Enrico Achilli: operaio
di Rinaldo Censi
Enrico Achilli è morto qualche giorno fa. Di un male incurabile. Avrebbe tra poco compiuto 65 anni. È possibile che questo nome a molti lettori non dica nulla. «L’Achilli» come lo chiamavano Danièle Huillet e Jean-Marie Straub era un operaio. Aggiustava macchinari per le officine. E c’era da sospettarlo, vedendo le sue mani gigantesche. Il lavoro di certe persone lo intuisci dalle mani.Maurizio Buquicchio mi ricorda che è così che si era spuntato il suo grande indice. E come operaio appare appunto in un film di Huillet-Straub, Operai, contadini, tratto da “Le donne di Messina” di Elio Vittorini. Credo sia stato quello il primo film a cui «L’’Achilli» abbia lavorato. Ne sono seguiti altri, sempre di Danièle Huillet e Jean-Marie Straub: Il ritorno del figlio prodigo/Umiliati (2003) ancora tratto da “Le donne di Messina”, e poi Quei loro incontri (2006) presentato in concorso al Festival di Venezia, dal Pavese dei “Dialoghi con Leucò”. «L’achilli» era il protagonista del terzo dialogo intitolato Il diluvio, quello tra un satiro e un’amadriade (una ninfa degli alberi). Lui è l’uomo coi baffi, incollato alla parete verde di foglie che, a seconda degli sbalzi della luce, cambia tonalità.
Quei loro incontri, come gli altri film, sono stati girati a Buti, in Toscana. Prima le prove presso il teatro Francesco di Bartolo, poi la prima teatrale per tutto il paese, di solito verso la fine di maggio. Poi le riprese del film, a giugno. Lui è il gigante coi baffi. Ma non ho mai incontrato una persona più mite e gentile.
In Operai, contadini e Quei loro incontri resta immobile, solo qualche movimento del braccio, o della testa, qualche spostamento dello sguardo. In Il ritorno del figlio prodigo/Umiliati invece «L’achilli» cammina, passeggia in un sentiero boschivo e re-cita il suo testo. Corpi gloriosi? Statue di carne? Ciò che importa è l’oralità, la trasmissione del testo. Un testo che passa attraverso la carne di questi corpi, attraverso la loro voce. E la tensione che questo comporta. Sono corpi pronti a fare il balzo della tigre.
Se non ve lo ricordate non fa nulla. «L’Achilli» non faceva parte di quella casta che Jean-Luc Godard ha lapidariamente chiamato: “professionisti della professione”. Era un operaio. Come gli altri amici di Buti arrivava alle prove alle sei di sera, dopo aver lavorato. Lo ricordava anche Danièle Huillet in un’intervista di François Albera, ricordando il rifiuto della commissione selezionatrice di inserire Operai, contadini in concorso a Cannes: «Il rifiuto di Cannes, non dipende solo dal fatto che nel film non c’è Depardieu o l’ultima piccola star alla moda, dipende dal fatto che questi capiscono immediatamente – hanno un fiuto infallibile -, che qui non c’è gente del “bel mondo”, questa non è gente del loro mondo». Ed è con queste persone che Danièle e Jean-Marie hanno invece scelto di lavorare. Enrico Achilli era una di queste.
Lo ricordo a Torino, invitato da Roberto Turigliatto e Giulia D’Agnolo Vallan, per commemorare la scomparsa di Danièle Huillet. Ricordo la sua giovialità la sua gentilezza e non posso dimenticare la sua stretta di mano.
Enrico Achilli era un operaio. Il cinema è passato nella sua vita. Ma era un operaio, e ci teneva che lo si sapesse. Era una persona per bene. Siamo vicini ai suoi famigliari e agli amici di Buti.
Nota: Questo testo è apparso martedì 29 giugno sulle pagine de Il manifesto. Per mia disattenzione è saltato un ‘si’ nel passaggio “così era spuntato il suo grande indice”. Qui ristabilito. Per motivi che ignoro, il pezzo è stato accompagnato dalla foto di Danièle Huillet (che non avrebbe gradito…). Il film in testa all’articolo è Quei loro incontri (2006), Enrico compare nel terzo dialogo, intitolato Il diluvio, insieme a Angela Durantini.
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grazie domenico, era qualche giorno che non passavo e dopo aver dato un’occhiata qua e là mi girava un po’ la testa.
quoto alcor.
decisamente sì
oh i non ““professionisti della professione”
che lieta legione!
[ grazie ]
,\\’