carta st[r]ampa[la]ta n.17

di Fabrizio Tonello

Chissà se Diamante D’Alessio, la giovane e ambiziosa direttrice di Io Donna, supplemento del sabato del Corriere, gli articoli del suo magazine li legge o invece guarda solo le figure. L’ipotesi circolava già sabato nei corridoi di Via Solferino dopo che gli esterrefatti giornalisti della redazione esteri avevano visto le prime copie del numero di Io Donna, dove Elvira Serra aveva tracciato un profilo di Gulnara Karimova, la figlia del presidente-padrone dell’Uzbekistan, descritta così: “Mamma, cantante pop, poetessa, stilista, e amica delle grandi firme”. L’intervista non era precisamente nella tradizione dell’aggressiva Oriana Fallaci, come si capisce da questo brano: “In Italia ha molti amici.«Uno dei momenti più belli della mia vita l’ho trascorso un anno fa in Sardegna, a bordo della barca di Roberto Cavalli, al tramonto, con Andrea Bocelli che cantava»”. Illuminante. Da premio Pulitzer.

Certo, i tramonti del 2009 saranno stati meglio dei tramonti del maggio 2005 quando papà Karimov, di cui Gulnara è considerata l’erede politico, era così descritto sul Corriere della sera: “Non è mai stato morbido con gli estremisti islamici. « A questa gente bisogna sparare in fronte. Se necessario, premerò il grilletto personalmente » disse nel 1998”. E ancora: “Adesso che i suoi soldati avrebbero fatto centinaia di vittime sparando tra la folla, Islam Karimov nega di aver dato l’ ordine. Il presidente padrone della piccola repubblica dell’ Asia Centrale assicura di non aver voluto il bagno di sangue.” (Fabrizio Dragosei, 15 maggio 2005, p. 11).

A scanso di equivoci, sarà bene precisare che Madame Karimova, che vive a Ginevra, non è solo una brava mamma tutta dedita alle passeggiate domenicali sul lago con i due figli: da quando il padre è presidente, cioè dal 1991, ha sempre avuto un ruolo politico (“viceministro degli esteri, ambasciatrice uzbeka in Spagna e presso le Nazioni Unite a Ginevra” spiega Io Donna). Magari l’articolo sarebbe stato più completo se avesse anche spiegato che fu Gulnara a negoziare l’accordo tra il suo governo e il colosso russo Gazprom per lo sfruttamento del petrolio e del gas naturale in Uzbekistan, nel novembre 2004. Un accordo di tale portata da far piovere nelle tasche dell’elegante trentasettenne qualcosa come 88 milioni di dollari, secondo l’ex ambasciatore inglese a Tashkent Craig Murray, che lo ha rivelato nel suo libro Dirty Diplomacy (p. 333).

Innocente di ogni consultazione dell’archivio del suo giornale, Elvira Serra scrive che Gulnara “a Io Donna si presenta così: «Vesto in jeans e ballerine, vado in bici con i miei figli»”. Con 88 milioni di dollari, se ne comprano parecchi di jeans e ballerine. Nel frattempo, la prima pagina del Corriere del 15 maggio 2005 dev’essere stata mandata al macero: “Non sono poche decine, ma centinaia le vittime delle manifestazioni represse dalle truppe del presidente Islam Karimov. Tra loro, anche donne e bambini, mentre migliaia di profughi cercano di fuggire trovando rifugio nei Paesi confinanti.

Modesta, Gulnara rivela di disegnare gioielli, di aver cantato con Montserrat Caballé (la Serra dimentica di chiedere “Dove, quando?”, forse sarebbe stato poco cortese) di organizzare la settimana dell’arte e della moda e, infine, di scrivere versi che “assomigliano agli haiku giapponesi” (anche qui, la giornalista del Corriere non mostra alcuna curiosità di apprendere il nome dell’editore, o di vedere i preziosi manoscritti). Magari sarebbe stato interessante chiedere se aveva nulla a che fare con le due ditte commerciali che si spartivano l’esportazione di cotone (l’Uzbekistan è il secondo produttore del mondo) e che, secondo Craig Murray, “lasciavano amplissime opportunità di saccheggio, di cui la famiglia Karimov e i suoi seguaci approfittavano in pieno” (p. 37). Forse il fatto che Gulnara sia considerata la decima donna più ricca della Svizzera c’entra per qualcosa.

Anche a supporre che la Serra ignori i libri di Murray (ne esiste anche un altro, significativamente intitolato Murder in Samarkand) una rapida consultazione dell’archivio informatizzato del Corriere le avrebbe permesso di ritrovare questa lettera pubblicata nella rubrica di Sergio Romano il 28 maggio 2005: “Le recenti manifestazioni nella zona di Andijian sono dovute all’esasperazione dei contadini obbligati a produrre cotone o frumento per conto del governo che ne stabilisce il prezzo. I contadini, inoltre, protestano per la mancanza di una riforma agraria e relativa distribuzione della terra che appartiene ai kolkhoz o aziende collettivizzate ( ora si chiamano shirkat). Cotone e frumento non possono essere venduti nei Paesi limitrofi dove i contadini potrebbero spuntare prezzi migliori. Quindi, il fuoco cova sotto le ceneri e prima o poi la popolazione si solleverà, ma per sole ragioni economiche.” Utile, no? E senza neppure fare la fatica di una capatina tra le polverose raccolte rilegate del giornale, conservate in umidi magazzini.

[dopo aver aperto l’articolo con una foto di Monserrat Caballé, ho pensato che fosse meglio riproporre la bella Gulnara. Con 88 milioni di dollari di ballerine, meritava almeno una foto.]

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12 Commenti

  1. Per dire, una volta fui inviato in un posto a fotografare Raul Gardini per il servizio di copertina di una rivista. Il servizio lo descriveva come un grande italiano vincente, un imprenditore moderno, un esempio per il mondo imprenditoriale. Dinamismo, risoluzione dei problemi, trionfo della volontà. E le mie foto erano conseguenti, erano parte del gioco, le immagini di un personaggio autorevole, positivo, realizzato.

    Meno di due mesi dopo esplose lo scandalo e Gardini si sparò.

    Perché ha ragione K, non è giornalismo, non è reportage, ma celebrazione, senza alcun interesse per le cose reali. Immagini da vendere, sogni, favole. Col giornalismo non c’entra nulla.

  2. comunque, ha dimenticato di aggiungere che non sono perle quelle della collana ma bulbi cavati dagli occhi di contadini uzbeki.

  3. Non sai quanto sia crudele verso i lettori un po’ prosopoagnosici sostituire la foto di una donna, anche famosa, con la foto di un’altra completamente diversa. Stavo per prendere appuntamento dal neurologo.

  4. Sia ieri che domenica c’erano delle grandi pagine di pubblicità dello stilista Roberto Cavalli sul “Corriere”: forse la mafia degli stilisti ha qualcosa a che fare con le marchette uzbeke. Propongo di scrivere al direttore del Corriere questo semplice messaggio: “Caro de Bortoli, Lei pensa che il magazine IO DONNA debba fare l’apologia della figlia di un dittatore solo perché abita a Ginevra e viene bene in fotografia? Se fosse stata la figlia di Kim Il Sung o di Bokassa, lo avreste fatto?” La mail di de Bortoli dovrebbe essere fdbortoli@corriere.it o fdbortoli@rcs.it

  5. Porto il mio modesto contributo facendovi sapere che questa faccenda è diventata un caso inside Corriere, come scriveva ieri Dagospia http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/articolo-16077.htm

    Ma quello che mi interessava dire non è questo. Mi interessava riflettere sul fatto che il giornalismo, almeno italiano, non è da mettere in croce per quello che scrive, ma per quello che non scrive. L’ultimo caso di nasconditura, relativo a esplosive quanto tardive dichiarazioni di Ciampi – l’ ex presidente della Repubblica non un coglione qualunque come me – è clamoroso. E quanto non si scrive circa interessi diretti di editori e componenti board editoriali? Una quasi ultima domanda, mi faccio: non è che con un sistema di dossier incrociati, ben conservati nelle casseforti dei direttori, in Italia sui giornali non si scrive praticamente nulla di dannoso per il potere? Ultima: se è così, come credo, il direttore di giornale in Italia che mestiere è?

  6. Oggi una “signora” (così m’ha riferito la portinaia) ha portato una busta a me indirizzata, con dentro la fotocopia di un articolo di Barbacetto sull’argomento e, sopratutto, un lungo pezzo ANONIMO sui retroscena della Diamantova. Ora: l’avrei pure pubblicato se avessi avuto un nome e un cognome. Così com’è non si capisce chi si deve difendere, e da cosa. (era dentro una busta della RCS, la cosa insospettisce un po’, no?)

  7. Grande!
    e’ veramente ora che si dicano le cose come stanno.
    Di assassini glamour e loro parenti questo mondo e’ sempre piu’ pieno, giusto dunque dire la verita’.Complimenti all’autore, e’ anche grazie a pezzi come questo che ci si sente meglio nel leggere Nazioneindiana

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