Dentro il lavoro. Alfabeta2 e Senza scrittori a Pistoia promosso dall’associazione Palomar.
Venerdì 17 settembre
Centro Marino Marini,
Palazzo del Tau
Corso Silvano Fedi, Pistoia
Ore 17.30 incontro
LAVORO, CONOSCENZA, DIRITTI
a partire dalla presentazione della rivista alfabeta 2
Ne parlano:
Andrea Cortellessa, redattore della rivista, critico letterario
Eleonora Pinzuti, ricercatrice di Italianistica e Gender Studies
Elizabetta Epifori, direttore del Polo Tecnologico di Navacchio (PI)
Vincenzo Valori, docente di Matematica Università di Firenze, (associazione Palomar)
Ore 21.30 proiezione
SENZA SCRITTORI
documentario sul mondo dell’editoria italiana, di A.Cortellessa, L. Archibugi
Ne parlano:
Andrea Cortellessa, autore del video, critico letterario,
Giacomo Trinci, poeta e traduttore, redattore della rivista Pioggia Obliqua
Francesca Matteoni, poetessa, (associazione Palomar)
Organizzazione a cura dell’associazione Palomar, Via Mazzini 28, Pistoia
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PALOMAR
o del sogno di edificare Lalage
“Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili”
I. Calvino, Le città invisibili, Presentazione“E’ il suo stesso peso che sta schiacciando l’impero, pensa Kublai, e nei suoi sogni ora appaiono città leggere come aquiloni, città traforate come pizzi, città trasparenti come zanzariere, città nervatura di foglia, città linea della mano, città filigrana da vedere attraverso il loro opaco e fittizio spessore.
– Ti racconterò cosa ho sognato stanotte, – dice Marco. – In mezzo a una terra piatta e gialla, cosparsa di meteoriti e massi erratici, vedevo di lontano elevarsi le guglie d’una città dai pinnacoli sottili, fatti in modo che la Luna nel suo viaggio possa posarsi ora sull’uno ora sull’altro, o dondolare appesa ai cavi delle gru.
E Polo: – La città che hai sognato è Lalage. Questi inviti alla sosta nel cielo notturno i suoi abitanti disposero perchè la Luna conceda a ogni cosa nella città di crescere e ricrescere senza fine.
– C’è qualcosa che tu non sai, – aggiunse il Kan. – Riconoscente la Luna ha dato alla città di Lalage un privilegio più raro: crescere in leggerezza.”
I. Calvino, Le città invisibili
Se Lalage è l’obiettivo, Palomar è lo strumento, il punto di vista, la strada che abbiamo deciso di percorrere.
“Il signor Palomar, forse perché porta lo stesso nome di un famoso osservatorio, gode di qualche amicizia tra gli astronomi, e gli viene concesso d’avvicinare il naso all’oculare d’un telescopio da 15 cm., cioè piuttosto piccolo per la ricerca scientifica, ma che, paragonato ai suoi occhiali, fa già una bella differenza.”
GLI STRUMENTI DI CUI DISPONIAMO OGGI NON BASTANO. NE SERVONO DI NUOVI, PIU’ PRECISI E POTENTI. QUELLI POSSIBILI.
“Quando c’è una bella notte stellata, il signor Palomar dice: – Devo andare a guardare le stelle -. Dice proprio : – Devo, – perché odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione.”
PALOMAR APPREZZA SU TUTTO LA SOBRIETÀ ED È PER UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO, UN EQUILIBRATO E RISPETTOSO RAPPORTO TRA GLI ESSERI UMANI, GLI ALTRI ESSERI VIVENTI E LA NATURA. LO SENTE COME UN DOVERE.
“I nomi delle stelle per noi orfani d’ogni mitologia sembrano incongrui e arbitrari; eppure mai potresti considerarli intercambiabili. Quando il nome che il signor Palomar ha trovato è quello giusto, se ne accorge subito, perché esso dà alla stella una necessità e un’evidenza che prima non aveva; se invece è un nome sbagliato, la stella lo perde dopo pochi secondi, come scrollandoselo di dosso, e non si sa più dov’era e chi era.”
LE PAROLE SONO IMPORTANTI. BISOGNA SEMPRE CHIAMARE LE COSE CON IL LORO NOME. SBAGLIARE I NOMI SIGNIFICA SMARRIRSI.
“Così ragionano gli uccelli, o almeno così ragiona, immaginandosi uccello, il signor Palomar. ‘Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose, – conclude, – ci si può spingere a cercare quel che c’è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile’.”
PALOMAR NON AMA L’OSCURITÀ E PENSA CHE MISURARE L’EVIDENZA DELLA REALTÀ PER COM’È, E MISURARCISI, SIA IL SUO PRIMO COMPITO. PALOMAR PENSA CHE DA TROPPO TEMPO, PER LA SINISTRA, “SOTTO IL LAMPIONE NON C’E’ LUCE’.
“Cosa vede? Vede la specie umana nell’era dei grandi numeri che s’estende in una folla livellata ma pur sempre fatta d’individualità distinte come questo mare di granelli di sabbia che sommerge la superficie del mondo … Vede il mondo ciononostante continuare a mostrare i dorsi di macigno della sua natura indifferente al destino dell’umanità, la sua dura sostanza irriducibile all’assimilazione umana.”
PALOMAR SA CHE PER L’ESSENZIALE GLI INDIVIDUI NON SONO OMOLOGABILI E IL MONDO NON È MANIPOLABILE INDEFINITAMENTE DAGLI UMANI.
“Il signor Palomar pensa che ogni traduzione richiede un’altra traduzione e così via. […] Eppure sa che non potrebbe mai soffocare in sé il bisogno di tradurre, di passare da un linguaggio all’altro, da figure concrete a parole astratte, da simboli astratti a esperienze concrete, di tessere e ritessere una rete d’analogie. Non interpretare è impossibile, come è impossibile trattenersi dal pensare.”
INTERPRETARE IL MONDO GLI È INDISPENSABILE, PERCHÉ PENSARE È NECESSARIO.
“In un’epoca e in un paese in cui tutti si fanno in quattro per proclamare opinioni o giudizi, il signor Palomar ha preso l’abitudine di mordersi la lingua tre volte prima di fare qualsiasi affermazione. Se al terzo morso di lingua è ancora convinto della cosa che stava per dire, la dice; se no sta zitto.”
PALOMAR DEPRECA IL VANILOQUIO E LA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO CHE RIDUCE LA REALTÀ A CHIACCHIERICCIO INSIGNIFICANTE.
“In tempi di generale silenzio, il conformarsi al tacere dei più è certo colpevole. In tempi in cui tutti dicono troppo, l’importante non è tanto dire la cosa giusta, che comunque si perderebbe nell’inondazione di parole, quanto il dirla partendo da premesse e implicando conseguenze che diano alla cosa detta il massimo valore.”
PALOMAR AMA LA COERENZA TRA QUELLO CHE SI DICE E QUELLO CHE SI FA E PENSA EVANGELICAMENTE CHE GLI ALBERI SI RICONOSCONO DAI FRUTTI.
“Il signor Palomar si limita a rimuginare tra sé sulle difficoltà di parlare ai giovani. Pensa: ‘La difficoltà viene dal fatto che tra noi e loro c’è un fosso incolmabile. Qualcosa è successo tra la nostra generazione e la loro, una continuità d’esperienze si è spezzata: non abbiamo più punti di riferimento in comune’.”
PALOMAR AVVERTE CHE DOVERE DI OGNI SINCERO DEMOCRATICO È TORNARE A PARLARE UN LINGUAGGIO COMPRENSIBILE DAI PIU’ GIOVANI.
“Ma se per un istante egli smetteva di fissare l’armoniosa figura geometrica disegnata nel cielo dei modelli ideali, gli saltava agli occhi un paesaggio umano in cui le mostruosità e i disastri non erano affatto spariti e le linee del disegno apparivano deformate e contorte.”
PALOMAR PENSA CHE IL CROLLO DELLE IDEOLOGIE NOVECENTESCHE NON HA RESO MIGLIORE IL MONDO.
“Egli si limitava a immaginare un giusto uso di giusti modelli per colmare l’abisso che vedeva spalancarsi sempre di più tra la realtà e i principi. […] Di queste cose s’occupano abitualmente persone molto diverse da lui, che ne giudicano la funzionalità secondo altri criteri: come strumenti di potere, soprattutto, più che secondo i principi o le conseguenze nella vita della gente.”
PALOMAR PENSA CHE IL CROLLO DELLE IDEOLOGIE HA PRODOTTO, TRA GLI EFFETTI COLLATERALI, UN CETO POLITICO DEDITO SOLO ALL’AMMINISTRAZIONE DELL’ESISTENTE, ED ALLA GESTIONE DEL POTERE.
“Palomar che dai poteri e contropoteri si aspetta sempre il peggio, ha finito per convincersi che ciò che conta veramente è ciò che avviene nonostante loro: la forma che la società va prendendo lentamente, silenziosamente, anonimamente, nelle abitudini, nel modo di pensare e di fare, nella scala dei valori. Se le cose stanno così, il modello dei modelli vagheggiato da Palomar dovrà servire a ottenere dei modelli trasparenti, diafani, sottili come ragnatele; magari addirittura a dissolvere i modelli, anzi a dissolversi.”
PALOMAR PENSA CHE IL CROLLO DELLE IDEOLOGIE NON SIGNIFICA LA FINE DELLE IDEE E DEGLI IDEALI. PALOMAR È PER DARE VALORE ALLA VITA DELLE PERSONE SEMPLICI CHE HANNO VALORI. PALOMAR È LAICO E SOSTIENE LA NECESSITÀ DELLA TRASPARENZA.
“E Polo: – L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”