Da L’imboscata
di Jacopo Masi
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(Riconoscimento)
La foto cominciò a girare dopo. Sembrava
lui, visto da dietro. Sembrava qualcuno
che volesse scavalcare un muro
più alto della terra.
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(Mani)
Il caldo aveva mani enormi,
le pieghe nelle giacche lo provavano.
Le finestre spalancate a fare uscire tutta
quella sproporzione tra uomini e parole.
Sembrò ingiusto che qualcuno per strada
ridesse mentre la moglie andava e veniva
dalla cucina con l’acqua nei bicchieri
per parenti e conoscenti, con la maestria
di un marinaio sul ponte in aperta tempesta,
con mani piccolissime, con le altre,
gigantesche, che le strozzavano i polmoni.
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(Arma bianca)
“E con ciò? – si era anche indispettito –
ora abbiamo noi il coltello dalla parte del manico.”
Dopo c’era stata la salita nel tramonto,
l’attesa tra gli alberi, la conta delle stelle
e delle foglie – se coincide… – e altri
atti scaramantici per costringere
la paura verso il fiume,
per coprirne ogni rumore.
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(Presentimento)
L’ultimo non smetteva di girarsi,
di guardarsi indietro circospetto, ogni tanto
perdeva il passo, qualche metro, quasi avesse
un’esca nel cuore, una bava che lo tirava
lungo il sabbione, qualcosa che alla luna,
forse, a guardar meglio, con un poco
di fortuna, lanciava un allarme, un bagliore
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(Negativo)
Sui mattoni delle case ancora in piedi
s’era appreso uno strato di polvere:
era l’intonaco, erano i mattoni di altre case.
Alla luce dell’alba, chi entrava
nel villaggio assisteva a un prodigio
di reazione: l’esitazione del sole
accendeva nel grigio un granello
alla volta, si spandeva come acqua,
dava una macchia che faceva
pensare a corpi sorpresi dall’alba,
ombre impresse nel muro, ma chiare.
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(Topografia)
Per un’accomodante coincidenza
o pregevole fattura, verso nord
si saliva per il monte, a sud
si scendeva alla pianura.
Ognuno sapeva dov’era la luna,
su quale ramo, in che giorno, a quale
ora, come una pagina già scritta,
una storia passata uguale
di bocca in bocca. Fu forse
un lapsus, un errore di lettura.
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(Sabbione)
Non fu una strage, ma ci fu
chi anni dopo continuava a tornare
in quel luogo, nei pressi del muretto,
fissava il sabbione di fronte: la ghiaia
del sentiero scendeva da lassù,
per la pioggia, per il vento.
Jacopo Masi è nato nel 1978 a Bologna, dove ha recentemente completato un dottorato in letterature europee. Sue poesie sono apparse su ClanDestino, Argo, Atelier, Gradiva. Nel 2009 ha pubblicato, per Perrone editore, il libro di poesie Fuoriporta (o storia breve di un matematico e della sua guerra con le formiche) con postfazione di Martin Rueff.
I commenti a questo post sono chiusi
Belle.
Immagini molto nitide (quasi un film con una grande fotografia), con un bel ritmo tra loro.
db
molto belle, grazie.
la linea diegetica bonifazi-masi, da seguire I hope
Che bei poemi! Un piacere, veramente.
belle
piaciute molto, dice bene barbieri sulla fotografia.
si,si davvero belle
c.
Grazie per i commenti e grazie a domenico per avermi permesso di pubblicarle qui.
j
molto belle