“Il corpo delle donne” o del fascismo estetico (2)

granhøj_458x306_338x226

di Andrea Inglese

(La discussione scaturita da questo post, grazie alle osservazioni e testimonianze emerse nei commenti, mi ha fornito materiale di ulteriore riflessione. E davvero diversi sarebbero i filoni di discussione possibili. Per conto mio proverò a metterne a fuoco uno, quello relativo alla formula suggestiva, ma per certi versi opaca, che mi si è imposta rievocando scene di Videocracy: il “fascismo estetico”.)

Vorrei cominciare con due citazioni tratte da un post di Lorella Zanardo, intitolato I corpi liberati. (La Zanardo è l’autrice del documentario-saggio Il corpo delle donne).

“E’ da sempre enorme il potere d’attrazione del corpo delle donne, oggi però ne abbiamo più consapevolezza e ne restiamo noi stesse sorprese.
In particolar modo le giovanissime, come Silvia, paiono godere di questa scoperta: la loro è forse la prima generazione a nascere e crescere dentro un corpo liberato che non ha dovuto lottare per uscire da costrizioni e sottomissioni millenarie.
Io credo ci sia qualcosa di vero e forte in questa scoperta.
Intendo che Silvia, Belen e molte altre si avvicinino ad una scoperta potentissima senza riuscire a portarla a compimento.”

“La televisione attrae proprio per la sua proposizione ossessiva di corpi, lontani però da ogni forma realmente espressiva perché imprigionati in gesti ripetitivi e costretti dalla finzione intrinseca al mezzo televisivo.”

Che rapporto c’è tra il “corpo liberato” e il “corpo dominato”? Apparentemente i due concetti sono antitetici: dove c’è l’uno non ci può essere l’altro. Ma uguale conclusione sorgerebbe se si associassero altri due concetti, “individuo emancipato” e “individuo soggiogato”.

Qual è stata la forza di attrazione, per certi versi rivoluzionaria, della tv berlusconiana in italia? Quella che ha contribuito a costituire il partito mediale di massa, secondo la definizione di Ilvo Diamanti.

Le tv private del Grande Intrattenitore hanno avuto la capacità di sollecitare esigenze d’emancipazione soprattutto presso i ceti popolari, liberando energie nuove, salvo poi, puntualmente, imbrigliarle, parassitarle e sfruttarle nel proprio obiettivo di espansione commerciale e di egemonia culturale. La pietra angolare del partito mediatico, l’industria televisiva, ha agito come uno straordinario commutatore: ha attirato a sé una gran quantità di energie giovanili desiderose di emancipazione, per sottoporle a un rigido regime dell’intrattenimento, che riusciva, paradossalmente, a provocare sul pubblico un effetto di regressione culturale. Strappare giovani e giovanissime donne da legami locali e comunitari, per portarle sulla ribalta televisiva a livello nazionale, è indubbiamente un fattore d’emancipazione (sfuggire alla tutela familiare e della comunità locale). Possiamo immaginare che un fenomeno concomitante di questa emancipazione sia, nella giovane donna, la piena consapevolezza del potere d’attrazione del proprio corpo. Il corpo voleva liberarsi, ha avuto un’occasione per farlo, sfuggendo a vincoli e condizionamenti tradizionali, ed ora è disponibile, come un’energia potenziale, che può esprimersi in varie forme. Questa occasione d’emancipazione è data però da una soglia stretta: l’immagine. Ci si libera e si misura la potenza della propria liberazione accedendo all’immagine, ossia sottoponendosi all’iter complesso della selezione, della formazione, della cooptazione nell’industria televisiva. Dove sta il fascismo in tutto questo? Il fascismo sta nell’esistenza di un unico Codificatore, rigido e autoritario. Se la grande occasione d’emancipazione (dei ceti popolari, della donna) sta nella soglia stretta dell’immagine, chi diviene padrone di essa, della sua codificazione, della sua produzione e della sua diffusione, ha un potere coercitivo e di controllo enorme. Non solo, ma egli si nutre della potenza dei corpi in via di emancipazione, si nutre dei sogni che questi corpi sprigionano, nel momento stesso in cui percepiscono una possibilità di emanciparsi.

Berlusconi e il suo sistema televisivo si sono posti come unico Codificatore, fornendo una speranza concreta a migliaia di persone: “liberatevi dalle vostre catene, portate la vostra energia fino alla porta stretta dell’immagine, lì dove si organizza l’apparizione televisiva.” Ciò che si perde così facendo è poi, tragicamente, la propria espressività. Perché la si perde? Perché gli Avanguardisti Tronisti e le Giovani Italiane Veline sono, per la gioia del Codificatore, persone incompiute, malleabili, le cui spinte espressive non hanno ancora preso una definitiva direzione. Ed è su questa malleabilità espressiva che avviene la violenza del fascismo estetico: ossia la codificazione rigida dei ruoli, dei tempi, dei vestiti, dei gesti, dei toni, secondo un copione fisso.

L’azione violenta e prevaricatrice che contraddistingue il carattere fascista di questa operazione avviene a due livelli: a livello alto, in quanto monopolio televisivo (illegale), e quindi imposizione, a livello nazionale, di un solo Codice, con marginalizzazione e discredito di Codici concorrenti; a livello basso, in quanto imposizione – in termini di addestramento – di un unico paradigma espressivo, senza nessuna considerazione per altri alternativi.

Tutto questo sistema, inoltre, ha un’altra conseguenza “fascista”, ossia il carattere mortifero e mortificante delle poche espressioni consentite. E qui il documentario di Lorella Zanardo è sufficientemente eloquente. L’accanimento sui volti delle donne, passati sotto l’opera di cancellazione chirurgica della loro espressività, riconduce alla levigata uniformità della maschera mortuaria. L’accanimento nel ricondurre la donna ad un alfabeto limitato di posture – a carponi sotto un tavolo ad esempio –, riconduce alla mortificazione sadica, ma senza ombra di quella parità di ruoli che, nella vita intima e privata, dovrebbero essere il presupposto di ogni espressività erotica. Non è il gesto in sé ad essere mortificante, lo è la sintassi rigida del gesto, la sua ricorrenza all’interno di un sistema chiuso di gesti e di ruoli codificati.

Infine, il “fascismo estetico” ha un’altra conseguenza: il razzismo. Un razzismo che, ovviamente, tocca la sfera dell’immagine e dell’espressività. Ciò vale non più soltanto all’interno della fabbrica mediatica, ma nelle sue propaggini reali, per strada, nel paese. Chi non corrisponde all’immagine codificata è sospetto. Anziani, neonati, immigrati con abiti da lavoro o con abiti della festa non europei, barboni, “originali”, ecc. Ricordo l’incontro in un vagone affollato del metrò con un gruppo di ragazzoni provenienti da un quartiere popolare di Milano. Il loro era lo stile solito, stile unico, stile televisivo. Uno di essi era ubriaco o impasticcato, e attaccabrighe. Tra le tante persone presenti, due scatenarono la sua aggressività. Uno era il classico “originale”. Un ragazzo che si dava un po’ di arie da misterioso, vestito con una camicia e un capello neri, barba e ciuffo sugli occhi, scarpe a punta con fibbie strane. Il tizio flippato cercò di aggredirlo, di strappargli il cappello. Ma lo tennero fermo i suoi compagni. Poi, girandosi, vide che lo guardavo. E si lanciò su di me, gridando “E tu quattr’occhi!” (alludendo ai miei occhiali). Si vede che anche gli occhiali erano un segno, per lui, di minorità, e andava quindi punito. Possiamo immaginarci le varie tappe del suo ritorno a casa: una coppia di gay che si baciano, una ragazza con una minigonna e delle calze a rete rosa shocking, un venditore bengalese con quattro cappelli da cow-boy in testa, ecc.

Lele Mora che lavora ai piani alti dell’industria televisiva, essendo un selezionatore potentissimo di chi accede all’immagine, un guardiano della porta stretta di Mediaset, non è solo una delle eminenze grige del “fascismo estetico”, è anche una fascista tout court e vecchia maniera, con tanto di “Faccetta nera” registrata sul suo video-telefonino, svastiche e aquile naziste. È quanto ci mostra una delle sequenze più agghiaccianti di Videocracy. Nostalgia del regime fascista e fascistizzazione dell’immagine possono andare perfettamente a braccetto.

A livello più generale, il “fascismo estetico”, come paradigma culturale rigido e tendenzialmente unico (grazie al monopolio mediale), si alimenta, per poi amplificarlo, di quello che Raffaele Simone definisce uno dei principali postulati dell’ideologia della neodestra: il postulato di superiorità (“io sono il primo, tu non sei nessuno”). Nella logica del fascismo estetico, la conquista dell’immagine (l’apparizione mediatica) si può ottenere con tutti i mezzi. Detto in altri termini, non si diventa primi solo per il principio meritocrato che vige in democrazia (“sei il primo, perché il migliore”). Si diventa primi, anche se si è il peggiore. L’inganno, la forza, la frode, il crimine sono tutte vie altrettanto legittime, e probabilmente più comode, per l’accesso all’immagine. Chi accede all’immagine, acquisisce uno statuto incomparabile con quello di qualsiasi altro cittadino privo d’immagine. Il primo è chi sta nel fascio di luce mediatica, quale che siano le sue caratteristiche morali, professionali e intellettuali. Nessuno sono tutti gli altri, quelli fuori dal fascio, quali che siano le loro caratteristiche morali, ecc.

Nella discussione seguita al mio post su Videocracy è, ad un certo punto, emerso uno strano schema. Parlando di coloro che più si conformano al paradigma culturale della tv berlusconiana – coloro che aspirano all’apparizione televisiva, la anticipano, in qualche modo, nella loro vita reale – è sorto il problema del giudizio. Posto che uno si senta estraneo a questi modelli culturali, e ne abbia coltivati altri, come giudica i “clonati” o le “clonate”? Qui secondo me c’è un punto fondamentale. Si potrebbero ovviamente fare tante precisazioni possibili. Ad esempio, coloro che appaiono “clonati” esteticamente, magari sono persone civilissime, consapevoli, ecc. Semplicemente assumono in forma superficiale un modello, mantenendo rispetto ad esso una distanza critica. Siamo d’accordo. Ma quegli altri, invece? Quelli che accolgono il pacchetto in blocco? Le aspiranti veline pronte al sacrificio di sé senza nessuna garanzia di contropartita? L’operaio bresciano che attende la salvezza sociale dal casting e ne esce ogni volta frustrato? Nella discussione è emerso uno conflitto tra giudizi morali: chi vede queste persone come colpevoli, colluse, e quindi non meritevoli di alcuna compassione o simpatia, e chi le vede come vittime, o anzi vede – come mi sembrerebbe più giusto – tutti noi come vittime di questo paradigma culturale. Questa divergenza di opinioni riguardava poi anche il giudizio sul grado di attività o passività, quindi di responsabilità, di queste persone nel meccanismo impietoso a cui si esponevano.

Noi, quando ragioniamo così, facciamo riferimento a due modelli che mi sembrano riduttivi: il primo è quello individualista, e dice: se non c’è coercizione evidente, c’è l’autonoma volontà del soggetto. A lui va tutta la responsabilità di ognuna delle sue azioni. Il secondo, di ascendenza sociologico-positivista, dice: siamo tutti socialmente condizionati, la nostra libertà è illusoria, o minima.

Nel mio post ho introdotto il concetto di “tragico”. E anche se non è espresso da lei esplicitamente, trovo che le riflessioni di Lorella Zanardo citate all’inizio vadano nella stessa direzione. Mi permetto una citazione da Peter Szondi (Saggio sul tragico): “la tragicità non si compie nel declino dell’eroe, ma nel fatto che l’uomo soccomba proprio percorrendo quella strada che ha imboccato per sottrarvisi”. Lo schema tragico non è familiare a noi moderni, eppure rende questa specifica vicenda più intellegibile che gli schemi individualisti e socio-positivisti. L’eroe tragico è una vittima, pur essendo del tutto responsabile delle proprie azioni. La sua volontà, che lo rende attore consapevole del dramma, non esclude in lui una parziale cecità. Il clonato o la clonata, nell’ottica tragica, sono persone spinte da un desiderio di emancipazione forte, che rischia ad ogni momento di precipitarle in una condizione di nuova e inedita prigionia. Questo li rende allo stesso tempo colpevoli e innocenti, o forse più semplicemente illustra la vanità di un nostro giudizio morale. Non solo, ma la stessa diabolica industria televisiva berlusconiana ha custodito in sé elementi d’emancipazione sociale che non erano visibili altrove nel panorama culturale italiano. L’autoritario-populista Berlusconi potrà ribattere a certi ambienti culturali di sinistra: “Ma voi siete classisti!” E questo è vero. Vogliamo considerare il grado di mobilità e permeabilità del PD di fronte alle forze nuove, giovani, che premono al suo interno o che potrebbero essere coinvolte in esso? Vogliamo andare a vedere cosa succede nei feudi della cultura del libro, ossia nelle università, anche nei dipartimenti politicamente e culturalmente orientati a sinistra? Sono forse luoghi di sicura emancipazione? Sono forse luoghi immuni dal baratto sessuale? Sono forse luoghi in cui è sconosciuto il postulato di superiorità “io sono il primo (io ho la cattedra), tu non sei nessuno (tu hai un contratto annuale, un assegnino, una borsa di studio)?

Non voglio suggerire equivalenze che non ci sono. Voglio mostrare gli elementi di emancipazione nella tana dell’Orco e della sua cultura fascistoide così come voglio mostrare elementi di schiavitù e inciviltà nelle biblioteche più selezionate e libertarie. E nonostante le enormi differenze, e indipendentemente dalle coloriture politiche, sono ambienti in cui non solo le normali illusioni della giovinezza vengono macinate brutalmente, ma anche le più vitali e legittime aspirazioni a una vita normale. Questo fa sì che la torsione tragica sia presente ogni qualvolta, io mente libresca e anti-televisiva, guardo in faccia un “clonato”. Io ho creduto nello studio, nella ricerca artistica, nel lavoro intellettuale, nell’indipendenza di giudizio, nell’impegno sociale e, qui in Italia, sono stato bellamente fregato. Lui, nel peggiore dei casi, avrà creduto nella palestra, nell’abbronzatura, negli abiti firmati, nelle discoteche dei vip, nei casting televisivi, nella forza bruta, e magari è già partito fregato, e molto presto, magari fin dalla nascita, nel quartiere o nella famiglia in cui si è trovato a vivere, e comunque c’è il caso che continui ad andargli male, anche così, anche con gli occhiali a goccia, quelli giusti.

Se c’è un punto da cui possiamo ri-partire, è quello di cui parla Lorella Zanardo quando si riferisce “alla scoperta del potere d’attrazione del corpo delle donne”. Io allargherei il discorso, non so quanto debitamente. Sarebbe importante che ognuno ri-scoprisse la quantità d’energie fisiche e intellettuali, creative, che si liberano quando smette di stare al proprio posto, sia dentro l’immagine e i suoi codici, sia dentro i discorsi e i suoi codici. Smettere di stare al proprio posto, in Italia, significa rimettere in discussione tante vie di salvezza sociale, che si sono rivelate, nell’universo dell’immagine come in quello dei libri, vicoli ciechi, zone morte, limbi dove pochi privilegiati ci tengono in attesa di una vita che non verrà mai, che arriverà troppo tardi o troppo presto. Smettiamo di attendere davanti alla porta della Legge, nutrendo il suo guardiano con le nostre energie fisiche e mentali. Smettiamo di essere dei nessuno, che attendono di diventare il primo.

Non è questa una risposta al che fare. È un’immagine libresca. Un sogno vivido. Se la truppa di aspiranti veline e il karateka bresciano avessero mollato per un giorno i casting, e fossero venuti in manifestazione, ancheggiando e scalciando in aria, con i precari della scuola, sabato 5 settembre a Milano, la gente in moto e in macchina, invece di inveire contro noi manifestanti per il blocco del traffico, ci avrebbe forse seguiti, affascinata da quei corpi provocanti e da quei calci atletici.

never mind pollock

[immagine in alto: Lilibeth Cuenca; immagine in basso: Lilibeth Cuenca never mind pollock, foto di andrea rosforth]

Print Friendly, PDF & Email

63 Commenti

  1. Che strana idea che si ha su cos’è “liberato”. Non c’è, al momento, nessun corpo liberato, né donna, nè uomo.

  2. E quale mai “emancipazione” avrebbero prospettato le televisioni, e a chi? E la libertà del “corpo liberato” delle donne in cosa consisterebbe, al di là del liberarsi dalle mutande? E davvero “sfuggire alla tutela familiare e della comunità locale” diventando veline è “indubbiamente un fattore di emancipazione”? Ma allora è sulla LIBERTA’ che non ci capiamo…

  3. Beh, se non altro il casino che ho fatto di sotto ha materializzato almeno un riferimento al pensiero femminile preesistente in materia. E qui almeno un pensiero femminile è riportato, con nome e cognome.
    (non male, eh:). L’interlocutrice ora mi pare lorella zanardo. Che sa bene cosa pensa e non va ventriloquizzata. (per quel che vale, io resto dalla parte della figurazione moana pozzi:)
    ciao

  4. E’ difficile, da “disintossicato”, guardare spezzoni televisivi anche se inseriti in un discorso critico, non per la possibile “ricaduta” ma per la noia opprimente.

    L’effetto è molto simile a ciò che accade al protagonista del film di Carpenter “Essi vivono”

    http://www.youtube.com/watch?v=sVCY_DxX2r0

    http://www.youtube.com/watch?v=oxBmVflrpL4

    Non ce l’ho fatta a guardare tutto il documentario della Zanardo, scoprendo con piacere, come ho scritto in un mio intervento alla prima parte della discussione, che per entrambi quella tv è un film porno, porno senza coito. Mi interessa molto il suo discorso sul tempo, sulla cancellazione dei segni del tempo, ennesima strategia per potenziare la vera specificità del mezzo televisivo, e cioè essere una vera e propria droga.

    Quella citazione visiva della Magnani nel film di Pasolini, la contrapposizione non soltanto di una donna reale, ma di un’idea di bellezza, quella di PPP, e nel/del cinema contro quella massificata dalla tv, eros contrapposto al porno “siamo belli, deturpiamoci”, lettere luterane, quella bellezza che PPP ha cercato di preservare nelle sue opere, arte, non tv.

    Il nuovo intervento di Inglese (questo ed il precendente debitori indirettamente o meno da “La natura del potere” di Canfora) è molto lungo. La questione del corpo… corpo liberato, Foucault insegna che l’abolizione delle pene corporali all’interno di un sistema carcerario implica una “dolcezza” che è solo nuovo paradigma per il controllo dei corpi. Molti vogliono sottoporsi volontariamente all’esperimento televisivo, andare in tv, esporsi, videoesporsi, esistere finalmente, e tutti noi siamo sorvegliati giornalmente nelle nostre città

    http://www.surveillanceproject.org/

    Sono andato a braccio, mi fermo qui riprendendo magari altre parti dell’intervento insieme ai prossimi post

  5. La lotta per il predominio e il controllo sul corpo delle donne c’è da sempre. In tutto il mondo. Controllare la sessualità e la riproduzione femminile è sempre stata ansia forte di gran parte delle religioni. Nel nostro caso specifico, la religione cattolica.

    Quindi, da un lato prospettare la prostituzione spontanea come unica soluzione futura alle giovani generazioni (Crescete e prostituitevi), incitare alla manipolazione chirurgica dei corpi in vista di una desiderabilità, di una seduzione ipotetica, di una ‘libertà’ di costumi che è svuotata di qualsiasi significato vero di libertà.

    Dall’altra, la donna non è libera di scegliere come partorire, come e se abortire, o se abortire con meno danno possibile, non è libera di utilizzare le biotecnologie (eventualmente) per avere figli oltre la menopausa naturale o chirurgica (mentre per l’uomo è naturale anche a 70 anni avere figli).

    Famosa l’intervista all’intellettuale marocchina Fatima Mernissi che, interrogata a riguardo del velo islamico, mise in evidenza l’ossessione della bellezza e della giovinezza dell’Occidente, dove le donne dovrebbero sempre avere 18 anni, portare la taglia 42 e sembrare assolutamente inferiori come intelligenza al loro partner maschile. La taglia 42 quindi come restrizione ancora più violenta del velo musulmano.

    Non è un caso che tra le giovanissime anoressia e bulimia disturbi alimentari gravi, che portano alla morte, sono in aumento.

  6. Sono grato a Inglese per questi articoli, perché mi coinvolgono in prima persona.

    La parte dove analizzi la componente razzista, con l’episodio sul treno, mi trova particolarmente d’accordo. Vedo queste tendenze in mia figlia quindicenne, nei suoi amici, negli ambienti che frequentano, gruppi coi quali entrano in contatto ecc. Chi non veste bene, chi è “brutto” è “sfigato/a”, da non frequentare. E’ terribile. Ma com’è potuto accadere? mi chiedo spesso. E la risposta che la causa è la televisione non mi basta. Non so valutare le differenti pesature, causa oppure effetto di una causa maggiore, più profonda e complessa.

    E’ un ottimo auspicio quello del finale: scaricate le tensioni delle aspiranti veline e dei bulli nel conflitto sociale, nell’opposizione al potere che sfrutta e divora i vostri corpi e i vostri desideri. Mi stimola ragionamenti marziani sul vuoto esistenziale che si allarga, sul fallimento del sistema, e di noi che ne facciamo parte, ma andrò a svilupparli su Marte, che forse è il luogo giusto.

    Intanto questa immagine ricorrente di Lele Mora con le svastiche sul telefonino produce in me fantasie horror che mi disturbano e in certi momenti mi terrorizzano come un film di Sam Raimi :-~

  7. Convincere gli adepti del fascismo estetico, giovani o meno, a manifestare per gente disoccupata, vestita male, brutta, sfigata, barbona, povera, negra, comunista e schifosa femminista, sarebbe un miracolo che non credo attualmente possibile neanche su marte … Perché questi sono gli aggettivi reali, e li sento tutti i giorni tra ragazzi di 14-20 anni…

  8. Il tronista/velina è un modello culturale che rimanda alla sua matrice: il Nulla.
    E’ questo Nulla che dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia, perché è lui la vera malattia. Prima dei ragazzi che aderiscono o che rifiutano il modello (che sono tutte persone come noi, come giustamente ricordava Helena Janeczec). Prima della tv, che per quanto potente e pervasiva, è solo un media (alla faccia di MacLuhan). Prima di Berlusconi, che per quante tv abbia, non è un’entità metafisica responsabile dell’ingresso del Nulla nella cultura, nell’educazione, nell’istruzione italiana, europea e occidentale.
    Per me le domande da farsi sono:
    1. Com’è stato possibile che il Nulla entrasse in maniera così prepotente nelle nostre vite?
    2. Quali principi educativi sono saltati, nella famiglia e nella scuola, per lasciare campo libero al Nulla e ai suoi modelli?
    3. Perché sono saltati?
    4. Quando?

    Una volta che si arriverà alla diagnosi corretta della malattia, sarà molto più facile elaborare farmaci e vaccini.

  9. sarà forse un’idea marziana, ma

    loro pure sono disoccupati; loro pure rischieranno ancora una volta di non apparire e di restare dei nessuno (la maggior parte degli aspiranti); che noi si sia brutti non so, tristi di sicuro; il corteo a cui sono andato era una dura prova da questo punto di vista;

    potremmo capire, marzianamente, che abbiamo delle cose da darci: loro scoprirebbero che per apparire non hanno bisogno di passare la loro giovinezza sullo zerbino dell’Orco mediatico, in attesa che le chiami – se ti chiama -; possono scendere in strada, salire e ballare sul tetto provveditorato e avrebbero pubblico e telecamere a go-go;
    noi andremmo alle manifestazioni con una carica adrenalinica ben diversa, se ci fossero tra noi festosi karateki e ballerine

  10. a Garzillo,

    facciamo la diagnosi; dietro l’apparizione televisiva, mi dispiace, ma non c’è il NULLA; su questo gli aspiranti tronisti e veline hanno perfettamente ragione: dietro, anzi dopo, ci sono contratti e salari;

    una laurea in materia umanistiche non è il nulla, ma ti apre nel migliore dei casi una carriera come cassiera e centralinista; certo, è eticamente più apprezzabile che ballare al ritmo del Codificatore; ma è una bella vita di merda lo stesso

  11. Questo post è forse la più lucida e convincente analisi dell’ideologia oggi dominante in Italia, che mi sia capitato di leggere negli ultimi dieci anni. Detto questo, distinguerei tra aspirazione all’emancipazione ed aspirazione all’ascesa sociale individuale. La prima è sempre stata una rivendicazione storica delle classi subalterne e delle minoranze oppresse. La seconda è uno dei principali moventi della società borghese da quando essa esiste. Forse uno degli aspetti della situazione attuale consiste nel fatto che la prima è oggi quasi scomparsa ed è stata sostituita dalla seconda, a livello di massa (questa è la vera novità). E cio’, tra l’altro, ha come conseguenza che gli aspiranti tronisti o le aspiranti veline difficilmente scenderanno in piazza a manifestare: semplicemente perché ciascuno di loro non desidera affatto emanciparsi, desidera invece prevalere e primeggiare. Il che fa sì che al tragico si aggiunga il grottesco, data l’assurdità di una situazione sociale in cui ogni individuo aspira ad essere, lui solo, il più bello, il più ricco, il più potente ecc.

  12. Sono d’accordo, dietro ci sono contratti e salari. Io la televisione la guardo, e guardo anche, sia pure saltuariamente, questi format tipo uomini e donne, è interessante, non vanno guardati con snobismo intellettuale o presunzione etica, da quel poco che ho seguito, quelli che riescono a restarci per un po’, a diventare anche pochissimo popolari, cominciano a fare “serate”, e sono serate pagate, credo che una serata equivalga a tre o quattro stipendi di un operaio, in due o tre anni, prima che la ruota giri e loro escano si sono comprati la casa, o l’hanno comprata ai genitori, o hanno aperto una pizzeria.
    Questo non inficia nulla di quello che è stato detto qui sopra, anzi, lo integra, io la vedo come una forma di micro-imprenditorialità senza capitale, o almeno con un capitale che è dato dal corpo, dalla capacità di renderlo produttivo.
    Il danno che tutto questo ha portato è far credere alle migliaia di aspiranti che questa sia l’unica strada per avere un futuro, e il modo più fruttoso per stare nel mondo. Sarà dura quando cominceranno ad arrivare a riva gli esclusi.
    Anche se, e va detto anche questo, benché più visibili, più chiassosi, più abbaglianti di trash dei loro coetanei, sono ancora una minoranza. Vorrei sapere che cosa fa e come pensa la silenziosissima maggioranza della quale non ci arrivano i segnali, che non va né alle manifestazioni di cui parla Inglese, né ai casting di Uomini e donne.

  13. Bianca, provo a continuare qui il discorso di sotto. Prendiamo un caso come quelli che a volte arrivano sui giornali, ma di cui è facile supporre che si tratta solo di quelli denunciati e quelli orrendi abbastanza per fare notizia. Una ragazza esce una sera e la serata si conclude in uno stupro di gruppo. La difesa di chi ha abusato della ragazza passa per il “ma come, questa era vestita in un certo modo, si comportava in un certo modo (ballando, bevendo, tenendo bordone a un certo tipo di battute). Insomma questa sembrava starci. Quindi non si può nemmeno dire che fosse uno stupro.”
    Quante volte avverranno cose del genere? Quante volte le ragazze, se non sono proprio in sei o sette a passarci sopra, diranno pure loro “vabbé me la sono cercata, ora non posso far altro che starmene zitta?” Una ragazza che effettivamente “sembra starci” smette di essere vittima se qualcuno con qui non aveva voglia di scopare, se la scopa? Persino se la cosa non può essere classificata senza ombra di dubbio come stupro? (a me che a quell’età andavo in giro castigatissima è capitato di accorgermi al bordo di un letto che il tizio che mi piacicchiava da vestito, nudo ecc mi faceva abbastanza schifo)
    Caso b, dagli anfratti della memoria, una sorta di storia da ur-veline.
    Una ragazza assai giovane, ma non credo minorenne, accusa un condutture tv di media notorietà e età media che aveva contattato per esibirsi in un suo programma, di averla sodomizzata.
    La difesa del personaggio passa di nuovo per il “ma lei sapeva, ma lei sembrava starci” e sottolinea in più la delicatezza di aver reclamato come dazio solo l’orifizio anale per conservare intatto quello davanti.
    Non so: forse la ragazza si era fatta l’idea che come pagamento potesse bastare un pompino. Insomma, la cosa può essere vista come il frutto della mancanza di chiarimenti necessari nella trattativa.
    Ma io mi chiedo: dove se le mettono queste ragazze, anche quelle che hanno – scusate- aperto il culo, stretto i denti e non detto nulla, queste esperienze?Esperienze di cui temo, molte volte non parleranno con nessuno o di cui nessuno vuole farsi carico, neanche le mamme tarate sul modello postmoderno di “Bellissima”. O se lo fanno, dando una consolazione paraculissima, tipo “piccola mia, so che è stato brutto
    ma vedrai che tutto andrà bene e potrai avere dei fidanzati meravigliosi e un domani una famiglia bellissima).
    Vedi Bianca: con tutta la simpatia che non provo, a me queste ragazze e questi ragazzi sembrano la versione attuale della buona vecchia carne da macello. Come i soldatini volontari della prima guerra, come i giovani fasci entusiasti, partono gridando urra! e si trovano (ab)usati da un numero limitato di vecchi stronzi e/o vecchi porci di potere.
    L’immagine di chi uomo o donna giovane, la da via per un apparizione in tv o per un contratto a tempo in università e simili: è questa una delle immagini più emblematiche del presente di questo paese. Dei vecchi che non sono solo Berlusconi e non solo dalla sua parte che non solo non vogliono mollare di una mezza unghia, ma che si sentono tanto più eterni e potenti, tanto più consumano carne giovane e fresca.
    Un corpo bello e giovane, fosse anche il più “zoccolo” del mondo, che si concede a uno flaccido col cazzo eretto…questa è l’Italia.

  14. Innanzitutto chiedo il parere di Inglese (e degli altri) su un punto.

    Il fascismo, o l’elemento dispotico, io lo vedo, più che nell’esistenza di un solo codificatore, nella dilatazione pervasiva del codice estetico, nella sua occupazione degli spazi e dei tempi della vita. A questo siamo sottoposti, noi che vediamo 400.000 immagini riprodotte al giorno, quando durante il medioevo erano approssimativamente 400 in un’intera esistenza. E’ il fascismo dell’estetico , non il fascismo di un solo modello estetico a danno di codici concorrenti. A questo punto ha poco valore il fatto che uno dei vermi che regola l’accesso al letamaio abbia la svastica sul telefonino ed ostenti nostalgie mussoliniane. Protestare in nome degli stili differenti significa restare all’interno della totalità estetica. L’invasione del potere estetico emerge in molti campi. Una donna che vuole dominare i propri istinti e autoconvincersi di essere capace di autogoverno non si mette alla prova dinanzi a tentazioni e circostanze ardue, ma si tatua sulla pelle un ideogramma che vuol dire : “Controllo”. Una bambina di sette anni si lascia crescere i capelli, si mette il lucidalabbra e va a scuola in minigonna. Incompetenti che diventano ministre per la spregiudicatezza sessuale e la telegenia. La violenza efferata diventa digeribile e smerciabile come oggetto modificato dal tritacarne di una certa arte scandalistica ed effettistica. Chi visita un luogo è sicuro d’esserci stato soltanto quando rivede foto o video registrati. L’estetizzazione della vita implica la spettatorialità come etica irriflessa, lo stare a guardare di chi agisce vedendo. (Detto velocemente)

  15. ” La complicità delle donne con la società del ” tra uomini” comporta del resto una sessualità sempre più povera e sessista” (Luce Irigary)

    Nel sito della Zanardo è scritto: “Riprendiamoci i corpi e l’energia che ne deriva. Con il corpo compiamo le azioni tra le più belle della nostra vita: balliamo (voi ballate?), facciamo l’amore, ci abbracciamo, corriamo, facciamo sport, ci accarezziamo, ci tocchiamo l’un l’altro. E noi donne è con il corpo che facciamo figli.
    Corpo rivoluzionario: almeno una volta nella vita l’abbiamo provato? Quella sensazione di potenza, di pienezza che sale e che ci riempie e che vuole poi trovare uno sbocco fisico, che sia un gesto, uno scatto in avanti, un grido. O, quando siamo avanti nel percorso di vita, corpo che diventa un tramite verso una dimensione alta.
    Ritorniamo alla nostra vita di tutti i giorni portando con noi i nostri corpi e la possibilità di ribellione in essi compressa”.

    Mi sembra che le donne tutto ciò lo fanno già da tempo.
    La questione è perché le donne accettino quel “ruolo” che la televisione assegna loro.

    Ok, la colpa è degli uomini, perchè sono loro principalmente che “fanno” la televisione, ma le donne non sono diverse dagli uomini in quanto a voler raggiungere degli obiettivi – e usano, si fanno usare dal loro corpo. Dall’immagine che gli uomini hanno del corpo femminile.
    Non c’è quasi più nessuno, uomo o donna che sia, che sappia dire di no, che sappia rinunziare e protestare, non si è disposti a sacrificare il proprio bisogno di emergere e realizzarsi in cambio di.
    Si è moneta vivente, per citare un noto autore francese.

    In quanto all’espressione corpo liberato è un’espressione – così come viene formulata da Lorella Zanardo – impropria ed equivoca, non ha certo la forza del discorso né di Luisa Muraro né quella di Luce Irigary.
    Quell’espressione non fa certo un favore alle donne

  16. @tedoldi scusa ma a me sembra che siamo immersi nel potere an-estetico.
    Non sappiamo più guardare e percepire. Siamo ormai lontani da quelle straordinarie analisi di un Dietrich Von Hillebrand sull’Estetica.

  17. Ora che si sia tutti inter-relati è un dato e che ne derivi una corresponsabilità è ugualmente palese. Anche cambiare lingue e prospettive però è azione e personalmente l’elenco carnale alla Satyricon delle offerte sessuali lo trovo una forma, più che di cruda realtà, di mimetismo e di perpetuazione. Il sesso è un momento di sacralità corporea, pura energia, qui siamo alla vendita del corpo-lavoro, invece che alla fabbrica fordista all’impresa mediatica. E infatti come nella fabbrica la forza –lavoro è intercambiabile così lo sono tutte queste figuranti: clonate identiche uguali, in una gregarietà estetica tipica dell’adoloscenza interminabile/senilità negata che sono i due poli antropologici dove a turno ci troviamo ora –qui catalogati. La noiosità depressiva di questa camicia di forza è evidente dall’incremento di fatturato di psicofarmaci e alcolici. Dire basta è poco, smontare il giochetto giorno a giorno dentro/fuori noi, agendo dovunque ci troviamo (scuole, uffici, fabbriche, famiglie, ospedali, negozi e ipermercati, blog, riviste, libri, giornali, ecc.ecc.) è più difficile forse, ma fecondo.

  18. andrea inglese,
    “facciamo la diagnosi; dietro l’apparizione televisiva, mi dispiace, ma non c’è il NULLA; su questo gli aspiranti tronisti e veline hanno perfettamente ragione: dietro, anzi dopo, ci sono contratti e salari”.

    Dunque la colpa sarebbe tutta dei contratti, dei salari, in definitiva dei soldi? Trovo che questa impostazione materialistica non arrivi al nocciolo del problema. Capisco che il mio discorso sul Nulla possa sembrare astratto, quindi lo specifico meglio. Partiamo da un dato di fatto: per molti ragazzi la cinica offerta dell’imprenditore tv appare molto allettante. Sicuramente più allettante di tutte le altre offerte che riguardano la cultura (tipo la laurea umanistica da te giustamente ricordata: costa troppa fatica e ti fa rimanere uno sfigato). Ne consegue la domanda: perché non gli arrivano offerte altrettanto appetitose? La risposta più scontata è che oggi l’IMMAGINE è in mano a gente e a forze ciniche, affariste etc. etc., che tramite essa amministrano il POTERE. In questo, naturalmente, c’è del vero, ma per me in questa risposta manca qualcosa. Per esempio manca una considerazione smaliziata sullo strumento principale di questo esercizio del potere: l’EDONISMO. Se lo osserviamo senza pregiudizi, vedremo che l’edonismo accomuna le tv di Berlusconi, le riviste di Prada, ma anche ciò che è rimasto del modello culturale di lontana ascendenza sessantottina, ossia l’ultimo vago tentativo di creare un modello di vita alternativo (tentativo ampiamente fallito, in Italia, dove il legame con l’ideologia è stato ampiamente predominante, mangiandosi tutto il resto). Si aggiunga la storica mancanza di un collante civile e il ritardo della chiesa nel capire la nuova società e si capirà perché al giovane italiano non arrivino altre offerte allettanti. In sostanza, per me i media non sono in mano a Berlusconi, ma a un modello culturale che non crede più in niente. Non nella famiglia, non in Dio, non nella patria, non nella potenza creatrice della cultura. Sono in mano al Nulla.
    Prognosi: per me la soluzione non sta nel demonizzare la tv (e in questo mi pare sia d’accordo anche tu), bensì nel far diventare “cool” la scuola, la famiglia, le virtù. Magari anche tramite la tv.

  19. a vincenzo G
    “L’EDONISMO. Se lo osserviamo senza pregiudizi, vedremo che l’edonismo accomuna le tv di Berlusconi, le riviste di Prada, ma anche ciò che è rimasto del modello culturale di lontana ascendenza sessantottina, ossia l’ultimo vago tentativo di creare un modello di vita alternativo”

    a Tedoldi
    “Protestare in nome degli stili differenti significa restare all’interno della totalità estetica. L’invasione del potere estetico emerge in molti campi.”

    (Piccola premessa. Ringrazio tutti per la serietà con cui leggono il pezzo e per la voglia di mettersi ancora in gioco, seppure in questa forma telematica.)

    Trovo un punto in comune nelle vostre osservazioni. E secondo me è un punto politico. E qui ancora varrebbe la pena di svilupparlo. Io non credo che il problema sia l’edonismo. Non credo che il problema sia il “potere dell’estetico”, ma semmai il “potere sull’estetico”, quello che costringe, codifica, desertifica l’estetico, lo parassita, lo domina costringendolo sul letto di procuste dei 18 anni e della taglia 42 come diceva Bianca.

    Ho messo due foto in questo pezzo che riguardano un’artista Lilibeth Cuenca. In una abbiamo un corpo nudo, nel suo stampo. Fascismo estetico. Nell’altra, abbiamo questo stesso corpo che gioca, inventa, provoca, inventandosi una sua estetica, una sua forma di esibizione.

    Come diceva un amico psicanalista, nato negli anni venti, e non certo simpatizzante per l’estrema sinistra anni Settanta, “Ma avete presente cos’erano gli anni Cinquanta?”
    Bene, gli anni Sessanta erano gli anni Cinquanta più l’automobile e la TV per tutti, ma locali e feste scatenate e licenziose solo per pochi. Il Sessantotto, sono stati gli anni Sessanta, più feste scatenate e licenziose per tutti. Non sarà stata la rivoluzione maoista che avevano in mente taluni. Ma già non è niente male.

  20. L’analisi di Garzillo mi trova d’accordo più di altre. Inglese ha scritto un bel pezzo, acuto anche, ma a mio avviso, come già accennai nell’altro post, ha il difetto di essere troppo ideologico, di rifarsi ossessivamente a una “sinistra” che non esiste più, che ha fallito storicamente in modo lampante, in Italia e nel mondo. Il problema è che oramai si ragiona in termini materialistici senza più rendersene nemmeno conto, e invece alla base di questa mortale agonia sta proprio la perdita della speranza; chi smette di sperare smette di vivere. E sperare nel trono o nell’incarico da velina ti permette al massimo di sognare, come dice Alcor, un po’ di soldi per mettere su casa: e poi? Siamo esseri umani, non cani o scimmie. Ci serve anche altro (senza mancare di sacro rispetto allo stipendio). Berlusconi, lo ripeto (fatte salve le indubbie capacità di venditore micidiale, coartatore estetico e dittatore culturale) è un sintomo, non una causa, del nichilismo capitalista odierno. Addirittura qua lo si vuole far passare, invece, per LA causa; ma la disperazione esistenziale appartiene a tutto l’Occidente, non solamente all’Italia. A tal proposito sono d’accordo anche con Tedoldi. Ripeto, Inglese ragiona benissimo in un contesto, però tale contesto è filosoficamente ristretto; un po’ come riempire d’acqua fino all’orlo un bicchiere, e pensare d’aver riempito una piscina. Il problema è molto più vasto. “Potrei stare in un guscio di noce e sentirmi re dello spazio infinito, se non fosse che faccio brutti sogni” dice Amleto. Sono i brutti sogni il problema, lo sono sempre stati, non il guscio di noce. Mi si dirà cosa occorre fare. A mio avviso serve una ri-educazione radicale, a tutti i livelli; quando Berlusconi crollerà (o sarà morto) il problema, che è antropologico, sussisterà.
    ps: il termine “fascismo estetico” è suggestivo e dotato di sintesi fulminante ma vale soltanto, a mio modo di vedere, se affrancato da troppo stretti, e riduttivi, riferimenti alla destra politica. Potremmo anche chiamarlo stalinismo estetico, o talebanismo estetico, o maoismo estetico, per intendere insomma una forma deteriore, deformata e perniciosa di uso delle immagini e dei media.

  21. Helena, condivido parola per parola. Ci crediamo tanto emancipati e poi siamo sempre fermi al punto in cui la vittima è imputata, è sempre colpa delle donne se tutto è degenerato, siamo ancora ai tempi in cui Tina Lagostena Bassi ha dovuto difendere con le unghie e con i denti la vittima di uno dei massacri più efferati.

    Quanto al resto, detto proprio in maniera pedestre, apprezzo il post ,ma non riesco invece ad apprezzare i commenti di Inglese, se ho capito bene, qualcosa tipo: va beh se proprio volete sculettare, fatelo per noi invece che per Berlusca, un po’ di balletto, un po’ di baccano, noi che siamo così tristi tanto tristi tristi…
    a questo punto mi domando che differenza c’è tra un commento del genere e il target di buona domenica e mi secca sì, in tutta sincerità, che critica, autocritica, presunta difesa del corpo della donna venga da un commento del genere (anche se l’articolo sopra l’ho apprezzato)

    riallacciandomi alle prime righe, dico che se il corpo delle donne sembra aver raggiunto la consapevolezza del suo massimo potere, ha contemporaneamente raggiunto anche la consapevolezza della sua totale impotenza e disfatta: perché quelle donne cercano a tutti i costi di nascondere chirurgicamente la propria vulnerabilità in una gara contro il tempo? perché così in competizione da sembrare clonate? perchésotto il mascherone quegli occhi tutti tragicamente infelici? cos’è che le ha così terrorizzate da diventare complici del sistema? (e mi scuso se qualcuno ha già detto queste cose, perché non ho letto tutti proprio tutti i commenti dei 2 post) io credo che in nessuna altra epoca la donna si sia sentita tanto sola come adesso, perché è con questa realtà che oggi, all’epoca dell’usa e getta, si trova più che mai costretta a fare i conti. e che mai come adesso sia divenuta davvero consapevole di non avere alcun potere che non sia quello effimero, che duri solo una notte o poco più, di non riuscire ad avere un uomo al fianco che non sia costretta a rincorrere in una gara spietata contro tutte
    (e il commento d’Inglese, anche se lontanissimo dalle sue intenzioni, non fa che peggiorare il quadro, come a dire: sì, ma insomma, ormai sta roba è pure un pochino trita, vedete un po’ pure di reinventarvi, qualche volta, siate più originali…//gli chiedo: è sempre sullo stesso palchetto a divertirvi e stare un pochino più attente e impegnarsi di più a non annoiarvi,… che devono stare ‘ste povere donne, santo cielo? Sempre a dire alle donne cosa devono o dovrebbero o non dovrebbero fare, cosa sarebbe preferibile, cosa potrebbero fare per migliorare l’immagine, l’esistenza….ma voi non vi guardate mai allo specchio?)

    e poi dall’altra c’è il Silvio che riassume perfettamente l’emblema del maschio italiano, secondo me, quello ligio alle forme e pieno di dedizione verso la sacra famiglia (l’altra faccia del mostro) da tenere in vetrina, così come ci sono giovanotti con la figa lucidata da mostare al guinzaglio e tutte quelle altre ( o altri , come si faceva notare da Simonelli, mi pare, nel post di Buffoni) che facciano da supporto a legami così impegnativi e compiti sì gravosi…

    in conclusione, se a qualcuno interessasse mai la mia opinione, ammetto di essere giunta da qualche anno alla conclusione che il maschio (mi riferisco agli etero) giovane o vecchio, sia per intero da buttare nel cesso (quanto a legami sentimentali, intendo) e magari anche il mio sarà proprio un bel muretto, ma quanto tempo e fatica m’è costato questo muretto…credo proprio che nessuno mi farà più cambiare idea. ma è solo una tra le tante, appunto.

  22. a Enrico.

    Io posso considerare con tutta serietà i tuoi argomenti, su cui posso essere o meno d’accordo. Ma insisto su una cosa. Forse sono troppo laico. Forse ho una sguardo troppo politico e troppo poco religioso (in senso non spregiativo), ma è importante, nell’attuale situazione, e proprio se si vuole andare oltre gli errori della sinistra italiana, ragionare su che cosa è successo specificatamente in Italia. Questo non ci darà risposte sul nichilismo occidentale. Non ci darà insomma le grandi risposte. E capisco anche che ci sia chi vuole ragionare in quest’ottica allargata. Ma da un punto di vista politico affidarsi a una rigenerazione degli spiriti mi sembra una cosa del tutto vaga e indeterminata. Tra la ricetta politica del giorno e l’attesa di una rigenerazione epocale, ci sarà pure lo spazio per ragionare sulle nostre vite in questi anni?

  23. andrea inglese,
    “feste scatenate e licenziose per tutti. Non sarà stata la rivoluzione maoista che avevano in mente taluni. Ma già non è niente male.”

    Sì ma, dopo la festa, che si fa?
    (Non vale rispondere: “Si fa l’alba e poi cappuccio e brioche” :) ).
    Una volta che la società occidentale ha metabolizzato alcune delle istanze rivoluzionarie in campo etico (aborto e divorzio), e ha invece rifiutato – per fortuna – la rivoluzione maoista, nessuno ha trovato la forza di creare modelli positivi. L’arte, per esempio, che ne aveva la possibilità, ha invece preso la strada della denuncia sociale. Ma io mi chiedo: e dopo aver denunciato, che si fa? Cioè: dov’è la forza positiva, creatrice e non solo distruttrice? Ci si è liberati di qualcosa, ma con che cosa lo si è sostituito?

    Forse tu questa forza creatrice la vedi in opere e in stili tipo quello della seconda foto, visto che scrivi “corpo che gioca, inventa, provoca, inventandosi una sua estetica, una sua forma di esibizione.”
    Io invece l’uso del corpo che fa quell’artista lo percepisco esso stesso, fin dal primo sguardo, come una violenza, una violenza inflitta a se stessi. Molto peggio della velina che si presta a esibire il suo corpo in tv.
    (Ogni volta che vedo opere del genere si rafforza in me l’impressione che l’arte abbia il complesso di certi adolescenti che si limitano a protestare, che facendo soffrire se stessi in realtà vogliono far soffrire i genitori, in cui vedono solo i detentori di un potere in sé e per sé sbagliato. Non sarebbe ora di crescere un po’?).

  24. HELENA

    Scrivi:
    <L’immagine di chi uomo o donna giovane, la da via per un <apparizione in tv o per un contratto a tempo in università e <simili: è questa una delle immagini più emblematiche del <presente di questo paese. Dei vecchi che non sono solo <Berlusconi e non solo dalla sua parte che non solo non <vogliono mollare di una mezza unghia, ma che si sentono <tanto più eterni e potenti, tanto più consumano carne <giovane e fresca.

    Sì, come si chiamerebbero in un film dell'orrore? Vampiri? Capisco quello che dici, e sono d'accordo con te, sono carne da macello. Fai bene anche a ricordare che le stesse pratiche sono molto diffuse anche all'interno di ambiti accademici e non necessariamente di destra. In un post precedente a questo parlavo di una generazione a cui è stato rubato il futuro. Mi riferivo anche a loro. Un saluto. B.

  25. HELENA

    <L’immagine di chi uomo o donna giovane, la da via per un <apparizione in tv o per un contratto a tempo in università e <simili: è questa una delle immagini più emblematiche del <presente di questo paese. Dei vecchi che non sono solo <Berlusconi e non solo dalla sua parte che non solo non <vogliono mollare di una mezza unghia, ma che si sentono <tanto più eterni e potenti, tanto più consumano carne <giovane e fresca.

    Come si chiamerebbero in un film dell'orrore? Vampiri? Fai bene a ricordare che alcune pratiche erano e sono molto diffuse anche nel mondo accademico e non necessariamente di destra. Sì, dici bene, carne da macello. In un post precedente a questo avevo parlato di 'generazione a cui era stato rubato il futuro".

  26. Bianca, io che posso (potere delle donne almeno in NI) ho guardato nel retrobottega, ma non ho trovato proprio traccia del tuo commento….

  27. a vincenzo G
    “Forse tu questa forza creatrice la vedi in opere e in stili tipo quello della seconda foto, visto che scrivi “corpo che gioca, inventa, provoca, inventandosi una sua estetica, una sua forma di esibizione.”
    Io invece l’uso del corpo che fa quell’artista lo percepisco esso stesso, fin dal primo sguardo, come una violenza, una violenza inflitta a se stessi.”

    sono d’accordo che il riferimento che ho fatto all’arte è una scorciatoia fuorviante. Per il semplice motivo che i percorsi dell’espressione artistica possono essere molteplici e diversissimi tra loro, e finisce per essere falsificante utilizzare un singolo percorso artistico come esemplare.

    Voglio dire però una cosa: io vedo due rischi nella riflessione che stiamo facendo: una è quella del moralismo, l’altra è quella dell’astrattezza apocalittica. Non si può rimproverare l’edonismo (sognato) a chi fa una vita priva di piacere, di prospettive, di futuro. Non si può rimproverare all’operaio bresciano di sognare un’alternativa al passare tutta la vita come tornitore in fabbrica. Quali sogni vengono proposti oggi ai ceti popolari e non solo a loro? Quali sogni alternativi al “no future” del mondo del lavoro all’italiana? E’ sulla desolazione dei rapporti umani nel lavoro e nel non lavoro che piomba con una potenza spaventosa l’illusione berlusconiana.
    Insomma, quell’edonismo che adesso sembra così odioso e vacuo potrebbe – poteva essere trasformato in ben altra cosa, perché quel edonismo contiene anche sacrosante aspirazioni di “stima e riconoscimento sociale”, “sete di esperienze nuove e diverse”, “condizioni materiali di vita non incerte e minacciate”.

  28. Una osservazione parallela a quelle fatte in questo post e nel precedente sul fascismo estetico.

    Si parla dell’uso del corpo della donna in tv, specie nei canali Mediaset.
    Si parla di veline che fanno poi i politici.

    Ebbene, giro su internet da vari anni. Ho frequentato forum, siti di incontri, blogs, ora facebook.
    Di una cosa mi sono stupito (specie nei siti di incontri ma anche su facebook ecc.): del numero di donne che si dichiara di destra.

    Sono molte, di più di quelle che si dichiarano di sinistra (voi direte: la destra è maggioranza; sì ma spesso raccoglie i voti di chi non si interessa o non capisce di politica, di chi dice ‘son tutti uguali’… insomma di persone senza una vera identità di destra).

    Ho discusso con queste donne.
    E non sono donne impegnate in politica, di solito.
    Sono donne che sono state sedotte da Berlusconi, o che sono ammiratrici della (presunta) serietà di Fini (e spesso quelle che apprezzano Fini apprezzano anche Bertinotti). o che pur non essendo leghiste sono stufe di non poter girare tranquille per la città per la paura degli extracomunitari.

    In ogni caso sono tante, e sono tutte o quasi donne che si disinteressano della questione riguardante l’uso del corpo delle donne – oppure molto pragmaticamente capiscono che il corpo è un mezzo per aver successo, e lo considerano un’arma in più per una donna, da usare in certi casi, eventualmente.

  29. considerato che per produrre lo stesso numero di merci servirà sempre meno lavoro è del tutto evidente che nei prossimi decenni il numero di individui disoccupati o afflitti da sottoccupazione strutturale crescerà enormemente.

    tali masse di individui,tendenzialmente in aumento in tutto l’occidente e inutili al processo di valorizzazione del capitale,abbracciano un concetto di libertà che coincide in tutto e per tutto con quello di coloro che ne organizzano l’annichilimento.

    non si rintracciano poi nella società concetti di libertà alternativi o differenti da quello liberale condiviso dalla classe dominante,dalla classe lavoratrice e dalla classe inutile.

    non capisco quindi come Inglese possa sperare in un’inversione di segno dell’edonismo delle giovani generazioni quando è questo,nella forma di un edonismo reganiano, a fungere da fondamento ideologico del fascismo estetico.

  30. a sys

    sono in parte d’accordo con la tua analisi, tranne su questi punti

    d’accordo sulla classe dei lavoratori “inutili”, ma tutti i precari della scuola e dell’università ad esempio sono lavoratori utili, solo tenuti in una zona di non diritto al lavoro o di diritto a metà (questo è un solo esempio); qui la tua analisi non copre una questione di specifiche politiche del “lavoro”

    “non si rintracciano poi nella società concetti di libertà alternativi o differenti da quello liberale condiviso dalla classe dominante,dalla classe lavoratrice e dalla classe inutile.”

    non si rintracciano dove? nei media generalisti italiani e sicuramente nelle assemblee del pd; discorsi sulla libertà alternativi almeno alla libertà nella sua versione italiana di neodestra ce ne sono: libertà dalle automobili, libertà dall’inquinamento, libertà dal fascismo estetico, libertà dai prodotti senza gusto, libertà dal troppo lavoro, libertà dalla disoccupazione… non so se si tratta di un salto di paradigma, ma mi sembrano filoni che esistono, seppure minoritari, e promettenti…

    l’edonismo “reganiano” anni Ottanta metteva le premesse del fascismo estetico; senza dubbio; ma quando si parla di edonismo io mi riferisco all’idea che il bene sia identificato con il piacere; in termini filosofici la questione è subito complessa, ma a me interessa ricordare un semplice elemento: la risposta al piacere parassitato e civilmente inostenibile del fascismo estetico, non può essere quello di un certo cattolicesimo classista: se nasci povero, è triste ma soffri; non può neppure essere quello del neoliberismo mondiale: la prosperità del sistema la pagano i più deboli: ad essi sempre più dolore, a noi élite sempre più piacere.

    Il punto che tu sollevi mi sembra fondamentale: come riarticolare un concetto di libertà, che implica anche piacere, e che sia socialmente e civilmente sostenibile?

  31. andrea inglese,
    per uscire dall’astrattezza farò una breve sortita nel personale, prima di tornare sul tuo post. A me l’avvento di quella che tu chiami “illusione berlusconiana” è servito per uscire da un’altra illusione, a mio modo di vedere più nefasta. Infatti, mi ha fatto capire che una parte politica non ha mai avuto, non ha oggi e non potrà mai avere in futuro il possesso della Verità. Formidabile, eh? Eppure, in Italia, non è così scontato.
    E ancora meno lo era negli anni 80, mentre crescevo nella ricca Varese e cominciavo ad appassionarmi alla letteratura e al pensiero filosofico. La prima illusione che mi è stata venduta fu che il pensiero fosse di per sé un affare “di sinistra”, così come l'”impegno”, quello positivo, in politica. A destra invece stava solo l’ignoranza, l’arroganza, il fascismo, la dittatura, l’ingiustizia.
    Alcuni amici che stimavo erano impegnati in politica. Io no. In parte per carattere – perché più incline alla religione, alla filosofia, alla letteratura -; in parte perché in famiglia si era abbastanza freddi verso la politica; in parte perché c’era qualcosa che non mi quadrava. Che cosa? Avevo capito che il comunismo era una dittatura. Una verità lampante, semplicissima, ma per me non fu facile arrivare a vederla. Infatti, tra i miei amici impegnati, molti erano intelligenti e buoni, e questo fatto “vicino” vinceva sulle cose “lontane”. Poi coglievo sempre meglio l’uniformità di pensiero, il conformismo, quell’aria di dogma travestita da lotta contro ogni dogma.
    Poi arrivò Berlusconi. Il mio intuito mi diceva che voleva cambiare le cose per il meglio: far funzionare un’Italia dove – lo percepivo ogni giorno – non funzionava niente. Tra gli amici “impegnati”, invece, molti già temevano la pochezza della cultura “aziendalista”. E io dicevo: che male c’è a voler fare funzionare meglio le cose e a pagare meno tasse? E loro a incaponirsi con la “politica alta”, con i “valori”, con gli “ideali”. Sì ma quali ideali? Che libertà c’è, che giustizia c’è nel comunismo? Malgrado mi fossi allontanato dalla fede, la mia idea di libertà rimaneva ancorata a quella che offre Cristo e a quella che, molto più prosaicamente, vedevo negli USA. Se proprio dovevo schierarmi, allora io stavo da quella parte.
    Ormai la bolla in cui vivevo si era dissolta e mi consentì di guardare alla politica col giusto disincanto (salvo rigurgiti e sbandate momentanee, in un campo o nell’altro).
    Oggi vedo con costernazione che il centro-destra si ostina a rifiutare, di fatto, la cultura, malgrado gli sforzi di Sandro Bondi. E vedo, con costernazione ancora maggiore, che la grande bolla che avvolge la sinistra italiana – culturale e politica – non si è ancora dissolta. E tutto questo non è un bene per nessuno.

    Per tornare al tuo post. Lo sguardo di natura prettamente politica da te proposto, ai miei occhi conduce a una politica culturale speculare a quella del centro-destra attuale, ed è altrettanto miope. Quella del centro-destra – un centro-destra praticamente privo di riferimenti culturali – è stata di occupare le tv e riempirle di “nani e ballerine”. Quella che viene fuori dal tuo discorso – benché puntellato da solidi riferimenti culturali – è di occupare le tv per toglierle a Berlusconi (qualche commentatore nell’altro post l’ha pure scritto). Per questo, non mi convince.

  32. aggiuntina: dove ho scritto “una”, intendevo “qualsiasi essa sia”, o meglio ancora “nessuna”. Quindi: “nessuna parte politica ha mai avuto, ha oggi, o potrà mai avere in futuro, il possesso della Verità”.
    Per questo preferisco partire da una diagnosi di tipo filosofico, che in fondo in fondo non è poi così astratta come sembra.

  33. Socialisme ou barbarie, dicevasi un tempo.
    Lo diceva la Luxemburg.
    Niente socialismo?
    nemmeno un po’?
    troppo “ideologico”?
    bene, però eccovi la barbarie.
    può essere più o meno accentuata, ma è barbarie.
    la troppa fretta di liberarsi anche dell’ultima molecola di ideologia novecentesca, di strapparsela di dosso con orrore, ci fa ritrovare tutti qui a non sapere non solo che pesci pigliare, ma nemmeno quali concetti, quali categorie analitiche usare: tutto pur di non parlare di politica, tutto pur di non farci la figura dell’ideologico.
    eppure non c’è niente di nuovo: stiamo parlando di capitalismo, di forme (nuove?) di dominanza, l’eterna modalità umana di fottere i più deboli per usarli come mezzo per i propri fini…

  34. Garzillo,
    lasciamo pure perdere tutto, destra e sinistra, lascia pure perdere il mio discorso sul dominio, lo sfruttamento, il perdurare delle differenze di classe, ecc.

    ma mio vuoi dire che c’entra togliere a Berlusconi il monopolio antidemocratico delle televisioni con il comunismo?

  35. Caro Inglese,
    ognuno è abbandonato a se stesso. Se non ha beni propri, per sopravvivere vende il suo lavoro. Se questo non c’è arriva a vendere il suo corpo, uomo o donna che sia. Qui non ci debbono essere ragioni di scandalo, poiché primum vivere, poi tutto il resto. Così è nella società antagonistica, cioè da sempre, perché non c’è n’è mai stata un’altra. Il vantaggio delle destre è che hanno capito questo fatto elementare e ci si sono adattati senza scrupoli ideologici o religiosi. L’alternativa a tutto questo ha un difetto enorme: che è faticosissima, richiede sacrifici continui, uno sforzo intellettuale e un esercizio della volontà costanti e dolorosi, che non portano al successo, ma al fallimento nella sfera materiale. Insomma, una cosa, come dicono oggi i ragazzi, da sfigati. Il male viene da lontano, dalla sconfitta epocale dei lavoratori dagli anni Ottanta in poi, che hanno visto tornare, nel giro di trent’anni, i propri diritti e salari ai livelli degli anni Cinquanta. In breve, le società capitalistiche che sull’onda delle lotte dei lavoratori erano state costrette ad introdurre elementi di solidarietà, di uguaglianza, di onestà e di giustizia nei propri ordinamenti, sono tornate alla legge della giungla, al laissez faire, al darwinismo sociale, all’homo homini lupus. Ritorno favorito dalla trasformazione in senso capitalistico – autoritario dei paesi cosiddetti comunisti. Una persona dunque – un giovane – che si trova a vivere in questo nuovo ambiente sociale ha l’impressione – DEL TUTTO INDIPENDENTEMENTE DALLE TV E DAGLI ALTRI MEDIA – di trovarsi a vivere in un mondo da incubo, in cui è abbandonato, indifeso, debole e inessenziale, in balia di forze economiche e politiche che decidono della sua sopravvivenza o della sua rovina, senza che egli abbia nessun tipo di controllo su di esse. L’esperienza che vive il giovane è quella dell’impotenza assoluta, dell’annichilimento della propria dignità umana, cioè della propria autodeterminazione. Questo, ripeto, prima di ogni influsso videocratico. La chiusura a blocco della società intorno al singolo, rende impossibile e folle ogni suo tentativo di immaginare o pensare uno stato diverso delle cose a partire dalla propria ragione e volontà.
    Se questa è L’ESPERIENZA CONCRETA CHE IL SINGOLO FA, dobbiamo attribuire alla realtà stessa, e non alle televisioni il cambiamento del costume. Perché se il singolo PER SOPRAVVIVERE ha solo la possibilità di inchinarsi, servire, adattarsi, aggredire per non essere aggredito, alla lunga dimenticherà che è un'”autocoscienza”, un essere libero che si autodetermina insieme agli altri, e diventerà la belva egoista e senza scrupoli che i personaggi di Videocracy ci hanno mostrato.
    Con ciò voglio dire, caro Inglese, che il fascismo è reale, nelle relazioni fra gli uomini e nella loro anima, e che quello estetico ne è la riflessione in quel grande specchio puntato sul mondo che sono i media. Questi infatti si sono sempre limitati al gioco della verità, a rimandare agli uomini la loro stessa immagine, per confermarli e rafforzarli in ciò che già sono, e impedire l’immaginazione di ciò che potrebbero essere.
    Con ciò non intendo assolvere le televisioni, ma definire meglio il loro ruolo, che è quello di ritessere una seconda volta, nel tempo libero, il velo che copre la realtà durante il tempo di lavoro. Perché ognuno sia e resti quel che è e nulla cambi. Ovviamente questo ruolo è consapevole, scientificamente programmato e quindi delittuoso, ma non è direttamente responsabile dell’imbarbarimento, piuttosto ribadisce malignamente quello già presente nell’individuo e nella società.

  36. @Inglese
    Cosa intendo dire quando affermo che alla radice troviamo il fascismo dell’estetico, non il fascismo di un modello estetico? Prima del problema del potere sull’estetico, e quindi dell’ingiunzione della taglia 42, sta il dominio del vedere nell’esperienza comune del mondo. Si tratta di un tele-vedere, astratto dagli altri sensi, passivizzante e traditore, perchè mente sulla nostra reale possibilità di sapere.

    Se parlo dell’estetizzazione pervasiva, mezzo di occultamento delle reali dinamiche politiche, etiche e di classe non sto facendo astrazione dall’Italia odierna per perdermi nelle mongol-fiere dell’ontologia! L’imperativo estetico tracima nelle sfere dell’etica, della politica e della competenza professionale. Il disastro che ne consegue contiene e abbraccia sia i danni del berlusconismo sia la mercificazione e banalizzazione del corpo delle donne. Dunque: cosa c’è di più politico oggi dello sciopero del lavoro forzato dell’immagine, dell’abbandono della scalata all’apparizione televisiva in virtù di un sacrosanto diritto all’ombra? E non di una semplice critica del berlusconismo abbiamo bisogno, ma di una critica del vedere a distanza, e dei suoi straripamenti arroganti. O no?

  37. a sandro dell’orco
    “Con ciò voglio dire, caro Inglese, che il fascismo è reale, nelle relazioni fra gli uomini e nella loro anima, e che quello estetico ne è la riflessione in quel grande specchio puntato sul mondo che sono i media.”
    Condivido in gran parte, come dovrebbe apparire chiaro, la sua analisi. Ma di nuovo, insisto su un punto. “Il fascismo è nelle relazioni fra gli uomini e nella loro anima”. Calma. Dove? Quando? Il fascismo ha avuto sue precise manifestazioni storiche. Siamo in una dittatura fascista? Secondo me no. Che sia cresciuta la violenza da parte dei più forti sui più deboli, d’accordo, e così pure lo sfruttamento, e cosi la limitazione dei diritti civili. C’è stato una grande esempio di gestiona fascista delle forze dell’ordine a Genova, ecc. Ma non abbiamo analogie con l fascismo storico italiano né con le dittature sudamericane. Lo sfruttamento e la violenza nel mondo capitalistico sono limitate e contrastate da leggi e movimenti. Se in Italia questa violenza cresce, è perchè non ci sono le leggi, non vengono applicate, mancano i movimenti. La televisione rafforza, appunto. Potrebbe rafforzare elementi virtuosi olre che viziosi. In Italia ha rafforzato questi ultimi e in modi che non hanno eguali nelle democrazie europee. Le sembra poco questo? Non crede che questo spieghi perché l’Italia è messa molto peggio che nazioni come la Francia, la Spagna, la Gran Bretagna, la Germania, che pure hanno il capitalismo, la tv?

  38. Teoldi,

    questo ci spinge per forza su un terreno teorico. Credo che ci siano due scuole, grosso modo. Quelle che vedono questa faccenda della tv solo in termini negativi (le sua analisi mi fanno pensare a un bel libro di Raffaele Simone “Il mostro mite”). E ci sono posizione meno manichee. Uno bellissimo lavoro non manicheo sul rapporto politica, opinione pubblica e tv è stato scritto la sociologo francese Luc Boltanski e s’intitola “La sofferenza a distanza: morale umanitaria, media e politica”. Non glielo sto a riassumere. Non so neppure se è tradotto. ma s’incentra sulla nozione di “politica della pietà”, che solo i media attuali premettono di rafforzare. In ogni caso, io vedo elementi anche positivi nella crescita del carattere visivo della nostra esperienza.

  39. come donna, come persona, vivo un’immensa solitudine. Intorno a me decadenza, spazzatura rivestita. Sono offesa da quello che vedo. E lo vedo in autobus, per la strada, nei locali, negli uffici. Sono e rimango offesa. E inerme. Perché non so cosa fare. Voci le nostre che si perdono nel «novo etere».
    Inutili le analisi, inutili le dichiarazioni. Ascoltate Miss Italia, e chi non ha vinto il magico scettro. Ascoltate. E mi chiedo, esiste vita su marte?

  40. Un tentativo di restaurazione basato sul cattolicesimo classista mi pare inattuale quanto il colpo di stato dei colonnelli,lo scontro sarà certamente quello tra le elite e i poveri.Ora è qui che si gioca la capacità di creare un’altra idea di libertà,idea che dovrà sicuramente avere le sue radici nella critica al modello della crescita infinita,ma che dovrà ancora più difficilmente:

    1) riportare l’analisi di classe della società a far parte del senso comune delle masse di woking poor e nènè

    2) rendere cool un (nuovo) concetto di STATO tra gli stessi

    e qui viene la domanda del chi? chi può essere il soggetto di questa offensiva ideologica e politica?

    l’unico immaginabile sono prorpio coloro che si occupano in senso allargato della produzione e della riproduzione della cultura.Si stanno costoro finalmente rendendo conto del fatto che si sta attentando alla loro possibilità di riprodursi e che ciò nell’arco di una generazione porterebbe l’Italia a una condizione di declino irreversibile?

  41. Mi piace la tua analisi, soprattutto perché evita, come dici, le sacche del moralismo: questo famoso edonismo non è certo da criminalizzare, magari in nome dei Valori (sembra di risentire Mazzini…), o da esecrare (ma allora datemi Céline, che almeno ci rideva su) ma da indirizzare più costruttivamente (si spera!) altrove, (anche) attraverso la ricostruzione di un immaginario che salvi ciò che di buono c’è nella tradizione della sinistra (e sant’iddio non è poi così poco!) con un linguaggio in buona parte nuovo. Non è cosa fattibile dall’oggi al domani e una un po’ di disinibita disponibilità a sperimentare mi sembra assolutamente indispensabile: guai a restarsene sulla montagna incantata per paura di contaminare presunte purezze!

  42. sys:
    “e qui viene la domanda del chi? chi può essere il soggetto di questa offensiva ideologica e politica?

    l’unico immaginabile sono prorpio coloro che si occupano in senso allargato della produzione e della riproduzione della cultura.Si stanno costoro finalmente rendendo conto del fatto che si sta attentando alla loro possibilità di riprodursi e che ciò nell’arco di una generazione porterebbe l’Italia a una condizione di declino irreversibile?”

    Questa è la faccenda. E bisognerebbe guardare in parallelo la distruzione della scuola e il monopolio TV. Due facce della stessa medaglia. Addestrare – non educare – un esercito di lavoratori – non di cittadini.

    a arturo
    “una un po’ di disinibita disponibilità a sperimentare mi sembra assolutamente indispensabile: guai a restarsene sulla montagna incantata per paura di contaminare presunte purezze!”

    Al fascino della lucidità apocalittica è preferibile, ogni tanto, il sano buon senso. Quale La risposta? Boh! Cominciamo a sperimentare. E c’è già chi lo fa.

  43. Ci ho riflettuto e dico: Elena, il tuo, il mio discorso non sono per niente fuori tema se si pensa a Debord:

    lo spettacolo non è un’insieme di immagini ma un rapporto sociale tra individui mediato dalle immagini e poi seguiva dicendo qualcosa tipo: quando lo spettacolo non occupa più solo le nostre vite, ma anche l’immaginario, i sogni….tutto conduce al consolidamento delle folle solitarie

    è questo processo che dev’essere arrestato

    bisogna partire dal basso, da noi, dalle nostre relazioni, rifare tutto da capo, da zero se vogliamo davvero che qualcosa si muova, secondo me.

  44. @ Inglese

    Il fascismo non è un fatto esclusivamente istituzionale, ha un controriferimento preciso nell’anima della gente. Ha bisogno di individui formati interiormente in un modo preciso. Può darsi che le condizioni storiche non siano quelle del fascismo conclamato, ma le sue condizioni di possibilità individuali è molto probabile che ci siano. Questo intendevo dire. Le televisioni non fanno – come del resto dici tu – che rafforzare e convalidare una struttura individuale deficitaria e dipendente che è prodotta socialmente e che è la matrice interiore del fascismo.
    Come è noto, il meccanismo del fascismo è di indirizzare gli istinti repressi dai rapporti di dominio non contro questo, ma contro immaginari nemici esterni o interni (stranieri, ebrei, immigrati, e in generale esseri ritenuti inferiori o deboli: donne, malati, vecchi, emarginati, omosessuali, hadicappati, artisti ecc.). Quindi il successo del fascismo sta in ciò, che il suddito, in quella liberazione istintuale, ricava un piacere, e ciò rafforza il legame con i capi. La sudditanza al potere gli frutta qualcosa: il godimento dello sfogo pulsionale.
    Un processo simile è rilevabile nell’uso attuale dei media. Se tutta l’immondizia che viene riversata sugli schermi tv trova un audience così universale, questo deve significare che nell’anima della gente c’è qualcosa che vi corrisponde, e cioè un desiderio intimo dell’immondizia stessa. Altrimenti si alzerebbe dal divano e spegnerebbe la tv. O no? Gli spettacoli brutali, sado masochistici, violenti, demenziali di cui siamo inondati PIACCIONO e hanno un successo incontestabile, e più si va verso il fondo della schifezza e più hanno successo. La tv anticipa nelle immagini, virtualmente, ciò che un giorno uno stato fascista potrebbe consentire nella realtà ai propri sudditi: lo sfogo senza scrupoli della propria aggressività e sessualità repressa.
    Da dove cominciare per cambiare le cose? Se le persone sono, sia pur parzialmente, corrotte, è perché debbono vivere in un ambiente corrotto. Quindi si dovrebbero rilanciare le lotte sociali e politiche, ove esistessero persone non corrotte disposte a farlo. E contemporaneamente bisognerebbe interrompere il meccanismo dei media che ripropone ai singoli ciò che essi sono, promuovendo una visione critica, più razionale dei rapporti umani. Ma anche per fare questo c’è bisogno di persone che abbiano voglia di farlo e che non siano appunto corrotte.
    Mi chiedi perché in Europa no. Io ci andrei piano con queste differenziazioni. Il fascismo italiano fece scuola in Germania, e comunque la crisi dell’individuo è generale, anche se ha modi e tempi diversi di manifestarsi nei diversi paesi.
    Il fascismo è qualcosa di molto vicino a ognuno di noi, ce lo portiamo dentro: il comportamento fascista è in fondo l’atteggiamento più spontaneo, immediato e naturale verso il mondo, privo del peso dei faticosi e noiosi arrovellamenti della ragione e della coscienza. Ti piace una cosa? Vai e prendila. In questa immediatezza vitalistica, biologica, giovanilistica, sta tutto il suo fascino, che è quello semplice e terribile della tigre che sgozza la sua preda.
    Il corpo femminile spimge irresistibilmente a un possesso immediato, come fra gli animali: solo una lunga, annosa e paziente opera di formazione, insegna all’individuo come trattare l’impulso che lo travolge, come addomesticarlo, addolcirlo, civilizzarlo. E anche nelle migliori condizioni educative rimangono aspetti di brutalità che è impossibile eliminare: figurarsi dove l’educazione razionale, come da noi, spesso manca, o è carente. Ne consegue che l’immagine pornografica del corpo femminile fornita dai media VA INCONTRO, E’ COMPLEMENTARE, SI ADATTA ad una struttura istintuale rozza e primitiva dello spettatore, che in realtà desidera e ha sempre desiderato quell’immagine.

  45. andrea inglese,
    la discussione si fa ancora più interessante. Infatti leggendo altri tuoi scambi (tipo con sys) vedo che oltre all’edonismo ora è entrata in gioco anche la libertà.

    Ora, se tu mi chiedi “che cosa c’entra il comunismo col mio discorso”, io ti rispondo che il comunismo, inteso come realtà politica, non c’entra nulla, così come il fascismo, inteso come realtà politica, non c’entra nulla.
    Eppure.
    Eppure qualcosa che ha a che fare, culturalmente, col comunismo, sotto sotto rimane sempre: il materialismo. Sono le categorie stesse con cui viene interpretato il fenomeno, a essere fatalmente collegate ai fantasmi del passato, e non alla realtà presente e alla possibilità di immaginare il futuro. Infatti, parlando del rapporto tra immagine e potere (e poi anche di edonismo e di libertà) le categorie chiamate in causa sono quelle del materialismo otto-novecentesco, con l’unica differenza che laddove la propaganda marxista-comunista parlava di “mezzi di produzione”, ora si potrebbe parlare di “mezzi di produzione dell’immagine”. Cioè, il problema dell’immagine viene spostato sui mezzi televisivi (tu la chiamavi “porta stretta”), sui proprietari delle tv e sui loro interessi materiali. Con un’impostazione del genere, va da sé che la soluzione non potrà che essere prefigurata in un’azione politica volta a ridisegnare la mappa del potere sulle tv, così come la mappa del potere negli altri ambiti (scuola, industria etc.). Non a caso tu stesso citi come “nuovo concetto di libertà” il seguente: “libertà dalle automobili, libertà dall’inquinamento, libertà dal fascismo estetico, libertà dai prodotti senza gusto, libertà dal troppo lavoro, libertà dalla disoccupazione”. Materialismo puro.

    La tua impostazione, invece, per quanto intelligente, cancella volutamente e scientemente la questione del SENSO, da cui secondo me bisogna ripartire se si vuole capire il presente e immaginare un futuro migliore. Quando citavo l’edonismo non era per condannarlo moralisticamente, ma perché ormai l’impressione è che esso si sia sostituito alla morale. Osservando la società e la tv è evidente che esso prenda sempre più piede. E non solo quello “reaganiano” (sys), bensì quello che fatalmente impera laddove impazza incontrastato il relativismo morale. Infatti, quale limite si può mai dare al piacere individuale, se si afferma che tutto è relativo? Questo è il Nulla di cui parlavo, non una cosa astratta. E’ la tabula rasa che il pensiero materialista sta creando. E’ a questo che va ricondotto il modello tronista/velina, secondo me, per capire il suo significato.

    Proposta ai materialisti: confrontarsi col pensiero cristiano. Altra grande vittima della carneficina del materialismo novecentesco. E anche lì, guarda caso, l’errore è sempre lo stesso: il PENSIERO CRISTIANO è stato spacciato come mero STRUMENTO DI POTERE di una istituzione umana, la chiesa. Nel tentativo di contrastare il POTERE della chiesa, si è buttato nel cesso anche l’ORIZZONTE METAFISICO del pensiero e, ripeto, la questione del SENSO, da esso affrontata nel corso dei millenni.

  46. a sandro dell’orco
    sono del tutto d’accordo con le tue analisi di sapore reichiano e sulla naturalità del fascismo, il Raffaele Simone più volte citato parla infatti di artificialità della sinistra. Ma qui si aprirebbe una grossa questione che attraversa la modernità almeno da Kant fino a Freud: come trasformare il potenziale distruttivo dell’uomo in un’energia costruttiva. Il fatto è che in quell’energia bisogna comunque affondare… La cultura questo dovrebbe essere. E la televisione con tutte le sue specificità mediali era/è anche un’occasione in questo senso.

  47. Garzillo,
    come tu mi hai bollato “materialista”, io, dati i tuoi presupposti ideologici, ti metterei inevitabilmente in quelle correnti del pensiero reazionario di ascendenza nobile – sull’asse Nietzsche – Heidegger – Severino. Ma altri potrebbero essere i riferimenti. Ma in realtà sono convinto che se mettessimo sullo sfondo i presupposti dottrinari (che tu mi imputi e io ti imputo), probabilmente nelle scelte di vita e nella sensibilità potremmo essere molto più vicini di quanto una discussione per principi farebbe credere.

    Detto questo per me il SENSO non ha bisogno di nessun dio per essere tale nella vita dell’uomo. Quanto alla materia non ho nessuno idea di che cosa sia veramente. Un giorno me lo farò spiegare da Sparzani, che è un fisico, ammesso che lui ne abbia davvero un’idea definita e definitiva.

    Insomma, alla fine credo che le nostre grandi divergenze potrebbe venir fuori magari su posizioni politiche specifiche (dico, rsu 486) o magari su neppure quelle.

  48. @Inglese

    Peccato che le scienze umane, non più sostenute da un contesto politico sociale favoprevole, hanno abbandonato ormai da quarantanni ogni seria ricerca scientifica volta alla verifica delle effettive potenzialità umane per la realizzazione dell’utopia. La scuola di Francoforte stessa, che rimane, con gli scienziati di prima grandezza che l’attorniavano, l’ultimo grande esempio di studio scientifico dellle reali possibilità del Nuovo, ha definitivamente abbandonato, con Habermas e successori, questo terreno di indagine. E così l’utopia, che si accingeva a uscire dalla dal mero pensiero desiderante per farsi ragione e concreta possibilità, è stata ricacciata nelle nebbie della irrazionalità. Di modo che oggi si sente di nuovo dire, fra l’assenso universale, e senza che nessuno possa opporre nulla, ” che in fondo l’uomo è malvagio e niente potrà mai cambiare”.

  49. la butto lì. magari per dare il buon esempio gli uomini di cultura potrebbero diventare anonimi, e trasmettere le loro cose direttamente, da uno ad uno.
    e fisicamente.
    contro la civiltà, chiamiamola così, dell’immagine.
    §
    secondo me c’è da liberare la mente, non il corpo: si mens sana, corpus sano.
    e secondo me la mente si libera ormai se esce dall’individuallità e rientra nel mondo purificata degli attributi quelli sì non alienabili, della società dello spettacolo.

  50. Il culto del corpo non è certo nuovo. I filmati di epoca nazista in cui si vedevano corpi scultori, statue viventi e neoclassiche, li abbiamo bene in mente tutti. Sono immagini bellissime e devastanti. E credo che la televisione di Berlusconi in fondo parta da lì. L’operazione raffinata è stata quella di rendere in realtà belli e attraenti, in quanto sprigionano eroticità,anche i corpi sfatti delle cinquantenni, o le tette enormi ma non esattamente verticali delle diciottenni. In fondo la dimostrazione è per strada: finalmente in Italia nessuno si vergogna più delle proprie imperfezioni, che diventano invece un forte polo di attrazione e stranezza. L’idea di chiamare a raccolta i corpi appariscenti nelle manifestazioni, se ho ben inteso la provocazione, però non mi piace. Per due motivi. Prima di tutto credo non destruttura niente. Riprende invece il festoso rito collettivo. E secondo luogo non serve: sono forse servite le modelle che manifestavano nude contro le pellicce? Qui il vero problema di questo momento storico, quello che io sento più urgente è proprio “cosa serve davvero”. Urlare, esserci, fare, dire, ragionare, rivelare. Nulla sembra essere più utile. In questo momento sembra che l’entropia stia divorando tutto. Forse dovremmo fermarci di colpo. E fare un’inchiodata collettiva.

  51. Siamo andati a vedere “Videocracy” il giorno stesso in cui è uscito. All’uscita dal cinema, ci trovavamo in via Torino (a Milano). Ci siamo guardati intorno, e tutto ciò che vedevamo erano pseudo-veline e cloni di Corona. Ci siamo guardati sconsolati…..

    Andrea, non avresti potuto esprimere meglio quello che proviamo anche noi. Grazie di cuore.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Voci della diaspora: Anna Foa e Judith Butler

di Andrea Inglese
Perché continuare a parlare invece di tacere? Perché usare o meno la parola "genocidio"? Perché un racconto vale mille immagini e mille cifre? Continuare a pensare quello che sta accadendo, attraverso due voci della diaspora ebraica: Anna Foa e Judith Butler

Da “Ogni cosa fuori posto”

di Andrea Accardi
C’è adesso come un vuoto nella planimetria, un buco da cui passa l’aria fredda, e su quel niente di un interno al quinto piano converge e poi s’increspa tutta la pianta del condominio. Il corpo della ragazza (il salto, il volo) resta per aria come una parte che manca (nondimeno è lì in salotto, ricomposta, e l’appartamento intero la costeggia).

Wirz

di Maria La Tela
Quando fu il nostro turno ci alzammo da terra. Eravamo rimasti seduti a guardare le ragazze che ballavano con le magliette arrotolate sotto l’elastico del reggiseno per scoprire l’ombelico.

Le precarie e i precari dell’università in piazza il 29 novembre

Comunicato stampa 29 Novembre Contro tagli e precarietà, blocchiamo l'Università! – L'Assemblea Precaria Universitaria di Pisa scende in piazza contro...

“Tales from the Loop”: una tragedia non riconosciuta

di Lorenzo Graziani
Qualsiasi sia la piattaforma, la regola aurea che orienta la scelta è sempre la stessa: se sei in dubbio, scegli fantascienza. Non è infallibile, ma sicuramente rodata: mi conosco abbastanza bene da sapere che preferisco un mediocre show di fantascienza a un mediocre show di qualsiasi altro tipo.

“Sì”#3 Lettura a più voci

di Laura Di Corcia
È un libro, in fondo, sul desiderio; un libro che pare costituito da risposte, più che da domande. Un libro di esercizi di centratura. Ma anche un libro che mira a un’ecologia della mente e della scrittura "Sì" di Alessandro Broggi...
andrea inglese
andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: