OUTING E DIRITTI CIVILI
di Franco Buffoni
Un motivo di consolazione. Forse – grazie agli eventi degli ultimi mesi – siamo riusciti a scampare l’elezione di Silvio Berlusconi a prossimo Presidente della Repubblica. Non è poco. L’anomalia è che gli eventi non sono stati messi in moto dall’opposizione (come sarebbe logico) o dall’opposizione interna (es: Gordon Brown vs Tony Blair), ma dalla moglie del premier, dalla madre dei suoi figli. Accontentiamoci. L’opposizione interna (Gianfranco Fini) tuttavia si sta facendo sentire da posizioni di buon senso in particolare sui temi attinenti ai diritti civili. Il richiamo alle destre europee di Merkel e Sarkozy è appropriato. Se puntiamo al minimo sindacale nel campo dei diritti civili, quelle destre europee lo hanno concesso da tempo.
Se invece parliamo di destra italiana (clericali, leghisti, fascisti e quant’altro) la situazione è tragica e – ancora una volta – anomala.
Chi conosce il mondo anglosassone sa bene la durezza di certi outing scatenati da attivisti per i diritti civili (radicali, progressisti, dunque di “sinistra”) contro ipocriti vescovi e parlamentari conservatori. Il caso Feltri/Boffo invece si è giocato tutto all’interno della destra (quella leghista-berlusconiana vs quella clericale), o addirittura, una volta gettato il sasso – come sostengono acutamente alcuni – tutto all’interno del potentato cattolico (Cei vs Segreteria di stato).
Per chi non ha dimestichezza con il mondo anglosassone richiamo alcuni punti essenziali.
Ormai storica è la posizione dell’inglese Peter Tatchell: “La comunità gay ha il diritto di difendersi contro le figure pubbliche che abusano del loro potere e della loro influenza per appoggiare politiche che infliggono sofferenze agli omosessuali”.
Tale politica venne inaugurata in modo esplosivo nel 1994 quando il gruppo di attivisti del gruppo OutRage! guidato da Tatchell fece i nomi di quattordici vescovi della Chiesa Anglicana, accusandoli di ipocrisia per aver sostenuto (alla Boffo) il punto di vista della Chiesa – che condanna ogni atto o legame omosessuale – mentre non osservavano questo divieto nelle loro vite personali.
“L’outing è l’autodifesa dei gay,” disse Tatchell: “Non facendo outing sui vescovi omosessuali che appoggiano politiche che danneggiano i gay, avremmo protetto quei vescovi e di conseguenza avremmo permesso loro di continuare ad infliggere sofferenza ai membri della nostra comunità. La collusione tra omofobia e ipocrisia non è eticamente difendibile, né da parte dei cristiani, né da parte di nessun altro.”
Il timore di subire outing può indurre molti a prodursi nel proprio coming out. Il parlamentare statunitense Barney Frank, per esempio, dopo il coming out ha dichiarato di essersi deciso perché “motivato da due fattori: la mia profonda infelicità personale per la mia vita come personalità pubblica non dichiarata, e la mia convinzione che sarebbe stato di aiuto nella nostra lotta contro l’omofobia se fossi stato anch’io onesto a proposito del mio orientamento sessuale”.
So bene che parlare in Italia di onestà e di fair play può apparire ingenuo, ma riflettiamo almeno sul suono della frase: essere onesti sul proprio orientamento sessuale. Suona bene, non c’è dubbio. Magari per molti potrebbe cominciare con un: essere onesti da principio almeno con se stessi. (Lo sapete che a Roma la maggiore concentrazione di collegamenti ai siti porno gay viene registrata nella Città del Vaticano?).
L’outing come tattica di autodifesa della comunità gay, dunque.
Un esempio di punizione politica fu l’outing del 2004 di Edward Schrock, parlamentare repubblicano della Virginia, da parte dell’attivista Michael Rogers. Rogers rivelò sul suo sito internet che Schrock aveva usato un servizio di sesso telefonico interattivo per incontrare altri uomini con cui avere rapporti sessuali. Schrock non negò le accuse e annunciò che non si sarebbe ricandidato.
Rogers ha dichiarato di aver fatto outing su Schrock per punirlo della sua ipocrisia: Schrock aveva votato per il Marriage Protection Act (legge sulla protezione del matrimonio eterosessuale: in pratica un family day in salsa U.S.) e aveva anche firmato come sostenitore il Federal Marriage Amendament (emendamento federale sul matrimonio eterosessuale). “È arrivato il momento per questi gay omofobi di uscire allo scoperto o di subire l’outing,” dichiarò Rogers, “Schrock è il primo: ce ne saranno degli altri.” E così fu.
L’outing più recente che ha colpito la chiesa cattolica americana è avvenuto a New York dove un prete del New Jersey, Bob Hoatson, ha accusato il Cardinale Egan non solo di nascondere il dilagare degli abusi sessuali tra il clero a lui sottoposto, ma anche di essere un omosessuale praticante. Di ciò Hoatson dichiarò di avere prova personale.
Come conseguenza, negli ultimi anni in Inghilterra e negli Stati Uniti ha cominciato a diffondersi la pratica dell’outing oneself: consiste nell’annunciare che si ha una sessualità alternativa a quella pubblicamente dichiarata. Un esempio di self outing è quello del governatore del New Jersey Jim McGreevy, che ha annunciato di essere un “Gay American” nell’agosto del 2004. McGreevey sapeva che il suo nome stava per essere coinvolto in una causa per molestie sessuali da parte Golan Cipel, il suo ex consigliere della sicurezza, con cui si presume McGreevey avesse avuto una relazione sessuale.
Tutto questo per dire che il caso Boffo (o, molto più in sordina, il caso Soria) sono inevitabilmente i primi di una lunga serie.
Chi ha fatto coming out ne conosce bene il prezzo in termini di rapporti sociali, lavorativi, famigliari. Questo prezzo diminuisce quanto più numerose sono le persone che compiono coming out.
Ma ci rendiamo conto che – quando l’università italiana si deciderà ad aprire ai gender studies – dovremo riscrivere interi capitoli di storia della letteratura: da Pascoli a Palazzeschi a Montale, da Rebora a Gadda a Pavese…?
E per i non letterati, non sarebbe tutto diverso e più onesto – per l’appunto – se Lucio Dalla e Roberto Bolle (per fare solo dei nomi) lo ammettessero apertamente e con orgoglio?
Proprio così: onestà e orgoglio.
Invece in Italia siamo al paradosso nel paradosso: negano di essere gay – o comunque si negano alla possibilità di essere onesti sul proprio orientamento sessuale – persino Renato Zero e Franco Zeffirelli.
Il caso Boffo è esecrabile per le motivazioni che lo hanno provocato. Ma un outing ai “Boffo” come categoria è più che giustificabile, perché viene praticato su chi fa di tutto perché gli omosessuali non acquisiscano quella dignità che dovrebbe spettare loro come cittadini europei.
In definitiva, credo che l’outing sia un modo efficace per smorzare l’arroganza di molte persone – in particolare politici e prelati – sulla questione omosessuale, come insegna l’esempio inglese e americano.
Infine: in precedenti post ho parlato della necessità di un affrancamento dal retaggio abramitico. Trattasi di quel retaggio in virtù del quale si ritiene che un “creatore” abbia voluto generi e specie così come sono, immutabilmente: l’ordine del “creato”.
Da tale retaggio viene l’ottuso trincerarsi di molti dietro al cosiddetto “diritto naturale”. Da qui i feroci attacchi da parte dei vari fondamentalismi abramitici – in primis quello vaticano – contro il movimento gay.
Costoro non hanno digerito Darwin; costoro – se messi alle strette – giungono a inventarsi la teoria dell’Intelligent Design. Per costoro le rivendicazioni femministe e gay (vedi gli attacchi che riservano alla Ru486 e alla gender theory di Judith Butler) vanno contro l’ordine naturale e dunque contro la creazione. (Lo dicevano anche delle suffragette di un secolo fa).
Con costoro non si può discutere: costoro devono solo essere sconfitti politicamente. Come è avvenuto in Spagna. Come purtroppo non sta avvenendo in Italia.
La Spagna – mi venne replicato e condivido – non ha i cattolici di sinistra, i cattolici-brave persone, i cattolici veri alla Franceschini, alla Prodi. I loro cattolici stanno tutti a destra: i migliori sono come Giovanardi. Questo semplifica molto le cose.
In Italia queste brave persone collocate nel centro-sinistra complicano maledettamente le cose.
“(Lo sapete che a Roma la maggiore concentrazione di collegamenti ai siti porno gay viene registrata nella Città del Vaticano?).”
Non lo sapevo, ma non mi stupisce.
è la prima volta che leggo utilizzati correttamente i termini “outing” e “coming out”. Complimenti per il pezzo che vede molte riflessioni condivisibili. Temo purtroppo che la situazione italiana, patria tra le altre cose, degli “etero curiosi”, non sia affatto semplice da risolvere. Un saluto.
Tempo fa ho visto un’intervista tv ai margini di un gay pride, e diverse attiviste lesbiche ne approfittavano per rivolgersi a “Gianna” dicendole: “Coraggio, fai coming out.”
Gianna, notissima cantante.
E Rosy, nota politica?
E’ chiaro che ciascuno ci ha i cazzi suoi, ma è anche vero che se non ci sono gesti di coraggio da parte di gente famosa, i non-famosi continueranno a sporcarsi le mani per tutti, nel quotidiano.
Ciao Fra’, ho lasciato un commentino qui dove parlo anche del tuo pezzo:
https://www.nazioneindiana.com/2009/09/09/videocracy-o-del-fascismo-estetico/#comment-119792
È solo un mio delirio vedere un collegamento tra i due temi?
Non è un tuo delirio caro Andrea, i due temi SONO collegati. Grazie per l’intervento e per il pensiero. f
“Posso scendere a patti con un cattolico di Destra, […] , ma non voglio avere niente a che fare con un cattolico di Sinistra: il primo so dove può arrivare e me lo aspetto – quindi mi dà la possibilità sia di abbassare la testa e adeguarmi sia di mettermi ai ripari sia di prepararmi a contrattaccare – il secondo no, è un vero pozzo di San Patrizio di occulta e sorprendente malignità, poiché è mancino e destrorso allo stesso tempo ma la sua destra non sa mai cosa fa la sua sinistra.
[…]
Il cattolico di Sinistra, incommensurabilmente infido, voltagabbana […]
Fedele all’idea nel tempo di mancanza di fatti e traditore all’occasione in presenza di cose: sinistro sempre.”
Aldo Busi, pag. 17, da Manuale del perfetto Gentilomo (con preziose imbeccate anche per lei), 1999 Oscar Mondadori.
grazie, caro Gianluca, conosco le idee di Busi e credo sia autore della più bella Bildung gay italiana (= le prime 60 pagine del Seminario sulla gioventù). Io cerco sempre di non essere così tranchant (qualche volta non mi riesce) nella divisione in categorie e nel giudizio sulle stesse. Nella fattispecie, il mio problema è proprio con i credenti in generale. Uno che si dichiara credente nella transustanziazione mi mette in forte imbarazzo intellettuale, non riesco più ad avere con lui un normale rapporto interlocutorio…
Io amo Franco Buffoni.
Uno dei pochi che si mette il problema dell’:
“affrancamento dal retaggio abramitico.”
Uno dei pochi in grado di dichiarare sinceramente:
“il mio problema è proprio con i credenti in generale. Uno che si dichiara credente nella transustanziazione mi mette in forte imbarazzo intellettuale, non riesco più ad avere con lui un normale rapporto interlocutorio…”.
Dopo essere stato al sit-in organizzato in piazza Salvemini a Firenze come segno di protesta per il massacro di un ragazzo gay che adesso, al cto, ha 52 bulloni nella faccia ho l’impressione che l’outing, utilizzato in questo senso, possa essere un validissimo strumento di protesta: il Simonelli (che ha partecipato a tale sit-in perché altrimenti avrebbe avuto paura di uscire di casa da qui all’eternità) aveva sinceramente pensato ad uno strumento più estremista, tipo la costituzione delle Brigate Rosa, Falce&Rossetto, il tacco a spillo come arma (cfr. Stonewall), la mitraglietta swarosky da pochette: boutade a parte mi trovi perfettamente concorde nell’idea di una protesta non buonista.
Credo sia il momento adatto per smettere di accontentarci d’essere “tollerati” (che sarebbe come dire: “mi stai sulle palle ma faccio finta di niente”).
a souffle
cosa sono gli “etero curiosi”?
a franco,
bel pezzo franco, e utilissimo perché allarga il campo, permette uno sguardo comparativo, che solo ci permette di misurare tutta la miseria (non fatale e inevitabile) della situazione italiana
a marc s
la mitraglietta swarosky potrebbe essere all’altezza della minaccia
Caro Franco, bel pezzo come sempre: “onestà e orgoglio” mi hai ricordato Milk, come l’ho conosciuto nel film, però aveva ragione anche Scott quando diceva qualcosa tipo non puoi pretendere una cosa del genere da chi non se la sente, non puoi chiedere a tutti di avere la forza di rompere così…Detto questo, dico con “onestà ed orgoglio” che Scott è il principe azzurro dei miei sogni e che se avessi anche una sola speranza con lui, lo dividerei volentieri con Milk ;-))))
grazie a Giovanni, a Marco, a Maria.
Andrea, ti spiego io chi sono gli etero-curiosi. Con un passaggio da ZAMEL:
“Se sparisse il terrore della diversità, se ogni adolescente potesse di volta in volta scegliersi il fidanzatino o la fidanzatina liberamente (…). Ma dovrebbero sparire quegli stronzissimi programmi televisivi del pomeriggio e di prima serata capaci solo di inculcare come possibile modello quello etero. Mi viene in mente quella famosa conversazione degli anni sessanta, riportata da John Osborne, con Noel Coward, allorché l’anziano commediagrafo chiese all’allora giovane Osborne “quanto sei gay?”, e Osborne senza scomporsi rispose “al trenta per cento”. Al che Coward replicò: “Io al novanta”. Ecco (…) io credo che oggi in Italia il prolema non sia rappresentato dai gay al novanta per cento, ma da quelli al trenta, che se ne guardano bene dal dichiararsi e dall’essere solidali con le nostre sacrosante battaglie, però alla sera intasano i viali dei trans.”
Scusa Franco, mi permetto di illustrare il concetto dell’etero-curioso in un modo più prosaico, tanto per chiarire: l’etero-curioso potrebbe essere colui che pensa: “Ah, beh, a me mi garba la fiha però se un trovo di meglio me lo fo ciucciare da un frocio che passa, tanto i’bbuho gli è lui!”. Per quella che è la mia esperienza questo ragionamento è popolarmente diffuso: riducendo la persona a mero orifizio negano la loro componente omo o bisessuale.
Perfetto, Marco. E proprio questo è il punto. Finché troveranno chi glielo ciuccia (solitamente un gay omofobo, uno ridotto all’omofobia dal contesto sociale costrittivo, uno che pensa che quello sia il suo ruolo) crederanno di avere ragione.
I cattolici-brave persone sono i più temibili, per lo meno nel contesto politico italiano. Cosa hanno fatto e cosa sono pronti a fare su temi quali: eutanasia, coppie di fatto, prostituzione, pillola del giorno dopo, machismo, libertà sessuali varie, etc? Poco temo.
Forse bisognerebbe smetterla di preoccuparsi tanto di Berlusconi e incominciare a mettere a fuoco il problema del cattolico brava-persona Fini.
Marco:
“riducendo la persona a mero orifizio” ho apprezzato molto l’uso del termine ‘persona’. Non sono certo la prima a ricordarlo e non pretendo di essere originale, ma quello che descrivi, spesso è un giudizio/atteggiamento che investe anche le donne quando vengono trasformate in pezzi di quarti di bue pronte per i ganci della macelleria…
Una visione dell’altro profondamente razzista: forse anche le donne dovrebbero cominciare a non mescolarsi troppo con chi le considera “figa” piuttosto che persona…
Proprio così Bianca, difatti in ZAMEL parlo spesso della necessità di coniugare gli obiettivi tra movimenti femministi e movimenti gay contro il comune avversario: l’eteropatriarcato e l’eterosessismo.
@Franco
coniugare gli obiettivi sarebbe utile, bello e auspicabile. Il problema reale, pratico, sono le correnti, subcorrenti che sono all’interno dei singoli movimenti. Se si riuscisse a superare le divisioni e a ragionare in termini di obbiettivi da raggiungere, la forza d’impatto dei due movimenti uniti potrebbe veramente far saltare in aria pezzi di società incancrenita. Auguriamocelo. Lavoriamoci.
Su “The Independent of Sunday” di oggi c’e’ un lungo articolo sull’outing lesbico e una campagna nazionale in suo favore, che tocca da vicino -per confronto- i motivi qui discussi nell’arretrata situazione italiana: http://www.independent.co.uk/news/education/education-news/lesbians-united-facing-down-homophobic-bullies-1786617.html .
visitate…
Caro Franco, condivido la tua lucida esposizione sulla necessità dell’outing come difesa e contrattacco, fino ad arrivare a “far fuori” tutti coloro che in qualche modo, e a vario titolo, si oppongono a una società in cui siano garantiti diritti civili a tutti, e quindi anche ai gay. Come si suol dire “vivi e lascia vivere”, nel senso che i diritti di coppia che gli etero hanno, è innegabilmente giusto che debbano essere i diritti di qualunque coppia.
Quello che invece mi lascia un po’ perplesso è la tua affermazione: “Nella fattispecie, il mio problema è proprio con i credenti in generale. Uno che si dichiara credente nella transustanziazione mi mette in forte imbarazzo intellettuale, non riesco più ad avere con lui un normale rapporto interlocutorio…”. Rispetto il tuo pensiero, ma penso che questo stesso pensiero sia potenzialmente dannoso e germe di razzismo. Mi viene in mente la risposta di Benigni al figlio che legge la targa vietante l’ingresso agli ebrei in un negozio: “… [io scriverei] vietato l’ingresso ai ragni e ai Visigoti… e mi hanno rotto le scatole ‘sti Visigoti”. Non riesco a vedere la differenza tra l’escludere qualcuno dal proprio interlocutorio, per quanto sia solo intellettuale (solo si fa per dire, visto che in uno come te, per quel poco che conosco, l’intellettualità è una buona percentuale…), a causa della cultura, della religione, o degli ideali, rispetto all’escludere qualcuno per le tendenze affettive, mi spieghi qual è la differenza?
caro Roberto, capisco bene il tuo disappunto. Quello che ho tentato di esprimere è solo il forte imbarazzo intellettuale che provo nei loro confronti. Non c’entra nulla con l’affetto che – per esempio – continuo a provare per te. Però vorrei che ti ravvedessi, che cogliessi appieno la portata della contraddizione in cui vivi, insomma che ne venissi a capo. Con un grandissimo abbraccio. franco
Ho letto attentamente il pezzo di Franco e già altrove ho sostenuto come l’unica strada possibile per uscire da pastoie trite e ritrite sia davvero l’impegno civile e Franco per fortuna nostra è uno di quei pochi poeti CIVILI che in prima linea espongono se stessi e la loro onestà intellettuale in primis umana. Con preoccupazione crescente guardo, osservo questa Italia omofoba, violenta, clericale, ormai iperfascista esteticamente (per rifarmi la pezzo importante di Inglese), incapace di comprendere lo scandalo necessario di ogni vita umana. Tutto ciò per affermare che: sì l’outing può essere davvero uno strumento necessario, utile, anzi indispensabile, ma perché? Perché si deve arrivare a questo? In un paese, in una società occidentale, che per sua natura intrinseca è sempre sul punto di implodere per troppa, inarrestabile e endemica evoluzione, perché è necessario l’outing? In un paese CIVILE ognuno dovrebbe essere libero di palesare la ricerca alla felicità (rimando al racconto/dissertazione di Franco in Reperto 74) senza dover ostentare, ma essendo semplicemente se stesso. Non dovrebbero esserci fiaccolate, perché non dovrebbe sussistere il motivo per cui si organizzano manifestazioni a difesa di omosessuali, di donne, di immigrati.
E perché dunque l’outing si dimostra necessario? Non per rivendicazione, ma a difesa della vita stessa. Raos ha sottolineato come gli interventi di Buffoni e Inglese abbiano più di un punto in comune, sottoscrivo. Quando si assiste a Videocracy si capisce davvero qual è il male di questo nostro paese: gli italiani sono stati anestetizzati da una sovraesposizione di immagini, sono stati anestetizzati al dolore e all’indignazione. Questo è il danno maggiore, questa è l’infamia di questo paese.
GiusCo, splendido documento da un paese più avanzato e soprattutto più pragmatico del nostro. E molto meno abramitico.
Andrea, che dire? grazie, sei un vero angelo.
Ciao Franco, bel post, assai
interessante ed arguto. Io da sempre penso che l’outing sia un’ottima arma per combattere l’ipocrisia e, soprattutto, chi non vuole riconoscere i nostri diritti. Se si cominciasse anche in Italia ci vorrebbe ben poco per
annientare il vaticano e una bella fetta di politici!! E poi è quello che sta facendo il …. feltri dal suo orrendo fogliaccio, oggi ho notato che ha in serbo una sorta di outing contro Fini. Sarebbe proprio bello vedere ogni giorno sbattuto sui giornali un nostro nemico!!
Io aggiungerei anche il boicottaggio per delle frocie perse come Zero e Zeffirelli che hanno ancora il coraggio di negare.
L’unico che si salva é Bolle che è talmente bello che si fa perdonare tutto!!
Scrive Franco Buffoni autocitando il suo libro “Zamel”:
“Ecco (…) io credo che oggi in Italia il prolema non sia rappresentato dai gay al novanta per cento, ma da quelli al trenta, che se ne guardano bene dal dichiararsi e dall’essere solidali con le nostre sacrosante battaglie, però alla sera intasano i viali dei trans.”
Vorrei farvi riflettere su quella lunga frase.
Nessuna persona educata scriverebbe “…alla sera inatasano i viali delle donne”.
Così come nessuno scriverebbe “…alla sera intasano i viali degli uomini”.
Perché?
Perché farebbe coincidere la categoria “donna” o la categoria “uomo” con la categoria “prostituta/o”.
Invece nella frase di Buffoni si fanno coincidere le persone transessuali, anzi come le chiama lui “i trans”, col mercato della prostituzione.
Eppure le persone transessuali non sono tutte dedite alla prostituzione (ma se anche in alcuni casi è così, andrebbe distinta la persona da ciò che fa per vivere), e se questo luogo comune esiste è perché per i giornali una persona transessuale che fa un lavoro normale non fa notizia, quindi è fuori dal campo della realtà giornalistica, che diventa facilmente la realtà nella testa di tutti noi.
Inoltre costruire una frase dove “transessuale” è sinonimo di prostituta è particolarmente odioso perché le persone transessuali sono le più discriminate sul lavoro, quindi è molto più facile che scivolino nella prostituzione.
Ancora, il rispetto dell’identità di genere nella declinazione di articoli eccetera. Buffoni parla nella sua lunga frase di persone transessuali ftm, quindi a persone con identità di genere femminile, eppure le chiama “i trans”. Ma io non credo che quando ci siano scritti su di lui, non so per esempio di critici letterari, venga appellato coma “la” Buffoni. E se mai qualcuno avesse scritto una cosa del genere, Buffoni ha tutta la mia solidarietà, perché sarebbe evidentemente una stigmatizzazione verso il suo modo di essere.
Infine, nessuno può farsi giudice della sessualità altrui. Noi non sappiamo cosa passa per la testa di un/a cliente di una persona transessuale mtf che esercita la prostituzione. Potrebbe essere benissimo che viva la cosa da un punto di vista eterosessuale (con tutta la difficoltà di descrivere scientificamente che cosa è una sessualità “eterosessuale”). Quello che sappiamo dalla scienza è che una persona transessuale mtf è nella sua identità di genere una donna, quindi per lei un rapporto con un uomo è considerato eterosessuale, un rapporto con una donna è considerato omosessuale.
Guardate, è molto imbarazzante dover intervenire per ricordare questo elementarissimo abc del rispetto umano in un blog letterario dove le persone scrivono addirittura libri.
Vi saluto sperando di non leggere più cose come quelle viste sopra.
Caro Barbieri, nulla da eccepire al suo linguistico rimbrotto. Mi permetto solo di farle notare che il brano citato è tratto da un romanzo, ZAMEL, edito Marcos y Marcos. Chi parla è un personaggio: quello è il suo linguaggio perché quella è la sua cultura. Ovviamente in un saggio critico, caro Barbieri, le sue osservazioni e molte altre potrebbero essere ampiamente esposte e commentate. In un romanzo purtroppo questo non è possibile.
Il mio impegno civile credo sia assolutamente fuori discussione.
E’ vero che è un personaggio, e sicuramente leggendo il romanzo si potrebbe percepire il limite culturale di quel punto di vista, però in questo colonnino è la risposta a una domanda di Andrea Inglese, e il messaggio che passa non mi sembra sia facilmente contestualizzabile.
Comunque non è un problema di impegno civile, il suo è certamente fuori discussione, tra l’altro ha allargato i discorsi di Nazione Indiana a un’area che non era mai stata toccata in tanti anni, così vicina alla ferita di tante persone, così viva nel porsi il problema concreto dei diritti civili. Guardi che di Nazione Indiana leggo praticamente soltanto i suoi interventi proprio perché non li sento “letterari”, mi interessa vedere come lei “combatte”.
Poi le faccio un po’ di rimbrotti linguistici, ma lei sa che sono a fin di bene, infatti vedo che porta pazienza per l’evidente cornice di incazzatura che li circonda.
Anni fa pubblicai un libretto sotto lo pseudonimo di Fabrizio Visconti. Si intitolava (è al macero ormai) Piccolo Dizionario Gay. Alla presentazione del libro io arrivai con una maschera di gomma. Nel pubblico c’era tale Marco Simonelli che, insieme ad altro poeta fiorentino illustrissimo, mi fece nero.
Avevo una maschera perché non avevo fatto ancora coming out. Badate bene, avevo una storia da molti anni, conducevo una vita in tutto e per tutto omosessuale, tranne che per quel piccolo problema: il rapporto col pubblico.
Da qualche anno ho fatto coming out. Lo sanno i miei genitori, lo sanno i miei datori di lavoro, lo sanno tutti quelli a cui interessa.
Il risultato è che la mia vita è sicuramente cambiata in meglio.
Per molti può sembrare incredibile, ma io vedo l’essere gay come un atto politico.
Comunque, se nel 2003 ero Fabrizio Visconti e pubblicavo Il Piccolo Dizionario Gay, oggi sono Fabrizio Vivoli e pubblico per Pacini L’amore a Firenze.
Non sono lo stesso. Sono migliore.
Caro Faviv, splendida testimonianza! Pensa la combinazione. domani – mercoledì 16 settembre – alle h 19.30 sono a Firenze all’Ireos, via de’ Serragli 3, per parlare del mio romanzo-saggio sull’omosessualità ZAMEL e a presentarmi sarà proprio Marco Simonelli con Eleonora Pinzuti. Sarà una bella occasione di incontro, se potrai passare. Cordialmente FB
Sicuramente farò una scappata, anche perché col Simonelli ci siamo riappacificati (complice la solita Matteoni di turno) e mi farebbe piacere salutarlo. E salutare anche lui, si intende.
A presto. (pioggia permettendo)
Perchè stasera sarò – farò tutto il possibile per esserci – alla presentazione del libro di Franco?
Perché molto mi piaciuto del suo libro, dove trovo scritto:
“Perché tengo tanto a coniugare la riflessione sull’omosessualità a quelle sul monoteismo e sulla diffusione della cultura scientifica? Perché sono convinto che una vera e profonda accettazione delll’omosessualità nelle nostre società non possa che conseguire all’affrancamento dal retaggio abramitico”
In cui “l’affrancamento dal retaggio abramitico” precede “l’accettazione della omosessualità nelle nostre società”.
Individuando, quindi, nei vari movimenti omosessuali, l’avanguardia di una rivoluzione culturale, molto più radicale di quanto possa apparire agli sguardi disattenti di chi non si sente coinvolto.
@ franco buffoni
Avevo preparato questa brevissima scheda di Zamel per Libri e riviste d’Italia – di cui sono redattore – ma la rivista nel frattempo ha interrotto le pubblicazioni in cartaceo, mentre la versione digitale, che riprende a breve, non prevede per ora recensioni e segnalazioni letterarie. Non mi rimane che inviarla a Nazione indiana.
Zamel, al di là del suo notevole valore letterario (contrassegnato tra l’altro da una sapiente articolazione della forma romanzo – saggio) che ne rende particolarmente piacevole e avvincente la lettura, attesta la persistenza, nonostante tutto, di una dignità umana e un coraggio civile assolutamente straordinari. L’orgoglio che lo sostiene non è semplicemente quello “omosessuale”, ma soprattutto quello dell’ uomo libero, capace di autodirigersi con la propria ragione e volontà, e al di fuori di ogni pensiero dogmatico, fosse pure quello professato dagli stessi omosessuali. Il libro ha un sapore di dialogo platonico e ricorda la Montagna incantata di Mann. Il suo tema è infatti la ricerca di cosa sia vero, giusto e buono in un ambito particolare: quello dell’omosessualità. Gli strumenti di ricerca sono ancora una volta il logos dispiegato e la dialettica, il libero confronto tra le visioni opposte di due gay. Il testo è pervaso – ed è questo a rendermelo particolarmente vicino – da uno spirito illuministico profondo: nulla viene nascosto, ogni cosa, anche la più intima e segreta viene portata senza vergogna alla luce affinché possa contribuire alla verità complessiva. Uno dei due personaggi pagherà con la vita le sue convinzioni, e anche se l’altro imputerà la sua morte (e la rovina del suo giovane assassino) alle sue idee sbagliate, il lettore, per effetto del modo di esposizione obbiettivo, non aderisce alle sue conclusioni, ma rimane equidistante, ed è stimolato a continuare a pensare: ciò che il libro, credo, si proponga.
Un’opera emancipatoria, che invita al libero dibattito e alla libera ricerca, e che brilla nella grigia penombra di servilismo e paura che comincia ad avvolgere l’attuale panorama culturale.