MOSCHEE
di Franco Buffoni
Perché non proviamo ad affrontare le esigenze dei cittadini (“cittadini”, non popolo o pubblico o plebe) in un’ottica illuministica? Che dire della costruzione di nuove chiese cattoliche – in parte erette con finanziamento statale – nelle periferie urbane, dove alta è la percentuale di immigrati professanti altri credi religiosi? E delle polemiche quando certe giunte rifiutano di donare il terreno alla comunità islamica per la costruzione di una moschea, o addirittura quando – elveticamente ispirate – vietano tout court la costruzione di nuove moschee? Quale risposta dovrebbe dare un amministratore pubblico laico e privo di preferenze o pregiudizi ideologici?
In primis dovrebbe prendere atto che esistono vasti strati di cittadini con forti esigenze di aggregazione. Le finalità possono essere rituali e religiose, ma anche culturali e ricreative. Si constata che tali esigenze sono molteplici e si giunge alla conclusione che quella municipalità o quel dato quartiere non hanno spazi e denari per finanziare ciascun gruppo nella realizzazione del proprio edificio…
Allora che si fa? Una ampia riflessione di ordine generale. Primo: un amministratore deve sempre favorire le aggregazioni. Secondo: fermo restando il rispetto della legge, un amministratore non deve favorire un gruppo di cittadini rispetto ad altri.
Dunque? Si finanzia la costruzione di un unico grande spazio bene attrezzato e polifunzionale, con bagni all’entrata (come nelle chiese finlandesi) e ogni genere di servizi (bar, piccolo ristoro, nursery), con uno spazio principale che il venerdì serve ai musulmani per le loro funzioni e la domenica ai cattolici, ma nulla vieta che il sabato sera diventi sala di ritrovo per i giovani con musiche, canti e danze; il giovedì luogo per la festa della scuola, o il mercoledì cineforum. Con un corredo di piccole sale per il quotidiano culto singolo o di gruppi ristretti, e un’unica guardianìa responsabile della gestione corrente.
Quanto all’ovvia obiezione: ma cristiani e musulmani hanno l’altare, si potrebbe rispondere: ogni gruppo avrebbe il proprio décor, il proprio scenario ad hoc, come avviene a teatro quando si cambiano le scene. Sarebbe un luogo di aggregazione multietnico e multiculturale. L’unico che un moderno amministratore pubblico dovrebbe finanziare, attrezzare e gestire.
E chissà che – frequentando lo stesso luogo, usando gli stessi servizi – i cittadini non imparino a conoscersi, e magari a valutare i rispettivi credi come obsoleti retaggi di antiche tradizioni, fino a superare lo stadio della preghiera e della magia e ad approdare a quello del dialogo e della riflessione culturale.
La proposta e’ divertente ma ho la sensazione che la sacralita’ di un luogo sia qualcosa di piu’ complesso. Personalmente non andrei mai a festeggiare in un luogo che il giorno prima e’ stato il ricettacolo delle passioni peggiori, dei conati piu’ terrificanti, da ex ossessivo-compulsivo conosco bene cosa si cela dietro alcune litanie…mi sa che per il mio illuminismo si dovra’ aspettare ancora qualche annetto.
Mi pare interessante comunque che la chiesa si sia opposta al referendum svizzero, forse che temono strascichi legislativi imprevedibili che li possano coinvolgere direttamente?
sarebbe un’ottima idea :-) però poi …i cattolici, i protestanti e gli ortodossi non pregano insieme quindi la domenica si litigherebbero e poi il sabato non si potrebbe ballare perchè sarebbe dedicato alla giornata festiva degli ebrei. Però mi hai fatto venire una curiosità: qual’è il giorno festivo degli indù e quello degli scintoisti, e quello dei buddisti e dei bahai, dei taoisti, degli animisti ecc cc.
Temo non basterebbero i giorni della settimana … meglio lasciare le religioni ai loro singoli luoghi di culto e in quell’unico grande spazio ballare tutti insieme e farsi la sauna nei bagni … a meno che non si impari a pregare tutti insieme, atei compresi, magari recitando ognuno una poesia della propria cultura ….
Io sarei per la riconversione delle chiese cattoliche disabitate. Di scarso valore storico. Il simbolico m’interessa poco. E di vecchi edifici in genere. Anche di pregio.
Giorgia, per questo parlo di un corredo di piccole sale per il quotidiano culto singolo o di gruppi ristretti.
Ama, assolutamente d’accordo.
Jacopo, è proprio il principio della sacralità del luogo che un amministratore illuminista dovrebbe cercare – nei fatti – di trascendere. E di fare trascendere. Luogo sacro, di per sé, significa esclusione di altri. E’ dal tempo delle incisioni rupestri che cette histoire se deroule…
Domanda: è vero che “un amministratore deve sempre favorire le aggregazioni”?
Io non ne vedo la ragione. Qualcuno può spiegarmela?
Giulio: le aggregazioni, la vita associata, gli incontri, gli scambi di idee, le comuni ritualità, la reciproca assistenza, le condivisioni… sono alla base del vivere civile. Perché fingi di non capire?
[…] di Franco Buffoni Fonte: Nazione Indiana (link all’articolo) […]
Associandomi alla domanda di Mozzi, butto giù un paio di annotazioni.
Non credo in nessun dio, ma non vorrei impedire a nessuno di crederci e di costruirsi gli spazi per consumare i propri riti di appartenenza.
Questo lo dico essendo consapevole del danno immenso che ogni forma di religione provoca nella mente di homo, nelle relazioni tra popoli, all’interno delle società stesse, nei rapporti tra i sessi, nel processo di conoscenza scientifica del mondo, nel processo di emancipazione delle donne, delle classi e sotto-classi di dominati & sfruttati, eccetera.
Tuttavia, se quella di Buffoni – costruire centri religiosi polivalenti – è una provocazione non coglie il segno.
La questione è complicata, ovviamente.
Se ho capito bene Buffoni assimila in una sola categoria “la religione” ogni tipo di culto, considerando una messa in scena al pari di quella teatrale l’apparato architettonico-rituale di ciascuna religione, dunque proponendone l’inter-cambiabilità a rotazione, cioè in sostanza una totale de-sacralizzazione.
Proporre un centro religioso (e non solo) polivalente, è una brutale degradazione dello spazio dedicato al culto, di ogni culto, a spazio qualsiasi.
Ora, non ostante il mio ateismo, l’idea che esistano luoghi costruiti da homo senza altra funzione se non per stare lì, nel silenzio, a tentare un rapporto con una qualsivoglia divinità, oppure a partecipare ad azioni di glorificazione ritualizzata di quella stessa divinità, mi conforta: perché?
Non lo so con precisione.
Forse perché mi piace l’idea che certi luoghi esistano per sé stessi (anche se non del tutto), che abbiano un rapporto esclusivamente emozionale con chi anche solo per qualche ora li «abita», quindi luoghi/edifici sottratti al lavoro, al commercio, allo sport, al tempo libero, tesi verso un mitico qualcos’altro, verso un ultra-mondo di valori diversi et consolatori.
Come tutti quelli che hanno visitato un certo numero di antiche moschee, all’estero, sono rimasto colpito dalla forza di questi edifici (si pensi alle opere di Sinan, in Turchia) come dispositivi di riduzione degli stimoli sensoriali et pre-disposizione alla concentrazione introspettiva: servono solo a questo, nessuno ti vende nulla, ti chiede nulla, ti dà nulla, nemmeno una sedia: stai lì accovacciato in terra, nel vuoto, senza simboli religiosi di sorta cui rivolgerti nella preghiera, se ci credi…
Mi piace che esistano e che si provi a costruirne di altri, così come mi piacciono le basiliche paleo-cristiane, i templi buddisti, eccetera.
Mi rendo conto di non aver toccato il punto che mi sta a cuore, se sapessi qual è…
Sono d’accordo con pecoraro, ma le sue riflessioni le innesterei nel bell’atteggiamento illuministico di buffoni. Anche perchè, se la tendenza illuministica diventasse un fatto di massa sarebbe davvero un gran passo verso la salvezza. Ovviamente, quando parlo di illuminismo, non mi riferisco alla sua caricatura, ma alla sua essenza fondativa del pensiero scientifico, che non trascura quel “quid” ineffabile, inafferrabile . Insomma, avete presente Diderot, il Diderot enciclopedista e filosofo, ma anche e soprattutto artista inarrivabile?
La replica di Giulio Mozzi è inquietante… comunque, intervento soltanto per citare una recente espressione di quel pericoloso amico dei musulmani nonché noto bolscevico attenzionato dalla polizia, Nicolas Sarkozy, che ha scritto su Le Monde: «Rispettare chi arriva è anche permettere loro di pregare in luoghi di culto decenti. Non si rispettano le persone quando le si obbliga a pregare in un hangar. Accettando una situazione del genere non rispettiamo neanche i nostri valori. (..) Laicità non è il rifiuto della religione, ma il rispetto di tutte le religioni. È un principio di neutralità, non di indifferenza».
Certe cose non sono di destra o di sinistra, ma giuste o ingiuste. Umane o disumane. Aperte, o razziste.
credo che pecoraro abbia toccato il punto centrale, i luoghi di preghiera sono sacri, per chi ci prega, e quindi vanno rispettati. Ogni cultura ha il suo sacro, per lo più incomprensibile all’altro. Una grande forma di civiltà e di tolleranza è accettare il sacro altrui come se fosse il nostro, cosa del resto oltremodo difficile. Credo che sia più facile per un laico accettare totalmente il sacro altrui che per un credente. Per questo lo stato DEVE essere SEMPRE laico.
in somma.
è come se quell’effetto collaterale dell’essere animali intelligenti (più intelligenti di tutte le altre specie, forse, e consapevoli della morte), è come se quella super-fetazione dell’attività cognitiva umana, che chiamiamo “religione”, abbia un assoluto bisogno di condizioni ambientali adatte (ciascuna secondo le sua modalità) per svolgere al meglio la sua funzione consolatoria rispetto all’inesplicabilità del mondo, all’esistenza del dolore e della morte.
quello che mi piace degli spazi di questo genere è la loro tendenza al vuoto.
non vorrei che scomparissero, sono capsule di rappresentazione di qualcosa, forse del nulla, e in quanto tali si pongono come oppositive al troppo-pieno che ci circonda.
a proposito franco buffoni … mi chiamo gEorgia e non giorgia ;-)
geo
“è come se quella super-fetazione dell’attività cognitiva umana, che chiamiamo “religione”, abbia un assoluto bisogno di condizioni ambientali adatte (ciascuna secondo le sua modalità) per svolgere al meglio la sua funzione consolatoria rispetto all’inesplicabilità del mondo, all’esistenza del dolore e della morte.”
E’ questo che mi piace degli atei: la loro incrollabile tendenza alla semplicità e la loro altrettanto incrollabile convinzione d’aver capito tutto, ma proprio tutto.
chissà da cosa il macioci si è accorto che ho capito TUTTO, anzi PROPRIOTUTTO.
effettivamente è così, macioci.
dò lezioni di PROPRIOTUTTO al pomeriggio.
tariffe salate per i credenti.
“Due greci stanno conversando; forse Socrate e Parmenide. Conviene che non si sappiano mai i loro nomi; la storia sarà così più misteriosa e più tranquilla. Il tema del dialogo è astratto. Talvolta alludono a miti nei quali entrambi non credono. Non polemizzano. E non vogliono né persuadere né essere persuasi, non pensano né a vincere né a perdere. Liberi dal mito e dalla metafora, pensano o cercano di pensare. Non sapremo mai i loro nomi. Questa conversazione tra due sconosciuti in un luogo della Grecia è il fatto capitale della Storia. Essi hanno dimenticato la preghiera e la magia”. J.L. Borges
Il modo in cui Frazer rappresenta le concezioni magiche e religiose degli uomini è insoddisfacente perché le fa apparire come ‘errori’.
[Ludwig Wittgenstein, Note sul “Ramo d’oro” di Frazer]
Idea simpatica. A Treviso, in provincia, fino a qualche tempo fa i musulmani pregavano negli scantinati di un’oratorio parrocchiale. Prima che la politica e le alte gerarchie ecclesiastiche se ne accorgesse era tutto tranquillo.. certo, non era la soluzione. Storia interessante, raccontata molto bene qui: http://www.vimeo.com/4675167 date un occhio!
tommaso, bellisimo video grazie per averlo segnalato
geo