Wan Yanhai lascia la Cina: duro colpo per la lotta all’AIDS


di Ivan Franceschini – articolo originale su Cineresie.info – foto di Tommaso Bonaventura

Un nuovo drammatico episodio segna i rapporti tra Stato e società civile in Cina. Wan Yanhai, il fondatore di Aizhixing, la nota organizzazione non governativa che si occupa dei problemi dell’HIV, la scorsa settimana ha abbandonato la Cina per rifugiarsi negli Stati Uniti con la famiglia. Parlando con una giornalista del South China Morning Post ha dichiarato: “Prima che lasciassimo la Cina, ero sottoposto ad una grande pressione ed ero minacciato da diversi dipartimenti governativi. Sentivo che la mia sicurezza personale era a rischio e la pressione psicologica era troppo grande, così me ne sono andato per trovare un attimo di respiro”. Un ruolo importante in questa decisione sembra essere stato giocato dalla preoccupazione per la sicurezza della sua famiglia, in particolare per la figlia di quattro anni. Sembra infatti che la polizia più di una volta abbia fatto visita alla sua abitazione privata mentre lui era fuori città.

Wan Yanhai è uno dei personaggi chiave della nuova società civile cinese, uno dei critici più attivi e severi delle politiche del governo cinese, soprattutto nel campo sanitario. Già funzionario del Ministero della Sanità, nel 1994 fu costretto a dimettersi per aver aperto la prima hot-line cinese destinata ai portatori del virus HIV. Si trattava di una scelta in anticipo sui tempi, visto che allora le autorità erano impegnate a promuovere l’idea dell’AIDS come una malattia di origine straniera, trasmessa solamente per via di rapporti sessuali non convenzionali e con un’incidenza assolutamente insignificante in Cina. Poco dopo aver lasciato la sua posizione, Wan Yanhai fondò Aizhixing, un’organizzazione che con le sue campagne avrebbe giocato un ruolo fondamentale nella lotta all’AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili in Cina.

Negli anni Novanta Wan Yanhai è stato un attore di primo piano nel portare alla luce il rapporto tra le trasfusioni di sangue infetto e lo scoppio dell’epidemia di AIDS in alcune zone dello Henan, ma con le sue denunce si è guadagnato l’eterna inimicizia delle autorità.  Il South China Morning Post in un paio di articoli usciti oggi ripercorre alcuni dei momenti più drammatici che hanno contraddistinto la sua attività negli ultimi anni, in particolare le tre volte in cui è stato detenuto e gli innumerevoli interrogatori.

Nel 2002 Wan Yanhai è stato detenuto per quasi un mese con l’accusa di “aver rivelato segreti di Stato”, il tutto per aver diffuso su internet un rapporto governativo che dimostrava come i funzionari locali dello Henan avessero ignorato e coperto lo scandalo del sangue infetto.

Alla fine del 2006 è stato detenuto per tre giorni dopo che la polizia aveva cancellato un workshop destinato ad avvocati, ong e malati di HIV in cui si sarebbe dovuto discutere della diffusione dell’AIDS attraverso le trasfusioni di sangue. Infine è stato detenuto per una notte alla fine del 2008, poco dopo l’arresto di Hu Jia, l’attivista poi condannato a tre anni e mezzo di carcere.

Che Aizhixing fosse in difficoltà, era già noto nell’ambiente dei media e delle ong cinesi. Negli ultimi mesi l’organizzazione è stata sottoposta ad una lunga ed estenuante serie di controlli fiscali, l’ultimo dei quali ha avuto luogo il 25 marzo di quest’anno. Alla giornalista del South China Morning Post, Wan Yanhai ha dichiarato che Aizhixing nell’ultimo periodo non solo era finita sotto indagine da parte dei dipartimenti tributari, dell’industria e del commercio, ma anche da parte dei vigili del fuoco, i quali avrebbero ispezionato più volte i locali dell’organizzazione alla ricerca di una qualsiasi violazione delle norme di sicurezza. La polizia di Pechino lo avrebbe chiamato dozzine di volte e, come detto, sarebbe arrivata addirittura al punto di visitare la sua famiglia mentre lui era in viaggio. “Anche se fossi rimasto non avrei potuto lavorare normalmente. Continuavo a ricevere telefonate dalla polizia e avevo cinque o sei dipartimenti governativi alle calcagna: non ce la facevo proprio a concentrarmi sul mio lavoro”, ha dichiarato Wan Yanhai al SCMP.

Anche se Wan Yanhai ha sempre negato che ci fossero problemi seri, le voci giravano incontrollate. Alla fine di novembre dello scorso anno, alla vigilia della giornata mondiale dell’AIDS, in ambienti diplomatici è girata una mail in cui un funzionario di un’ambasciata europea affermava che Aizhixing aveva un deficit di bilancio di 2,3 milioni di yuan e lanciava un appello a chiunque fosse stato disposto ad aiutare. La situazione finanziaria diAizhixing ha poi subito un ulteriore colpo ai primi di marzo di quest’anno, in seguito all’implementazione di un regolamento che inserisce una serie di complicati controlli per i trasferimenti bancari dall’estero per le organizzazioni non governative registrate come aziende. Questo ha spinto Wan ad esporsi ancora una volta in prima persona: egli infatti non solo ha firmato una lettera aperta destinata ai dipartimenti competenti, ma si è anche appellato per vie legali alla normativa sulla trasparenza delle informazioni governative per richiedere delle spiegazioni alle autorità sulle ragioni che hanno portato all’adozione di questo nuovo regolamento.

Dopo quasi vent’anni di faticoso lavoro in prima linea, Wan Yanhai ha deciso di lasciare. È stata una decisione inaspettata che si abbatterà come un uragano sul panorama di una già provata società civile cinese. Con ogni probabilità, l’impatto di questa fuga non sarà poi così differente da quello del “caso Gongmeng” dell’estate scorsa. Anche se sul web cinese si moltiplicano gli attestati di solidarietà verso Wan Yanhai – che per conto suo su Twitter risponde di non preoccuparsi – sono molti quelli che a voce affermano che il suo sia stato solamente un colpo di testa, se non addirittura una scelta sbagliata. Che si sia trattato di una decisione improvvisa sembra essere smentito dallo stesso interessato, che ad un amico ha scritto come già alla fine di aprile aveva deciso di lasciare il paese, anche se non aveva ancora le idee chiare su quale sarebbe stato il passo successivo. Persone a lui vicine però affermano di non aver avuto il minimo sospetto di quanto stava per accadere e di aver saputo della cosa solamente dai giornali.

L’interrogativo centrale in questo momento è: che ne sarà di Aizhixing, ora che il suo leader carismatico se n’è andato? Anche se Wan dal suo esilio auto-imposto si dice fiducioso che lo staff dell’organizzazione sarà in grado di proseguire le attività anche senza di lui, è difficile prevedere cosa succederà nei prossimi mesi. Nella più ottimista delle ipotesi l’organizzazione subirà un drastico ridimensionamento e continuerà la proprie attività sottotono, come ha fatto la Gongmeng; nella più pessimista invece verrà chiusa, travolta dai controlli e dai debiti, lasciando un vuoto che molti anni non saranno sufficienti a colmare. In entrambi i casi, si tratterà di un altro duro colpo per la società civile cinese, tanto più che intorno ad essa ruotano alcuni tra i più importanti gruppi non governativi attivi nel campo della diversità sessuale, della discriminazione e della salute. Ora c’è solo da chiedersi chi sarà il prossimo.

Ho avuto occasione di conoscere Wan Yanhai lo scorso ottobre, quando stavo lavorando ad un servizio giornalistico sulla società civile cinese. Con un fotografo, avevo deciso di andare a ritrarre coloro che definisco i “non dissidenti”, quegli attivisti che, pur essendo estremamente critici nei confronti delle autorità, continuano a lottare all’interno dei limiti della legalità per tutelare i diritti degli emarginati e per ampliare lo spettro delle libertà personali – una schiera da cui Wan Yanhai è consapevolmente uscito nel momento in cui ha deciso di rimanere negli Stati Uniti. Lo avevo poi risentito in qualche altra occasione, quando mi aveva contattato per segnalarmi in tempo reale avvenimenti che avrebbero potuto interessarmi, tra cui ricordo una marcia di protesta di malati d’AIDS fuori dal Ministero della sanità. Anche se ha deciso di andarsene, Wan Yanhai rimane una presenza fondamentale all’interno della nuova società civile cinese, un precursore, un leader, il portavoce di istanze che spesso per paura vengono sottaciute. Anche da lontano la sua voce risuonerà forte e chiara.

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2 Commenti

  1. sono sempre triste per il fatto che il partito di governo nella Repubblica Popolare Cinese si chiami partito comunista, quando mi pare abbia ben poco dell’idea comunista, come ben poco di quest’idea aveva il partito sovietico modellato da Stalin.
    La vastità del Paese di Mezzo, poi, non contribuisce certo a favorire un processo di allentamento del controllo. Il regime è ossessionato dalla necessità di controllare un così grande numero di persone. Il link al Gongmeng è molto interessante e entra ancora un po’ di più nel merito dei conflitti sempre in atto tra società civile e governo. Grazie Jan.

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