“M’innamoravo solo di riflessi”
Tuffato nella fonte di Narciso
m’innamoravo solo di riflessi.
Ogni tratto somatico del viso
scompariva all’arrivo degli amplessi
che consumavo inevitabilmente
proiettando l’immagine di me
dentro un corpo diverso ma presente
che non mi richiedeva alcun perché.
Ed era naturale quello sdarsi
cercando senza sosta il sottoporsi
ad un teatro privo di catarsi
che il cuore sceneggiava di rimorsi.
Ed ancora da fulmine colpito
correvo dietro un tipo benvestito
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Parcheggia la tua bocca sulla mia.
Estrai da portafoglio monetina.
Rimetti in moto. Non cambiar corsia.
Sicuro d’aver messo la benzina?
Codesto tuo motore appar truccato.
Allaccia oppure slaccia le cinture.
Ribaltami qual camion cappottato.
Arresta. Sosta. Poi riparti pure.
Mille miglia e chilometri e raccordi.
Un corpo come casa cantoniera.
Col finestrino aperto qui m’abbordi,
con pantaloni jeans e canottiera.
Io mi dedico anonimo ad un vizio
ammissibile in area di servizio.
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Non c’è riparo dalle tue chiamate
dagli esse emme esse inaciditi
in cui affondo in onde elettrizzate
senza filo sui crediti finiti.
La batteria schiantata, non ho presa
a cui ricaricar il cor deriso.
Io sogno una chiamata che inattesa
si manifesti con sonoro avviso
che squilli di campane, suoneria,
che la parola sia più forte e chiara
che non sia bara la segreteria
di vecchia voce che l’amor dichiara.
Per avere un amore sì perfetto
non basta premer tasto cancelletto.
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Ma tu come mi vedi? Crederesti?
che dopo le parole sono pappa
di latte zuccherato? Mi vedresti
pan bagnato che bolle sotto cappa,
sopra l’azzurro fuoco di cucina?
Chi mi difenderà dalla tua bocca
che s’apre tutta aspersa d’acquolina
qual pesce rosso che ad un’esca abbocca?
Molle purè, ti scivolo per gola
ti cucio le budella col ricamo
a rilegare la vetusta fola
nel libro che contien l’amore e l’amo.
O visione famelica gustosa:
tu m’inghiotti qual bacca velenosa.
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I miei musi son musi artificiali
desideri che saltano la corda,
gatti randagi senza gli stivali
che m’assalgono – barbari – in un’orda
che mi sorprende in trance addormentato
mentre rimiro un qualche tipo in spiaggia.
Io scrivo del futuro e del passato
immaginando un’orgia che selvaggia
non avviene che dentro la mia mente.
Oppur vagheggio mèmore di quando
in un’era distante dal presente
andavo per la strada sculettando
cercando in altrui sguardo l’attenzione.
Poi l’ho trovata. Quale frustrazione…
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Testi tratti da: Will – 24 sonetti (Napoli: Edizioni D’If, 2009)
Nell’immagine: Caravaggio, Narciso
Ma splendida!!! La strofa sul telefono è deliziosa. Stasera brinderò a questa poesia con una gran bicchierata di Cosmopolitan!
Bravo Marco! f
Grazie! Sono in biblioteca adesso, appena torno sarò a disposizione per eventuali approfondimenti. Baci
Forse gioverà aggiungere che questi sonetti non sono che un piccolissimo assaggio di un canzoniere autobiografico che svagatamente segue le orme dei Sonetti di Shakespeare e che conta (a quanti siamo arrivati Marco?) ben oltre 100 componimenti.
La sequenza di Marco è più narrativa dell’esempio shakespeariano, e nel sonetto proemiale viene rivendicata come l’autobiografia di una ragazzo gay. Nel seguito, Simonelli dispiega il suo stile ironico e scafato ma sempre metricamente perfetto, per trascinarci in una piccola-grande odissea umana che vede i primi turbamenti sessuali a scuola, gli episodi di omofobia, i primi rapporti e le prime delusione amorose, la seguente immersione in una sequela di rapporti casuali e la dissipazione di sé, poi la nostalgia dell’amore e il disamore, per approdare verso la fine a un amore più grande, e stabile, col quale si decide la fondazione di una famiglia (alternativa). Un flusso autobiografico tenero e esilarante insieme, in cui classico e pop sono meravigliosamente mischiati, secondo una modalità che conosciamo sin dagli inizi della produzione di Marco ma che qui si articola in un’ampiezza di struttura e di orizzonte poetico che è nuova.
Insomma c’è molto dietro questa troppo parca selezione (a cui avrebbero fatto bene due parole introduttive) che non si vede. Per ora sono stati pubblicati i 24 sonetti vincitori del Premio Mazzacurati-Russo del 2008, ma consiglio a tutti di seguire gli sviluppi di questo lavoro nei prossimi anni.
bravo marchino, yeah!
Mi sono piaciute sempre le tue poesie. Ne ho letta qualcuna tempo fa sul tuo blog e alcoltato altre in un reading a Palermo. Le trovo intelligenti e decisamente calate nel mondo che viviamo: e dal punto di vista del linguaggio e dal punto di vista delle tematiche e dal punto di vista dell’ironia. Mi sembra proprio un ottimo modo di ridare peso alla corporalità, svuotata ai nostri giorni dalla videocracy. Comunque sia complimenti.
:))) Tutto ciò è un tale raffinato divertimento (naturalmente sotto c’è anche il pathos ma ben sdrammatizzato dalla drammatizzazione neoclassicissima) che sono deliziato a misura colma. L’assaggio meriterebbe sonetti di lode da parte dei lettori qui e sùbito, almeno uno da parte mia che godo sbavosamente a sonettare, se non fosse che ho la testa presa da millemila cose da preparare in questi giorni di grandi traffici letterari (sol per dirne una, il 9 ottobre peserà su me tutta la responsabilità della presentazione di Antonio Moresco a Capua). O Simonelli, non mancheranno futuri incroci, e presto, tra le nostre strade; Napoli trama, il mondo trema. Ossequi alati.
Vi ringrazio.
Will contiene 24 sonetti scelti da un macrotesto più ampio, a dire il vero sono più di cento ma temo d’aver perso il conto fra varianti, testi cassati, etc.
Considero comunque Will non come anticipazione dell’intera compagine ma libro a sè: ideale itinerario del desiderio – non solo erotico ma anche di liberazione dal narcisismo, percorso che si conclude con un incontro con l’alterità.
Questo almeno l’intento.
Ad un livello più basso e più frivolo, credo che ad un livello inconscio abbia agito la seguente citazione di Oscar Wilde: “Il semplice fatto di aver pubblicato un volume di sonetti di second’ordine rende irresistibile un uomo”
l’italiano del commento precedente era sconclusionato, ok, chiedo venia, sono un po’ cotto… spero comunque sia chiaro il senso del discorso…
Non li trovo sconvolgenti
Quei sonetti soprastanti
Sono appena divertenti
Ma vuoi metter Cavalcanti?
Eppur sento il cuor contento
Ch’è scoperta assai gradita
Che ancor vivo sia l’intento
Di giocar questa partita
Se curato e ragionato
Il sonetto o miei signori
E’ la sintesi perfetta
Se la metrica rispetta
Sono gioie e mai dolori
Però questo l’ho sbagliato!
Paul… son commosso!
Nel libretto fra l’altro troverai un riferimento palese a Cavalcanti!
proprio un bel … fiore di carta! = ) a febbraio lo presentiamo ad ancona. w marco!
Divertente e molto curato il contrasto fra la forma classica, reinventata come gioco sonoro, e il tema contemporaneo. Versi come “cercando senza sosta il sottoporsi/ ad un teatro privo di catarsi/ che il cuore sceneggiava di rimorsi” riescono a sfruttare il succedersi di rime e allitterazioni, per creare un senso di progressivo perdersi in una tensione irrisolta. Bravo Marco! Ho trovato molto azzeccata anche la citazione michelangiolesca.
grandissimo!
marco carissimo, spero di ascoltare presto i tuoi versi dal vivo, conservo un bellissimo ricordo dei nostri precedenti incontri e delle tue letture, forse non tutti sanno che sei anche un ottimo performer. un abbraccio affettuoso. auguroni per la tua nuova raccolta. a presto
Poteva mancare il mio commento?
Eh no…
Oltre al già detto da voi tutti, soprattutto da Marco (Simonelli) stesso (che rimprovero pubblicamente, come più volte privatamente, per “aver perso il conto fra varianti, testi cassati, etc.”) e da Luca (Baldoni, che saluto caramente), vi segnalo che un’altra parte consistente dei sonetti (22), col titolo altrettanto significativo di “Shake” (selezione peraltro precedente a “Will” di un anno, che fu presentata al premio d’if 2007 e selezionata nel “Registro di poesia n. 1”), sarà pubblicata sul numero 10 di “Smerilliana” (in uscita a fine ottobre), corredati da una mia accurata noticella (“Shakexperience”).
Che dire ancora?
Che dopo la tirata d’orecchi, esprimo ora tutta la mia gratitudine a Marco per avermi fatto infine “muso” in uno dei vari sonetti acrostici che campeggiano in “Will”, presente anche in questa offerta per “Nazione Indiana”, e mi riferisco al sonetto “Parcheggia la tua bocca sulla mia”.
E dopo aver dichiarato stima e gratitudine, dichiaro a Marco, anche pubblicamente, il mio affetto incondizionato nei suoi confronti, che me lo fa fratello acquisito.
Lunga vita al Simonelli!
(Anche i filologi hanno un [hard]core…:)
Marco, sono splendidi: Mi tocca a questo punto rimproverarti solo il fatto di non avere avuto la copia con te quando ci siamo visti!
Ringrazio Federico per avermi segnalato il link.
…non mi tentare…non voglio distrarmi dal “Sesto” sul quale sto lavorando per quella bella cosa che sai, Marco…perchè se mi fai leggere questi sonetti mi vien voglia di lanciarli in lettura proprio come bacche – succulente – in bocca ai pesci del mio acquario….Mi piacciono.tantissimo. Lode e onore al progetto e alla tua vena blu aristocratica libera e luminosa artistica.
Quando tutto passa e va, tu resti. E mi piace l’idea che tu resti.
Stringevo la luna sulla pancia
era un cuscino a cui inventavo di me
che chiedo ai numeri
perché così ratti si inseguono
e nel giorno cosa vedono
quando l’ora si fa corta e stanca
ma tu dici che gli occhi non sono topi
e la luna è gatta
li rincorre con il sorriso – un lago salso –
che io parlavo e lei – muta –
dondolava appena appena
Raccontavi di ogni paura cambia forma nella nuvola
ed ecco che di notte passano
– senza sapere di contare –
anche i numeri, i topi, il mare
(d.p.)
molto molto molto divertente anche per un ignorantone come me!
nelle righe vedo anche tanto lavoro, pazienza e sudore, anche se poi il risultato sembra leggero e luminoso, guizzante d’oro e di bagliori digitali…
riuscire a dire la stessa ‘cosa’, ma in ‘modo’ diverso: sta qui la prova del nove della poesia. Quanti fair-girls/boys non conosce l’Occidente, quanti Narciso, ma conversare con loro ci rende ancora più vivi, sempre più forti, soprattutto quando si ha l’intelligenza dello humour. Bravo Marco!
Complimenti Marco! Sempre questa bella vena di deterioramento delle forme in un’ironica coccola sonora. E un dettato che ti avvolge come domopack affettuoso. Poiché, al di là di ogni ragionevole amarezza o causticità, l’umanità dolce e dolente si sente e tanto e chiede un appoggio al suo viandare zoppicante ma infaticabile.
Grazie per questi bellissimi versi.
mdp
molto, molto riuscito il frullato che ‘rinasce’ ai tempi moderni di un italiano, frullato “… del futuro e del passato / immaginando un’orgia che selvaggia / non avviene che dentro la mia mente”.
‘mazza guaglò, quanto sei bravo.
ora mi commuovo…
si, marco simonelli è un poeta.