Il volo del colibrì

di Marino Magliani

Quattro giorni per non morire è un romanzo uscito per Sironi nel 2006. E’ l’unico romanzo di cui posso dire: ecco, ricordo con precisione la genesi. Ero in Liguria, inverno, verso il tramonto, un momento che da quelle parti si usa chiamare verso merenda. Mi trovavo in campagna, alto quasi sullo spartiacque, per uno sterrato che risaliva dal fondovalle a un paese esposto di nome Valloria, esattamente sopra la fascia di terreni ulivati, in un punto di piccole vigne, non ancora abbandonate, ma sulla via buona.

La storia a cui pensavo si svolgeva in quel silenzio. A febbraio passano i migratori, la caccia è chiusa e i tordi zirlano senza spavento, in cielo e nei roveti gelati. Poi tornai in Olanda e scrissi. Avevo anche un paio di titoli. Allora quello che mi piaceva di più era Il volo del Colibrì. Colibrì era il protagonista, ligure, di una vallata del ponente. Da giovane, con un amico erano stati in Perù e in Bolivia alla ricerca di un disegno, e quasi senza accorgersene s’erano trovati in mezzo a profanatori di tombe e inseguiti dall’esercito peruviano.

Nell’estate del 2008, a Diano Marina, nella libreria del mio amico Andrea Costa, seppi che il disegnatore Marco D’Aponte, torinese, stava leggendo i 4 giorni.

La storia a Marco D’Aponte interessò, e decise di realizzarci una graphic novel. La proponemmo a Transeuropa. La sceneggiatura venne affidata allo scrittore Andrea B. Nardi, ma mentre Andrea B. Nardi aveva visitato i posti del Colibrì, Marco D’Aponte, pur conoscendo bene la Liguria, aveva guardato il mondo del Colibrì solo attraverso le pagine del romanzo e in seguito quelle della sceneggiatura. In realtà per il Colibrì non esisteva un vero paesaggio ben definito, una valle facilmente riconoscibile, così come non esisteva un paese, Fontanelle, precisamente identificabile in uno dei 300 paesi di fondovalle tra Porto Maurizio e la frontiera, ma ciò che esisteva era un mosaico di pezzi di valle, una collezione di costoni di vallate e paesi. Un’antologia di immagini.

Il risultato di Marco D’Aponte dunque è doppio: egli ha finito per costruire una mappa, la cartografia di tante cose di cui per lungo tempo avevo visto immagini solamente attraverso il filo spinato delle parole. E a volte mi domando se egli non abbia inventato ciò che avevo visto.

Andrea D’Aponte, Andrea B. Nardi e Marino Magliani, Quattro giorni per non morire , Transeuropa (2009)

(graphic novel tratta dall’omonimo romanzo di Marino Magliani, Longanesi)


Print Friendly, PDF & Email

8 Commenti

  1. L’ultima cosa che avrei creduto possibile: tradurre in forma di graphic novel le atmosfere di Marino Magliani! Se Marco D’Aponte c’è riuscito vuol dire che è un grande artista.
    “Quattro giorni per non morire” è un grande romanzo. Leggetelo, in libro o in fumetto, e poi ditemi se non è vero!
    Magliani in questi giorni riceverà il Premio Biamonti. Congratulazioni!

  2. Mi chiedo se questo libro che ha un grafismo e un titolo che mi piaciuno
    fa parte del festival de la BD a Angoulême che si svolge in questi giorni.

  3. “Mi sargento”, non “mi sergento”. E “arqueologos”, non “archeologos”.
    Ma, deponendo la matita blu, suerte, Marino
    (da un ligure della Contea di Levante)

  4. grazie, Robugliani del levante, mi assumo la responsabilita, nell’edizione Sironi non mi erano scappate, stavolta, purtroppo…
    Veronique, non credo, ma verifico. Grazie.

  5. Questi disegni mi piacciono, mi ricordano i fumetti di avventura che divoravo da ragazzo. Col testo di marino, poi, si va a colpo sicuro. La graphic novel, un prodotto che in Italia stenta a farsi strada, è un’operazione complessa e anche dispendiosa: un disegnatore che lavora sodo un anno (anche due), uno sceneggiatore che traduce le pagine del romanzo in immagini, sequenze e singole vignette. Talvolta lo sceneggiatore è anche l’autore, ma anche no. Quindi, faccio a tutti sinceri auguri, che la vostra graphic novel possa aprirsi la strada, perché siete proprio forti, ragazzi :-)

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Abbagli tra le rovine del mondo caduto

di Alice Pisu
Intrigato dalla vita nascosta nella materia morta, da ciò che è ormai privo di senso, Voltolini genera visioni nel gioco di accumuli utile a sostanziare una dimensione estranea al noto. La tensione alla vertigine esorta chi legge a concepire una cifra di inconoscibilità e al contempo di familiarità in luoghi infestati dalla solitudine: analogie con l’ignoto che ogni individuo sperimenta se osserva il proprio vuoto.

LA SPORCIZIA DELLA TERRA

di Giacomo Sartori e Elena Tognoli
Ci hanno insegnato che la pulizia è molto importante, e che le cose pulite sono inodori e ordinate, ben illuminate, ben geometriche, preferibilmente chiare. Quindi non c’è molto da stupirsi se la terra, che è tutto il contrario, ci sembra sporca e brutta, e anche poco igienica, infestata da vermi e altri bacherozzi com’è.

Le finestre di Enrico Palandri

di Alberto della Rovere
Questa la suggestione che abita l'opera di Palandri, nell'accorato invito a non rinchiuderci nelle nostre abituali, labili rassicurazioni, di pensiero, relazione e azione, nell'appartenenza, nei codici e nelle categorie, per muover-si, invece, nel mistero, nell'incertezza, all'incontro con l'alterità e gli affetti

Nessuno può uccidere Medusa

Marino Magliani intervista Giuseppe Conte
Io lavoro intorno al mito dagli anni Settanta del secolo scorso, quando mi ribellai, allora davvero solo in Italia, allo strapotere della cultura analitica, della semiologia, del formalismo, una cultura che avevo attraversato come allievo e poi assistente di Gillo Dorfles alla Statale di Milano.

Dogpatch

di Elizabeth McKenzie (traduzione di Michela Martini)
In quegli anni passavo da un ufficio all’altro per sostituire impiegati in malattia, in congedo di maternità, con emergenze familiari o che semplicemente avevano detto “Mi licenzio” e se ne erano andati.

Euphorbia lactea

di Carlotta Centonze
L'odore vivo dei cespugli di mirto, della salvia selvatica, del legno d'ulivo bruciato e della terra ferrosa, mischiato a una nota onnipresente di affumicato e di zolfo che veniva dal vulcano, le solleticavano il naso e la irritavano come una falsa promessa. Non ci sarebbe stato spazio per i sensi in quella loro missione.
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: