l’appello
La legge sul prezzo del libro che è passata alla Camera e sta per essere discussa al Senato ha provocato moltissimo scontento fra gli editori indipendenti, piccoli e medi, che non sono stati ascoltati in nessun modo nella sua formulazione. La legge stabilisce un tetto agli sconti sui libri del 15% (sconto assai più alto di quello previsto da quasi tutte le leggi europee analoghe), ma questo tetto apparente viene poi smentito dalla possibilità per qualsiasi editore di fare tutte le promozioni che vuole, della durata di un mese, per undici mesi all’anno.
Nessun prodotto commerciale è trattato con tanto disprezzo! Qualsiasi prodotto commerciale, infatti, può essere svenduto o saldato solo due volte l’anno e per il resto del tempo ha il suo prezzo. Questa legge libera, in pratica, il prezzo del libro, non meno della disastrosa legge inglese, che ha rovinato e fatto chiudere tante librerie e case editrici indipendenti. Mentre la legge francese e tedesca le hanno salvate e protette e continuano a farlo, con la semplice regola di vietare o limitare radicalmente gli sconti.
Questa legge, di fatto, non ha a cuore né l’interesse del libro e della cultura, né quello dei librai o degli editori, ma esclusivamente quello dei grandi gruppi editoriali e delle catene libraie (che appartengono agli stessi gruppi), che vogliono proteggersi dalla Grande Distribuzione.
E’ sotto gli occhi di tutti la trasformazione già in atto delle librerie di carena in ‘outlet’, dove le pareti e i tavoli sono dedicati agli sconti. Sconti che gli editori indipendenti non si possono permettere, che le librerie indipendenti non ottengono, che divide editori e librai in due categorie orizzontali: da una parte gruppi e catene che a forza di sconti occupano tutto lo spazio disponibile, svendendo il libro come un prodotto d’occasione, ed editori e librai indipendenti, che invece di essere sostenuti dalla legge e dallo stato nella difesa della cultura e della bibliodiversità, sono abbandonati a se stessi e stanno chiudendo i battenti.
Chiediamo che la legge sul prezzo del libro mantenga le sue premesse, guardi alle leggi europee e, come dovrebbe fare ogni legge, protegga la cultura e difenda i soggetti più deboli.
Da numerosi dibattiti e convegni fra editori e librai indipendenti, siamo arrivati per parte nostra a una linea di compromesso: possiamo accettare uno sconto che vada dal preferibile 5% all’appena accettabile 15%, purché le promozioni siano limitate come per ogni altro prodotto a due mesi l’anno.
Questa è la condizione perché il libro resti al centro della nostra cultura.
Ribadiamo le condizioni indispensabili per noi e alle quali una vera politica del libro non può rinunciare:
1. Far riferimento a modelli culturali e a una legislatura sul libro che ha avuto eccellenti esiti, come quelle francese e tedesca.
2. Limitare le promozioni, come avviene per tutte le altre merci e prodotti, a due mesi l’anno, gli stessi per tutti, in modo da facilitare i controlli.
3. Istituire un organo di controllo che preveda sanzioni per chi trasgredisce, sia alzando lo sconto oltre il 15%, sia proponendolo in periodi diversi dai due mesi previsti (non necessariamente consecutivi), e dunque tanto per gli editori che per i librai o catene librarie che vìolino le regole.
4. Delimitare il tempo in cui un libro è considerato ‘novità’ ed è quindi sottoposto a restrizioni particolari.
I Mulini a Vento: Instar Libri, Iperborea, Marcos y Marcos, minimum fax, nottetempo, Voland
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scusa, non sono bene informato.
Ma non credi che la prima cosa da fare sarebbe quella di ababssare l’IVA ?
il problema delle piccole case editrici è la scarsa visibilità e la cattiva distribuzione.
i lettori occasionali + lettori consumatori
i lettori forti e consapevoli
la domanda della prima categoria è elastica al prezzo
la domanda dellas seconda no’ o molto poco; probabilmente in occasione degli sconti aumentano gli acquisti.
Posto che molte piccole case editrici pubblicano libri di qualità e posto che le recensioni nei giornali e riviste a larga diffusione si dedican soprattutto alle pubblicazioni delle case editrici, Io mi aspetterei da parte dei critici una maggiore attenzione verso i libri che godono di poca visibilità pur essendo di qualità.
Boh. Così sembra una proposta che protegge le piccole case editrici a scapito delle grandi, ma che penalizza i lettori. Non mi sembra un granché.
[…] di Jan Reister [sul perché postare l'appello de i mulini a vento su Nazione Indiana] […]
Vivo in Germania, e nella mia ricerca di lavoro ho anche provato a chiedere presso una delle grandi catene di distribuzione tedesche – Thalia. Così ho appreso della legge che regola gli sconti che le grandi catene possono praticare sui libri, che ovviamente dipendono dai volumi, e che impedisce ai grandi distributori di praticare sconti che i piccoli non si possono e non si potranno mai permettere (e te lo insegnano anche: “Size, matters”).
Ora: visto che la legge sul prezzo del libro non verrà mai approvata in Italia – prima di riuscire a spiegare che il mercato dei grandi volumi e quello dei piccoli sono due segmenti distinti passerebbero anni; poi c’è il problema delle lobbies delle grandi distribuzioni; infine il cortocircuito italiano di B., poi il fatto che il mercato del libro è marginale e che quindi il dibattito interesserebbe pochi – l’unica possibilità concreta sarebbe quella di far approvare una legge in sede EUROPEA, dove le coalizioni e gli interessi NON sono quelle a cui siamo abituati in Italia.
Ecco un’altra vicenda dove il conflitto d’interessi fa capolino. L’articoletto che rende i libri scontabili tutto l’anno va a favorire i grossi gruppi che oltre a stampare i libri li vendono anche nelle proprie catene. In soldoni: il libraio sotto casa gli sconti che ti fa un supermercato o una feltrinelli o una mondadori non può farteli. Il libro sta andando verso la morte e questi vogliono svuotare i magazzini. Che uno potrebbe anche dire, che ci vuoi fare, è il progresso, ma c’è questo piccolo dettaglio che questa maledetta legge Levi (proposta dal governo prodi e più famosa come legge bavaglio per internet) ha lo zampino di questo governo, in quell’articoletto. E chi c’è a capo di questo governo? Ma sono io che magari vado sempre a pensar male. Lorsignori ci diranno: di che vi lamentate, non volete pagare i libri di meno?
E’ fantastico. Telefoniamo con la compagnia più economica, per risparmiare chiediamo concorrenza tra le banche, tra le assicurazioni, facciamo la spesa al discount… e poi ci indignano gli sconti sui libri! E’ un cortocircuito ideologico: o le regole del mercato ci convengono (e convincono) in quanto consumatori, oppure dal liberismo ci chiamiamo fuori a rischio di eresia comunista. E’ la solita zona grigia all’italiana, in cui si cerca di salvarsi l’anima e il portafogli al contempo…
Avendo un pò di tempo, ecco la mia opinione:
A mio parere non esiste nulla che non coinvolga l’interesse di qualcuno: il conflitto di interesse esiste sempre. Ogni tentativo di eliminarlo è in realtà un tentativo di minimizzarlo (vedi la soluzione sulla divisione dei poteri di Montesquieu: una soluzione di distribuzione e di pesi e contrappesi, di riduzione ai suoi minimi del conflitto).
Nel caso in questione del prezzo del libro la scelta è politica: si vuole che esistano le piccole librerie? Bene. Se sì, è inutile farle combattere ad armi pari con le grandi in condizioni di perfetto equilibrio economico e quindi di totale iniquità fattuale: il pesce grande mangerà sempre il pesce piccolo, ad armi pari a meno che non si voglia altrimenti. O per citare: “Non c’è cosa più ingiusta che fare parti uguali fra disuguali” (Lettere a una professoressa).
Con buona pace del mercato, visto che il punto, in questo caso, è che tutta la teoria – l’ideologia – del mercato moderna è una teoria di mercato di equilibrio, mentre la maggior parte delle situazioni a cui si applica sono situazioni di disequilibrio. Altrimenti, sarebbe sufficiente che l’Africa aspettasse un po’ per raggiungere da sola, per effetto della mano invisibile, l’equilibrio economico desiderato. Controesempio che si commenta da solo.
Per prendere l’esempio degli sconti al discount, i prodotti costerebbero meno anche se si sottopagassero gli impiegati, con tutto vantaggio dei clienti. E poichè i clienti devono essere in numero molto maggiore degli impiegati – altrimenti l’attività economica fallisce – il vantaggio collettivo sarà sempre superiore a quello individuale. Quindi, perchè non farlo? In
fin dei conti, a me, cliente, converrebbe. Già, ma un giorno – la vita è davvero bizzarra – potrei trovare lavoro proprio in un discount. E quindi, il calcolo della mia convenienza includerebbe adesso anche questa possibilità.
L’argomento, astratto, dimostra come al solito che non sempre fare l’interesse diretto della maggioranza porti a vantaggi, o meglio, che la maggioranza va calcolata tenendo conto di tutto il sistema, tutto quanto.
Nel caso delle librerie, che tipo di mercato si vuole? (scelta politica). Se si preferisce un mercato in cui sopravviva la piccola proprietà, la piccola libreria, necessariamente meno efficiente in termi di capacità, allora che si approvi una legge in questo senso. Se invece si preferisce che l’intera catena di distribuzione del libro sia affidata a quattro, cinque giganti, bene, allora via libera alla guerra del libro e dei prezzi. I librai in linea teorica potrebbero lavorare come impiegati presso gli stessi giganti. E’ ovvio però chi abbia interesse per questo tipo di scelte.
D’altronde, che l’efficienza di un sistema qualuque di capacità N sia superiore a quella di N singoli elementi sta scritto nei libri di testo (di teoria delle code, per esempio), ed è il motivo per cui oggi, alle poste, la coda allo sportello è unica. E’ più efficiente, più rapida e favorisce la concentrazione e la specializzazione delle capacità.
In realtà poi, a guardar meglio, i diversi livelli di volumi di vendite segmentano l’offerta, che quindi diventa un universo chiuso per segmenti o “classi” economiche. Ovvero: più efficienza nelle librerie, più sconti, potrebbe significare soltanto poter comprare l’ultimo best-seller con uno sconto del 35% invece che del 25% in meno. Senza nessuna variazione per i libri con volumi piccoli, che forse, addirittura, sparirebbero – il sistema distributivo rimane più efficiente se i piccoli volumi spariscono, no?.
Non so, a me pare che sia mio interesse – da piccolo – disporre di un mercato del libro il più vario possibile, pagando per questo un po’ di inefficienza del sistema di grande distribuzione – meno sconti -, ma che mi garantisca che un giorno, se volessi, potrei trovare un libro raro in qualche libreria o che io stesso – piccolo – potrei fare il libraio da qualche parte e non lavorare come impiegato presso una catena qualunque.
Nel conflitto di interessi, questo è il mio.
[…] de i mulini a vento Fonte Nazione Indiana (link all’articolo) […]