Diritto allo studio e libertà accademica in Palestina
Lettera aperta ai docenti universitari italiani sulla discriminazione universitaria e culturale del popolo palestinese
Pisa, 5 marzo 2010 (link)
Cari colleghi,
siamo un gruppo di docenti universitari italiani particolarmente sensibili alla situazione universitaria e scolastica del popolo palestinese, sia nei territori occupati (Gaza e Cisgiordania), sia all’interno dello Stato israeliano, in particolare in Galilea, dove vivono oltre un milione di “arabi-israeliani”. Per esperienza diretta e sulla base di ricerche effettuate da centri studi palestinesi e israeliani possiamo denunciare gravi violazioni del diritto all’istruzione, della libertà di insegnamento e della libertà di pensiero del popolo palestinese. Poiché l’Italia nel 2009 è diventata primo partner europeo nella ricerca scientifica e tecnologica dello Stato di Israele, responsabile delle violazioni di cui sopra, riteniamo necessario che la comunità accademica italiana prenda coscienza delle discriminazioni in atto.
Il livello culturale e scientifico nelle 11 università palestinesi è stato fortemente condizionato dall’occupazione e dalle restrizioni alla mobilità di docenti e studenti, in violazione della IV Convenzione di Ginevra. Dopo la chiusura di scuole e università palestinesi da parte del governo israeliano durante la Prima Intifada (1987-93), gli accordi di Oslo hanno consentito la creazione di un Ministero dell’Istruzione dell’Autorità Nazionale Palestinese, ma le violazioni da parte dell’esercito israeliano sono continuate. In termini di perdita di vite umane, dall’ottobre 2000 al giugno 2008, 658 studenti sono stati uccisi, 4852 feriti (di cui 3607 minorenni) e 738 imprigionati. Tra i docenti, 37 sono stati uccisi, 55 feriti e 190 detenuti. Nello stesso periodo il danno totale alle università (edifici, attrezzature ecc.) a causa delle invasioni israeliane ammonta a 7.888.133 USD, mentre per le scuole il danno è di 2.298.389 USD. Tutto questo comporta una bassa percentuale di studenti iscritti e una scarsa presenza di docenti. A Gaza, in particolare, la situazione è drammatica: il 50% degli studenti è assente e lo è anche il 40% dei docenti. Qui durante l’operazione militare Piombo Fuso (dicembre 2008 – gennaio 2009) l’aviazione israeliana ha bombardato, distruggendo o danneggiando gravemente, 280 scuole/asili e 16 edifici universitari. In pochi giorni sono stati uccisi 164 studenti e 12 docenti.
La privazione della libertà di movimento di studenti e docenti palestinesi è inoltre una violazione del diritto allo studio e all’attività accademica. I check-point militari che costellano la Cisgiordania rendono difficile raggiungere scuole e università, e nei periodi in cui si svolgono esami scolastici e universitari i controlli si fanno particolarmente severi. A Gaza invece è l’assedio a impedire l’entrata e l’uscita dalla striscia di docenti palestinesi che volessero svolgere attività di ricerca presso università estere, di docenti stranieri che volessero visitare le università di Gaza, e degli oltre 1000 studenti che ogni anno fanno domanda per studiare all’estero. E non dovrebbero essere dimenticati i casi di discriminazione degli studenti arabi da parte di università israeliane, ampiamente denunciati da rappresentanze studentesche e sindacati di docenti palestinesi ma anche da organizzazioni israeliane per i diritti umani. Più generalmente, le principali istituzioni accademiche israeliane non hanno assunto una posizione neutrale e apolitica nel conflitto e rivendicano il sostegno della ricerca scientifica alle istituzioni governative e militari israeliane, giungendo persino a tollerare il riconoscimento dello status di “centro universitario” al College di Ariel, situato in un insediamento illegale nei territori occupati. Consigliamo la lettura del dossier curato da Uri Y. Keller, Academic boycott of Israel and the complicity of Israeli academic institutions in the occupation of Palestinian territories.
La prospettiva che si fa sempre più probabile è un vero e proprio etnocidio del popolo palestinese ed arabo-israeliano: le nuove generazioni sono esposte ad una radicale perdita della conoscenza della propria storia e della propria identità culturale e linguistica.
Che cosa intendiamo fare e vi stiamo proponendo? Vorremmo anzitutto chiedervi di rispondere positivamente a questa nostra “Lettera aperta” e di aderire al nostro progetto di intervento a favore delle università palestinesi. Una volta ottenuto un numero sufficiente di adesioni al nostro documento vorremmo organizzare dei seminari in sedi universitarie italiane con la presenza di docenti universitari italiani, palestinesi e israeliani. L’obiettivo sarebbe l’individuazione e l’impostazione degli strumenti di intervento concreto a favore delle università e delle nuove generazioni di studenti e studiosi palestinesi e arabo-israeliani. Molto utile potrebbe essere la firma di convenzioni di cooperazione culturale, scientifica e didattica fra atenei italiani e atenei palestinesi. Un ulteriore passo avanti potrebbe essere l’organizzazione di un primo convegno nazionale su questi temi, con la collaborazione di istituzioni nazionali e internazionali, non solo accademiche, disposte a sostenere il nostro progetto: aiutare le nuove generazioni palestinesi a raggiungere in assoluta autonomia un buon livello di scolarizzazione e acculturazione universitaria nonostante l’occupazione, l’assedio e la repressione in corso.
Firme dei proponenti:
Danilo Zolo (Filosofo del diritto, Università di Firenze)
Angelo Baracca (Fisico nucleare, Università di Firenze)
Giorgio Gallo (Informatico, Università di Pisa)
Giorgio Forti (Biologo, Università di Milano)
Martina Pignatti Morano (Scienza per la pace, Università di Pisa)
Cinzia Nachira (Storica, Università del Salento)
…
e altri 220 – leggi tutte le firme dei proponenti.
Per adesioni all’iniziativa scrivere a: diritto.studio.palestina@gmail.com
Grazie a NI per aver inserito qua questo appello e contribuire così alla sua diffusione.
grazie jan
Grazie, firmo e diffondo.
grazie, Jan, firmato.