In lungo e al largo

di

Alessandro Zannoni

“Qui il fiume si allarga e si confonde col mare, e forse è già mare senza che io possa saperlo, in effetti come si fa a capire dove finisce uno e dove inizia l’altro, non è che ci sia un confine esatto, non esiste un netto mutamento di colore o densità o che ne so, neppure un cartello che ne proclama la precisa demarcazione, però so che da qui le cose cambiano e c’è una netta trasformazione in corso, non la vedo ma esiste e la accetto, e penso a questa cosa liquida in modo diverso, e la chiamo in un altro modo, pure; non più acque limpide, forti correnti, rapide tumultuose, argini selvatici, stagioni di secca o stagioni di piena, ora e per sempre un’unica infinita massa d’acqua.


Anche il sole non fa distinzioni, di questo sono certo, e sfolgora identico sulle increspature mosse dal vento e mi acceca per piccoli istanti nonostante gli occhiali scuri; stringo gli occhi e inspiro a fondo col naso, magari proprio il salmastro e lo iodio e la nafta delle barche e la puzza della fogna che scarica qui vicino, e mi metto a pensare che ‘sto fatto del fiume e del mare è una cosa curiosa, perché mentre mi veniva in mente e ci ragionavo, in automatico una parte della mia testa metteva in relazione la cosa con la vecchiaia e la giovinezza, e quello che pensavo e tutte le argomentazioni non erano più sul fiume e sul mare, ma su me stesso e la mia trasformazione, io che sono fiume e mare, io giovane e io vecchio, e mi cade addosso una tristezza indicibile e faccio sì con la testa senza volerlo, faccio sì con la testa senza averne voglia ma lo faccio, perché so che è così, c’è poco da fare, sto inesorabilmente scendendo verso la foce e forse dovrei aver perso da tempo i miei argini selvatici e le rapide tumultuose – avrei dovuto accorgermene, perlomeno – e magari sto solo facendo finta di non essermene accorto perché in realtà so tutto e la cosa mi spaventa.
Sì, credo di sapere le cose come stanno.
Tutto puzza di vecchiaia.
Mi è cambiato il fisico e la resistenza alla fatica e al sonno, comincio ad ingrigire nella barba e nei capelli, e sono perfino cambiati i desideri, quelli che ho adesso sono desideri piccoli, comuni, minimi, anche non troppo difficili da raggiungere e abbastanza facili da mantenere; e sono arrivato al punto di saper apprezzare le piccole cose. È una grande conquista, questo è certo, un punto d’arrivo importante, è lo spartiacque che manca tra fiume e mare, il confine concreto che non c’è qui, davanti ai miei occhi, in queste acque docili che lambiscono la mia terra costellata da posti barca e ville con attracco privato…”

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5 Commenti

  1. furlen, ma lo sai che avessi dovuto postare due canzoni balneari avrei postate esattamente questa e ‘un’estate la mare’!!

    Tuttavia, nella piovosa londra dove mi trovo a lavorare sono una vera e propria pugnalata nel culo.

  2. decisamente OT questo scambio (e intanto ringrazio Alessandro di aver accettato la sfida) effeffe

  3. Alessandro Zannoni è di fiume e di mare, cosa rara- si sente o di fiume o di mare- ma nella scrittura di lungo compagnia all’acqua, il poeta canta l’inestricabile frontiera tra fiume e il mare. E’ molto bello di vedere/leggerequeste nozze,
    quando il mare penetra il fiume.

    Poetica questa scrittura al punto dell’avventura per chi ha una passione :acqua modellata alla melanconia. Ho sempre ritenuto il fiume mai affrancato dal paesaggio dove è nato- il mare a parte- sempre in partenza-
    Il fiume non si bagna più per l’inquinamento- e questa vecchiaia del narratore è il viaggio del fiume, in una frontiera dove qualcosa sta cambiado, sta colorando. Una traccia è venuta da mancare.

    Quando torno nel sud, nel paesaggio materno, valico la frontiera del fiume a Bordeaux, che non è un porto- nell’acqua gialla e sabbia, vedo
    il lutto tra l’oceano e la terra di sabbia che viene all’incontro, una terra
    che resista al mare con il pino o la vite, e nello stesso tempo rapisce il mare. Credo farlo, perché questo fiume è lo più triste che conosco con il suo colore ammalato.

    Di affinità acquatica,

    véronique

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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