per sora nostra, morte corporale

cristonero

Nell’ambito della manifestazione Portici di carta, a Torino, lo scrittore Ignace Audifac, sarà questo pomeriggio allo stand della Librairie Française Voyelles, per l’iniziativa Librai per un giorno. Ho tradotto per i lettori di Nazione Indiana un estratto del suo libro inchiesta scritto insieme a Serge Bilè , Et si Dieu n’aimait pas les noirs? ( Enquête sur le racisme aujourd’hui au Vatican), Pascal Galodé editeurs. Con la speranza che venga pubblicato in Italia. E ringrazio Beppe Sebaste che ieri mi ha aiutato a vendere nell’ordine: Mauriac, Cendrars, Giono, Breton… effeffe

Cosa pretende, mi disse allora il monaco con aria ancora più arcigna, è questa l’ora di entrare in una chiesa?…Lei ha tutta l’aria di essere un’avventuriera.
Sade, Justine ou les malheurs de la vertu

Intervista
a cura di Ignace Audifac e Serge Bilè

Grazie all’insistenza di un seminarista africano, una suora congolese è d’accordo, finalmente, per testimoniare, “affinché – ci spiega-, il mondo intero sappia dove conduca la miseria religiosa”. Membro di una congregazione romana, in contratto con una casa di cura per anziani, ha trentaquattro anni:

Da quanto tempo è a Roma?
Sono arrivata cinque anni fa. La congregazione aveva bisogno di religiose. Ha così contattato la mia diocesi e mi hanno fatta venire.

Ha un permesso di soggiorno?
Si, un permesso di soggiorno per religiosi, che mi è stato confiscato il primo giorno.

Come mai?
Quando si è convocati in questura per ritirare la carta, la madre superiore vi accompagna. Una volta firmato il documento, lei lo prende e se lo tiene. Succede nella maggior parte delle congregazioni.

Perché?
Perché non si fidano. Pensano che una volta ottenuti i documenti, si diano alla macchia lasciando la congregazione.

È già successo?
Si.

Come si svolge il suo lavoro?
È dura. Le religiose bianche fanno i lavori più facili e a noi vengono lasciati i compiti più ingrati.

Cioè?
Le suore italiane per esempio lavorano all’amministrazione, si occupano di gestione, restano in portineria o alla reception. Mentre noi si passa il tempo a lavare e a stirare. Ci occupiamo degli anziani. Li cambiamo, gli facciamo il bagno, gli diamo da mangiare. Tutte le cose che richiedono grandi sforzi, toccano a noi. Lavoriamo dalle sei del mattino per finire talvolta alle otto di sera. Massacrante!

Quanto guadagnate?
Quanto guadagniamo? Vuole scherzare? Non siamo pagate. Siamo alloggiate, nutrite, sbiancate ( ride)

E le suore europee?
Per loro è diverso. Prendono qualcosa. Lo stesso per le suore filippine.

Quanto?
Non saprei.

Come è venuta a sapere allora che loro sono pagate?
Ma si capisce! Si comprano creme per il corpo, reggiseno, mutandine, scarpe. Noi, non abbiamo niente.

È questo che l’ha spinta a prostituirsi?
(silenzio)

Chi sono i suoi clienti?
(imbarazzata) Ho soltanto due, tre uomini. Di fatto tre. Due bianchi e un nero.

Ci sono preti fra di loro?
( molto imbarazzata, non risponde)

Le danno soldi?
( fa segno di sì con la testa)

Come li ha incontrati?
Sul luogo di lavoro

Alla casa per anziani o alla congregazione?
(alza gli occhi al cielo, infastidita)

Ci sono dei preti allora?
(chiede di spegnere il registratore e sussurra:) sì, un italiano e un congolese .

Come fate per vedervi?
Per Padre (in italiano nel testo,ndt) sono io a telefonargli quando voglio incontrarlo.

E dove vi incontrate?
Fuori Roma

E le dà dei soldi?
Si, a volte trecento , qualche altra volta quattrocento.

Tutte le volte?

E lo vede spesso?
Due, tre volte al mese

E per il prete congolese?
Tre, quattro volte al mese da uno dei suoi amici. Mi dà due, trecento euro. Dipende.

E per l’altro italiano?
Lo vedo in una casa. È un uomo ricco. Talvolta mi dà fino a mille euro. Mi fa anche dei regali, dei gioielli che mando alle mie sorelle in Congo. È stata una religiosa mia compatriota a presentarmelo.

E lei, chi sono i suoi clienti?
Italiani, c’è anche un prete.

Come fa a gestire tre uomini alla volta?
Mi organizzo, non si conoscono fra di loro .

E come fa a liberarsi dal convento?
Non è un problema. Li vedo il sabato o durante i miei giorni di riposo.

Cosa fa dei soldi che le danno?
Mando tutto alla mia famiglia rimasta in Congo, sono poveri.

I suoi parenti sanno cosa fa?
No. Non glielo posso dire questo.

Quante suore nere ci sono nella sua congregazione?
Un centinaio.

Ce ne sono delle altre che si prostituiscono come lei?
Si, molte. Ci conosciamo fra di noi

E le altre suore africane ne sono al corrente?

Non temete che possano denunciarvi?
No, nessuna del gruppo ha mai tradito

Nessuna di voi è stata mai scoperta ed espulsa?
Si. È successo a una suora originaria dell’Uganda. Ma non so come sia successo. Ad ogni modo, la madre superiora le ha comprato il biglietto aereo a sua insaputa, e le ha comunicato soltanto alla vigilia che l’indomani sarebbe partita. È capitato anche a una del Congo. Ma lei, è il giorno stesso della partenza che le è stato comunicato che avrebbe lasciato la congregazione. L’hanno portata in aeroporto con la forza.

Ha già praticato la prostituzione nel suo paese?
No, mai.

Come può provarlo?
Non ho nessuna ragione di mentire, altrimenti non avrei accettato di rilasciare questa intervista.

Ha qualche volta problemi di coscienza?
Si. Sempre. So che quello che faccio non è bene. Ma la mia famiglia è povera e qui si soffre.

Se, come la religiosa che abbiamo intervistato, talune si prostituiscono certamente non di buon grado ma volontariamente, altre sono invece vittime di vere e proprie reti che le intrappolano, e consegnano a degli uomini confiscandone perfino i soldi guadagnati.
Uno di questi è diretto da… una religiosa africana, dalla reputazione diabolica, esiliata da una ventina d’anni nel freddo italiano dalla sua comunità nel Congo, in seguito a malversazioni. La chiameremo Berta.
Dal suo arrivo, fonda una congregazione e riesce , non si sa come, ad affittare un appartamento di tre vani, subito trasformato in…casa chiusa. Berta fa allora venire delle religiose africane, desiderose di viaggiare e di guadagnarsi qualche soldo, promettendogli “un buon lavoro”. Ma una volta sul posto, comincia il tempo della disillusione e della discesa agli inferi.
(…) continua

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12 Commenti

  1. Che tristezza…
    La sessualità come dolore, non come gioia.
    L’ho sempre pensato la felicità non è per tutte.
    Si potrebbe immaginare le couvent come asilo,
    invece in qualche caso è luogo di dolore, del corpo
    dilaniato, fratturato.

    Portici di carta: una bell’idea e mi piace sapere Mauriac dentro una casa di Torino o di Milano, portando con sé i personaggi disperati con un fuoco
    nel cuore, composti e animati di sentimenti violenti. Mi piace sapere che la luce trapela attraverso i pini eretti, trapela tra il libro per mescolarsi al Po. E te, effefe, che ami le voce, quella di Mauriac è di una bellezza addolorita, comme tanto amore bruciato nella gola.

  2. si squarci a gamba tesa il rivoltante marciume presente a tutti i livelli di potere e ancor più nella chiesa
    magari ne scaturisse una ferita ancor più grande per tutti gli approfittatori
    peggio del regno animale
    dove almeno non ci sono trappole piazzate dall’uomo
    bravo e coraggioso forlani e chi lo aiuta
    le migliori cose vengono sempre da chi ha nel cuore una poesia
    c.

  3. Credo che ho fatto una sciocchezza. Ho messo il link per che il site sia visitato e conosciuto, ma credo che non ho il diritto.
    Se puo cancellare il mio link?

    Mi scuso veramente della mia sciocchezza presso NI e effeffe.

  4. Niente di nuovo sotto il sole; è l’eterno ritorno delle cose (di merda) che tornano. Per la gran parte del mondo, purtroppo, siamo ancora al pre- illuminismo. Leggere La Religieuse di Denis Diderot, per capire quanto ancora sia lungo il cammino.
    Ottimo post questo di Forlani. Attendo curioso di leggere il seguito.

  5. Merci Beppe
    Je m’excuse du retard de mon intervention
    Dans tous les cas. Nous n’avons que fait notre devoir. Celui d’informer.

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di Lucia D'Anna
Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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