Vivo e lavoro a
Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e
Sud, collaboratore dell’
Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese
Focus-in. Spettacoli teatrali:
Do you remember revolution, Patrioska,
Cave canem,
Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori
Osvaldo Soriano Football Club,
Era l’anno dei mondiali e
Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera).
Métromorphoses,
Autoreverse,
Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York,
edizioni La Camera Verde,
Chiunque cerca chiunque,
Il peso del Ciao,
Parigi, senza passare dal via,
Il manifesto del comunista dandy,
Peli,
Penultimi,
Par-delà la forêt. ,
L'estate corsa
Traduttore dal francese,
L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa,
Immediatamente di Dominique De Roux
Effeffe è uno scherzo? Più tardi ascoltero les choeurs de l’armée rouge che ama tanto mia madre che si intende di musica.
Intanto infuria il dibattito sul ROMANZO STORICO. Qui:
http://lucioangelini.splinder.com/post/22067746/UN+INCENDIO+DI+PORPORA+E+ORO
ah ah ah ah ah formidabile effeffe :-)))))
ah ah ah ah ah ….
veronique … penso tu ti sia dimenticata di cliccare prima su essi scrivono ;-).
P.S
Io tifo sia per cortellessa che per nori … in questo campo si può tra l’altro penso che sotto sotto anche cortellessa e nori tifino per ambedue ….
ma al Giornale di cosa si fanno?
mi sarei molto stupita se libero avesse presentato la faccenda diversamente, se lo avesse fatto forse avrei finito per pensare che le perplessità espresse da molti erano esagerate e paranoiche
Libero ancora non si è espresso, credo :-)
il Giornale manderà tre quattro corrispondenti di guerra per arrendicontare la questione. Intanto però approfitto di questa tua incursione per fare una piccola remarque (à remorque). ma Libero e il Giornale pari sono? .effeffe
Il problema è che si potrebbe supporre che siano al Giornale solo dei poco informati burloni, che amano fare un po’ di improvvisata satira di destra, ma siccome ogni giorno devono amplificare le grida per niente burlone del premier che denuncia l’esistenza di toghe rosse e complotti comunisti della stampa, non si sa più – noi – come considerarla la formula “Comintern di Nazioneindiana”. Ma una cosa ci consola, molto probabilmente neppure loro sanno bene come interpretare le parole che scrivono.
@ effeffe
Su questa cosa Libero ha fatto tre pagine, diconsi tre (compresi due lanci in prima), qualche giorno fa. Di lì discende il Giornale e di lì l’intervento di Pigi Battista di oggi sul Corriere della Sera. Nessuno che abbia non dico verificato la “notizia” ma si sia minimamente informato coi diretti interessati. I quali avrebbero potuto dire (come faranno domani in diretta a Fahrenheit di Radio Tre alle 16.50) come il dibattito di domani sera alla libreria Giufà (alle 21, in Via degli Aurunci a San Lorenzo) sia stato organizzato di concerto dai due contendenti, nella libreria dove Paolo Nori presenta abitualmente i suoi libri a Roma. Se il sottoscritto fosse un terribile piemme o un inquisitore controriformista o stalinista – tutte belle metafora inanellate da Borgonovo, dal che si desume fra l’altro che nel senso comune del suo giornale e dei suoi lettori un piemme sia tout court equiparato, ormai, a Torquemada e Vischinskij – avrebbe dovuto mandare i carabinieri a Bologna, per “trascinare alla sbarra” lo scrittore Paolo Nori. Il quale viene invece, ovviamente, sua sponte. Il sottoscritto opina pure che dibattere su questo problema, al di là se possibile dei casi personali, possa essere di un certo interesse. Se non si è liberi di fare un pubblico dibattito al riguardo, chi limita la libertà di chi?
ho sbagliato, sì, perché evidentemente per me pari sono
ma sono ben contenta se qualcuno mi spiega la differenza, ogni tanto li leggo in rete, o in treno e grosso modo mi sembrano fratelli
@cortellessa
per quanto riguarda la rassegna stampa dei “libertari” in questione puoi mettere su i link agli articoli?
sul finale siamo più che d’accprdo tanto più che stiamo per mandare in giro un questionario con ben quindici domande alle voci più autorevoli (per noi) della critica e della cultura in italia, proprio su quella che va considerata come una problematica essenziale oggi. Una su tutte se “la terza pagina” di un quotidiano possa essere considerata assolutamente autonoma dal resto del giornale, ovvero non assimilabile alla “visione del mondo” che quella testata univocamente vuole rappresentare. Sarà la nostra quinzaine litteraire (omaggio a Maurice Nadeau ça va sans dire)
effeffe
@ effeffe
@ effeffe
No, non ho link. Nemmento al Corriere di oggi. Secondo me assai più grave, per la clamorosa gaffe di Battista sul piano della deontologia professionale: il quale riferisce di una discussione il cui oggetto è x riportando, senza verificarla in alcun modo, la versione di x. Roba da radiazione dall’albo. Ma appunto: il degrado linguistico e dunque deontologico dei media italiani ha ormai raggiunto il livello di guardia. Ed è proprio Libero, Alcor, a tirare la volata: il Giornale segue a ruota da quando è diretto dal fondatore di Libero, Vittorio Feltri.
Posso però dare i riferimenti. Il numero di Libero in questione (segnalatomi di prima mattina da Radio Popolare, mon dieu) è quello di giovedì 14 gennaio. In prima pagina: “Autore processato se firma su Libero” di F. Borgonovo e “Libero di scrivere quello che voglio” di G. Mughini. All’interno, occupando per intero le pp. 34 e 35, Borgonovo titola “INQUISIZIONE. Processate l’autore che firma su Libero”, e Mughini “Il vizio intellettuale di odiare la libertà” (un bell’estratto: “Le cose sono molto diverse da come le mette la cialtronesca iniziativa di chi vorrebbe mettere al rogo Paolo Nori”; Mughini non può saperlo ma la metafora è particolarmente infelice, parlando dell’autore di Grandi ustionati).
Mughini:-)
ecco il link dell’articolo di Borgonovo, spero che si legga
http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=PAY2B
e Mughini
http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=PAY3P
Nel 2006, io e Andrea Raos avevamo indirizzato a Berardinelli – già collaboratore de “Il Foglio” alcune domande. Allora pochi sembravano capire di cosa si parlava. Oggi, chi scrive su “Il Foglio” può passare per un intellettuale illuminista a fronte di coloro che scrivono per “Libero” e “Il giornale”. Rimane per ora scoperta “La padania”.
“Una riflessione utile (che la nostra frase di partenza sottintendeva) dovrebbe interrogarsi piuttosto su questi punti:
1) perché qualcuno come Berardinelli (che ha scritto quello che ha scritto, che ha la storia che ha) è finito a scrivere per un quotidiano diretto da Giuliano Ferrara? La variegata stampa di sinistra ha qualche responsabilità in questo?
2) Può un critico separare senza alcuna conseguenza l’universo dei temi cosiddetti “culturali” da quello dei temi cosiddetti “politici”, sostenendo che i due possono vivere in completa e tranquilla indipendenza?
3) Il fatto di collaborare per un quotidiano di cui non si condivide la linea politica non condiziona in nessuno modo ciò che uno, come critico, può scrivere?
Ci rendiamo conto che anche per molti dei nostri coetanei queste domande suonano bizzarre, quasi inintelligibili. È che l’orecchio nel frattempo si è fatto sempre più apolitico. Non il suo, Berardinelli, che si è formato anche su Fortini. E infatti anche se l’attacco era grossolano e aprioristico, lei ne ha comunque riconosciuto la pertinenza, fornendo una giustificazione pubblica.
In quella famiglia culturale della sinistra a cui poco ormai la lega, avrebbe potuto giocare il ruolo utile, costruttivo, dell’ospite ingrato, subendone però le conseguenze, i contraccolpi e le repliche, le smentite e gli equivoci. Presso la famiglia che ora la accoglie e le offre lavoro, rischia invece di essere solo graditissimo commensale. Quanto a noi, condividiamo con lei la colpa, la colpa insita nel venire ogni giorno a patti con una società di cui detestiamo molti aspetti, aspetti di cui non ci rassegniamo ad accettare l’ineluttabilità. Ma l’isolamento (così lo chiameremmo, piuttosto che solitudine), quello ci auguriamo che non ci riguardi: dentro la famiglia della sinistra, noi continueremo a muoverci assieme ad altri, di generazioni e provenienze diverse, tessendo relazioni e amicizie, rinnovando occasioni d’incontro e d’insoddisfazione, condividendo progetti e lotte, scambiando quel tanto di esperienza e di immaginazione utopica che ancora ci rimane.
A questa lettera, aggiungiamo come postilla una citazione di Pier Vincenzo Mengaldo, rivolta più che altro ai nostri compagni di strada e lettori di sinistra. La morale è questa: i compromessi si sono sempre fatti, ma nella piena e scomoda consapevolezza di farli. Oggi li facciamo, ma dimenticandone, con uno scuotimento di spalle, il peso inevitabile (e necessario).
“Una posizione coerente da parte ‘degli antichi romani’, per usare la spiritosa etichetta di Cases, vorrebbe che non si scrivesse sulla ‘terza pagina’ di un giornale di cui non si condivide affatto la linea politica della prima. Naturalmente così non è stato e non è: quasi tutti, a cominciare dal sottoscritto che non è precisamente un antico romano, abbiamo derogato a quel principio, e non sempre per vile compromesso ma spesso con buoni argomenti ed esiti apprezzabili (ricordo in particolare la collaborazione ‘rivoluzionaria’, ma per questo a un certo punto bloccata, di Fortini al ‘Corriere’); o anche per la semplice coscienza che i padroni del vapore ti lasciano dire ogni cosa sulle pagine culturali, tanto non contano niente: certo purché non si passi, come Fortini con l’invasione statunitense di Grenada, il limite. E questo vale anche in partenza. Sarà difficile ad esempio che nel giornale x, parlando con la dovuta ammirazione dell’ultimo romanzo di Oz o di Yehoshua, io possa attaccare a fondo – e non sarebbe una divagazione – la politica dell’attuale governo israeliano; o forse mi censurerei io per primo, nel timore di essere infamato, per il riflesso pavloviano oggi vigente, come antisemita, macchiando così la mia finora candida fedina.
Non è il caso di insistere con gli aneddoti. Ma è chiaro che le cose sono due e non una. La prima già accennata, è che l’intiepidimento della critica, militante o no, in Italia è connesso con il preoccupante calo del suo tasso di politicità; ma il secondo è che la mala politicità dei giornali (non tutti, per amor del cielo) impedisce che si eserciti su di loro una critica che sia, come deve, anche critica politica.”
(Pier Vincenzo Mengaldo, La critica militante in Italia, oggi, in “L’ospite ingrato”, n°1 / 2004)”
https://www.nazioneindiana.com/2006/02/09/replica-a-berardinelli/
Borgonò, tanto lo so che ci stai leggendo, di nascosto, quando tutti in redazione sono andati via…
effeffe
nella discussione durante la quale emerse la questione Nori/Libero, sostenevo con parole forti la mia inequivocabile disapprovazione per il modo di fare giornalismo, anzi di non farlo, di essere oltre e altrove rispetto ai compiti di un organo di informazione comunque schierato, di quel foglio e dei suoi due confratelli, Il Giornale e la Padania.
rileggendomi dopo qualche giorno mi ero quasi pentito della mia veemenza: la tua è solo l’impressione residuale della direzione Feltri, violenta e volgare: magari con Belpietro, mi dicevo, le cose saranno cambiate in meglio, oltre al ruolo di teste d’ariete che svolgono, oltre alla volgarità e alla violenza degli attacchi che portano, può darsi si ricordino ogni tanto di essere un giornale…
macché: le due pagine del 14 con due richiami in prima (dove quel giorno era assente, unico giornale assieme a La Padania, qualsiasi richiamo sul terremoto di Haiti, relegato a pagina 18) e il modo in cui veniva presentata la questione, mi hanno confermato che anche questioni politico-culturali vengono trattate allo stesso modo e con gli stessi criteri di tutto il resto.
detto questo, la questione Nori/Libero (Nori è libero di pubblicare dove vuole, non per questo smetterò di leggerlo) è interessante perché, com’è stato già osservato, pone in termini diretti un problema che riguarda tutti gli intellettuali italiani alle prese con uno schieramento politico di destra, con venature marcatamente razziste, che coincide largamente con un potente gruppo imprenditoriale che opera in campo mediatico e editoriale con una supremazia schiacciante, quindi con capacità economiche e di diffusione assolutamente predominanti.
che fare allora?
come devono regolarsi tutti coloro che scrivono e pubblicano per vocazione e mestiere e che tuttavia in piena legittimità si considerano avversari del blocco politico-imprenditoriale di cui sopra?
se questa sarà un’occasione per riaprire una riflessione su questi temi, al di là degli attacchi preventivi e molto sommari che arrivano oggi anche dal Corriere della sera, allora che ben venga er dibattito.
perché è ovvio che non ci sarà nessun processo a nessuno.
http://www.paolonori.it/riassunt/#more-5006
Pecoraro scrive:
“sostenevo con parole forti la mia inequivocabile disapprovazione per il modo di fare giornalismo, anzi di non farlo, di essere oltre e altrove rispetto ai compiti di un organo di informazione comunque schierato, di quel foglio e dei suoi due confratelli, Il Giornale e la Padania.”
Questo è il punto ulteriore e decisivo rispetto alla riflessione su di un Berardinelli che scrive su “Il Foglio”. Allora, la domanda chiave era: scrivere di cultura su un giornale che ha una linea politica di destra quanto può influire in termini di autocensura sui cosidetti argomenti culturali affrontati da uno scrittore che si pretende di sinistra?
Oggi la questione chiave è: scrivere di cultura su di un giornale che non fa giornalismo e che non fa cultura, non significa legittimare il non-giornalismo e l’incoltura?
Quanto alla questione della libertà per uno scrittore di scrivere dove vuole, non è mai stato un argomento di discussione. Con quali mezzi un altro critico e scrittore potrebbero impedire a Nori o a Scarpa di scrivere su Libero? Senza dimenticare, che ci sono scrittori che si sentono a loro agio con la linea politica del governo, e altri ancora che probabilmente trovano deontologicamente accettabile il tipo di giornalismo fatto da “Il giornale” e “Libero”.
se vi interessa sulla rassegna stampa della camera c’è anche l’articolo di battista sul corriere
grazie, ieri non lo avevo trovato
trovo l’articolo di battista vergognoso, molto più di quello di libero, perché libero e il giornale sono strumenti di propaganda, se non di partito, ed era ovvio che andassero a nozze con questo non-fatto, manipolandolo brutalmente
è del rischio sempre implicito di essere manipolato e usato che uno scrittore dovrebbe essere consapevole, dovrebbe pur sapere, se non è ingenuo, che esiste la propaganda.
E’ ovvio, e lo penserei anche se fosse materialmente possibile impedire (che idea ridicola, tuttavia) a uno scrittore “di sinistra” di scrivere su giornali di questo genere, che ognuno è libero di fare quel che gli pare.
E’ ovvio che questa collaborazione di Nori ha aperto un dibattito in cui ognuno di noi, anche quelli a cui nessuno chiederebbe una collaborazione, ripensano le proprie posizioni.
Si chiedono che cosa significa oggi destra e cosa sinistra.
Qual è il ruolo dello scrittore.
E per quanto riguarda me, e questa domanda non tocca né Nori né Scarpa, ovviamente, mi chiedo se gente come Mughini, e dico Mughini per riferirmi alla generazione di Mughini e a quella più vecchia di Pansa, che si è sempre dichiarata di sinistra, si dichiarava di sinistra perché quello era lo spirito del tempo?
lo spirito del tempo vince spesso anche sulle convinzioni e le nature individuali.
Una volta emesso lo squillo di tromba del liberi tutti, ognuno di loro ha riposizionato la propria voce in modo più sincero, più naturale.
Avessi vent’anni, ne dedicherei un paio della mia vita a rintracciare i loro articoli di trent’anni fa e a metterli in rapporto con quelli di oggi, cercando le spie dell’oggi nel loro proclamarsi di sinistra di ieri.
Che parola strana, “sinistra”, si pensava che fosse semplice e chiara, ed è diventata così plastica.
@Cortellessa
tu hai più che la mia solidarietà
Risulterò sgradevole, però sì:
chi entra dalla porta regale, in quel teatro delle meraviglie che fa eco alle vibrazioni del nulla, ecco: è da appendere a testa in giù, nudo come fu fatto, con fondale di gelo siberiano. Perché, amici miei, è così:
le prospettive sono virali: linguaggio marcio e insensato, cultura fatta di violenza e di ottusa indifferenza al mondo, tinnire di gioielli e aerei sovrani dietro la bagarre parlamentare. Collaborare alla desolazione? Al regno avverso? Il pantano è questo qui:
tolto ogni schermo ideologico, tolto il via-vai di ciò che vela, resta lo strepito dei conflitti. E tra gli estremi di cose che sono e di pensieri carammellati, purgato ogni atto dalla concordia di comodo, e dalle prosopopee, restano gli intrighi e il comando sui corpi e le lingue che applaudono: resta il doppio che non si vede, il fantasma che non appare, ciò che si pone avvolgendosi di mistero. La verità è davvero tutta qui:
la divina inerzia dell’intellettuale, nel suo cammino presupposto senza colpe, se apre con quell’inciviltà possibilità di dialogo, allora: perché non dovrei augurargli il gelo inaudito? Ciascun si adegui:
il tempo è oltraggio, l’epoca è ingiustizia, la tragedia è dissennata; e il boato ci riguarda. Domanda banale s’insinui:
tutti contigui all’ottenebrata democrazia? Non ci sono schieramenti irridicubilmente altri? Tutte le parti sono uguali di fronte alla chiesa vacua della partecipazione? E si continui:
piramide o reggia, chi domina? Con quali parole? Dove fanno fragore gli scribi? E sì:
mute le piazze, facciamo articoli; e tutto si mescola, diventa insapore. Ma:
ombre si muovono: non le vediamo, o facciamo finta; si aggirano per città in coma mentre Antigone è fatta creatura senza parola. Chi intralcia la libertà? Colui che si augura la gogna per i collaboranti o chi fa scempio di verità? Creonte o Spartaco, chi è colpevole? Senza ossequi:
basta con ogni armonia.
In luogo dello specchio che riflette il dominio, in luogo della squallida commedia della libertà di fare commercio, ecco: il disagio della parodia d’una condanna. Perché comunque è tutto qui:
la suprema indicazione di appendere che partecipa ai discorsi che mettono in crisi l’intelligenza e la cultura, e di appenderlo a testa in giù, nudo come fu fatto, con fondale di gelo siberiano, è soltanto urlo di scrittura: non fa male e non apre alla Siberia reale. Tutto il resto, invece, gli innumeri articoli, i carteggi, i libri, le orazioni, gli intrecci, fanno humus culturale: il potere si rappresenta come libertà senza alternative. E dunque sì:
risulterò sgradevole, ma preferisco così.
sp
Sì, solidarietà a Andrea Cortellessa.
E in un certo senso anche a Nori: dagli amici (di Libero) lo protegga Iddio.
io quasi quasi ci vado anzi mi sa che ci vado
effeffe
Sì, Alcor, l’articolo di Battista è davvero più vergognoso ancora. Quantomeno Borgonovo è parte in causa ed è normale che scriva le cose come le scrive. Pigi, o come minchia si chiama, è quello che arriva, dovrebbe raccontare e non capisce una mazza. O meglio, capisce fin troppo bene quel che vuole capire, e quel che gli serve capire.
Detto questo, se le parole su queste colonne arrivano a scuotere così tanto esimie firme del Nulla Spettacolare e a spremerne capitale indignazione, ciò non può che esserci di conforto: stiamo lavorando bene.
Oh le menti mai sfiorate dal dubbio.
Tetragone, affascinanti, illuminanti.
Parla come badi mi verrebbe da dire…
Vabbè.
finalmente trovo un punto d’accordo con @Tramutoli
sì, le menti di Battista e Borgonovo non sono mai sfiorate dal dubbio che si possa discutere di una condizione sociale e politica, del ruolo dello scrittore, e come cani pavloviani reagiscono subito davanti al fantasma della caccia alle streghe, bravo Tramutoli:-)
giusto marco e giusto alcor, benché tutti gli articoli su libero (meno quello di nori) siano indegni, quello più indegno di tutti è quello di battista … e qui credo che concordiamo tutti :-) eppure nessuno di noi si sarebbe scandalizzato del fatto che uno degli articoli, o racconti, o recensioni degli indiani (o di altri) apparisse sul corriere :-).
Ci siamo scannati su Berardinelli quasi linciandolo con supponenza (io fra i primi) solo perchè scriveva articoli pregevoli (che nessuno di noi, ma non solo di noi, è in grado di scrivere) su un giornale che detestiamo come Il foglio, e oggi siamo arrivati a dire che … ok sul Foglio forse è permesso ma su Libero MAI. Di questo passo tremo solo all’idea di cosa saremo costretti ad accettare un domani …
Anni fa avrei pensato che scrivere (ma anche leggere) su l’Avvenire fosse da colonizzati del vaticano (per usare le parole enfatiche del giudice tosti) poi, non so se grazie a Boffo o al suo responsabile culturale, la pagina culturale dell’Avvenire è diventata, per un periodo, una fra le più interessanti e originali e per niente conformista … ora se mi avessero detto che un giorno avrei letto l’Avvenire mi sarei fatta delle matte risate … che ci toccherà leggere domani?
Il problema non è solo da ridere, ma molto serio e del tutto inedito per le ultime tre generazioni..
Poi esiste, anche se non se ne parla mai, il problema “territorio”, forse non è un caso se sia scarpa che nori sono scrittori del nord marginale, a cui, a quanto pare nessun grande giornale ha chiesto di collaborare … insomma i problemi, uno più grosso dell’altro, si stanno accavallando e la limpida ideologia di ieri non credo ci aiuti più molto … almeno non basta solo quella.
@Alcor,
veramente (mi spiace assai, ma è pur significativo molto) mi riferivo a una certa, simpatica sicumera, di molti indiani….
:-)
Ovviamente, io sto dalla parte di Nori.
Mi chiederei, invece, (come ha già fatto sopra qualcuno), come mai, molte belle penne libere trovano più spazio e più libertà su giornali di “destra” ?
Eco, a mio modesto parere (che a volte condivido), il punto è lì.
Potrebbe (possibile?) partire una sana autocritica sulle pagine culturali sinistre?
Oh non è consentito?
Libertà? Ma libertà DI CHE???? Libertà di accettare che sul tuo giornale si parli di NEGRI??? Che scrivano che è una vergogna, che lo scrivano. Che scrivano che la Bossi-Fini è una legge schiavista e razzista. Che scrivano…mille altre cose. Ha senso? No che non ha senso, perché la linea politica del giornale è quella, punto e basta.
Vedi, c’è un amico mio che scrive sulle pagine del Giornale. E pure, per compiacere datori di lavoro e lettori, si è regalato nella sua scrittura semplificazioni e luoghi comuni che non gli appartengono. Entri nell’ordine di un discorso, e ne partecipi. E’ facile farlo, direi anzi che è naturale.
Certo, stare dalla parte di Nori è più facile. Mettere dei paletti, e rifiutare proposte di collaborazioni e di entrate economiche, è più difficile.
Un momento, non facciamo confusione
qualcuno ha fatto un linciaggio verbale di Berardinelli? male, se c’è stato, io mi tiro fuori, non ho partecipato, né mi verrebbe in mente di linciare, sia pure metaforicamente Nori
ma molti hanno dato voce a critiche e perplessità e a riflessioni che condivido fortemente.
Perché ad esempio io, che sono più vecchia di Nori, ma non vecchia come il Mengaldo citato da Inglese, mi trovo in perfetta sintonia con Mengaldo e non capisco Nori, non capisco il suo possibilismo, e mi viene da pensare che il possibilismo di Nori dipenda anche da un difetto di esperienza personale e memoria, e forse da un’idea di sinistra blanda, annacquata, che può essere distinta dai comportamenti personali perchè resta lì nell’aria come possibilità tutto sommato retorica.
E’ obbligato a essere di sinsitra, Nori? No di certo.
E’ obbligato a essere combattivamente di sinistra? neppure.
Ma se si definisce lui stesso di sinistra, un po’ meno svagato e distratto sarebbe meglio che fosse, se non altro per non essere usato come ora lo sta usando la propaganda di destra montata da Libero.
Credo a Nori sulla parola quando dice che Borgonovo gli ha garantito di non pretendere che condivida la linea di Libero, ma immagino anche che Borgonovo voglia da lui uno dei suoi deliziosi pezzi svagati alla Nori, e non un pezzo schiettamente e duramente antiberlusconiano.
Io penso che Nori potrebbe tagliare la testa al toro scrivendone invece un paio, e vedere se Libero continua ad avere questo fantastico aplomb.
Ma Nori potrebbe anche dire che a lui comunque non interessa, costringendomi a chiedermi che cosa è così prodigiosamente cambiato negli ultimi vent’anni, anche questa sarebbe una riflessione interessante.
Quanto al Corriere, pur essendo storicamente il giornale della borghesia imprenditoriale, non è un panzer corazzato, ha una tradizione – anche di firme – di tutto rispetto culturale, una storia conservatrice ma dignitosa, una serie di presenze variegate. E’ un giornale conservatore, criticato sia da destra che da sinistra a volte, per opposte e simmetriche ragioni, perciò può valere anche come territorio in qualche modo abbastanza neutro, o comunque un territorio che “ospita” e del quale si può “essere ospiti”.
Io se fossi ospite in casa di Libero, la sera chiuderei la porta della camera a chiave e infilerei lo schienale della sedia sotto la maniglia, sempre culturalmente parlando.
E le case editrici ora berlusconiane hanno anche loro una storia, e se anche è una storia che si sta rapidamente annacquando, la storia e il catalogo sono ancora importanti, e soprattutto non sono mazze brandite sopra la testa degli oppositori.
il mio commento prendeva spunto da quello di @georgia, adesso vedo che ce ne sono altri
@Tramutoli
ma non sei tu il maestro di ironia? scusa se ti ho sopravvalutato:-)
Entri nell’ordine di un discorso, e ne partecipi. E’ facile farlo, direi anzi che è naturale
ecco se fosse vero (ma è tutto da dimostrare) avresti perfettamente ragione, era quello che superficialmente ho pensato io riguardo a berardinelli, ma leggendolo con attenzione (proprio i suoi articoli sul foglio) mi sono accorta che non era cambiato … forse ci sono persone che se scrivono su fogli di sinistra sono di sinistra (e sarebbe da dimostrare anche questo) e su fogli di destra sono di destra (ma questi non sono scrittori o critici, sono veline) e persone che restano sempre le stesse, per il semplice motivo che il loro scrivere e pensare è talmente connaturato e inscindibile che NON possono che scrivere come scrivono … se non fosse cosi, grandi scrittori vivrebbero solo il breve respiro della loro epoca … cosa che succede per molti che spariscono … ma per i più il respiro è più durevole e allora … andiamoci piano con la caccia alle streghe.
Le streghe sono sempre state bruciate in quanto eretiche e in opposizione al potere. Ma che ordine del discorso totalitario è quello che ha talmente tanto potere da voler essere pure strega??? (e da fartelo epnsare pure a te, Georgia…) (del resto il B. non è forse un presidente-operaio-casalinga-imprenditore-puttaniere, non è forse un presidente-baule che tutto ingloba in una parodia blasfema della superessenzialità divina?)
Qui stiamo parlando di non voler legittimare un discorso culturale e politico che non ti appartiene e – che come ho già più volte scritto – ti surdetermina, ti fa essere un elemento di una catena significante che determina il senso di quel che scrivi.
E che chi scrive sulle pagine di un Giornale ne acquisisce il lessico minimo, per me è dimostrato. Certo, un grande scrittore potrebbe esserne immune. Ma il giorno che decide di prendere posizione ripetutamente contro quell’ordine del discorso, quanto sopravviverebbe? (ma del resto di che stiamo parlando: esiste concretamente questa fattispecie? No. Nori scrive di Ammanniti, Scarpa del crocifisso. Tutte cose innocue, che non fanno altro che legittimare e dar lustro a un discorso culturale di giornali che sono – parole di Massimo Fini – “biechi e razzisti”)
forse alcor perchè la generazione di mengaldo e la tua sono più simili fra loro di quanto non sia quella di nori con la tua … negli ultimi anni (pochissimi anni) è cambiato talmente tutto, che è difficile capire se non si rimette tutto in discussione.
Non nego l’importanza della memoria soprattutto in politica (anzi), ma temo che la scrittura e lo scrittore siano cose, oggi come ieri, molto più complicate e sfuggenti della politica … se uno scrittore si ritenesse obbligato a viaggiare solo sulla strada e la memoria aperta dalle generazioni passate sarebbe un suicidio letterario. Possono sbagliare? certo, hanno sbagliato in molti, ma sicuramente non esistono verità valide a cui uno scrittore o presunto tale si possa attenere e appoggiare per non sbagliare. Scrivere, ma anche pensare, è sempre senza balaustre e forse obbligarli ad usarle potrebbe essere opera da tribunale di salute pubblica ma non da salute della scrittura …
Vabbè (a parte i paletti), fra un po’ su fahrenheit ci son Cortellessa e Nori che ne parlano anticipando l’incontro in libreria a Roma….
@Tramutoli
visto che in effetti io i giornali di destra li leggo occasionalmente, potresti dirmi chi sono le “molte belle penne libere” che “trovano più spazio e più libertà su giornali di “destra””?
beh con caccia alle streghe pensavo al maccartismo e ad altro non certo alle affascinanti streghe ribelli ;-).
Il fatto che scrivere su un giornale di sinistra ci salvi e ci protegga e scrivere su uno di destra ci danni, non è ormai affatto dimostrabilo … leggo tanta di quella robaccia a sinistra e la cosa non mi consola come sembra consolare te.
Che certi giornali siano biechi e razzisti non ho dubbi, ma fra massimo fini e paolo nori non ho alcun dubbio su quale leggere (ovunque scriva) … tra l’altro massimo fini ha definito anche la stampa in certi momenti bieco e razzista.
Quindi di che si sta parlando?
non potrò ascoltare fahrenheit … prego qualcuno di farmene un riassunto o di trovarmi il link in rete.
Georgia, beh certo rimescoli le carte e poi dici Di che stiamo parlando. Che c’entra il paragone tra Fini e Nori, non è quello il punto. Il punto è se è vero che scrivere su Libero equivale a una legittimazione del suo discorso culturale bieco e razzista (parole mie e non di Fini ok?), nonché a essere surdeterminati da quel discorso. Io credo di sì, e ho argomentato a più riprese il perché (parlo di thread precedenti), tu sei arrivata a credere di no. Benissimo. Resta il fatto che io preferisco non scrivere su un giornale del genere e rinunciare a un’entrata economica, per salvaguardare una coerenza culturale e politica. Non scomunico né condanno nessuno. Sarò però libero di giudicare un grave errore politico e culturale quel gesto di collaborare a quei fogli?
non so, continuo a pensare che il fatto di scrivere su giornali come libero, per scrittori di sinistra (al di là di qualunque specificazione – marxista, liberale, socialdemocratica, etc. etc.) sia il segno di una debolezza e non di una libertà. e mi dispiace non partecipare all’incontro di stasera perché davvero vorrei sapere se verrà affrontata non tanto l’indifferenza di scarpa o nori o di chiunque altro a scrivere su libero (perché appunto, come molti hanno sottolineato, il problema non è personale) ma l’indifferenza di libero ad accoglierli, il fatto che non li consideri minimamente “pericolosi”.
@georgia
ma qui si tratta di valutazioni di opportunità politiche, come dice Rovelli:
“Qui stiamo parlando di non voler legittimare un discorso culturale e politico che non ti appartiene e – che come ho già più volte scritto – ti surdetermina, ti fa essere un elemento di una catena significante che determina il senso di quel che scrivi.”
lo sottoscrivo in toto.
Il fatto che io sia più vicina a Mengaldo, almeno nelle semplici e chiare considerazioni che fa qui sopra, è certo, il legame tra le generazioni era forte, ora non più,
è un bene? o è stata una deriva lenta che ha fatto perdere il senso delle cose?
si può innovare anche senza perdere la memoria, anzi, come dice un mio amico, le regole le cambia solo chi conosce le regole
@Geogia
http://www.radio.rai.it/RADIO3/FAHRENHEIT/index.cfm
@Alcor
Ma per es. su Il Giornale leggevo spesso i pezzi di Ottaviani. Sul web leggo sempre la sfiziosa preghiera di Langone su Il Foglio. (Non sopporto la sua omofobia, il suo papismo, e il suo bacchettonismo libertino, ma sa scrivere). Mai trovo nulla d’interessante su La Repubblica o sull’Unità (a parte i pezzi non a caso controcorrente di Francesco Piccolo). Si può leggere una penna di talento anche se non si condividono sempre le sue idee. Pensa che amo Cèline e anche Pound. Son per questo fascista o antisemita? Mah.
Ah beh siamo arrivati a tirare in ballo Céline. Anch’io lo amo, ma si sta parlando d’altro, mi pare.
a georgia (e alcor)
“Ci siamo scannati su Berardinelli quasi linciandolo con supponenza (io fra i primi) solo perchè scriveva articoli pregevoli (che nessuno di noi, ma non solo di noi, è in grado di scrivere) su un giornale che detestiamo come Il foglio, e oggi siamo arrivati a dire che … ok sul Foglio forse è permesso ma su Libero MAI.”
Io ho buona memoria, e il web pure.
1) qui su NI è ancora leggibile una polemica aperta e civile tra me e Andrea Raos con Berardinelli, nata da una stroncatura che Berardinelli fece a un nostro dossier sulla poesia francese su Nuovi Argomenti.
Chi ci andò giù duro su Berardinelli e la sua collaborazione sul Foglio fosti proprio tu, Georgia, parlando di “passaggio dei lanzechenecchi”.
2) In ogni caso, per noi la questione della collaborazione di uno come Berardinelli sul Foglio era importante e non pacifica, e gli ponemmo una serie di domande che ho riportato anche in un commento precedente qui sopra. Quindi da parte nostra nessun linciaggio e nessuna supponenza, semmai precisa e ferma autodifesa delle nostre scelte di traduzione e curatela.
3) quanto agli articoli pregevoli di Beradinelli che nessuno di noi saprebbe scrivere, cara georgia, usa pure la prima persona singolare. Che tu abbia scoperta la penna di Berardinelli mi fa piacere, io lo leggo dagli anni Ottanta ed è stato un utile maestro. Che oggi non ritengo certo insuperabile.
(Ma, così, giusto per dire, non vi pare che a questo civile dibbbbbattttito mancano un bel po’ di habituè, scrittori che, certo si collocano a sinistra, ma che (strano) mai si espongono. Dovessero correre il rischio di irritare qualche possibile loro recensore? Ecco. A proposito di conformismo reale e di ribellismo ideale, un fulgido esempio concretissimo).
Io rispondo per me, e ci sono. Per il resto: fuori i nomi, giancarlo, dicci a chi stai pensando, altrimenti non capisco.
@Tramutoli
Ottaviani non so chi sia, Langone, beh, fa bene a star lì, dove altro dovrebbe andare?
Pensavo che intendessi belle e importanti penne di sinistra, ma evidentemente non scrivono sui giornali di destra, e l’unico a cadere nel trappolone è stato Nori.
E Scarpa, forse per un gesto di stizza che non si sa dove lo porterà.
A meno che con “belle penne libere” tu non intenda penne di destra o scarsamente politche, o qualunquiste, dando per scontato, come Battista e Borgonuovo, che liberi si sia quando si scrive su Libero e meglio ancora, quando di sinistra non si è.
Ma tu, Tramutoli, e ovviamente non sei tenuto a rispondermi, da che parte stai, politicamente parlando?.
@inglese
infatti, non ricordavo nessun linciaggio nei confronti di Berardinelli, qui.
Marco, per dire, mi vien subito in mente quel logorroico super impegnato (quando si tratta di farci partecipi di tutte le sue idiosincrasie, l’ossessione per la morte e la paesologia -due argomenti che spesso coincidono- la sua appena sfornata centomillesima poesia, la sua eterna sete d’ascolto unilaterale) di Franco Arminio. Ecco, Arminio, dove sei? per dire uno che pure apprezzo, compro e leggo. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi. Ciao
@Alcor,
ma come non l’hai capito?
Sono anarchico. (E dadaista). Non sono iscritto a nessuna squadra e tengo libero cervello e anima. Posso continuare a vivere?
Mi permetto di immaginare che cosa penserebbe Buenaventura Durruti di Libero. E immagino che non si limiterebbe a pensare.
ma certo:–)
Grazie, Alcor.
Comincio ad amarti.
Tutta questa discussione è nata da due casi emblematici: lo stesso pezzo di Nori fornito a due quotidiani diversissimi come Il Manifesto e Libero, e un articolo di Scarpa offerto e rifiutato da giornali di sinistra infine uscito su Libero. C’era molto di che riflettere, sia su quanto oggi siano irrilevanti e a sé le pagine culturali, da una parte e dall’altra, sia sulla miope politica culturale dei giornali di sinistra, che ospitano qualsiasi scalzacane figlio di boiardo ma ostracizzano i migliori talenti in circolazione. Niente, meglio fare la gara di purezza.
Caro Sergio, io come sempre rispondo per me. Primo, non sono figlio di alcun boiardo e pure mi fanno scrivere. Secondo, trovo offensivo dire che sto facendo una “gara di purezza”: per me è una questione di coerenza, che eventualmente si paga in termini di soldi e visibilità cui si rinuncia.
Quanto agli anarchici (ho sentito adesso Nori dire Sono anarchico): questo sì è davvero ridicolo. Essere anarchici si paga con le posizioni etiche che si prendono di giorno in giorno. Dire sono anarchico nel senso in cui si dice sono un “libero pensatore” è la massima svalutazione. L’anarchia – e la parola “anarchia” – ha una storia. Io non mi dico “anarchico”, e non lo faccio per rispetto verso quella storia. Anarchia significa legame solidale di una comunità che è il mondo intero, significa, giustizia, uguaglianza e libertà, significa amore e guerra (la pace degli oppressi, la guerra agli oppressor). Pensate a quel che dite prima di parlare. E abbiate rispetto per chi ha sacrificato la propria vita, e continua a farlo ogni giorno, prima di usare quella parola. Quando dico che Durruti non si limiterebbe a pensare, intendo questo. Lui ha agito.
Ho appena terminato di ascoltare Fahrenheit. Da lettore comune (non coinvolto professionalmente) di NI, e quindi fuori dai giochi, mi viene da dire: ho sentito Nori impacciato, Cortellessa preciso e gentile come al solito, l’ospite tutto preso a non far assumere alla conversazione toni che altrimenti gli avrebbero (magari sbaglio, è stata la mia impressione) potuto attirare critiche dal suo dirigente RAI.
Il problema è che l’Italia è diventato un paese in cui non è più possibile avere opinioni, un paese dove tutti i lavoratori impiegati nei media sembrano sempre preda di una paura costante: quella di venire cacciati se non seguono la linea. Al limite dell’essere più realisti del re.
Un tempo, senza remore di alcun tipo, si sarebbe detto: un paese fascista.
Caro Marco, io ho rispetto solo del merito, che vedo calpestato sia a destra che a sinistra. Quanto ai sacrifici, ognuno ha i suoi, e se permetti tu non conosci i miei.
Da che mondo è mondo, a uno scrittore basta dar carta e penna, e quello scrive e sta contento. O no?
non sono riuscita a scaricare nessun plug-in e perciò non ho potuto sentire nulla
@Tramutoli
se anche tu mi avessi risposto che sei di destra non lo avrei trovato un buon motivo per non leggerti e magari anche per bermi una birra con te discutendo e litigando, il punto anche per me come per Marco è la coerenza.
Che cosa vuol dire, se uno lo dice di sé, essere di sinistra?
Se uno lo dice e significa qualcosa, mi aspetto che non scriva per un giornale che è una clava in mano alla destra berlusconiana.
E non sto a ripetere tutte le ragioni che sono state dette da me e da altri sia qui che sotto il vecchio post.
Se invece mi dice non sono di sinistra, non apro bocca.
Che cosa vuol, dire sono anarchico?
Vuol dire mi faccio i fatti miei?
Se li faccia, purché non voglia essere [e dico in generale] tutto quello che gli fa comodo di volta in volta: di sinistra quando fa comodo essere di sinistra, di destra quando fa comodo essere di destra e anarchico (?) quando vuol avere mano libera.
Anch’io però ho sempre pensato l’anarchia come quella cosa che dice sopra Marco.
E anch’io ho il cervello e il cuore libero. Che essere di sinistra voglia dire abdicare al pensiero e ricevere ordini da una internazionale stalinista guidata da un grande vecchio o altre amenità è una di quelle barzellette che possono piacere al nostro presidente del consiglio e a tutti quegli ex-comunisti o ex-socialisti d cui si circonda.
Quanto a quello che dice @garufi, a parte la curiosità che mi è presa di sapere chi è lo “scalzacane figlio di boiardo” di cui parla, non è buona cosa, a mio avviso usare un problema per nascondere un altro problema.
Se la politica dei giornali di sinistra è un problema, non è lo stesso problema che si pone quando uno scrittore “di sinistra” (mo’ però comincio a usare le virgolette) scrive per un giornale di destra come Libero.
E due problemi, se vengono riconosciuti come problemi, vanno trattati separatamente, non usando l’uno per nascondere o negare l’altro.
Non sono in grado di nutrire la discussione, ma assisto al dibattito con grande interesse. Trovo il thread stimolante.
Mi chiedo solo come uno scrittore puo definirsi di sinistra o di destra,
scegliere di scrivere su un giornale o un ‘altro.
Per me vale solo l’opera. Essere scrittore è avere piena libertà.
Il problema è mescolare la creazione con la politica che sono due
cose opposte, è un’opinione forse ingenua, la mia.
Il pericolo non viene dell’autore, ma del potere politico che prende
nel suo mano edizione, publicazione.
Una politica che si intromette nell’arte è già censura.
Sergio, la parte del mio intervento sugli anarchici non era rivolta a te ma appunto su chi usa con disnovltura quel nome.
Quel che ti dicevo era invece: “trovo offensivo dire che sto facendo una “gara di purezza”: per me è una questione di coerenza, che eventualmente si paga in termini di soldi e visibilità cui si rinuncia.” Come troverei offensivo dire a uno che si spende gratuitamente per qualcosa o per qualcuno, rischiando del suo, impegnando la propria vita (che so, un partigiano, un volontario, un medico nelle zone di guerra o ad haiti…) che la sua è solo una gara di purezza. Gli esempi summenzionati valgono un milione di volte di più rispetto a chi evita di pubblicare su un giornale come Libero, è evidente, ma quel che si fa per coerenza non può essere svalutato sarcasticamente come “gare di purezzza”, tutto qui.
In una pausa tra un set e l’altro. A me pare che il modo in cui Libero (e dopo di lui il Corriere, ahinoi, e dopo di nuovo Libero, oggi, inserendo le parole condivisibili di Nori in una cornice di titoli e sommario che ne deformano pesantemente il senso – e aggiungendo commenti sul suo solito registro) ha presentato questa vicenda è una dimostrazione in corpore vili dei danni che è in grado di fare – e che fa! – Libero, e che più in generale fanno organi di informazione – se così è ancora lecito definirli – che allo “stile” di Libero. Danni che si producono puntualmente in tutti coloro che leggono Libero “come se fosse un qualsiasi organo di informazione”. Il “frame” discorsivo / processo / (coi correlati / inquisizione /, / rogo / e, aggiunta di oggi, / gogna/), è stato introdotto da Borgonovo nell’articolo del 14 gennaio. Da allora tutti coloro che sono intervenuti (tranne fortunatamente Nazione Indiana), da qualunque “parte” si “schierassero”, lo hanno utilizzato. Lo ha fatto Pigi Battista, in perfetta malafede (riprendo l’osservazione di una persona che lavora nella redazione di un giornale: a uno come Pigi Battista “verificare” quel che andava cianciando sarebbe costato una semplice telefonata: qualsiasi ufficio stampa avrebbe fornito in un baleno mail, cellulare e numero di mutande tanto di Nori che, ahilui, mie); lo ha fatto “Il Giornale” anonimamente, col breve commento sul bianchetto sul quale ha ironizzato effeffe; lo ha fatto persino Loredana Lipperini su Lipperatura (http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2010/01/15/processi-in-tutti-i-sensi/#comments), pur scrivendolo fra virgolette e fra l’altro mantenendo in proprio un atteggiamento, circa Nori, ancora meno “dialogante” di quanto possa avere il sottoscritto; lo ha fatto infine, sorridendo gigione come suo solito, Giuseppe Antonelli oggi in diretta a Fahrenheit, aggiungendo per lo più la sottolineatura “così possiamo dire”. Quella metafora insensata e linguisticamente distruttiva si è insomma incistata nel linguaggio di tutti noi. Libero è infettivo, prendiamone atto.
che allo “stile” si rifanno
Scrive Georgia:
“negli ultimi anni (pochissimi anni) è cambiato talmente tutto, che è difficile capire se non si rimette tutto in discussione.
Non nego l’importanza della memoria soprattutto in politica (anzi), ma temo che la scrittura e lo scrittore siano cose, oggi come ieri, molto più complicate e sfuggenti della politica … se uno scrittore si ritenesse obbligato a viaggiare solo sulla strada e la memoria aperta dalle generazioni passate sarebbe un suicidio letterario. Possono sbagliare? certo, hanno sbagliato in molti, ma sicuramente non esistono verità valide a cui uno scrittore o presunto tale si possa attenere e appoggiare per non sbagliare. Scrivere, ma anche pensare, è sempre senza balaustre e forse obbligarli ad usarle potrebbe essere opera da tribunale di salute pubblica ma non da salute della scrittura …”
Ripropongo in toto questo post perchè mi sembra che colga il centro della situazione. Mi stupisce l’accanimento con cui Alcor (dico lei ma potrei dirne altri) batte sul tasto di sinistra e destra: ma esistono ancora? E quel che ne resta giustifica un accanimento nei riguardi di chi parla di libri oppure di chi ne scrive?
E perché dici me, allora, Macioci?
Per il resto ti confondi, qui nessuno ha sottoposto a critica (politica poi, figuriamoci) la scrittura di Nori.
C’è evidentemente gente che pensa che Libero sia un luogo neutro, ti rimando al commento di Cortellessa delle 19:17
Mi permetto di immaginare che cosa penserebbe Buenaventura Durruti di Libero
beh è scontato cosa ne penserebbe :-)))) … però forse ti stupirebbe scoprire cosa penserebbe di tutti gli altri giornali del momento … non credo ne salverebbe molti quindi non tiriamolo in ballo, che è sempre un giochino pericoloso :-). Poi almeno da quello che ho capito il discorso verteva non su cosa sia Libero, che su questo siamo tutti daccordo (almeno credo), ma se nori possa scriverci sopra senza sentirsi un traditore … peccato ero fuori e non ho potuto sentire il dibattito.
Riguardo al linciaggio … andrea e alcor … beh era metaforico naturalmente, diciamo che è stato “criticato” perchè scriveva sul Foglio, ed è verissimo che le cose peggiori le ho dette io, qui, mai negato, e l’ho pure ricordato qui sopra, se leggi … diciamo anche che io sono meno diplomatica di voi … ad ogni modo per me ora può scrivere dove vuole visto che il meccanismo paventato dell’adeguamento al contenitore in lui non si è attivato fino ad oggi … poi si vedrà … Andrea da cosa deduci che ho scoperto berardinelli solo ora? per me fu una delusione quando andò al foglio … per questo ho parlato di cambiamento … se non lo avessi mai letto difficilmente avrei potuto parlare di eventuali lanzichenecchi cerebrali che rovinano cose già esistenti precedentemente … diciamo che non lo avevo più letto da quando era passato al foglio … beh avevo sbagliato a non farlo. Ricominciando a leggerlo mi sono accorta che avevo sbagliato alla grande … ad ogni modo da quello che ho capito, oggi scrivere sul foglio non è più grave come alcuni anni fa, ok ne prendo atto, anche se per la verità il foglio fa schifo come prima, e anche libero fa schifo naturalmente.
Bortolotti
Vorrei sapere se verrà affrontata non tanto l’indifferenza di scarpa o nori o di chiunque altro a scrivere su libero (perché appunto, come molti hanno sottolineato, il problema non è personale) ma l’indifferenza di libero ad accoglierli, il fatto che non li consideri minimamente “pericolosi”
Osservazone interessante, io personalmente penso che Libero, coerentemente, non considererebbe pericoloso nessuno scrittore, oggi il potere non considera pericoloso (almeno nel breve periodo che è l’unico tempo che considera) nessun prodotto culturale, anzi. Credo che il potere se ne freghi altamente del contenuto, a meno che questo non lo colpisca negli interessi diretti. Certo la camorra detesta Saviano perchè ha svelato certi meccanismi che non andavano svelati e soprattutto ha saputo catturare con la sua scrittura l’interesse di milioni di persone … questo si che è pericoloso … ma che lo abbia fatto nel contenuto mondadori o di qualche casa editrice di estrema sinistra è cosa del tutto ininfluente per loro.
Il prodotto della scrittura in se (in qualsiasi maniera sia marcato) non fa nessuna paura al potere. Certo se domani le cose che dice nori procurassero a libero una valanga di lettori competenti in più … qualche problema i referenti se lo porrebbero (ma allora l’operazione di nori sarebbe molto più rivoluzionaria di qualsiasi altro scrittore che scriva sul manifesto), ma fino a che i lettori saranno i soliti … non ci saranno problemi, almeno nell’immediato (ma ripeto il potere vive di solo presente).
perchè non vi scandalizzate che sul Fatto scriva luca telese o che come esempio qualificante marco rovelli porti massimo fini? Secondo me, ad essere pignoli, è cosa politicamente molto più scandalosa … ma questo è tutto un altro discorso.
georgia
georgia, massimo fini non è esempio qualificante di nulla, l’ho citato solo per dire che perfino un fini, e non un berija, definisca il giornale come stampa bieca e razzista, punto. Quanto a Durruti, ancora: certo, lui non salverebbe molta altra stampa, ne sono certo: ma appunto io lo citavo per dire Non usate la parola anarchico così disinvoltamente.
Perchè, Alcor, nel tuo commento del 19 gennaio ore 16,37 parli di penne di sinistra e giornali di destra a ogni piè sospinto. E perchè se questa non è critica politica al pezzo di Nori cos’è? Ecco perchè. Ma ripeto, non sei solo tu, è che tu insisti particolarmente su categorie secondo me obsolete, molto dopo che queste categorie hanno storicamente fallito.
sono lusingata, @Macioci, perché leggi me e non leggi Tramutoli, se avessi letto anche Tramutoli avresti visto che riprendevo le sue parole e gli stavo rispondendo.
Io, per inciso, non direi mai “penne” parlando di scrittori:-)
Se tu pensi che le categorie di destra e sinistra siano obsolete, alza gli occhi oltre lo steccato dei patri confini, forse vedi meglio da lontano.
Questa banalità che destra e sinistra ormai pari siano, la dobbiamo ai pessimi decenni berlusconiani da cui alcuni, più nuovi e più inesperti, si sono fatti abbindolare, destra e sinistra, persino quando sono in stato confusionale come in questo momento da noi, ci sono sempre state e sempre ci saranno.
Io continuo a pensare che il vero problema non sia la presenza di uno “scrittore di sinistra” (Nori o chi per lui) sulle pagine di un quotidiano di segno politico opposto al suo. Il vero problema, per me, è “Libero”, il ruolo che ha nella realtà mediatica di questo paese, l’uso che fa delle parole e delle immagini, proprie o altrui.
Oggi, a Fahrenheit, ho sentito di nuovo fare i nomi di Manganelli, di Fortini, ecc. Risibile, e soprattutto fuorviante. Perché, ci piaccia o no, “Libero” non è il “Corriere” (di Ottone) o “Il Sole 24 Ore”. Il giochetto del “pari son”, già in atto da parecchio tempo, fa comodo soltanto a chi da “Libero” si sente rappresentato.
Come ben ribadisce Cortellessa, il modo in cui Libero ha “trattato” la notizia dell’incontro Nori-Cortellessa è la prova ultima a sostegno di almeno questo principio: “non è opportuno per uno scrittore serio partecipare ad un giornale che non rispetta, indipendentemente dalla linea politica che esso esprime, un minimo di deontologia professionale”.
Di contro, NI, il cosidetto “Comintern”, ha invece fornito un esempio di giornalismo democratico e di base, in un regime di gratuità e collaborazione collettiva. Forlani ha mostrato come si può prendere in giro il Portavoce del padrone; alcuni indiani, individualmente, sono intervenuti, rappresentando innanzitutto se stessi, e non una sorta di linea unanime del sito; i commentatori hanno fornito liberamente le pezze d’appoggio per leggere direttamente gli articoli di Libero, il Corriere, l’intervento di Nori. Nel giro di una ventina di commenti, la falsa notizia di Libero è stata smontata, senza neppure che dovesse il principale indiziato, Cortellessa, venire a perorare la sua causa.
Capisco bene che da questo punto di vista la rete, e dei blog come NI (e i suoi commentatori), possano davvero infastidire i Portavoce del padrone.
@ Macioci
E’ desolante sentir dire, qui (come altrove, come in un convegno del pd, come su italia uno, come su Libero), che “sinistra e destra” non esistono più, che sono “categorie […] obsolete”, categorie che “hanno storicamente fallito”. Torno a ricordare – non so se in questa sede l’ho già fatto e nel caso mi scuso – una conversazione privata che per me è stata illuminante, con una persona che definiva il mio modo di vedere le cose “cultura del no, ideologica”, mentre la sua è la “cultura del sì”. A parte che anche questa persona bipartiva il mondo delle opinioni in due, e con categorie ben più sommarie e grossolane di “destra” e “sinistra” (coi loro connotati storici), ma questo modo di pensare – che pervade le giovani menti educate a valori banalmente “di sinistra” come la intende oggi il pd (cioè sostanzialmente di un buon liberalismo classico) come per l’appunto la correttezza nella comunicazione, il rispetto dell’interlocutore ecc. è un esempio di come quindici anni di veltronismo abbiano fatto molti più danni di un quarto di secolo di berlusconismo. Ma quel che a me interessa è quello che ha detto dopo, questa persona. E cioè che anche a lei era capitato di scrivere un pezzo su Libero, ma che dopo averlo visto stampato qualcosa dentro di lei l’aveva convinta a smettere di collaborare con quel giornale. Vorrei essere più preciso, non ho preso appunti in quel momento, ma sono moderatamente certo che abbia detto “qualcosa dentro di me”. Ecco, quel “qualcosa dentro di me” è quel residuo di raccapriccio ideologico per il linguaggio, per i frames discorsivi, per la deontologia di un insieme di parole (organo di informazione proprio no, non si può definire) quale è Libero, quel residuo di raccapriccio che appunto il senso comune di quindici anni di bombardamento cerebrale perfettamente bipartisan hanno inteso ottundere – e hanno in effetti catastroficamente ottuso. Ma è solo la critica dell’ideologia che ci consente di decodificare una prima pagina come quella che mirava a screditare la testimonianza di Veronica Lario riportando le foto di un suo spettacolo teatrale di decenni fa nel quale recitava a seno nudo. E’ solo la critica dell’ideologia – insegnavano appunto Marx & Engels nell’Ideologia tedesca (cito di seconda mano, da Ideologia di Terry Eagleton, libro utilissimo – che ci permette di essere consapevoli di quello e di altri raccapricci, di razionalizzarli, di capirne il perché e magari – in certi casi – di metterli a tacere. Ed è la critica dell’ideologia, insomma, che dobbiamo tutti tornare a coltivare – e aggiungerò purtroppo – in un tempo che è, a dispetto dei proclami, il più ideologico della storia umana. Perché insomma l’unica ideologia che fa male è quella che non sa di esserlo. Ora, una buona ed empirica, necessaria ma non sufficiente, definizione di “destra” e “sinistra” è quella secondo la quale tutta questa roba è archeologia (proprio mentre utilizza strumenti ideologicamente riconoscibilissimi, per es. per descrivere i fatti di Rosarno), e dunque ci si può permettere – per screditare un avversario – molto semplicemente di mettergli in bocca frasi non sue (Battista o Langone sul Foglio di ieri), e al limite anche di alludere al fatto che una donna sia una mignotta per il fatto che esistono sue fotografie a seno nudo, e che della testimonianza di una mignotta, come ogni bravo e rude maschio italico sa bene e dalla nascita. Mentre nella (mia) definizione di “sinistra” rientra appunto la presenza di una profilassi costituita da qualche residuo di critica dell’ideologia: che sappia come definire, richiamandosi alla sua tradizione storica, un comportamento come quello appena evocato.
Se per te non esistono più “destra” e “sinistra” non vuol dire che sei più “avanti” di me. Ma solo che sei di destra.
e che della testimonianza di una mignotta, come ogni bravo e rude maschio italico sa bene e dalla nascita, non c’è da fidarsi
scusate, ho scritto davvero senza rileggere; si vede che la vicinanza di Mughini tutta la sera mi deve aver influenzato
Seconda piccolo après coup della serata di ieri. Sono stato appunto seduto tutta la sera, in un locale stracolmo – come effeffe può testimoniare – di persone che davvero non avevano opinioni precostituite e che erano lì per chiarirsele (molti lettori affezionati di Nori sinceramente sgomentati, proprio come me, dalla sua scelta), a Giampiero Mughini. Non lo avevo mai conosciuto, se non ovviamente assistendo alla sue non molto divertenti performance televisive. Amici comuni mi certificavano la sua profonda e curiosa cultura, la sua leggendaria bibliofilia (vizio che ha in comune, peraltro, con ben meno commendevoli personaggi), la sua umana simpatia. Tutto verificatissimo. Il guaio è che appena qualcuno parlava per più di tre minuti consecutivi, Mughini a voca altissima lo interrompeva levando scenografici lai (veri e propri ululati), scuotendo la zazzera in segno di estenuazione ecc. ecc. A un certo punto mi sono anche incazzato, perché ho pensato (forse a torto) che fosse una tattica scientemente usata per far perdere la concentrazione alla persona che interveniva (nella fattispecie io, che infatti ho perso il filo). Ma tornando a casa mi è venuto da pensare che Mughini, che pure è persona (come ieri ci ha ricordato a lungo, con gustoso e un po’ vacuo aneddotismo, quando è toccato a lui parlare) che ha attraversato un po’ tutti i territori, oggi sia mentalmente condizionato dal linguaggio del frame più onniavvolgente, e ideologico, oggi su piazza. Quello che ha fatto le sue fortune. Ovviamente la televisione. Cioè il principale canale che ci ha vomitato nelle orecchie, per decenni, che “destra” e “sinistra” sono categorie del passato. Del che puntualmente Mughini, con appunto il passato che ha!, s’è detto com’è ovvio convinto.
Ciò per dire, ancora una volta molto empiricamente, che: quanto più nel nostro linguaggio e nelle nostre abitudini di pensiero mimiamo il linguaggio e il pensiero, se così si può definire, della televisione generalista, tanto più il nostro cervello è infettato dalla “destra” (cioè dall’inconsapevolezza, dall’insofferenza ideologiche di cui sopra). E che un buon modo di essere “di sinistra” – sempre empirico, necessario e non sufficiente – è collocare risolutamente il proprio pensiero e il proprio linguaggio agli antipodi di quelli della televisione generalista. Il che non vuol dire ovviamente che dobbiamo esprimerci come un cruscante, oppure arrogarci turni conversazionali più acconci a una relazione ai Lincei. Ma che ci tocca inventarci un modo di comunicare alternativo, questo sì. Perché in casi come questi il mezzo, davvero, si conferma il messaggio.
Terzo appunto. La metafora dell’infettività del linguaggio di Libero non è piaciuta a Nori. Riconosco che è pesante. Ma essa denota, o meglio connota, un dato di fatto: quello, come già detto, che il “frame” / processo /, per es., da quando in questa vicenda è stato introdotto da Libero, lo hanno mutuato un po’ tutti. Alcuna in perfetta malafede, altri senza seconde intenzioni (ma, appunto, omettendo di esercitare un minimo di critica dell’ideologia). Diciamo che quella metafora, così profondamente ingiusta, è divenuta endemica. Ha aggiunto Nori che suo obiettivo è precisamente quello di contaminarsi il più possibile, che la contaminazione e lo sconcerto e lo sparigliamento sono cose che lo divertono moltissimo. Figuriamoci se non sono fatti per divertire pure me. Tutta la modernità, e buona parte della postmodernità, ci hanno insegnato che ogni linguaggio, appunto, è un virus. Il che però non vuol dire che sia opportuno esporsi a ogni forma di contagio. Ci sono virus che (come sostiene per es. David Cronenberg) hanno il potenziale vitale di mutarci, di farci evolvere. E ci sono virus che semplicemente appannano, ottundono sino a spegnerle, certe facoltà vitali che sono essenziali alla nostra sopravvivenza. E’ evidente che quando vediamo un cartello con su scritto NO TRESPASSING, come all’inizio di Citizen Kane, noi tutti siamo stati educati a esultare, nel seguire il piano-sequenza di Welles che appunto oltrepassa quel limite. Ma è possibile che quel cartello stia lì per una ragione; per es. può essere che dopo di esso vi sia una voragine (la camera di Welles non rischia niente, perché vola; noi, se la seguiamo a piedi, altroché se rischiamo). Qualcuno ieri mi diceva che la figura di Nori pare fatta apposta per confermare l’adagio secondo il quale ormai all’esemplarità e al prestigio intellettuali di Karl Marx si siano da tempo sostituiti quelli di Groucho Marx (credo che la battuta, di diversi decenni fa, l’avesse inventata Woody Allen). Vuol dire – ho replicato – che in questo tempo la farsa rischia di ripetersi, ma in forma di tragedia.
Concordo con Cortellessa e mi domando cosa può significare scrivere su un giornale con cui non si è d’accordo, con cui non si condivide la prima pagina.
O lo si fa appunto da ospite ingrato o forse a il “non essere d’accordo” non si accorda troppa importanza. Cioè il non essere d’accordo implica una presenza pesante dell’opinabilità, non si può essere d’accordo sul paginone centrale di Playboy sia sulla ragazza che sullo stile di avere un paginone centrale di quel tipo, ma comunque scriverci. Ma quando il non accordo è su cose che non riguardano lo stile, ma la lettura, la visione di una società, forse bisognerebbe essere ben oltre l’idea di accordo/disaccordo (per ricitare W.Allen). Non so, ma a me pare che allora si confonda il contagio con l’infezion e le idee con le opinioni.
Scrive Pasternak nel dottor Zivago: “Il clima della ipocrisia costante eretta a sistema lora però, giorno per giorno, la sua salute delicata. Non si può senza conseguenze totali per il sistema nervoso, mostrarsi ogni giorno diversi da quello che si sente, rallegrarsi per ciò che ci rende infelici”.
scusatemi faccio una cosa che non so se sia corretta, riporto qui un commento fatto per il blog:
ho letto i commenti su nazione indiana di cortellessa, certo sono impeccabili, una specie di balsamo su delle ferite che tutti noi abbiamo aperte, ferite che gemono e che sembrano incurabili. leggere cortellessa vuol dire sentirsi dire le cose che che uno vorrebbe sentirsi dire, mughini che tutti odiamo descritto alla perfezione e apparentemente neutralizzato, cortellessa ha persino parlato di ventennio veltroniano che vogliamo di più? … tutto, c’era tutto, anche la battuta da marx a max … tutto impeccabile, tutto perfetto … e allora perchè mi è rimasto l’amaro in bocca come se parlasse di un mondo che intorno a me io e non vedo più?
Ma certo che esiste destra e sinistra, non solo esiste ancora, ma mai è esistita come oggi. E la destra è pure forte come non è mai stata. Dal dopo guerra tutte le generazioni si sono abituate ad avere gabbie in grado di catturare la realtà, e hanno funzionato a meraviglia (perchè erano in sintonia con la realtà, quella vera e non quella solo metabolizzata) … ma poi è successo qualcosa di veramente grosso … nulla è più come prima … e la realta in fieri se ne sta andando in corsie che noi non frequentiamo più (non sto dicendo la cazzata di andrea barbieri, perchè nella realtà purtroppo ci siamo tutti, sto dicendo che NON la pensiamo più), ed è come se per noi non esistesse più. Il prodotto immateriale dell’essere umano è diventato merce per eccellenza, al punto che a grandi multinazionali come facebook non interessa assolutamente più il contenuto degli umani (quello che fino a ieri dividevamo in destra e sinistra) ma solo le tracce immateriali, i gusti, le cliccate dell’essere umano (sia esso destro o sinistro), immenso materiale che poi viene venduto …materiale per cui tutti , anche in rete stiamo lavorando gratis, forse sentendoci di destra e sinistra ….
Una delle caratteristiche della destra, da sempre, è di essere attaccata al mondo non in fieri, quello già raffreddato, innoffensivo, quello che puoi descrivere senza traumi, senza buttare via un eccesso di energia (perchè l’energia è denaro).
Ma essere a sinistra vuol dire il contrario, vuol dire essere talmente incoscienti da credere di poter afferrare l’inafferrabile, quello che sta succedendo ora e non ieri l’altro. Ora a me cortellessa (che istintivamente mi è molto simpatico) sembra un po’ pacificato un gentile e intelligente signore che ha capito tutto dell’altro ieri. però ho dei dubbi sul fatto che lui sia in grado di capire oggi. Poi mio dio, coi vecchi parametri, passare dal Manifesto alla Stampa potrebbe anche essere considerato un andare all’indietro in quello che intendevamo per sinistra … ma qui sono daccordo con treno a vapore si va dove ci pagano, dove ci pagano meglio e tutto è permesso.
Il che naturalmente vale anche per Nori, anche se Nori è dislocato in luoghi lontani dal potere … oggi il potere reale non ha più centro e periferia … ma la carta stampata ha ancora un potere territoriale (cosa che non ha la rete).
Ma veniamo al punto: dato per scontato che esista destra e sinistra (e ci mancherebbe. Chi lo nega, e qui sono daccordo con cortellessa, è di destra) , dato per scontato che la destra più becera, invasiva e invadente è oggi non al governo ma AL POTERE, in Italia, cosa deve fare uno di sinistra? Beh se si fa politica, fare di tutto per buttarla giù e ripristinare la democrazia. (ma per ora la cosidetta sinistra ha solo buttato giù chi aveva sconfitto berlusconi, e lo ha fatto per ben due volte … eppure continua a chiamarsi sinistra). Ma lasciamo perere le polemiche tutti qui sanno che io non perdono chi ha fatto cadere prodi per ben due volte e che si sente ancora di sinistra.
Torniamo al punto :-): cosa deve fare un intellettuale? perchè questo è il nocciolo del contendere. In questo caso si parla di intellettuali e non di politici. Anzi cosa deve fare uno scrittore (ammesso e non scontato che sia un vero scrittore)? Io penso che lo scrittore sia sempre un filtro, una cozza che filtra tutto il sudicio del mare, lo assorbe, il suo tempo, bello o brutto che sia, e lo consegna ai posteri. Chiaro che più brutti sono i tempi, e più nausebondo sarà il residuo tramandatoci. Ora io non so Nori cosa voglia fare e cosa sia capace di fare, ma certo non sarà dalla redazione della stampa o della repubblica che potrà fare la cozza :-).
Io non dico che per scrivere bisogna andare in mezzo ai nazisti, io non dico nulla a priori, dico che ogni scrittore ha diritto di fare quello che sente … sarà giudicato dopo, vediamo se davvero per nori il contatto con il linguaggio di libero sarà infetto (già sti termini medici a me danno fastidio) come sembra pensare cortellessa.
io non penso che destra e sinistra non ci siano più, mai come oggi sono presenti, penso solo che in alto mare non ci si possa comportare, per capire, come se fossimo sulla terra ferma. Nulla di quello che c’era ieri c’è più.
@ Cortellessa
è però opportuno, quando si usa la categoria di “sinistra”, rammentare almeno che:
• trattasi di categoria che rimanda alla disposizione degli schieramenti nel Parlamento;
• i Comunisti, di qualsiasi scuola o tendenza, non si ritenevano “di sinistra”;
• o comunque precisavano con forte aggettivazione (sinistra riformista, extra-parlamentare, di classe, rivoluzionaria, etc.).
È vero che ritenere oggi obsolete le categorie di “destra” e “sinistra” è poco opportuno; però è anche vero che bisognerebbe fare su queste categorie, e soprattutto sulla seconda, una fortiniana “verifica dei nomi” (che credo possa coincidere con la critica dell’ideologia per come da te proposta).
Tanto per dirla chiaramente: se uso il concetto di “sinistra” in termini che furono di Fortini, ad esempio, il PD non è un partito di sinistra … Allo stesso modo, potrei dire che se stabiliamo, convenzionalmente, che il PD è di sinistra, io non lo sono, proprio perché non voglio mischiarmi, ideologicamente (uso qui il termine in senso gramsciano), con quella prassi politica.
Da ciò, anch’io ritengo squalificante scrivere su Libero etc.. Anche se, a onor del vero, ritengo più deprimente, anche in relazione al bacino d’utenza, certamente più vasto, l’uso che del linguaggio fa Repubblica: quanta acquiescenza veicola? Che tipo di società? Che funzione ha avuto nell’accantonare parti sostanziali della Costituzione (dal proporzionale alla meritocrazia, passando per un attacco feroce a ogni idea egualitaria) … Ma questo è un altro discorso …
Trovo che sia un segno dei tempi (alquanto demoralizzante!) che ci siano intellettuali “di sinistra” che non trovino nulla di male nel collaborare con Liberò. Però, qual ora davvero si conducesse quella “verifica” di cui sopra, e soprattutto a partire dalla concretezza dei comportamenti, magari si scoprirebbe che proprio così di sinistra non sono, o che lo sono soltanto in quanto elettori … Ben poca cosa, per me; vista, appunto, l’insulsaggine della sinistra parlamentare attuale …
Esiste, per nostra fortuna, una sinistra “diffusa”, in grado di mobilitare un numero cospicuo di persone (guerra, base Vicenza, no tav, scuola, razzismo, etc.). Neppure una di queste persone si sognerebbe mai di scrivere o di soltanto leggere, neanche gratuitamente, Libero … Qui le differenze sono chiare … Ma non si tratta di intellettuali …
sp
Concordo con tutti i commenti di @Cortellessa, faccio mio il rilievo sugli anni veltroniani, e faccio mia anche questa sua affermazione:
“Se per te non esistono più “destra” e “sinistra” non vuol dire che sei più “avanti” di me. Ma solo che sei di destra.
Trovo interessante che nessuno abbia il coraggio di dire “sono di destra” e si ricorra a un pallido richiamo a un’anarchia tagliata su misura che a volte mi sembra uguale alla vecchia goliardia non pensante.
O a una neutralità che non è mai esistita.
Prendete posizione, ogni vostro atto è politico, che lo vogliate o no.
Dite sono di destra, o sono un moderato, o sono un qualunquista, ma non difendetevi dietro il silenzio o pallide negazioni.
Vi si rispetterà di più.
Non dite questa sinistra mi ha deluso e perciò…
Questa sinistra ha deluso anche me, ma ciononostante…
Mi chiedo perché non si abbia questo coraggio, non attribuisco questa terzietà soltanto alle responsabilità della politica, a berlusconi, a veltroni, benché siano grandi, un po’ di responsabilità personale non la vedrei male, da parte di gente che immagino si definisca intellettuale, anche in senso lato.
Vedo un residuo di imbarazzo, uno strisciante conformismo, una mancanza di coraggio personale, nessuno si vuole urtare con nessuno e vuole invece prendere dalla corrente quello che di volta in volta gli fa più comodo.
Si annusa l’aria.
E ditelo, cribbio, non limitatevi a sostenere che tutto è uguale.
L’aria diventerà più pulita.
un articolo su La stampa
SE, perché delle parole riportate mi fido sempre poco, ma SE questa frase di Nori:
“«Io resto della tesi di Josif Brodskij, l’unico rapporto che deve legare scrittori e potere dev’essere indifferenza, e disprezzo».
letta sulla Stampa linkata da georgia è vera, mi vengono le vertigini.
Brodskij non ha mai scritto, o almeno a me non risulta che abbia mai scritto su organi di propaganda politica, proprio per coerenza con la sua affermazione.
Nori comincia a sembrarmi un prestigiatore.
ma è vero che nori è stato censurato dalla repubblica perchè troppo pessimista, e che addirittura gli sia stato chiesto di cambiare il pezzo che gli era stato commissionato? sembra (io ancora non ho sentito la trasmissione alla radio) lo abbia detto anche a fahrenheit.
Grande alcor!!!!
http://www.radio.rai.it/RADIO3/FAHRENHEIT/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=309673
grazie mar asma!
de nada, chica!
a sp
posto che dubito che Nori sia uno scrittore di sinistra, è chiaro che tutto il problema è dato proprio da questa confusione:
“ma se uno scrittore è di sinistra, allora è normale che scriva su Libero?”
Ora, è evidente che se la risposta è sì, questo crea un immane e definitivo casino. O semplicemente: l’essere di sinistra non implica più che certe azioni si accordino a certi principi e certe altre no. Significa che essere di sinistra, è semplicemente una condizione verbale, performativa: nel momento in cui io dico “sono di sinistra”, eccomi davvero “essere” di sinistra. Poi posso fare qualsiasi cosa ovviamente, anche scrivere su Libero.
Poi definiamo pure che cosa voglia dire essere di sinistra. (Su questo, credo che gli elementi forniti da Cortellessa siano necessari ma non sufficienti. Ma il discorso è lungo.) Sono comunque certo che tale condizione sia incompatibile con una collaborazione alla pagina culturale di Libero. Quindi o Nori corregge la sua autodefinizione, o la correggono coloro che si sentono non solo verbalmente di sinistra.
Questa correzione non è un processo a Nori. L’Italia è piena, oggi più che in altri tempi, di gente di destra, e di una destra berluconiano-leghista. E’ una puntualizzazione per il bene di coloro che si sentono di sinistra, che non vedono nessun crollo delle differenze, e che appunto ci tengono a fare distinzione tra gli atteggiamenti.
Poi, a mio parere, anche uno scrittore di una certa destra liberal-conservatrice potrebbe rifiutarsi di scrivere su Libero, per ragioni di deontologia professionale. Difendere l’importanza della costituzione, così come il principio di legalità, così come l’esistenza del corretto giornalismo non sono posizioni di sinistra, dovrebbero essere atteggiamenti condivisi sia dalle persone di sinistra che da quelle di destra.
buffa la cosa che se uno non si riconosce in questa destra e in questa sinistra, anzi, non le riconosca più come categorie da scegliere per schierarsi sia di destra. dunque io sarei di destra, secondo questi illuminanti parametri.
bel modo di ragionare, ora saprò cosa dire quando mi trovo di fronte a uno di sinistra. resta da capire cosa devo dire a quello di destra, visto che non riconosco patria, dio e famiglia e sono affascinato dal diverso. vabbé, a loro dirò che sono di sinistra.
ma voi ditemi, l’occupazione, intendo proprio occupazione fisica, occupare un palazzo per attività culturali, è di destra o di sinistra?
Dunque, ricapitolando:
se non son vegetariano vuol dire che son cannibale.
Giusto?
è possibile per favore conoscere i dati economici di cosa vuol dire scrivere e collaborare a destra o sinistra? Ovvero: quante copie ha venduto in più Libero? Quanto vale la collaborazione di Nori con Libero (per l’editore e per il collaboratore)?
Oppure: quanto spazio danno i giornali quotidiani, settimanali, mensili a chi parla di cultura? E quanto valgono, economicamente parlando, queste collaborazioni in denaro sia per l’editore che per il collaboratore?
Scusate il mio pragmatismo ma a volte serve anche un con te sto economico di riferimento.
Tramutoli caro, diccelo tu; noi non lo sappiamo. Tu ti consideri di destra? Di sinistra? Oppure non-ti-riconosci-in-queste-obsolete-categorie-che-noi-tutti-ironicamente-sappiamo-appartenere-a-un-mondo-sepolto-dalla-storia, e dunque non ti consideri di destra? Allora come mai il linguaggio di Libero, i titoli di Libero, le prime pagine di Libero non ti dànno fastidio neanche un po’?
come mai il linguaggio di Libero, i titoli di Libero, le prime pagine di Libero non ti dànno fastidio neanche un po’?
però qui nessuno, neppure tramutoli, ha mai detto una cosa del genere, a me sembrava che il discorso vertesse su ben altro, fosse un po’ più complicato, ma forse mi sono sbagliata.
Per me libero è un giornale orrendo (ma anche nori ha detto che non condivide nulla di libero) … io non ci scriverei mai … ma il mio dubbio non è su cosa farei io, ma piuttosto se io oggi abbia il diritto di fare le pulci a chi ci scriva sopra, con contenuti del tutto accettabili e scritti bene … magari (non so se sia vero, la butto là) è anche aducativo che i lettori di libero ogni tanto leggano qualcosa di decente … o no? Solo i lettori della stampa devono avere questo privilegio? Bene dite alla stampa di assumere nori ;-)
Carissimo Cortellessa,
Posso, sommessamente dire che questo manicheismo mi pare per lo meno preoccupante? E pure il presupposto che i migliori, gli onesti, gli idealisti, i colti ecc. stanno tutti da una parte sola (la nostra, ovviamente) e quegli altri, che schifo, tutti fuorilegge, ignoranti, avidi e brutti, sporchi e cattivi? Io non credo alle vostre categorie. Credo nell’etica dei concretissimi comportamenti quotidiani. Dimmi come ti comporti tutti i giorni e ti dirò a che ideologia appartieni. O veramente siete convinti di avere tutte voi le ragioni? Eppure a sinistra se ne vedono di trasformismi, colpi bassi, opportunismi. Il linguaggio di Libero (che anch’io leggo solo dai titoli delle prime pagine della rassegna stampa) non mi piace, e neanche mi piacciono i toni faziosi di La Repubblica se per questo, tipo le venti domande perentorie da fare a Silvio, e neanche il tono perbenino, moralistico e pedantino della direttora Concita dell’Unità e tante altre cose, tipo il tono trombonesco di chi parla dando per scontato di aver capito tutto, senza l’ombra dell’ombra del dubbio, di poter alle volte aver torto. Si può anche scegliere di star da una parte precisa e non considerare tutti quelli che stanno altrove come dei poveracci. Anzi, è proprio questo presunto atteggiamento di superiorità che ci sta regalando il ventennio berlusconiano, almeno credo, tendo a pensare, mi vien da ipotizzare (sempre pensando ai miei naturali limiti conoscitivi).
Io sto dalla parte di chi si prende il lusso di pensare senza schematismi. Da anni leggo (e a gratis sul web) le pagine culturali di qualsiasi giornale, dove spesso il contenuto non è inquinato dalla linea del giornale. Anche su Tuttolibri, se per questo, ci son cose firme molto varie e spesso lo butto via senza trovarci nulla d’interessante. Firme varie come i Mughini, Pansa, Moggi, Trevisan e Nori su Libero. Poi ‘sto Borgonovo non mi pare Belzebù. Posso dire che (scandalo!) mi sta quasi simpatico?
@ Georgia
E’ un po’ paradossale la situazione in cui ci troviamo. Facciamo a capirci bene. Allora, tutti concordiamo (tranne Tramutoli, il quale non si è ancora espresso) che Libero fa schifo e che mai ci scriverebbero sopra. Ciononostante non si possono discutere le scelte di persone di valore, persone che stimiamo da anni e delle quali seguiamo con passione il lavoro, nonché persone diciamo-non-di-destra, le quali sulle medesime pagine al contrario accettano di figurare col proprio nome, la propria faccia e la propria storia (leggo oggi per es. su Libero – quarta copia consecutiva che ho dovuto acquistare – che Tiziano Scarpa intervistato da Borgonovo, dopo avergli raccontato “tante cose sul suo nuovo libro”, sostiene “che scrivendo per Libero è possibile parlare a persone che hanno diverse dalla mia, che non partono dalle mie premesse. Credo che possa essere una bella sfida, una cosa stimolante”).
Semmai sono da discutere le persone le quali, su questa cosa, hanno qualcosa da dire: le quali – come si è potuto vedere l’altra sera – organizzano a loro carico processi, gogne, roghi ecc. ecc. I loro sicari li vanno a prelevare nelle loro calde casucce di Bologna e di Venezia, li stanano, li deportano su treni piombati a Roma vituperio delle genti. E lì appunto, in branco selvaggio e ringhiante, li lapidano senza pietà, infine disperdendone le ceneri al vento.
Non è lecito, o comunque è assai problematico e “un po’ intransigentissimo” (come si espresse la scrittrice della “cultura del sì”) chiedere come mai, se non si è di destra (di una destra estrema: sessista, sciovinista, razzista, fondamentalista religiosa, oltre che, va sans dire, acremente berlusconiana), non si reputa equivoco rivolgersi a un pubblico a questo linguaggio e a questi valori aduso, e che soprattutto questo linguaggio trova franco, diretto, finalmente scevro da ideologie (!) e culturalismi d’accatto, pane-al-pane-vino-al-vino-negro-al-negro. Come mai non si reputa tale sfida, anziché “stimolante”, opportunistica e aproblematica.
Niente: gli unici che devono spiegarsi siamo noi. Dobbiamo distinguere, puntualizzare, schermirci. Io per es., nella prima fiammata della discussione, scrissi/dissi, nel post su Ammaniti, che “speravo che Nori o chi per lui potesse chiarire”. Intendevo dire che spiegasse se la sua era una collaborazione vera e propria, organica e continuativa, oppure un hors d’oeuvre come quello che descrisse sempre qui – prima di cogliere gli stimoli di questa “bella sfida”, s’intende – Tiziano Scarpa. Però riconosco che il termine “chiarire”, visto che sono attento ai linguaggi e ai loro contesti storici, era sgradevole e intollerabile (non scrissi però, neppure in quel momento, che “doveva”, bensì che “speravo potesse”, “chiarire”; oggi invece su Libero c’è scritta ovviamente la prima versione), poiché richiamava – come scrive il terzista articolo di Jacoboni oggi sulla “Stampa” – passati episodi dei quali nessuno prova nostalgia. Come mai però io sto male per quell’espressione del cazzo, e Nori o Scarpa non si sentono a disagio a scrivere a pochi centimetri di distanza da chi usa – facendole autenticamente grondare dalle colonne – espressioni ben più inopportune e ansiogene e, ribadisco, criminogene? Ma non importa, certo. Questa domanda è superata, e del resto risponde a una logica obsoleta e sconfitta dalla storia. Il problema diventi quindi il “processo”. Il classico dito, cioè: mentre l’oscena luna di Libero rifulge nell’indifferenza – cioè nella tolleranza – più generale.
mah, com’è italiano il brodino tiepido, l’orrore per la chiarezza, durezza, nettezza, mentre piace tanto la morbidezza, lo smussamento degli angoli perché non sta bene fare domande precise e maleducate, meglio dire massì, che cosa vuoi che sia, non è grave, non è niente, vedi sangue? no, e allora?
la famosa untuosità clericale italiana, la famosa joie de vivre italiana, il famoso cinismo italiano, la simpatia
perché dobbiamo essere antipatici e fare domande inopportune, quando è tanto più semplice essere amiconi e non manichei?
Da un secolo e mezzo a questa parte, che prima non si capiva bene cos’era, il paese è sempre stato così, tarallucci e vino e brevi scoppi di crudeltà, subito sopiti dalla mano untuosa di una cultura sempre pronta a fare compromessi pro domo sua
mi sono sempre rifiutata di riconoscere un carattere tipicamente italiano, mi piace distinguere, sezionare, separare il grano dal loglio, ma ho sempre sbagliato, il carattere italiano c’è e rifulge in tutto il suo splendore
@ Tramutoli
Il manicheismo lo vedi solo tu. Chi ha scritto, chi pensa secondo te che i giornali “dell’altra parte” sarebbero modelli di equità, correttezza, condivisibilità? Bisogna proprio rifulgere di ignoranza nei confronti delle circostanze concrete del lavoro intellettuale per pensare che io, o qualcun altro, la possa pensare così. Il tuo è un fulgido esempio di benaltrismo, insomma. Si dà il caso che qui si discuta di Libero e ci si affretta a dire che però anche la Repubblica e La Stampa e il manifesto c’hanno le loro rogne. Il famoso ultimo discorso di Craxi, San Benedetto Craxi, nell’aula sorda e grigia. Tutti colpevoli, nessun colpevole; e tutte le vacche restano nere.
Ma si può sapere che cazzo c’entra? Ieri sera qualcuno s’è azzardato a discettare dell’assetto societario di Libero (il medesimo del Riformista), e subito è partita la protesta “eh, ma parlate voi” (voci chi???) “che nell’87 avete preso i soldi da Craxi”, si udivano alti lai sui “fondi neri di Valentino Parlato” (tutti coloro che lo frequentano ne conoscono i sardanapaleschi privilegi, del resto), sulla “piscina di Sansonetti”. Dunque in Italia, come del resto ci avvisano amorevoli un giorno sì e l’altro pure, assistiamo a una colossale concentrazione di potere nelle mani di Parlato e Sansonetti: una vera Spectre, un Impero del male. E solo Berlusconi e i suoi fidi si ergono a difendere le povere famiglie, loro fulgidi esempi di familismo italiano!, da questi loschi-figuri-fuori-dalla-storia che non vedono l’ora di riprendere a papparsi i loro bambini. Dici Tramutoli che Tuttolibri lo butti senza problemi, che per te è più o meno come Libero. Benissimo. Come la pensi, ora, per me è perfettamente chiaro.
Moggi!
@cortellessa
Mi stupisco dell’impeto delle tue parole, e se non t’avessi visto in tv e non avessi letto tuoi bei pezzi e dunque non ti stimassi e non sapessi che sei colto e intelligente, mi riterrei profondamente offeso dai giudizi così tranchant che esprimi sulla mia persona. Io non sono di destra e non sono di sinistra, in passato ho votato e mi sono interrogato prima di arrivare a questo punto, e dunque domando: posso o non posso reclamare una mia LIBERTA’ IDEOLOGICA in un tempo, come giustamente affermi tu, totalmente ideologico? Credo – e ne ho tutto il diritto anche se mi sbagliassi – che la sinistra come movimento politico precipuo abbia avuto termine col crollo del muro di Berlino ovvero 21 anni fa, e che quel che ne resta è residuale, mortuario, cadavere, è già decomposto, puzza di marcio, d’inganno, di marionetta. Credo altresì che i totalitarismi di destra abbiano posto fine alla destra medesima come movimento politico precipuo ben prima del 1989, e sostanzialmente col termine della seconda guerra mondiale – parlo dell’Occidente. Credo ancora che oggi IN ITALIA viga un indifferenziato pericolosissimo non soltanto perchè, come dici tu, addormenta le coscienze ma anche perché, come tu testimoni, le esaspera nell’impotenza fino a renderle profondamente inquiete e belliche e in definitiva intolleranti. Voglio farti una domanda ben precisa, perché io intervengo qua da lettore e scrittore e non da militante politico: di quanti grandi scrittori puoi dire, senza ridurli a mera ideologia e quindi senza svuotarli di senso, quello è di destra e quello è di sinistra? Kafka è di destra mentre Proust di sinistra? Shakespeare è moderato e Dante fascista? E Goethe cos’è, democristiano? Milton nazista? Flaubert comunista? Baudelaire hippy? Melville reazionario? Gadda era un fascistissimo che poi divenne staliniano? E perfino sapere chi vota (sic!) lo scrittore aggiunge un granello infinitesimale alla sostanza (non all’interpretazione, che è una sovrastruttura) della sua opera? Poi vorrei che rispondessi a quest’altra domanda: se uno scrittore che tu stimi, se uno scrittore che tu ritieni grande, ma grande sul serio decidesse di pubblicare un suo pezzo su Libero, tu da quel momento non lo leggeresti più oppure considereresti inficiato il valore della sua opera e insomma lo boicotteresti, anteponendo di fatto l’ideologia all’arte? Oppure potresti star certo sin d’ora che tale mia ipotesi di scuola (un grande scrittore che pubblica un pezzo su Libero) sia irrealizzabile perché nessun grande scrittore, nessuna grande mente potrebbe mai pensare di pubblicare qualcosa su Libero? Girandola in un altro modo ancora: Heidegger perde qualcosa della sua grandezza filosofica se s’insinua il sospetto che non abbia avversato il nazismo e che anzi ne sia stato almeno in parte sedotto? Purtroppo – sottolineo purtroppo – no. Purtroppo la civiltà che produsse il nazionalsocialismo era una delle più colte di tutti i tempi. Insomma è vero quel che tu affermi – e cioè che va recuperata un’igiene del linguaggio e della critica, perché oggi il linguaggio è trattato come l’ultima ciabatta; ma ciò non s’ottiene A MIO AVVISO schierandosi a sinistra piuttosto che a destra, bensì mantenendo un’attitudine il più possibile d’ascolto e d’apertura, ciò che appunto lo schierarsi preclude in quanto si combatte per qualcosa che non esiste più, che ontologicamente confonde e svia e delude ed evapora.
Infine ti prego di non tacciarmi mai più come destrorso, né come sinistrorso: il che non vuol dire ch’io mi disinteressi della situazione civile. La mia idea è che la situazione nella sua gravità vada BEN OLTRE destra e sinistra, che la crisi sia antropologica e che richieda nuove categorie DI PENSIERO se non vogliamo schiattare tutti, se non vogliamo suicidarci mondialmente, se non vogliamo accecarci a furia d’indicare il dito al posto della luna, e con le dita ficcate nelle orbite continuare a pensare di guardare la luna. Dunque capisci da te che io non ho la soluzione, ma credo d’aver chiaro il problema; e che se per me il problema è questo, una pubblicazione su Libero (che non stimo affatto) o un’altra su Repubblica (che stimo più di Libero, ma ciò non vuol dire che la stimi) può rappresentare al limite motivo di dibattito, mai però d’offesa personale né di livore o d’accusa di superficialità – l’accusa più semplice da fare, in fondo.
Con cordialità.
Macioci
@ Macioci
Scusa se ti ho offeso, ma temo che ti rioffenderò. Perché però ti offende la qualifica di persona di destra? Se non sei di sinistra, se non ti offendono i valori culturali storicamente fatti propri dalla destra, cosa ci trovi offensivo? Davvero spiegami, non capisco. Sono io che ti vedo di destra, e francamente ho pochi dubbi che tu lo sia, relativamente a come vedo io le cose del mondo.
Ma soprattutto: come puoi paragonare il tuo comportamento, qui e ora, con quello di Proust di Kafka di Céline? Ieri a un certo punto una persona seduta a quell’interminabile dibattito ha mormorato una frase che poi non ha voluto ripetere a voce alta: “è tutta una questione di narcisismo”. E’ proprio così. Io per Nori ho grande stima. Ho fatto il conto: in undici anni ho scritto su di lui dieci articoli, l’ultimo una decina di giorni fa (dopo, dunque, aver cianciato che “chiarisse”). Ma so bene che non è Céline né Junger. Come il sottoscritto non è Heidegger, Curtius o Carl Schmitt. Spero che lo possa diventare un grande scrittore, Nori, un giorno; il mio ruolo consiste nello sperare, in fondo; e anch’io, nel mio piccolo, spero di crescere. Di dire sempre meno cazzate, di sbagliare di meno. Ma ho una nozione abbastanza precisa, temo, dei miei limiti. Ci dev’essere una misura, in queste cose. Altrimenti tutto giustifica tutto, tutto è uguale a tutto. Come si fa a pensare: siccome persino Heidegger, nel ’34, allora anch’io, nel mio piccolo… Anche questo è evadere il problema: che è solo e squisitamente il problema del qui e ora. Dei nostri comportamenti quotidiani, come ci esorta a considerarli l’imperturbato Tramutoli (io i miei li giudico ogni minuto secondo; altri, mi pare, a detta pratica indulgono meno).
Buon Macioci, colto Macioci, sensibile Macioci. Come fai a sostenere, in questa Italia, in questo pianeta, la tua olimpica NEUTRALITA’ IDEOLOGICA? Cosa vuol dire? E’ una medaglia che ti metti sul petto? (sì, certo, è un mondo ideologico; ma io no, non ci casco, io non me la bevo: è l’eterna figura dell'”apota” col quale Prezzolini – ieri rivendicato come modello da una persona a me cara, che il cielo la protegga – irrideva Gobetti…). Di fronte a Rosarno puoi restare neutrale? Di fronte alle guerre di Bush eri neutrale? Di fronte alla copertina di Libero con Veronica Lario tette al vento ti senti comodo, ti senti protetto, ti senti soddisfatto nella tua neutralità? E che cosa ci facciamo, con questa olimpica neutralità, eh? Ci scriviamo qualche capolavoro?
Ah! Cortellessa! Che fa, mischia le carte? Spariglia?! E sì, perché se scrive “di fronte alle guerre di Bush” io, con un certo retrogusto provocatorio, le chiedo: e quelle di Obama? Caro Cortellessa, non si neutralizzi! La sua frase è spontanea, e proprio per questo ho il sospetto che segnali un’idea di sinistra che è radicata in lei: molto nominalista, se così posso esprimermi. Ma spero di sbagliarmi …
PS: i fatti dicono che Obama continua Bush, con aggiunta di risorse; cambia solo – ed è questo il discorso che qui serve fare – l’uso del linguaggio. Questo è il tema sostanziale. Ne va della sopravvivenza del pianeta intero (e siamo ben oltre Libero) …
sp
Certo, certo, non si può parlare delle guerre di Bush (e dei giornali che le appoggiarono, e dei pochi che vi si opposero) perché ora urgono quelle di Obama (ancora non iniziate, peraltro, a quanto mi risulti). Continuiamo così, mi raccomando. E ricordarsi sempre, mi raccomando soprattutto, della piscina di Sansonetti!
cortellessa comincia ad aver ragione. posso continuare la sua lista? questa intendo:
“Di fronte a Rosarno puoi restare neutrale? Di fronte alle guerre di Bush eri neutrale? Di fronte alla copertina di Libero con Veronica Lario tette al vento ti senti comodo, ti senti protetto, ti senti soddisfatto nella tua neutralità? E che cosa ci facciamo, con questa olimpica neutralità, eh? Ci scriviamo qualche capolavoro?”
di fronte alla sinistra che inciucia politicamente con berlusconi puo’ restare neutrale? il fatto che la sinistra l’abbia tenuto al governo per vent’anni la lascia neutrale? se fosse un autore, pubblicare e rimpilzare le sue casse prendendo le briciole delle percentuali autoriali la lascia neutrale? continuare a dichiararsi di sinistra vuol dire continuare ad avallare quelli che lasciano passare lo scudo fiscale, che si accordano per il processo breve, che riesumano craxi? tutto questo, a lei che è di sinsitra, la lascia neutrale? sa perché non sono credibili gli intellettuali di sinistra? perché sono tutti a busta paga del berlusca. rendetevene. e ora avanti con altre lettere di giustificazione. attendiamo quelle di evangelisti e genna.
ma che autorevolezza crede di avere un autore di sinistra se continua a tenere il piede in due staffe? lo vogliamo capire o no?
Ecco, una cosa è certa: il senso dell’ironia, a sinistra, latita …
E in ogni caso è male informato: in Pakistan Obama sta bombardando, così come si accingeva a farlo nello Yemen, dove però è riuscito a farlo fare ad altri; e a breve lo farà (l’ha sentito il generale Patreus?) in Iran. Per di più, come le cronache documentano, in Afghanistan ha scatenato una campagna militare con un impiego di mezzi e uomini più grande di quello nel Vietnam …
sp
@cortellessa
Mi sento offeso perchè so che tu SCIENTEMENTE, dandomi dell’uomo di destra, vuoi offendermi, e non perchè io abbia la minima coda di paglia. Non sei autorizzato ad affibbiarmi etichette, e ribadisco di non essere di destra né di sinistra. Punto. Non hai invece risposto sul serio alle mie domande: io ti proponevo concetti assoluti (se mai ne esistono; diciamo allora men relativi che assoluti) e cioè: non è possibile ridurre l’arte a ideologia, e se Nori è uno scrittore e dunque un artista non mi sembra giusto (ma forse dovrei dire non mi sembra possibile, plausibile e non riferendomi a categorie morali bensì fattuali, mi sembra non-fattibile intellettual-mente, intellettiva-mente im-plausibile) trattarlo da untore perchè ha pubblicato un pezzo su un giornale di cui non si condivide la linea politica e persino etica. Questo è il qui e ora, esattamente questo. Cosa c’è di più “qui e ora” d’un uomo di sinistra che pubblica un pezzo occasionale su un giornale di destra? Riguardo gli esempi da me fatti: la storia umana in generale e quella del pensiero in particolare è talmente breve che non mi sembra il caso di sottilizzare sul 1934 o qualche altro anno; e poi Heidegger, Proust, Kafka e via andando erano uomini pure loro, non alieni di cui è vietato pronunciare anche il nome. Sennò chi prendiamo ad esempio? Bondi e Capezzone? Il fatto che tu abbia scritto dei pezzi su Nori è in questo contesto irrilevante, so che non sei un fanatico, ma cerca di capire: io non sono un amichetto di Libero, non me ne può fregare di meno (ma ciò NON significa che la deriva attuale mi lasci indifferente, anzi), e anche se la cosa ti sembra impossibile cerca almeno di provare a crederci. Poi ancora: non ho detto che sono ideologicamente neutro (e tantomeno olimpico se ho scritto che mi sembra d’andare incontro a un suicidio collettivo, planetario), ho detto che a mio avviso oggi mancano le categorie culturali per affrontare svolte antropologiche epocali, di cui gli eventi che tu ti affanni a elencare non sono che spie segnaletiche. Credo che la militanza “a destra” o “a sinistra” possa rappresentare un modo per non accorgersi che si è nudi, perché accorgersi che si è nudi – e noi oggi siamo nudi, altro che destra e sinistra, siamo senza braccia – è terribile. Potrebbe rivelarsi la nostra una nudità, oltre che avvilente, esaltante? Adamitica? Da ricominciamento? Perchè non provare a sperarlo? Ma per sperarlo occorre innanzi tutto disancorarsi da certe posizioni belliche di partenza.
ps: le cose che ho scritto e quelle che scrivo (alcune usciranno, altre magari non usciranno mai) condannano esplicitamente l’attuale Governo e in particolare il premier Berlusconi; ma questo non fa di me un uomo di sinistra. Fa di me un uomo pensante.
@ Ansuini
Ma come si permette? Ha fatto un corso nella redazione di Libero? Si può sapere lei che ne sa delle mie buste paga? Che ne sa dei sacrifici che ho dovuto fare per campare per otto anni, dal 1998 al 2006? Lei che ne sa di cosa campo io? Con queste invettive a vuoto, a vento, a flatulenza, contro tutti e nessuno, lei esprime tutto il risentimento qualunquista che alligna in questa piccola borghesia sedicente colta, sedicente intellettuale, con velleità artistoidi, che ce l’ha a morte con chi lavora concretamente, sedici ore al giorno, con chi deve affrontare le proprie contraddizioni e le strettoie di questo cazzo di sistema culturale, giorno dopo giorno. Lei è un perfetto componente della massa di manovra del feltrismo, del berlusconismo, dell’uomo qualunque.
ma chi ha parlato delle sue buste paga? ha sbattuto la testa? quando dico che gli intellettuali di sinistra sono a busta paga del berlusca mi riferisco agli autori che pubblicano con berlusconi. lo so che la verità è brutta ma così è. non si puo’ avere autorevolezza politica di sinistra se si prendono i soldi da berlusconi. e lasci stare chi lavora sedici ore al giorno, per favore. bussa alla porta sbagliata.
@ Macioci
Io non voglio offenderla. Mi spiace, lo ripeto un’altra volta, se lei offeso si sente. Ribadisco che lei fa esempi di un altro tempo, di un’altra scala, di un altro contesto. So (credo di sapere) di cosa parla quando parla di nudità. Beh, non sono affatto d’accordo con lei. Oggi chi ci governa non è nudo affatto; è corazzato e in armi e occhiutissimo e assai sveglio (in questo momento ci sorvegliano dalla redazione di Libero e da quella del Giornale, si appuntano queste mie frasi, domani le useranno contro di me). E noi invece dobbiamo affrettarci alla resa incondizionata? Dobbiamo affrontare la schifezza del vivere, in questo paese e in questo pianeta, privi di qualsiasi strumento di lettura del reale? Privi di ogni volizione, e dunque di ogni anche lontana ipotesi di intervento? Dobbiamo consegnarci perfettamente inermi al coltello, come pretenderebbero quelli che vanno a trovare il suo, e mio, amato Josef K.? No grazie.
cortellessa, è proprio il contrario. non vogliamo la resa incondizionata, preferiremmo la battaglia. lei si chiede perché gli autori di sinistra debbano giustificarsi e quelli di destra no. la risposta è implicita nella sua domanda. perché, pubblicando con berlusconi, lo si supporta, e si perde di credibilità. facendo un passo indietro, per chiarirci, io all’inizio, se si ricorda, ero stupito della sua alzata di scudi contro nori, ma non perché sia giusto che nori pubblichi con libero, perché nello scandalo generale della sinistra ci si mette a guardare la pagliuzza nori mentre la sinistra ha una trave nell’occhio. riusciamo a intenderci?
@ Cortellessa
Mi scuso del tono usato nei miei commenti precedenti; non voglio offendere nessuno. Ho la volontà – una necessità vitale, direi – di comprendere fino a che punto vogliono spingersi quelli che ritengo, in ambito culturale, interlocutori interessanti e da cui imparare.
Ora più che mai è urgente fare quella “verifica dei nomi” di cui parlavo in precedenza; anche per evitare risposte stizzite (tipo quella di Alcor delle 13:08) o le provocazioni (ironiche) tipo la mia precedente. Perché un certo grado di ambiguità è presente, in questa discussione. A partire dall’artificiosa differenza tra destra e sinistra, ché espressa così come è stata espressa in questa sede è vuota, proprio perché non riempie di contenuti queste parole.
La sinistra a cui faccio riferimento io non è quella di Alcor. Chi ha ragione? Ha senso porsi il problema di chi stia usando quella categoria nel modo più appropriato? Direi di sì, visto che si è fatto un gran parlare sull’uso responsabile del linguaggio. Senza questa necessaria precisazione, continueremo a reagire stizziti, non c’è scampo.
Sono stato abituato (dalla militanza, non dai libri) che “sinistra” è concetto che lascia intravedere un orizzonte diverso dal capitalismo, nelle mille varianti comprese tra “riforma” e “rivoluzione”. I partiti che si dicono oggi di sinistra non si pongono più questo problema. Io ne ricavo che non sono di sinistra. Poi preciso meglio il tutto. Leggendo Marx (Carlo) si capisce che i partiti rappresentano certi ambiti sociali … È davvero azzardato dire che la politica del PD è contigua al grande capitale? Se è così – e per me lo è – che cosa c’entra con la sinistra?
Ma sto divagando … Tutto ciò solo per dire che rischia di avere ragione Macioci; o almeno la sua posizione rischia di non essere poi così strampalata o, banalmente, di destra. Perché vede, Cortellessa, la sua frase che tanto ha riscosso successo (mi riferisco alla frase «e per te non esistono più “destra” e “sinistra” non vuol dire che sei più “avanti” di me. Ma solo che sei di destra»), è vuota retorica se non si precisano I contorni. Se, ad esempio, si stabilisse qui che la sinistra è quella cosa rappresentata da Bersani & C., io, da militante cobas quale sono, direi tranquillamente che non sono di sinistra … Diventerei automaticamente di destra? No, le cose sono un tantino più complesse …
sp
No, Ansuini, non ci intendiamo per niente. Lei continua a sparare nel mucchio. Come si dice a Roma, secondo lei il più pulito c’ha la rogna. Lei non conosce dall’interno – mi perdoni se prima mi sono lasciato andare a una veemenza sopra le righe – il sistema editoriale e culturale di cui parla. Come molti dei commentatori che leggo, qui e altrove. Lei pretende una purezza assoluta da chi porta la sua trave, e in buona fede crede sia necessario continuare a portarla, mentre la pagliuzza (quella che per lei è una pagliuzza) che si potrebbe togliere dall’occhio, non muove un mignolo per farlo. Lei sposta i termini del problema. Anche lei fa del benaltrismo, e per questa strada non si va da nessuna parte. Lei non si informa, lei non sa, lei grida invettive senza avere nemmeno una lontana idea di cosa sta parlando. Dall’altra parte si legge una testimonianza sentita, e di onestà assoluta, di una persona che lavora per la letteratura all’interno della casa editrice Mondadori. Questa persona ha editato il libro di Roberto Saviano; se lui ha avuto il successo che ha avuto, se la sua denuncia (non stiamo parlando di letteratura) ha raggiunto il numero di persone che ha raggiunto, lo si deve anche a questa persona. Nel mio piccolo io ho lavorato insieme ai redattori della narrativa Einaudi nel 1999, ho pubblicato con loro un libro nel 2000, ho curato per loro un’edizione nel 2005. Poi i nostri rapporti di lavoro si sono interrotti, per loro decisione. Pensa che in quegli anni io sia stato un collaborazionista? Che quella macchia sulla mia esistenza non mi consenta di criticare il quotidiano Libero? Pensa lei, Ansuini, di poter lavorare concretamente e in condizioni di intatta purezza, nel sistema culturale italiano del 2010? Auguri.
@ sp
Anche lei nel rivolgersi a me presume di sapere cose, di me, che di fatto ignora. Cosa le fa pensare che io riconosca una linea “di sinistra” nell’attuale pd? E sì che ho scritto, qui, cosa penso del veltronismo. Io il pd non l’ho mai votato, se questo conta qualcosa (lo so, conta pochissimo).
stizzita? santa pazienza
@ Cortellessa
Ma allora, scusi, se il veltronismo-PD non è sinistra, dov’è la sinistra? Se una cosa non esiste, e dico se non esiste “in re”, allora perché rifarsi ad essa?
A meno che, certo, non intenda per “sinistra” i rimasugli di quella che fu la Sin. Radicale, nelle varie sue forme (da Vendola a Ferrero) … Ma su ciò gli elettori (e me tra questi) ne hanno già decretato la fine. In ogni caso, se si riferisce a questa “sinistra”, sempre di cosa sparita si tratterebbe, e dunque perché nominarla?
Se nella realtà la cosa-sinistra non esiste, che senso ha perpetuarne il suono? Non rischiamo l’esaltazione del puro significante?
Lo dico sinceramente: non si capisce a quale sinistra si riferisce.
L’unica cosa somigliante alla sinistra in Italia è la galassia frastagliata dei movimenti di base. L’unica. Lo è per contenuti e per forme. E lo è al di là dei suoi limiti. Ma qui, mi creda, pensiamo più agli atti concreti che alle definizioni.
Vede, se questa cosa che si muove, che è anzi l’unica cosa reale che si muove (per abolire, direi citando il famoso detto), non si chiamasse “sinistra”, lei che farebbe, la considererebbe di destra? Oppure la sosterrebbe al di là del nome? È tutto qui, mi creda.
Ora vado prosaicamente a fare la nanna …
sp
azz … avevo lasciato una situazione più che civile (e pure interessante) e mi ritrovo in una battaglia sanguinolenta … un po’ è il classico scivolamento di NI superati i 100 commenti:-) … un po’ è che secondo me state scherzando con il fuoco … da nori alla ipotetica guerra nello yemen sinceramente mi sembra veramente troppo … il fatto grave è che, gratta gratta, oggi nessuno di noi è senza colpa :-((((
Volevo rispondere a un commento ma in questo polverone è meglio di no … buonanotte e cercate di non farvi troppo del male ;-)
geo
“Pensa lei, Ansuini, di poter lavorare concretamente e in condizioni di intatta purezza, nel sistema culturale italiano del 2010? Auguri.”
io si. ho una casa editrice clandestina (che immagino non sappia manco cos’è, ma non è importante), lavoro da quando ho 16 anni, e faccio una serie di interventi “culturali” all’anno. posso vantare intatta purezza perché la pago tutti i giorni sulla mia pelle. la busta paga non me la da la mondadori, né l’einaudi, né libero. ho SCELTO di fare così perché per me la coerenza è importante. Sono storicamente di sinistra ma ho perso i riferimenti. questa è la mia scheda breve. io le continuerò a ripetere che il suo intervento nei confronti di nori sarebbe sacrosanto se parlasse da una sinistra seria, riconoscibile ed eticamente a posto. e invece, caro cortellessa, se ogni giorno troviamo una lettera di giustificazione di un autore o collaboratore di sinistra che pubblica con berlusconi un motivo ci sarà, lei non trova? se queste persone sentono il bisogno di giustificarsi, un motivo ci sarà no? wuming sei anni fa faceva il discorso del cavallo di troia. stiamo ancora aspettando che qualcuno esca da questo cavallo, perchè pare rimasto dentro a troia. sarà ora, chiedo, di dare un segnale plateale? lei dice che io non conosco i vostri cavilli editoriali, e chissenefrega aggiungo. io lavoro per vivere, non potete girare la frittata sempre dicendo “tengo famiglia”. segnali plateali cortellessa. saviano che non pubblica per mondadori. scarpa che rifiuta lo strega. wuming e tutta la compagnia che abbandonano le case editrici di berlusconi. segnali plateali per riconquistare credibilità cortellessa, per impedire a quel faccia di culo di feltri di dire che saviano è stipendiato da berlusconi. ma ci rendiamo conto? ma lei crede che noi qui che ci infervoriamo siamo tutti di destra? o forse ci siamo solo rotti le palle?
devo ammettere che l’immagine dei wu ming prigionieri dentro il cavallo di troia è carina … finalmente ho capito la NIE :-) …
Senta Ansuini, se si fa a gara a chi le palle ce l’ha più sfrante, dopo che per dieci giorni ho dovuto difendermi dalle accuse di “commissario politico”, “inquisitore” e altre consimili amenità, non so come va a finire. Lei dice gesti plateali. Ma non considera che una cosa è fare il bel gesto plateale al quale non conseguono risultati effettivi – modalità che ha sempre fatto parte del bagaglio della destra (l'”estetizzazione della politica”, secondo Benjamin) – un’altra è fare un lavoro oscuro, fuori dalla luce dei riflettori, senza distribuzione di medaglie, come fa la Janeczek all’interno di Mondadori (ed è per me una forma, quanto mai tortuosa questa, di “politicizzazione dell’arte”, sempre secondo il W.B. del 1936). Lei mi dice che ha un’attività editoriale indipendente, ne mena vanto. Beh, come al solito ignora che ce l’ho anch’io. E che essa viene quotidianamente schiacciata dalla potenza di fuoco distributiva e promozionale dei grandi gruppi, Mondadori in testa. Sono quattro anni che ci metto tutte le mie migliori energie. Ma mi sono strarotto le palle di non avere la forza di far conoscere i miei libri, di non poter valorizzare i discorsi che essi veicolano (che sono a volte politicamente tutt’altro che neutri, oltre a portare avanti un’idea di letteratura e di cultura che, se potesse essere minimamente conosciuta, costituirebbe una contraddizione frontale del sistema di valori berlusconiano; è questo il campo “politico” nel quale so operare, sono competente ad operare; sarà poco, ma non è niente). Se io potessi condurre all’interno di un grande gruppo editoriale una battaglia vera, sincera, onesta – una battaglia di forme e contenuti – come quella che ha descritto nell’altro post la Janeczek, non avrei la minima esitazione a valermi di questa opportunità.
Caro prof. Cortellessa,
solo ora leggo (ieri m’è saltato l’ads)la replica al mio ultimo intervento.
Imperturbato sarai tu e i tuoi poveri allievi che non possono risponderti per le rime (che devono fare l’esame poi). Sono proprio i toni come i tuoi (alcor che è pronta per la lotta armata, georgia per la rivoluzione), questa sicumerada brividi… che mi trasformano subito in un vaffanculificio. Altro che imperturbato. Poi volevo aggiungere che a me Mughini mi è mooolto simpatico. (grave eh?)E che su Craxi, ieri sul mio giornale ho scritto: che ha lasciato un vuoto enorme… nelle casse dello stato. E che ricapitolando, seguendo la tua logica impeccabile se uno non è un pesce rosso, vuol dire che sarà di sicuro un topo di fogna, no?
Essere di sinistra al minimo comun denominatore per me significa: rifiutare il razzismo, l’omofobia, il maschilismo, l’integralismo religioso, l’idea che chi detiene il potere possa dettare le regole e non essere sottoposto a regole comuni.
Conservare la coscienza “normale” di un cittadino di una moderna democrazia – ossia qualcosa che non è nemmeno di sinistra- significa non accettare campagne di diffamazione a mezzo stampa, delegittimazione come nemici dei propri avversari politici, attacchi alle istituzioni e alla costituzione.
Tutto questo è diventato prassi comune sui giornali vicini al premier.
E quindi non si tratta di demonizzare nessuno, tantomeno di togliere a Nori l’interesse per quel che scrive – anche su quei giornali. Ma gli si potrà dire: guarda che secondo me stai facendo qualcosa di sbagliato?
Credo che abbia diritto di dirlo chiunque lo pensi e si regola di conseguenza, inclusa la sottoscritta che lavora e ha pubblicato per Mondadori.
Ansuini, il mio contratto non prevede che, in cambio della mia prestazione di lavoro, mi tappi la bocca. O meglio: chi crede che essere “sul libro paga” di Silvio debba per questo non azzardarsi più a dire nulla contro Silvio & co, chi crede che con mille e tot euro si possa o debba tranquillamente ritenere comprata una persona, fa – secondo me- un ragionamento padronale e reazionario.
Poi ognuno è libero di fare scelte diverse e mi rendo conto che mandare avanti un progetto di piccola editoria è un impegno difficile.
helena, il massimo rispetto per la sua posizione. come massimo rispetto per la posizione di wuming.(anche se a quanto pare non è reciproca la cosa, me ne farò una ragione) non le ho neanche chiesto di tapparsi la bocca, ho evidenziato che forse servirebbe un autocritica generale, proprio da chi si sente turbato dalla pubblicazioni di nori sul giornale. vede, forse è questione di sensibilità. io mi sento turbato da uno che dice a nori “stai sbagliando” quando secondo me anche chi lo dice ha il suo districarsi. forse ho usato dei toni troppo accesi per far sentire la mia opinione che è quello che è: un’opinione. potete ignorarla, meditarla, pensare che ho torto marcio o considerare che forse da un certo punto di vista ho ragione ma voi state “tenendo il campo” da un’altra posizione, quindi dico cose sbagliate, dal vostro punto d’osservazione. quello che vorrei farvi capire è che la mia critica proviene dalla “vostra” parte, non dall’opposta. ora la pianto che il mio punto di vista mi sembra chiaro, non vorrei diventare petulante o finire per mancare di rispetto come spesso succede, quando mi scaldo. anzi, mi scuso se nel corso delle varie discussioni ho usato toni forti. è che ci tengo molto alla questione.
questo commento doveva apparire ieri sera ma quando sono entrata per scriverlo qui infuriava una cruenta battaglia e quindi me ne sono andata a dormire. Lo posto ora con la premessa (che ormai sembra d’obbligo ) che io detesto Libero, Il foglio, Il giornale, la Padania, che io preferirei con tutto il cuore che la mondadori fosse andata a suo tempo in mano a De benedetti, che l’Einaudi fosse rimasta autonoma che al governo ci fosse prodi e che in puglia vincesse Vendola, anzi che vendola oggi fosse il segretario del PRC, e che il PD non diventasse un partito di centro, avrei voluto con tutto il cuore che non ci fossero state guerre (soprattutto quella pretestuosa e truffaldina dell’Iraq) vorrei che non succedessero mai infamie come l’operazione piombo fuso … vorrei vorrei … e poi sinceramente, nel mio piccolo, vorrei anche leggere qualche buono scrittore ogni tanto e ringrazio chi si attiva per qesto…
Commento di ieri
cortellessa
Come mai però io sto male per quell’espressione del cazzo, Nori o Scarpa non si sentono a disagio a scrivere a pochi centimetri di distanza da chi usa – facendole autenticamente grondare dalle colonne – espressioni ben più inopportune e ansiogene e, ribadisco, criminogene?
A sinistra si sta sempre male … è la virtù riflessiva di chi sta a sinistra :-). Però forse scrivere una espressione del cazzo (è tua la frase eh? io non mi permetterei mai) è una cosa, e scrivere in vicinanza di stronzate un’altra.
Tra l’altro oggi la rete (e tutta la filosofia e bla bla che consegue dalla rete) ha neutralizzato molto il posizionamento di un articolo in un giornale (non so se è un bene o un male, NON lo so, ma so che è un fatto)
Faccio un esempio, tutti noi abbiamo letto l’articolo di ieri di nori (uscito su libero) ma nessuno di noi ha letto le cose in vicinanza (se le ha lette, NON le ha lette contigue)… e tutti noi possiamo farlo circolare senza segnalare il contenitore (lo fanno in molti) o anche se lo si segnala pochi ci fanno più caso. Lo so che non lo accetti, ma è un cambiamento colossale … però è anche vero che tale articolo deve essere pubblicato da qualche parte, soprattutto se l’autore vuole un minimo guadagnare dal suo lavoro e magari anche fare numero di articoli pagati per iscriversi all’ordine dei giornalisti … si lo so, sono cose tera tera ma che credo non facciano schifo neppure a te ;-).
Poi nori ha pure detto che vuole sperimentare qualcosa contaminandosi … può essere che sia una scusa, in effetti è cosa azzardata, ma per ora non posso che credergli … lo aspetto al varco :-).
2 articoli
Tiziano Scarpa, Anche dai giornali le lucciole sono scomparse, La Stampa 21 gennaio 2010
Raffaele Castagno, Paolo Nori, recensioni pericolose, La Repubblica-Parma, 21 gennaio 2010
Grazie georgia.
L’ottimo pezzo di Scarpa (“giusto piuttosto chiedersi, come mai Nori non viene ospitato su la Repubblica”) è stato letto da Nicola Lagioia su radio3. Nori, Scarpa, Trevisan e Colagrande! Un bel poker di scrittori agili che stanno comodi nel cavallo di Troia che entra in Libero. Quelli che non c’entrano nel cavallo sono quelli dotati di trombone.
vedi @Tramutoli – e parlo solo per me – dire ” alcor che è pronta per la lotta armata”, (e adesso ti pregherei di copincollare qui i passi dei miei interventi dai quali si desume che sono pronta per la lotta armata) battute come questa che hai rivolto a me e ad altri sono il tipico linguaggio di quella destra magari non oltranzista, ma conservatrice ed estremamente plastica, di quel corpo moderato che si è fatto arrivare addosso di tutto in questo paese, non accorgendosene mai perché in fondo i gusti, le inclinazioni, le bonarietà apparenti erano condivisi.
Come diceva giustamente @sp qui sopra, la sua sinistra e la mia non sono uguali, e probabilmente neppure quella di Cortellessa e la mia, la sinistra passa molto del suo tempo a stabilire ed esaltare i paletti delle sue differenze, più che quelli dei suoi punti in comune, per tradizione e forse per nevrosi, e anche la destra è composta da molte sfumature, ma quel corpaccione bonario, che al contrario si compatta sempre perché ha interessi a breve termine molto più forti, evidentemente, si rifiuta di dirsi sto di qua o di là, come lamenta anche Veneziani che ho citato sotto il post di Helena. Questo corpaccione bonario, ma capace di atrocità non organizzate, naturali, che ha fatto passare sempre come episodiche, corpaccione pre-fascista che potrà sempre però confessare nel chiuso dei confessionali e sentirsi a posto con se stesso, è sempre stato il letto caldo della destra, sempre possibilista, che non si schiera mai perché non ce la fa proprio, anzi, si muove come quelle erbe di fiume, ora di qua ora di là, ma che sono sempre saldamente ancorate nel fondo della pessima Italia senza nerbo e pronta a vendersi al potere che ci ha dato il fascismo, un’ Italia che odia il pensiero critico, che in fondo odia anche gli intellettuali, che odia le prese di posizione e le usa per restare sempre dov’è, che preesisteva al fascismo e che, temo, sopravviverà a tutti i governi che potrò ancora vedere con i miei occhi.
In questo paese geneticamente di destra, la cosa curiosa è che gli scrittori si vergognano di ammettere la loro appartenenza, e forse non la vedono neppure.
Non credo che sia per ottenere il plauso dei critici di sinistra.
I critici di sinistra non sono così conformisti da non leggerli comunque.
No.
E’ una forma di imbarazzo più sottile, forse sanno che quella parte del paese che si richiama alla destra è scollato dai suoi intellettuali, che lettori da quelle parte ce ne sono pochi e che sono troppo conservatori per dare qualche soddisfazione.
E perciò si sentono a disagio, mentre uno scrittore di sinistra, non riconoscerà magari l’Italia come il paese migliore che c’è, ma sa che questo scollamento tra se stesso e i suoi lettori è minore.
Immagino almeno che sia per questo motivo, che ho letto tutta questa indignazione da parte di commentatori che con tanta evidenza fanno parte proprio di quel corpo vischioso che è l’elettorato moderato e di destra del paese.
O forse perché hanno introiettato anche loro che essere di destra fa abbastanza schifo, tutto sommato.
Ditemelo voi.
@Alcor
Era solo un’iperbole per evidenziare il tono dei tuoi interventi. Scusa.
(Per i paletti, comunque, ci vorrebbe il porto d’armi).
Vivaddio come direbbe il proff.
Adesso, estenuato, v’abbandono.
Come voi indiani, ho le mie riserve.
Ciao ciao ciao.
In questo paese geneticamente di destra, la cosa curiosa è che gli scrittori si vergognano di ammettere la loro appartenenza, e forse non la vedono neppure.
scusa alcor mi fai un esempio di un paese geneticamente di sinistra?
già il concetto di paese potrebbe anche essere geneticamente di destra :-), poi ognuno di noi fa la sua battaglia pubblica o individuale di evoluzione culturale (costituzioni, sindacati, statuti dei lavoratori, sanità e scuola per tutti, separazione stato chiesa, tolleranza, pluralismo, libertà di opinione, eliminazione di ogni discriminazione sessuale, etnica, religiosa ecc.ecc.), ma i paesi di solito nascono geneticamente di destra come gli individui del resto. Io al roussoniano concetto di buon selvaggio ci ho sempre creduto poco.
Lo scrittore (se è valido) è un animale anomalo (visto che, come io penso, non lavora per il solo presente) da che mondo è mondo, nell’immediato, ne sono sempre esistiti di tutti i tipi.
Questo naturalmente non vuol dire che non siano criticabili, ma non mi scandalizzo se poi si ribellano a modo loro (anche sbagliando) alle critiche o ad eventuali discriminazioni.
@georgia
Il paese geneticamente di sinistra non esiste, ma tutti quei paesi in cui si sono alternati governi di destra e di sinistra (intendo ovviamente sinistra non rivoluzionaria, che è un’altra storia) non sono “geneticamente di destra”.
Per avere un governo con molte virgolette “”””di sinistra““““ abbiamo dovuto – chi lo ha fatto – votare Prodi.
Che ne dici di Francia, Spagna, Germania, Paesi scandinavi? hanno delle destre che sono veramente destre, eppure non sono geneticamente di destra.
sì,vabbè,ma l’incontro di ieri com’è andato? si è fatto alla romana?
beh … zapatero ha partecipato (e partecipa) alla guerra in afganistan … l’inghlterra pure a quella in iraq (e non in posizione marginale e con grosse responsabilità) la francia di chirac (di destra) no. la germania ha fatto una strage di civili in afganistan, non parliamo poi della criminale esportazione di democrazia … e dell’attacco in toto al mondo musulmano che non è certo prerogativa di giornalacci come Libero … Vi ricordo che l’ottimo de bortoli nella precedente direzione del corriere sdoganò una pazza razzista come la fallaci (con la giustificazione che era una scrittrice, cosa che, tra l’altro, io, avendola letta, NON credo) io ci andrei piano con certe affermazioni. Il mondo è CAMBIATO e nessuno può essere assolto, quindi meglio non ergersi a censori e parlare di paesi, cittadini, individui geneticamente di destra, e magari, se si è di sinistra, meglio cercare con modestia, di capire cosa stia succedendo all’umanità che conoscevamo, fino a poco o tempo fa, come molto diversa.
P.S
E poi … non vorrei ricordare alcuni appelli di Ni che a me proprio non sono andati giù … ;-). Non tutti erano daccordo ma la cosa sicura è che i NON daccordo convivevano felicemente nel contenitore con quelli in accordo.
certo, andando avanti di questo passo possiamo arrivare a dire che l’essere umano è naturalmente sopraffattore, o anche semplicemente alzare l’ostacolo a un punto tale che, poiché diventa impossibile saltarlo, nemmeno ci si prova
io invece, nel mio pragmatico realismo, vorrei che si spazzasse in casa propria, cercando di raggiungere intanto qualche basico obiettivo di giustizia sociale qui, di rispetto per le minoranze qui, di laicità qui, di tutela del lavoro qui, e intanto occuparsi certo della geopolitica, sulla quale tuttavia non abbiamo grandi possibilità di incidere e possiamo solo abbaiare, come i cani alla luna, mentre abbiamo possibilità di incidere sulla spazzatura di casa nostra
e con questo ritorno al punto di partenza, uno scrittore che si definisce e si sente di sinistra, deve proprio fare da foglia di fico a giornali come Libero?
è tutta qui, la domanda: perché sostenere e rendere magari più appetibile il fascismo obiettivo del linguaggio di Libero?
Ti faccio presente che la geopolitica l’ha tirata in ballo cortellessa ;-), gli ho pure detto che in una discussione su nori non mi sembrava il caso di allargarsi troppo alla geopolitica … altrimenti NON si dovrebbe collaborare a nessun giornale e infatti ha scatenato, come era prevedibile, rezioni violente.
ma io non sono Cortellessa, sono Alcor.
e ripropongo ostinatamene la mia domanda:
perché uno scrittore che si definisce e si sente di sinistra deve sostenere e rendere magari più appetibile il fascismo obiettivo del linguaggio di Libero?
ah, e i paletti, @Tramutoli, da parte di uno che scrive “bella penna” e che non trova niente di male nel fatto che uno scrittore sostenga con la propria presenza il linguaggio fascista di un giornale-bastone, beh…
ma il linguaggio di nori è tutto fuorchè fascista, perchè mai il linguaggio pacato e limpido di nori dovrebbe sostenere il linguaggio fascista?, semmai farà il contrario … farà da antidoto a chi lo leggerà e che altrove non lo avrebbero mai letto, perchè i lettori di libero sono ancora più ideologici ossificati e per la ossessiva profilassi preventiva di quanto non lo siano quelli di sinistra, che da sempre vanno a contaminarsi senza paura ovunque :-) … e poi (ma senza alcun polemica ne intenzione di criticare) Libero è della stessa proprietà del Riformista … eppure qui articoli del riformista a volte vengono postati in home. Come mai? sicuramente perchè gli autori e il contenuto di eventuali articoli piace agli indiani … giustissimo, condivido e … e allora?
georgia
certo se nori scrivesse articoli e saggi politici sarebbe un altro discorso … ma in tal caso libero non gli avrebbe chiesto di collaborare e se lo avesse fatto (nel tal caso vorrebbe dire che come giornalismo sarebbero davvero liberi) nori avrebbe rifiutato e qui non sarebbe nato nessun caso …
perché il linguaggio di Nori, @georgia, non è un linguaggio forte, né la presenza di Nori è una presenza così autorevole, culturalmente ed eticamente, da imporsi sul resto del giornale
e tuttavia è uno scrittore conosciuto e soprattutto uno scrittore “dell’altra parte”
la sua presenza, non quello che scrive – e certo non scrive testimonianze civili, su Libero, almeno finora, né mi sembra siano direttamente nelle sue corde – permette a Libero di rifarsi un pochino il trucco e stingere magari un po’ nelle pagine cosiddette culturali il suo look da giornale-bastone, che permane invece in quelle politiche
Se poi Borgonovo riuscirà a portar dentro altri scrittori il cui linguaggio non offende il potere, ma che sono tuttavia scrittori di una certa fama, Libero riuscirà a godere del vantaggio di una doppia personalità
gli scrittori che hanno accettato e accetteranno (perché i battistrada sono sempre battistrada) si rendono conto che l’operazione è questa e che il linguaggio di Libero non cambia per l’ingresso di scrittori il cui linguaggio non è offensivo per il potere ma ha funzione meramente decorativa?
E se se ne rendono conto, gli va bene? sembrerebbe di sì
E se gli va bene, possono senza imbarazzo definirsi “autori di sinistra”?
forse sarebbe meglio, nella libertà assoluta, che ripensassero la propria collocazione politica
beh io non mai sentito nori definirsi un autore di sinistra … :-)
forse sarebbe meglio […] che ripensassero la propria collocazione politica???????
Ma alcor, come parli? :-))))))))
… alcor al momento nessuno di noi sa bene dove sia collocato (anche se io e te magari siamo convinti di saperlo) … anche se naturalmente tutti votiamo, ma forse più per liberarci di qualcosa che convinti del voto che diamo al collocato di turno, ok detestiamo tutti libero (ma è un po’ poco) … ad ogni modo nori scriva dove vuole, non sarò io a fargli l’analisi del sangue, a cosa poi? visto che non è nè un politico nè un giornalista … ad ogni modo è anche vero che ognuno è libero di pretendere quello che vuole dagli altri … per quel che costa.
alla prossima
georgia
Collaborare con un giornale con una linea politica-propagandistica razzista e neo-fascista è una vergogna per una qualsiasi persone con una certa sensibilità civile; organizzare e partecipare a un dibattito pubblico con una persona che fa esattamente questo per discutere con lui sull’opportunità o meno di farlo è una mossa che fa il gioco prima di tutto della testata razzista, poi di chi vi collabora ed, evidentemente, di chi la fa, secondo la posizione che vuole assumere.
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=PGQRW
assai interessante, nell’articolo linkato, che Massimo Fini, un uomo di destra, si sia sempre rifiutato di collaborare con i giornali legati in qualche modo a S.B.
la schiena dritta è sempre stata trasversale e anche l’onere della coerenza, tutta roba umana e prepolitica
parole sante alcor. anche barnard, con tutti i suoi limiti, è un bell’esempio.
La schiena dritta gli uomini di destra di solito l’hanno usata per far crimini.
Fini non è un uomo di destra, non nel senso tradizionale.
E comunque, le opinioni dell’autore sono davvero tristi.
massimo fini è un uomo di destra, ma rigettato da certa destra perchè ferocemente antiamericano, antisraeliano e contro la guerra … e per lo stesso motivo accettato come compagno di viaggio da alcuni di sinistra … io lo leggo a volte, perchè anch’io sono contro la guerra, ma certo io non lo userei mai come esempio, anche se spesso per leggerlo lo devo andare a cercare in giornali che NON leggerei mai … ma così va la vita del lettore oggi: … girare con il retino e cercare di acchiappare, senza sporcarsi troppo, quello che si può, senza pre-giudizi e conformismi. Si sbaglia? forse, è probabile di sì, ma al momento non vedo alternativa … non vedo bussole certe che mi dicano cosa leggere e dove farlo.