il problema era cosa. Si domandava come era potuta venirgli l’idea di proporre al padre – per il solo fatto che gli era sembrato un po’ giù di corda – di andare al mare assieme, quando era matematicamente impossibile, non foss’altro che per ragioni ideologiche, trovare qualcosa da dirsi. In realtà da quando era in pensione faceva quello che voleva, e se la passava molto meglio di lui. Praticamente non chiuse occhio tutta la notte, e all’alba decise che subito dopo la colazione avrebbe tentato di deviare la conversazione sull’argomento. Poi invece andando ai bagni vide che la tendina della donna non c’era più, restava solo una traccia più chiara: il negativo di un’ombra. Il padre quella mattina sembrava abbattuto, come dopo una delle sue sbronze con gli amici della montagna, ma anche contento: contento come un ragazzino che si è fatto una bella esperienza.

[l’immagine: Luca Coser, “L’Avventura”, 100 disegni tecnica mista su carta, cm 18×21,5]

Print Friendly, PDF & Email

7 Commenti

  1. Nel groviglio della famiglia, Giacomo Sartori dà il suo arte del sottinso.
    Il dialoguo con i cari si svolge nella mente. L’ombra sperduta in uan chiara presenza sulla sabbia supera il silenzio. Tanti segni de interpretare.
    La giovinezza incarnata dalla nuora è senza concessione. Si giudice con gli occhi della giovinezza.
    Si ritrova anche l’argomento del dialoguo impossibile con il padre, già analisato nel magnifico libro anatomia della battaglia.

  2. Bello.
    Sartori, una sola preghiera: aspetto anche un racconto sul punto di vista della madre, con la speranza che si intitoli “Rinascimento”.

  3. Quella ragazza perbenista rombiballe c’è tutta nel suo purismo sessista ideologzittellista da nuova barbara ( d )evoluta da asporto.

  4. Quelo giovanotto poverino c’è tutto nel turbativo rumore notturno della cerniera che turba il suo Edipo campeggiante col lamento democratico da ” ultimi libertini.”

  5. La signora mamma c’è stratutta nel suo vortice da improvvisa etera casalingo-campurela-(-oh finalmente basta!!–etc etc)

  6. La pomiciobutterata è l’EMBLEMA DELLA MILLENARIA SAGGEZZA FEMMNINILE:

    In due cartelle 5 profili 5 e l’olezzo/salmastro/ profumo dei campeggi au bord de la mer.
    GRANDE SARTORI!! BRAVO’.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Nessuno può uccidere Medusa

Marino Magliani intervista Giuseppe Conte
Io lavoro intorno al mito dagli anni Settanta del secolo scorso, quando mi ribellai, allora davvero solo in Italia, allo strapotere della cultura analitica, della semiologia, del formalismo, una cultura che avevo attraversato come allievo e poi assistente di Gillo Dorfles alla Statale di Milano.

Dogpatch

di Elizabeth McKenzie (traduzione di Michela Martini)
In quegli anni passavo da un ufficio all’altro per sostituire impiegati in malattia, in congedo di maternità, con emergenze familiari o che semplicemente avevano detto “Mi licenzio” e se ne erano andati.

Euphorbia lactea

di Carlotta Centonze
L'odore vivo dei cespugli di mirto, della salvia selvatica, del legno d'ulivo bruciato e della terra ferrosa, mischiato a una nota onnipresente di affumicato e di zolfo che veniva dal vulcano, le solleticavano il naso e la irritavano come una falsa promessa. Non ci sarebbe stato spazio per i sensi in quella loro missione.

Un’agricoltura senza pesticidi ma non biologica?

di Giacomo Sartori
Le reali potenzialità di queste esperienze potranno essere valutate in base agli effettivi risultati. Si intravede però un’analogia con la rivoluzione verde, che ha permesso l’insediamento dell’agricoltura industriale nelle aree pianeggianti più fertili, e ha devastato gli ambienti collinari e/o poveri.

Pianure verticali, pianure orizzontali

di Giacomo Sartori
I viandanti assetati di bellezza avevano gli occhi freschi e curiosi, guardavano con deferenza i porticcioli e le chiese e le case, ma spesso anche le agavi e le querce e le rupi. Sapevano scovare il fascino anche dove chi ci abitava non lo sospettava, per esempio nell’architrave di castagno di una porta decrepita o nell’acciottolato di un carrugio.

RASOTERRA #2

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)
A Mommo gli orti e i campetti sono striminziti, in un secondo zampetti da una parte all’altra. E sono in pendenza, perché lì sul fianco della montagna non c’è niente che non pencoli in un senso o nell’altro, anche le case e le strade e i prati si aggrappano saldamente per non scivolare a valle.
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: