Ora pro Anobii- varie ed eventuali
Ora pro Anobii
di
effeffe
Un libro come un’ urna per le ceneri elette
L’originale di Laura
Di Vladimir Nabokov, Anna Raffetto (Traduttore), Dmitri Nabokov (Curatore)
Dalle prefazione del figlio Dimitri, il racconto dell’atelier del padre, delle cadute pericolose, si aprono misteriose pagine di una Letteratura assoluta, un romanzo incompiuto- ma quale romanzo non lo è?- che è una partita a scacchi con la morte, e dove la follia di una mossa, indovinata o meno, permetterà di avere la meglio sul temibile avversario. Litte- rature, lettera della cancellazione, del levare, in cui ogni segno – le pagine riprodotte dei taccuini ti scorticano le dita e fatichi a dirle, le parole- traccia una linea, un destino, una voce, quella di Nabokov che ripete, con una certa ossessione sul finale: estirpare, espungere, cancellare, sopprimere, strofinare via…
Un libro che è un dono
Imperdonabili
Di Philippe Djian, D. Petruccioli (Curatore)
“Pour pardonner, il faut d’une part s’entendre, des deux côtés, sur la nature de la faute, savoir qui est coupable de quel mal envers qui ». scrive Derrida a proposito del perdono. Ecco perché nessuno dei protagonisti di un romanzo che si vuole crudele, poetico ma spietato, riesce a dare un seguito alla propria richiesta o azione di perdono. Nessuna riconciliazione è possibile perché in fondo nessuno di loro, sia che si tratti del romanziere Francis, voce narrante, di sua figlia Alice, della seconda moglie, Judith o del giovane Jérémie, riesce a stabilire una forma chiara e netta di colpevolezza . Il perdono è vissuto allora nella sua purezza, non cede alla tentazione della riconciliazione, ma assume una per una tutte le condizioni esecrabili dell’esistenza, la morte, il lutto, la follia. Imperdonabili, allora, perché ancora umani.
Un libro che è una lettera d’amore (non al lettore)
Il peso della farfalla
Di Erri De Luca
Ci sono dei libri che sai – lo immagini- dalle prime frasi non appartenerti. Sono libri che appartengono innanzitutto a un luogo, poi, ma non per successione casuale o sintomatica di un falso, a una persona. Non c’è nulla che possa trattenerti in quei luoghi, a prescindere dal libro che stai leggendo, ora una storia di marinai, e di oceani, una di magnifiche macchine volanti e di aria, perché non sai distinguere i venti o la direzione delle correnti. E sai anche che la donna – l’uomo- a cui quelle parole sono indirizzate, frasi rivolte e spezzate, non sei tu. Nella buca delle lettere che quella sì ti appartiene, ti è noto il mittente ma c’è un errore ne destinatario. Quella lettera te la giri tra le mani, come quando sfogli un libro che ti è estraneo, e la tentazione di aprirla affida il suo alibi all’errore dell’ attribuzione, al fatto che sia capitata a te.
Allora leggi ogni frase con distacco che perfino ti commuove la frase a te non indirizzata, l’impressione del viaggio che non farai mai, il peso di una farfalla, o di una visione che non ti farà cadere. Almeno così, ti pare.
Un libro che è un atto di fedeltà all’uomo (e alla donna)
Quel fantastico giovedì
Di John Steinbeck
In francese, il titolo recita tendre (tenero) e in inglese, ovvero nella sua versione originale, sweet, dolce. Si sa che noi italiani siamo gente da superlativi, issimi in ogni nostra esternazione sull’esistere. Intanto Steinbeck la cui poetica è tutto tranne che tenera, o dolce, affida ai suoi personaggi, innanzitutto Doc, biologo reduce della seconda guerra mondiale e poi Suzy, una prostituta nella piccola cittadini di cui Doc è originario un messaggio semplice. Grazie alla comunità degli amici in cui la storia si svolge, i due si incamminano nella realizzazione delle più segrete ambizioni, “l’ amore ” su tutte, e che pur perdendone a tratti la speranza riescono a realizzare. Come spesso accade nella vita di ognuno – qui è il lettore che parla- quando i fatti della vita, della comunità a cui si appartiene e soprattutto la storia, la Storia in cui si è, sembra suggerire che “nulla sarà come prima” ci si scopre d’un tratto ancora una volta capaci di fare di quel mutamento una ragione in più di vitalità, una forte, seppure disperata vitalità.
Sulla magnifica resa degli scrittori
Bartleby e compagnia
Di Enrique Vila-Matas, D. Manera (Traduttore)
Non amo particolarmente la parola scrittore. Preferisco che si parli delle opere scritte proprio in un tempo in cui lo scrittore senza opera sarebbe la più grande ambizione di ogni critico o casa editrice. Leggere e pubblicare libri non scritti, che si leggono assai facilmente, senza consumare carta, distruggere alberi, pensateci solo per un attimo! Eppure, molti sanno che ad ogni libro si accompagna un altro, silenzioso, alter ego mai nato, e solo accorti lettori riescono dalla voce del solo sopravvissuto a indovinarne il respiro. Vila-Matas ricostruisce passo dopo passo la cartografia dei libri mai esistiti, di quelli che attraverso la rivolta dei personaggi, degli “scrittori”, Bartleby, Lord Chandos, Kafka, Benjamin, affidano alla negazione di sé la più autentica testimonianza di essere, nonostante tutto, vivi.
Un libro come quello degli ospiti
Atti relativi alla morte di Raymond Roussel
Di Leonardo Sciascia
Per la prima volta senti la distanza del come se. Si ha come la sensazione di un ribaltamento delle vite. Raymond Roussel abita la città di Sciascia, la sua civiltà composta e ricomposta nelle stanze di un grande albergo, così come lui avrebbe potuto percorrere i corridoi del suo equivalente a Parigi. Del resto gli arrondissement citati, per dovere di cronaca, sia ben chiaro, sono più o meno gli stessi in cui lo scrittore siciliano risiedeva in ognuno dei lunghi soggiorni nella capitale. E così sembra riecheggiare tra le pagine del celebre dandy, la stessa dimensione libertina cui tutta l’opera di Sciascia aveva guardato, lo stesso fascino suggerito dalla grazia di una donna mai descritta e il cui nome diventa negli atti stilati dai burocrati, ogni volta diverso. Qui la signora Fredez diventa Dufrène poi Freder e infine nuovamente Fredez, mentre nelle pagine di Sciascia avevamo appena sfiorato la vedova Roscio, intravisto la Nicolosi…
Un libro dell’interno ritorno
Il tempo invecchia in fretta
Nove storie
Di Antonio Tabucchi
Di uno scrittore si possono amare soltanto i libri. Ogni libro è una storia d’amore a sé che non vi dice nulla degli amori a venire, o di quelli passati. per quanto un profumo, una voce sembrino attraversarli tutti. Lo stile di Tabucchi è nella frase. Nella composizione delle voci che i suoi personaggi, assai discreti sussurrano, vincendo ogni rumore di fondo.
In quasi tutte le storie – storie ancor più che racconti- una canzone, talvolta fischiettata, altre immaginata accompagna i personaggi. Due filosofi francesi, Deleuze e Guattari avevano scritto che nel refrain, nel ritornello, avveniva, per i bambini, un complesso processo di appropriazione dello spazio – eppure la musica è innanzitutto una questione di “Tempo”. Il bambino che ha paura si ripete il la la la, di una frase dimenticata, un verso, una parola che sembrava davvero importante. Lèo Ferrè cantava Avec le temps… Avec le temps, va, tout s’en va
Tabucchi invece ci dimostra attraverso le sue storie che non è affatto vero che il tempo se ne vada, e di come ogni sua briciola, istante, corso, a patto che sia condiviso, ritorni, insperato, ogni volta. La storia che a mio parere racconta meglio come sia possibile adescare il tempo, si intitola Fra Generali. Si racconta di come due “uomini contro” ai primi colpi di tosse del comunismo, all’epoca dei fatti d’Ungheria, ufficiale contro ufficiale, cedessero ciascuno à son temps, di fronte alla marcia inarrestabile della Storia. E di come a distanza di mezzo secolo l’uno dei due trovasse il coraggio di ritrovare il tempo perduto. Perché non è vero che esiste la felicità, ma solo il tempo dell’essere stati felici. Il tempo che parla le parole delle “pauvres gens”
I commenti a questo post sono chiusi
eh caspita, complimenti a francesco che ha la costanza certosina (che sembra un po’ un nome à la gozzano :-) di produrre queste recensioni e di sfruttare completamente le potenzialità di anobii, sia come traccia delle proprie letture che come quaderno di appunti critici e piattaforma di confronto rapido, modulare ma non per questo nullo, sui testi!
(anobii, per altro, che forse è meno completo di librarything, per dire, ma sicuramente molto più user-friendly e decisamente più ricco in quanto a utenza italiana, con ciò che ne segue in quanto a libri reperibili).
Interessanti queste microrecensioni!
Grandi segnalazioni. Grazie. PVita
Piccoli quadri in partenza di sogno. Microrecensioni-dice Yanez di Gomera-microcosmo del libro, paesaggio, personaggi. Una voce parla al lettore, indica una parte straniera di lui o molto intima.
Complimenti
Tendre Jeudi è un libro che un amico mi ha offerto, quando avevo 16 anni. Mi è rimasto una dolcezza, un desiderio di amare e essere amata. Poi l’ho dimenticato. L’ho riletto due volte. Credo che duerme tra altri libri. Spero che non è scomparso. Mi ha dato la voglia di svegliarlo.
Per Philippe Djian, ho sempre la nostalgia di Betty enon ho mai potuto entrare in un altra storia scritta dall’autore. Non perdono all autore di aver fatto morire Betty.
Erri de Luca Non avevo letto il post. Ieri ho scelto il peso della farfalla alla libreria italiana di Parigi. Non ho ancora letto la prima pagina…
Il titolo, la copertina mi hanno fatto un occhiolino.
Grazie a te dunque effeffe