Season’s Greetings

[ l’uomo di neve più piccolo del mondo ] 1

 

The Snow Man

di Wallace Stevens

One must have a mind of winter
To regard the frost and the boughs
Of the pine-trees crusted with snow;

And have been cold a long time
To behold the junipers shagged with ice,
The spruces rough in the distant glitter

Of the January sun; and not to think
Of any misery in the sound of the wind,
In the sound of a few leaves,

Which is the sound of the land
Full of the same wind
That is blowing in the same bare place

For the listener, who listens in the snow,
And, nothing himself, beholds
Nothing that is not there and the nothing that is.

 
 

L’uomo di neve

Si deve avere una mente d’inverno
Per ammirare la brina e i ramoscelli
Dei pini incrostati di neve;

E aver patito il freddo per lungo tempo
Per accorgersi dei ginepri arruffati di ghiaccio,
Degli abeti ruvidi nel distante scintillio

Del sole di Gennaio; e non immaginare
Alcun lamento nel suono del vento,
Nel suono di poche foglie,

Che è il suono della terra
Spazzata dallo stesso vento
Che sta soffiando nello stesso luogo vuoto

Per chi ascolta, chi ascolta nella neve,
E, un nulla lui stesso, guarda
Il nulla che lì non c’è e il nulla che c’è.

[ trad. Orsola Puecher]

NOTE
  1. I simpatici fisici nanotecnologhi del NPL (UK), usando strumenti e tecnologie per realizzare e calibrare i microscopi a forza atomica, creare nanostrutture per i conduttori e valutare le proprietà di alcune tipologie di sistemi magnetici, invece hanno costruito, come augurio di Natale 2009, un omino di neve di circa 10 µm, 1/5 di un capello umano, con due grani di metallo. Gli occhi e la bocca sono incisi con un un cannone a ioni. Il naso è un piccolissimo puntino di platino del diametro di circa 1 micrometro (0,001 mm).↩

17 Commenti

  1. Njeriu prej dëbore

    U dashka një mendje e dimërt
    për të vështruar acarin dhe degët
    e pishave mbuluar dëborë;

    dhe të kesh patur ftohtë tash sa vjet
    për të këqyrur dëllenjat e hejta me akull,
    borigat që kreshtojnë në feksjen e largët

    të diellit të janarit; dhe të mos mendosh
    për kujën në zërin e erës,
    në zërin e atyre pak gjetheve,

    që është zëri i dheut
    citë me po atë erë
    që fryn në po atë djerrë

    për dëgjimtarin, që dëgjon në dëborë,
    dhe, hiç ai vetë, këqyr
    një hiç që s’është atje dhe hiçin q’është.

  2. E’ una meraviglia di dolcezza,
    un piccolo miracolo di poesia,
    di un mondo che ti saluta
    con immensa tenerezza.

    Grazie a Orsola per la fantasia
    e a tutti gli indiani che danno alla
    vita intelligenza, poesia, umanità.

    véronique

  3. Avevo lasciato un commento, ma credo che è partito.
    Ringrazio Orsola per la fantasia che dà. L’uomo di neve
    è un’ idea deliziosa, si sente il canto della neve invisibile,
    quando il cuore sveglia.

    GRAZIE

  4. mah… era un augurio per un Natale che si preannunciava nevoso e polare, artico il giusto, tutto bianco e sospeso, silenzioso, comme il faut, poi s’è sparigliato improvviso da sud ovest un libico Libeccio o Africo o Garbino, o Curina, che dir si voglia, foriera di Curae e di una leggera pazzia da Föhn, tiepido e fortissimo… e a 19 gradi svolazzanti pareva una Pasqua tiepida.

    ,\\’

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Il dubbio del talmid

di Martina Mattia
Eliezer ben Mordechai, nonostante il freddo pungente tipico delle notti invernali di Amsterdam, continuava ad asciugarsi il sudore dalla fronte. Tale era il tormento che si portava nel cuore. Proprio lui, nipote del celebre Rav Eliyahu Meir Grodensky...

La maledizione e la Gioconda

di Francesco Bertani
La ragazza caricò le valigie sul tram giallo in partenza da Porta Palazzo e prima di sedersi accanto a un finestrino pensò ai baffi enormi di monsieur Théophile Homolle. Pensò a monsieur Homolle e lo immaginò nell’agosto del 1911.

La rusascia

di Greta Bienati
La Martina era brutta, fatua, con tanto di gozzo e con pochissimo cervello. O, almeno, così la dipingeva suo fratello Battista, contadino e muratore, che le voleva un bene dell’anima. La voce pubblica aggiungeva che casa sua era tutto un via vai...

L’erba di Wimbledon e l’anarchia.

di Nadia Agustoni
Il tennis è uno sport che da sempre è associato a qualcosa di elitario e ancora oggi l’aura di privilegio non lo abbandona. Monica Giorgi, tra gli anni ’60 e ’70, è stata una tennista piuttosto nota nei circuiti italiani del tennis, gareggiando anche in quasi tutti i tornei internazionali.

Dona katta venia

di Greta Bienati
La Morte lo scherza, ma il pittore adesso sa cosa deve fare. Intinge il dito nel nero, e, sotto l’ex voto, scrive una preghiera alla Madonna. Nella testa, le lingue di una vita si impastano tutte insieme, e scrivere è una fatica uguale a spostare una montagna.

Di Caterina, che balenò per un istante dalle tenebre del tempo

di Greta Bienati
Nell’anno del Signore mille cinquecento dodici, il giorno dodici del mese di maggio, davanti a Francesco Stanga, notaro in Revello, si presentò per sottoscrivere un contratto dotale la saluzzese Caterina Milaneti, accompagnata dal padre Bartolomeo e dal fratello Giovanni Pietro.
orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: