Yes, I Ken – prima parte
Risulta ora estremamente chiaro ciò che si era venuto preparando già nel corso del secolo diciannovesimo; l’epoca si esprime assai più sensibilmente nella tecnica meccanica e nelle manifestazioni sportive che nell’architettura delle città e nelle opere d’arte.
Hermann Broch, Poesia e Conoscenza, Lerici editore, Milano 1965, trad. di Saverio Vertone.
C’è una breve sequenza sul sito dell’INA 1 in cui si può vedere e ascoltare Albert Camus che commenta dal vivo una partita del Racing contro Monaco al Parc des Princes. C’è un passaggio che merita una particolare attenzione ed è quando alle critiche che il commentatore rivolge al portiere della squadra parigina, colpevole del primo gol della rimonta del Monaco, il filosofo, da poco insignito del Nobel, risponde che è solo quando si è tra i pali che ci si rende conto di quanto sia difficile!
Quando ho assistito al secondo tempo dell’incontro di Roma organizzato da Andrea e Paolo, 2 ho provato la stessa sensazione ovvero mi sono reso conto di una cosa. Insieme alla consapevolezza che gran parte delle persone presenti alla serata fosse gente tra i pali, ho avuto la conferma di quanto sia difficile e per certi versi, scomodo, essere lì. Ho ammirato così la brillante parata di armamentari con cui quasi tutti gli atleti si sono presentati, attrezzati al peggio, alcuni, tipo Francesco, o straordinariamente sereni di fronte ai penalty ( la moviola deciderà poi quanto giusti) come Emanuele . C’è poi chi ha abbandonato il campo prima del tempo, come Giampiero che sul più bello – o sul più brutto- s’è visto sfilare la palla sotto al braccio e andare in rete, esattamente come lo sfortunato portiere del Racing. Ho perfino provato imbarazzo, a un certo punto quando ha preso la parola Vincenzo che esibiva la propria purezza, sul da farsi, poetico e politico, in tal guisa da farmi pensare immediatamente alla storiella zen raccontata da Giorgio Agamben, quella vi ricordate, dell’aspirante filosofo che avendo chiesto al maestro come e cosa fare per divenire filosofo questi gli aveva risposto che si doveva far bastonare senza dire nulla, lamentarsi, gridare. L’aspirante accetta e quando ebbe superata la prova con successo, rivolgendosi al maestro chiede se da qual momento in poi si poteva considerare filosofo. “Lo saresti stato” replicò il maestro ” se non avessi detto nulla!”
Era come se l’estrema purezza del fare o non fare secondo coscienza, si macchiasse, s’impurasse, attraverso quel dire purezza, e allora perdere ogni forza e vigore, nella parola esibita. Ecco perché un testo come quello di Helena disturba, infastidisce, oltre a colpire nel segno dei tempi. Perché senza indietreggiare di fronte a colui che è stato incaricato di battere “il rigore” ne analizza, rigorosamente i movimenti, le pulsioni, le finte.
A differenza di quanto ho letto e visto in questi ultimi mesi sull’argomento, all’incontro di Roma organizzato da Andrea e Paolo non ho visto “finte” in campo, né tanto meno il “processo” invocato dagli imputati, ma un assoluto, autentico stare tra i pali. Non ho visto, questo è vero,il portiere sganciarsi da lì e correre per fare gol, come a volte capita, come sempre ci piace sperare che accada.
Certo qualcuno si starà chiedendo : ma cosa si sono detti, in conclusione? Lo saprete nella seconda puntata. (tags: eric cantona, se è per soldi allora sì, Libero/Stopper, ken loach, SUV alla berlina, il ricambio, spazio ai giovani che ormai abbiamo cinquant’anni, la ballata del treno perso)
(à suivre – continua)
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Deve essere effeffe da raccontare con originalità l’incontro comme una partita di calcio, a volte letteratura e calcio si sposano.
e tra una cazzata e l’altra Sgarbi è stato nominato curatore del padiglione Italia Biennale 2011…
aspettiamo con ansia la seconda puntata.
trovo però molto buffo, e per me inquietante, che tu possa citare un post (quello di helena) che viene dopo come collocazione spaziale :-) … a riprova che le neo-categorie di tempo e di spazio ci stanno mettendo a dura prova i nostri cervelli ancora kantianamente strutturati.
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