In questo oscuro andare nella notte

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di Francesca Genti

lungo la statale da Pavia a Broni,
la primavera mi entra nei polmoni
e nella testa nascono pensieri:
ultraviolenti, desadiani, neri.
Il lato tenero della mia persona,
l’attitudine gioviale-venusiana
a tollerare qualsiasi crudeltà
(più per pigrizia che per vera bontà),
lascia posto alla voglia di vendetta,
al lato oscuro, plutonico-notturno,
a Taxi Driver, al Canaro, a Nerone.
E mi abbandono a pensieri di abiezione.

Io voglio ucciderti, mio caro ex amore,
croce e delizia degli ultimi due anni,
la liquirizia che stillava dal mio cuore,
irrancidita dai tuoi continui inganni.
Il cibo trasformato in spazzatura,
il vino trasformato in scuro aceto,
l’amore trasformato in un errore
e in voglia di vederti agonizzante:
sulla strada, qui, subito, adesso,
a terra, svenuto, dentro il sangue.
Punire tutti i torti che hai commesso
con un’unica sterzata di volante.

Mario Schifano ha fatto grandi tele gialle,
giallo è per lui il colore dell’amore,
ma giallo è anche il colore del limone
del tossico che scioglie l’eroina.
Mario Schifano è stato eroinomane
Mario Schifano è stato un gran pittore.
Da grande pittore e grande eroinomane
ha fissato nel GIALLO le due cose.
Voglio vederti crepato di overdose.

Tenera è la notte, e senza vento,
senza macchia il mio cuore, né paura,
senza l’ombra di sensi di colpa,
immagino altri strumenti di tortura.
Mi piacerebbe vederti incaprettato
à la façon de la Sacra Corona Unita,
rivedere nel tuo sguardo spaventato,
il mio di sguardo quando, sbigottita,
appresi in modo del tutto inaspettato
dove, come, con chi mi avevi tradita.
Mi piacerebbe darti tanti calci in culo.
Mi piacerebbe ridurti in fin di vita.

Ma soprattutto mi piacerebbe assistere
allo squarciarsi di tutte le illusioni
sotto la mazza ferrata-Verità,
al tintinnante infrangersi dei sogni
scagliati male e a gran velocità
contro quel muro duro e necessario
che chiamano Principio di Realtà.

Mentre penso queste cose brutte,
mentre penso queste cose voluttuose,
sfreccio davanti a villette con giardino
e mischio il nero con l’odore delle rose
e sento forte la rabbia e il gelsomino.
(Penso al senso della primavera
alla catartica violenza necessaria
per uccidere l’inverno e quel che c’era).

È quasi ora di tornare a casa.
Guido placida, ascolto Brian Eno,
mi sorprende la bellezza quasi magica
della luna che si specchia nel Ticino.
Corre per la strada un animale,
freno dolcemente, penso alla mia gatta,
penso a guidare non distratta,
penso all’Amore Universale.

A casa accarezzo la mia gatta,
penso alla Via della Mano Sinistra,
alla mano sinistra per questa poesia,
che è bello fare i conti col passato,
dirimere tranquilla il contenzioso,
usufruendo della fantasia.

Penso che ho un sonno che mi si porta via.
E che il futuro sarà meraviglioso.

Nell’immagine: Mario Schifano, Vero amore N°3

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106 Commenti

  1. Mia gentil Genti carissima, in questo testo riusciste a coniugare l’idea universale da inconscio collettivo dell’amore tradito e relativi istinti omicidi col linguaggio pop più raffinato: inoltre la rima baciata che a volte si sgretola ci sta da dio (è rima baciatadagiuda, vero? la chiamiamo così? mi sembra che metricamente non faccia una grinza per quanto riguarda il rapporto forma/contenuto). Mi unisco al calcioinculo del fedifrago e alla bellezza catartica finale.
    Se la Genti fosse un profumo per me sarebbe J’adore.

  2. Quindi praticamente sei tu che fili karasciò sulla tua Durango come una vera sbarazzina della strada nella notte padana… Manca solo “Singin’ in the rain”. De Sade + Nerone + Sacra Corona Unita + Brian Eno è un bel mélange postmoderno! Quell’inserto su Schifano, poi… Non discuto la forma e la perizia metrica. Ma questo dividere tra due grandi classi di stati d’animo, quest’insensata voglia (cit.) di omicidio, questi riferimenti (ricercati, tra l’altro, e lì sta il problema: nel mal di stomaco dell’amore tradito ci sono davvero Nerone e Plutone?) buttati lì un po’ a casaccio… Insomma, non si risolve tutto con le rime. La mia impressione è che, in fondo, questa poesia sia minimalista non solo nella forma ma anche nei contenuti.

  3. La poesia di Francesca è una lama scura, affondata nel cuore.
    Il ritmo scorre in una versione ferita. Mi piace l’impressione
    di tagliare il dolore, di affrontare nella scrittura l’ombra sadienne,
    della fissare con i versi, con il colore giallo,

    -acida dolore

    e il contrario della luce,
    colore ammalato.

    E’ una bellissima poesia.

  4. Bah…mi sa che ultimamente sta scrivendo troppo e, come le capita spesso, gira a vuoto salvandosi in riferimenti un po’ posticci e buttati a caso. Non tutto può essere salvato dalle rime…

  5. Leonida, puntualizzare che qualcuno stia “scrivendo troppo” mi pare un atteggiamento censorio e poco elegante. Chi lo decide? Anche questa valutazione è “buttata a caso”. Io mi sono limitato a dare la mia opinione, (che non è, come si può evincere, del tutto positiva), tentando però di spiegare perché. Trovo invece inopportuno perdersi in considerazioni di diverso ordine, vagamente allusive.

  6. grazie a tutti dei commenti.
    Raimondo, provo a risponderti, questa è la descrizione di una corsa in macchina e il ritmo che ho dato ai versi voleva cercare di essere mimetico proprio all’andare della protagonista, per quanto riguarda i riferimenti che dici “buttati a casaccio”, evidentemente non ti convince la poesia, va bene, ma a una tale affermazione, così poco circostanziata, non posso che risponderti un sempre generico “per me non sono lì a casaccio”.
    Mi piacerebbe, se hai voglia e tempo, capire perché parli di “melange postmoderno” e subito dopo di “minimalismo” due idee poetiche così lontane, direi quasi ossimoriche. Comunque ti ringrazio per il tuo intervento, volto al dialogo e argomentato con civiltà.
    ciao

  7. @Raimondo La lezioncina su come si debba criticare un testo risparmiamela e poi i cani da guardia non fanno mai una bella figura. Lo scrivere troppo è riferito a due elementi fondamentali della scrittura poetica “l’attesa” e “il silenzio”, la poesia, nonostante tutti i tentativi che da anni si stanno facendo, non è un prodotto culturale che possa essere sfornato a ripetizione, ma ha a che fare con le sorgenti profonde del dire e dell’essere. Che la Genti scriva un testo in più o in meno non è un mio problema, ma della sua vocazione che ultimamente sembra un pò consunta. Come vedi non sono allussivo.

  8. Leonida, non intendevo farti nessuna “lezioncina”. Ma siccome hai ripreso (brutalizzandole) alcune cose che ho detto, mi premeva a distinguere i due interventi.

    Francesa, grazie per la replica. Ti risponderò senz’altro, a breve.
    Ciao.

  9. Francesca, mi fa piacere tu riscontri una “volontà di dialogo”, espressione talvolta un po’ retorica ma che accolgo volentieri. Spero soprattutto che questa breve discussione sia un’occasione per ragionare al di fuori della singola poesia da stroncare o incensare. Prima di entrare nel merito, un commento generale: non so se hai notato, a chi critica si chiede spesso di circostanziare i suoi ragionamenti (e questo mi pare sacrosanto). Ma come mai la stessa “genericità” (spesso ancora più accentuata) la si perdona agli elogi, rispetto ai quali non c’è più nessuna precisazione da pretendere? Un po’ buffo, non ti pare?
    Venendo al nostro discorso, ti credo senz’altro quando dici, parafrasandomi con un po’ di ironia, che i riferimenti “non sono lì a casaccio”. Una cosa importante, però: PER TE non lo sono. Non fraintendermi, comprendo bene il senso di alcune citazioni. Ciò che “contesto” è l’opportunità stessa di inserirle. Un esercizio che, al mio orecchio di lettore, suona spesso pedante e, contrariamente a quanto asserito da altri, personalissimo, “feticista” (lasciami usare questo termine in maniera un po’ azzardata), tutto il contrario di universale. So bene che c’è chi è capace di stracciarsi le vesti per una rima Brian Eno / Ticino, per il suo acuto e inaspettato accostamento, per l’unione di due entità che altrimenti non si sarebbero mai incontrate. Tornando sulla terra, però, mi viene da chiederti: in quale misura l’informazione che la protagonista stia ascoltando Eno è funzionale al tessuto emotivo, semantico, immaginifico del testo? Proseguendo: hai ragione quando scovi una possibile contraddizione tra “postmoderno” e tono “minimalista”. Ma trovo che tutto questo affastellarsi di immagini (nel vero senso della parola) sia, in ultima analisi, meno profondo di quanto non si voglia. Leggendo questo testo, mi sento come avessi aperto la tua raccolta di figurine. È questo, in sintesi, che voglio dire: parli di “mimesi”, eppure quanta cultura, quanta analisi razionale in questa immedesimazione. Quanta letteratura dentro la tua rabbia.

  10. a raimondo:
    andiamo per punti:
    1. hai ragione, spesso i complimenti sono generici, perché non chiedo di circostanziarli meglio? Proprio perché troppo generici, ma se tu avessi scritto solo un commento tipo “bruttissima questa poesia” , ti assicuro, non ne avrei chiesto conto, mentre nel tuo intervento ho scorto argomenti che potevano portare a un dialogo, a una mia risposta, quindi ti ho chiesto di precisare meglio alcuni cose che non avevo capito.
    2. Alcune citazioni ti sembrano gratuite. Per esempio Brian Eno\Ticino, mi chiedi “in quale misura l’informazione che la protagonista stia ascoltando Eno è funzionale al tessuto emotivo, semantico, immaginifico del testo?” per me è chiaro, anticlimax, prima una ridda di pensieri feroci, poi la protagonista della poesia (che coincide SOLO PARZIALMENTE con la scrivente) si acquieta, guida più calma, e ascolta un disco, una situazione del tutto normale, non mi sembra più di tanto forzata. Se ti sembra appiccicata è proprio una questione di gusto che rispetto del tutto.
    3. Quando scrivo una poesia certo non mi pongo il pensiero di quanto questa possa essere più o meno profonda, evidentemente tu la trovi superficiale, va bene. Ancora non capisco quando parli di minimalismo, ti riferisci agli scrittori, a artisti come donald judd, forse al monocromo di Schifano messo a commento della poesia (che comunque non rientra nella categoria di minimalismo)?
    4. E basta citare alcune personaggi di film o un cantante per farsi dare del postmoderno, me sembra un po’ pochino, nel bene come nel male.
    5.Terminando, riporto la fine del tuo intervento: “È questo, in sintesi, che voglio dire: parli di “mimesi”, eppure quanta cultura, quanta analisi razionale in questa immedesimazione. Quanta letteratura dentro la tua rabbia.” Beh, sì, è pur sempre mediato dalla ragione. Anche se il verbo mediare non rende giustizia a quello che penso della poesia, allora diciamo, è pur sempre materiale ORGANIZZATO dalla ragione.
    ciao!
    a do arki: grazie caro carmine, un abbraccio!

  11. Francesca,
    grazie ancora per la tua volontà di confronto, la discussione mi appassiona ma, spero si intuisca, non è mia intenzione fare alcuna “guerra di religione”.
    Sul fatto che la poesia debba essere mediata dalla ragione non ci piove, ça va sans dire. Ciò che riscontro, e lì sta la mia critica, è che questo resoconto in versi stia più nella “cultura” che nella “carne”.
    Una donna, umiliata e offesa dal suo ex, durante un viaggio notturno in automobile realizza qualcosa di abietto, distruttivo: il suo lui fedifrago lo vuole morto. Non solo: vuole vederlo crepato di overdose. Vuole dargli tanti calci in culo. Vuole vedere infranti i suoi sogni. Attraverso una serie di pensieri turpi, la protagonista infine “esorcizza” la violenza, accantona i propositi di sangue, si libera dell’inverno in un processo catartico. Ma la catarsi del lettore, come viene presa in considerazione? E’ sufficiente la regolarità degli endecasillabi per sentirsi in automobile, con lei e i suoi pensieri? O ricordare che Schifano “è stato un gran pittore”?
    Il punto, io credo, è che noi (tu che scrivi, io che leggo) non siamo in automobile, siamo sulla scrivania, e solo a posteriori, criticamente, una volta calmate le acque, ci rendiamo conto che quello stato d’animo era piuttosto plutonico-notturno, affatto venusiano, molto Taxi Driver. Volevi portarmi sulla statale, lungo il fiume, in una notte pazzesca. Invece mi hai portato sulla tua scrivania, vicino allo scaffale dei dvd, ai cataloghi d’arte.

  12. e nella testa nascono pensieri:
    Mario Schifano è stato un gran pittore.
    Tenera è la notte, e senza vento,
    Mentre penso queste cose brutte,
    mentre penso queste cose voluttuose,
    à la façon de la Sacra Corona Unita,
    Mi piacerebbe darti tanti calci in culo.
    usufruendo della fantasia.

  13. @ Raimondo, intanto ciao. Da lettrice a cui invece questa poesia è arrivata in pieno, ci sono alcune cose nel tuo discorso che non comprendo fino in fondo: mentre mi è chiaro che non sei stato ‘convinto’ mi è meno chiaro il distinguo sul quale metti più volte l’accento tra cultura e carne. Intanto perchè non riesco ad immaginare una ‘carne’ nostra scevra dalla cultura in cui è immersa, ma soprattutto perchè per come la vedo io tutto ciò che amiamo o in cui riconosciamo un valore, una sorta di rivelazione, diventa carne. Ci sono stati d’animo interi che diventano assimilabili con ciò che si è letto, visto, con la rappresentazione che ne ha dato un qualche artista improvvisamente spossessato della sua opera nel momento in cui è nostra. Ha meno valore citare uno Schifano, e non credo che sia a caso o per ‘colpire’ il lettore con uno stralcio d’erudizione, che non, per dire, la desolazione di una strada extra-urbana di notte, nell’inverno? Le due cose non possono mai comunicare? Se così fosse ecco, non avrebbe affatto senso dipingere o scrivere o quant’altro. L’arte non diventerebbe mai vita o addirittura come spesso succede più forte della vita. Non esiste uno sguardo puro, tutto ciò che vediamo passa per la contaminazione del nostro pensiero e delle cose apprese e così anche ciò che sentiamo. La difficoltà sta semmai nel rendere questo amalgama di visioni, conoscenza, sentimenti, senza risultare troppo oscuri, incapaci di trovare un contatto tra il nostro vivere e ciò che incontriamo nelle opere. Ad esempio per me qui Schifano ci sta tutto. Stravolge in un colore apparentemente caldo e solare, il senso dell’amore e dell’annullamento dell’essere e va di pari passo con la furia consapevolmente esagerata della protagonista, che sa di essere incendiaria solo per gioco, sebbene ferita, che usa le sue passioni artistiche, musicali e quant’altro, per ripulirsi e sfogarsi del torto subito. Artisti, musicisti, opere, non sono meno veri della capacità di urlare: ma vai a morì ammazzato! per intenderci, che lo si pensi davvero o solo per un attimo di rabbia. C’è una voluta ambiguità per quasi tutto il testo tra ciò che si sente dentro di incomunicabile e la messa in scena del proprio dramma, per renderlo più vero e lasciarlo passare, un po’, per fare un paragone forse improbabile, come il Benigni di Berlinguer ti voglio bene, quando imbrocca quella sfilza interminabile e fantasiosa di bestemmie dopo che gli hanno detto che la madre è morta (cosa che poi non è…). Ambiguità che si risolve nelle ultime strofe con un’apparizione stavolta niente affatto letteraria, quell’animale che attraversa e che porta chi guida a frenare a tornare in sé e che rappresenta nella sua semplicità le cose più difficili da dire in poesia. Come voler bene al proprio gatto, che non ti tradirà mai, e far sì che questo resti sempre più meraviglioso di ogni delusione amorosa. Se poi ho viaggiato in auto, io che non ho la patente, o nei libri d’arte di casa Genti, alla fine, poco m’importa. Ma è la mia opinione, naturalmente. E buona serata a voi!

  14. Beh, che dire….sono un cultore del metro del ritmo e della rima, ma non un’assatanato o un’accademico degli stessi . Se al testo debbo fare qualche appunto , è proprio nella regolarità del metro e del ritmo, che – a causa dell’inizio a rime baciate, assume l’andamento della “filastrocca” per poi assumere un’andamento più irregolare. Non che questo non possa essere legittimo, come scelta, tuttavia debbo osservare che l’equilibrio ritmo- metro-rima-accenti, in rapporto al contenuto (col suo significato e significante) non mi convince. Secondo me l’autrice avrebbe potuto lavorarci molto di più, s’ è fatta prendere un po’ la mano. Visto dal punto di vista dell'”equilibrio” come sopra enunciato, non avrei visto male un “vestito” ritmico in distici martelliani (cioè in settenari doppi); oppure, per dare più eleganza alla “foggia ” mi sarei inventato un nuovo verso alessandrino (un dodecasillabo dagli accenti più distesi). O un abito in endecasillabi in “ottava rima”, magari con un lessico un po’ più curato negli accenti, ( un po’ come fa David Ramanzini in alcune sue cose..ma senza esagerare, per carità!), ma così, mi sembra un abito un po’ larghetto, con quell’inizio con due sestine doppie” dal metro incerto (endecasillabi, dodecasillabi e più, contando tutte le sineresi e le apocopi ritmiche), e poi una strofe in nona e poi di nuovo sestina doppia, e settima, due strofe di ottava, per finire in sestina e in un distico finale assolutamente “bastardo”. Analizzando la rima, poi, questa è molto irregolare, non c’è un lavoro o uno studio. Le sestine doppie, le ottave, le settime rime eccetera, hanno una loro logica concatenazione legata al metro e agli accenti interni ai versi. D’accordo, sono il primo a dire che le regole sono fatte per essere “infrante”, se si vuole innovare. Ma questo deve avere una logica e un rigore interno al testo. E questo io non vedo. A maggior ragione tenendo conto di quanto afferma l’autrice in altri commenti: mi è parso d’aver capito che in tal senso andasse il suo sforzo. Io credo che non abbia raggiunto il segno. Ad ogni modo lo dico con serenità, senza acredine, con un autentico interesse per chi lavora di nuovo su rime metro e tradizione, e da dilettante puro. Se mi sono sbagliato, sarei felice di un riscontro da parte dell’autrice.

  15. Francesca (Matteoni), ciao. Ho trovato il tuo intervento interessante e misurato. Per rimanere terra a terra, ti dico: ciò che fatico a digerire è appunto lo scarto tra il dramma di questa donna, abitata da pensieri neri, nefasti, e il puntuale, misurato richiamo citazionista. La Genti dice: devo pur organizzarli razionalmente, questi pensieri. Dare coordinate comprensibili, non eccessivamente oscure (come dici tu). Certo, d’accordissimo. Però contesto il modo in cui ciò viene fatto. A chi stanno venendo in mente Schifano, Taxi Driver, la Sacra Corona Unita, etc.? Non certo alla donna protagonista (fatalmente non così lucida, immagino, in quel frangente). Bensì alla Genti, mentre scrive, mentre “organizza”. Per questo ti dico: io lettore non sono là in macchina, bensì sono dentro la scrittura. Come fossi in sala regia invece che sul set. Aggiungo: contrariamente a ciò che altri (e forse anche tu) sostengono, a mio parere questi richiami contribuiscono a “contenere”, stilizzare, imbrigliare entro confini quasi arbitrari, prestabiliti gli stati d’animo, invece di illustrarli, renderli personali e quindi universali.
    Il pianosequenza di Benigni che hai citato mi ha sempre lasciato un brivido, non credo di aver mai riso guardandolo. E l’ironia della “falsa notizia” lo ha sempre reso, ai miei occhi, ancora più tragico. Accolgo il tuo paragone: nella misura in cui quel monologo e la poesia della Genti, dal punto di vista non del valore ma della “tecnica”, stanno ai reciproci antipodi.
    Per il resto, dici cose che in gran parte condivido, anche se non mi pare di averle mai implicitamente messe in discussione. Non ho mai pensato ad esempio che la citazione di Schifano o altre fossero uno sfoggio di erudizione (tra l’altro non credo sia necessaria questa grande erudizone per dire “Mario Schifano è stato un grande pittore”, lì ad esempio sta il minimalismo che con azzardo ho tirato in ballo). Soprattutto, per riprendere ciò che hai scritto, trovo che “tutto” possa comunicare con “tutto”. Però non mi pare che in questa poesia ci sia nulla di “incomunicabile”. Semmai, ripeto, talmente comunicabile da codificarsi in artificiale.

  16. notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico
    in una notte di chiaro di luna
    in questo progresso scorsoio
    un oscuro scrutare
    in questo oscuro andare nella notte
    in questo mondo di ladri

  17. bella l idea e il ritmo, sedurre per raccontare il male, ma di passeggiate in macchina ricordo qualcosa di pasolini piuttosto piu crudele, o di sereni intensa. Avrei preferito maggiore crudeltà e intensità, insomma più baudelaire e valduga e meno patrizia cavalli. Giocare col male rischiando di farsi male. Cmq, molti versi sono davvero taglienti…

  18. Francesca, intanto grazie per aver partorito altre parole.
    Ciò che noto rispetto ad altri tuoi precedenti lavori, è una mia personale differenza percettiva.
    Qui, non ho afferrato tutto alla prima lettura. Mi sono perso qualcosa, qualche coincidenza in cui sono arrivato in ritardo.
    E questo in genere non mi capitava con le altre tue poesie.
    Ma è una bella sensazione.
    Mi piace non capire tutto.
    Anzi, credo che sia uno dei “compiti” della poesia.
    Non far capire tutto. Tutto e subito.

    Un abbraccio.

  19. ogni volta che viene pubblicata una poesia della genti si scatenano truppe di maestri del ritmo della strofa filastrocca di entrate ed uscite dalla scrittura curve a destra serie di tornanti
    ma la genti è alta tagliente (scippando sparzani) filmica trascinante
    perchè cercare di portarla sempre verso una direzione ? o di affibbiarle un’etichetta?
    lei è amore e furia
    fuoco e lettere
    immagine e disperazione
    arte
    Poesia
    c.

  20. Carmine,
    ritengo che esercitare la critica su un testo – specie quando fatto in maniera costruttiva – implichi anche il pieno riconoscimento della dignità del suo autore. Altrimenti non ci sarebbe nessun interesse, semplicemente si passerebbe oltre, non ti pare?
    Mi sembra che quelli che tu chiami, in modo spregiativo, “maestri del ritmo”, si siano espressi in maniera umile, aperta, niente affatto boriosa, introducendo contenuti interessanti. Lo stesso vale per altri interventi, nonostante la distanza di idee (o forse proprio grazie a quella). Trovo semmai vagamente presuntuoso il tuo intervento, che sembra quasi voler sgombrare il campo con un personalissimo colpo di spugna, emanare LA sentenza inappellabile.
    Chiudo subito questa parentesi. Non intendo aprire una discussione nella discussione, né tantomeno attaccare te personalmente. Mi preme solo difendere un principio: così come nessuno discute i tuoi complimenti (giustamente), non mi pare corretto (e utile) che tu banalizzi interventi di altro tenore, specie se espressi in maniera pacata e cosciente.

  21. Mi si dice che dovrei scrivere un po’ in maniera meno dis-pregiativa non banalizzando l’esegesi pacata di chi vede in questo testo troppa contorsione
    forse la genti mi piace proprio perchè è l’opposto della costrizione
    sempre sulla soglia infinita dell’amore un cavallo restio ad entrare in un recinto e che sempre trova la sua forza nel riuscirci
    tutto qui
    c.

  22. Beh.. Francesca, non ci conosciamo, ti faccio i complimenti.
    Si scrive alla scrivania ciò che si é maturato nel tempo, magari filtrando il tutto attraverso il proprio background letterario.
    Brian Eno? ottima scelta… io di solito mi calmo con i Dire Straits.
    ;-) ciao.

  23. E dei Sigur Ros cosa dite? Alcuni pezzi sono fantastici… Più che altro è difficile trovare una rima.

    Peccato, siamo ormai (credo definitivamente) usciti dai confini della discussione sul testo. Anche se il rischio di divagare sta forse proprio nella natura dei blog, quindi nessun dramma…

    Saluti a tutti, e un grazie sincero a Francesca (entrambe) e a chi si è voluto confrontare.

    Raimondo

  24. scippando anch’io Carmine, dirò che le sue parole “sempre sulla soglia infinita dell’amore un cavallo restio ad entrare in un recinto e che sempre trova la sua forza nel riuscirci” mi sembrano alquanto adatte, e le sottoscrivo en tout.

  25. Francesca, a me pare che la quantità di comment che ti sei attirata dimostri da sé il valore della tua poesia. Quanti altri poeti contemporanei, anche rinomati, provocano una cinquantina di commenti in poche ore? La poesia ha bisogno di ritrovare una larga platea di lettori. Da troppo tempo sta chiusa in una torre d’avorio. Che poi i lettori commentino e si dividano in favorevoli e contrari è normale. Anzi, è necessario.

  26. rileggo, perché la poesia va fatta “decantare” dentro

    m’innamoro di questi versi:

    Mentre penso queste cose brutte,
    mentre penso queste cose voluttuose,
    sfreccio davanti a villette con giardino
    e mischio il nero con l’odore delle rose
    e sento forte la rabbia e il gelsomino.
    (Penso al senso della primavera
    alla catartica violenza necessaria
    per uccidere l’inverno e quel che c’era).

    e Riccardo ha colto nel segno.

  27. ciao a tutti!
    rispondo veloce perché sono in mezzo a un trasloco, ringrazio tutti i commentatori favorevoli e i detrattori “seri”, a Salvatore D’Angelo rispondo poi con più calma, quando non sono in mezzo agli scatoloni.
    un saluto e buona domenica.

  28. Cara Francesca Genti,
    vorrei farti notare che usare il termine “detrattori” e non “critici” denota una sindrome da accerchiamento che poco si concilia con il dialogo e poi chi la dà la patente di “serietà” tu che sei parte in causa? Spesso nello sberleffo si nasconde più acume e verità che nelle critiche ortodosse e accademiche, pur necessarie. Un saluto.

  29. Cara francesca Genti,
    l’eleganza della tua risposta si commenta da sola. Se posso darti un consiglio, se non reggi neanche la “tensione” di untesto pubblicato su un blog, prenditi una pausa, perchè stai dando vistosi segni di nervosismo.

  30. Ho sentito parlare molte volte e molto bene della poesia di Francesca Genti, ma non l’avevo letta fino a oggi. Molto molto brava.

  31. Usufruendo della fantasia
    (omissis) un po’ di poesia
    (omissis) a cas( )o
    e così sia!

  32. (omissis)
    copio (omissis)
    citando (omissis) (s) (omissis)
    e così sia!

  33. a Salvatore D’Angelo: ciao. E grazie del tuo commento. La metrica di questa poesia è irregolare, vero, ma, al di là del fatto che alcuni la trovino riuscita e altri no, è stata scritta così, in pienissima consapevolezza. E non è certo un mio fine il manierismo metrico, anzi, mi piacciono poesie un po’ sporchette, con qualche metro che traballa, mi viene in mente ad esempio Corrado Govoni, un poeta che amo molto.
    Quando scrivo, che ci si creda o no, è davvero sotto botta di ispirazione, e so che qui mi salteranno addosso un sacco di vigliacconi con il loro comodo nick name-passamontagna.
    Quello che voglio esprimere precede sempre la metrica.
    Una verità di cui sono convita è che in poesia la forma non mente, se è “vero” quello che stai scrivendo il ritmo viene da sè, e viene bene e può venire fuori solo in quel modo.
    So che in questo testo c’è certamente qualcosa da limare, forse lo farò in futuro, forse no, lo considero comunque degno di camminare con le sue gambe e di scatenare commenti positivi\negativi\seri\giocosi\semplici\ complicati\aggressivi\vigliacchi… Come una bella ragazza che se ne va in giro per la strada.
    Di nuovo grazie a tutti quelli che hanno commentato firmando con nome e cognome o che, come Raimondo, non hanno usato un nick per imbrattare senza uno straccio di argomento.
    E poi grazie in particolare a Francesca Matteoni, per avermi postato il pezzo e per il suo intervento davvero illuminante.
    ciao!

  34. Francesca,
    mi rincresce che l’unico contributo che mi riconosci sia quello di “non avere imbrattato” (se ho capito bene la tua frase, che ha una sintassi un po’ ambigua). Speravo (mi illudevo) di aver detto cose più utili, che incentivassero una riflessione, di cui ognuno avrebbe elaborato personalmente gli esiti. Non c’è sarcasmo in ciò che dico, credimi, ma la sensazione che, tra entusiaste incensazioni e invettive mascherate, rimanga ben poco spazio per evolvere.
    Ciao,
    Raimondo

  35. No, guarda Raimondo, proprio non hai capito quello che volevo dire o forse mi sono spiegata male…
    Perché poi poco spazio per evolvere? Le riflessioni che abbiamo fatto devono decantare, come dici tu “ognuno elabori personalmente gli esiti”. Nel tempo, aggiungo. Ci tenevo comunque ringraziare le persone che hanno fatto i loro interventi in tono pacato e tu sei tra quelli.
    Alle tue riflessioni mi pare di avere risposto contestualmente, tutto qui.
    ciao.

  36. Tenera è la notte, e senza vento, (F. Genti)

    Dolce e chiara è la notte e senza vento (G. Leopardi)

    Tender is the night (F.S. Fitzgerald)

    Se non è un argomento questo? Due sono le cose: o ti piace il collage o la tua botta d’ispirazione è sin troppo mediata! Però su una cosa hai ragione, rispetto a quel manierista di Leopardi il tuo verso è un po’ sporchetto!

  37. dedicato sei davvero un critico raffinatissimo, mi hai sgamata, ma come hai fatto? pensavo che nessuno si accorgesse delle fonti del mio verso.

    ti propongo questo giochino enigmistco:

    “a mimmo rotella piacciono i collage, ma pure le botte e non solo di ispirazione.”

    quanti autori ho citato in questa frase? ;-)

  38. FONTI?!? Ti piace dare una veste elegante alla tua totale mancanza d’ispirazione e alla copia? Sei patetica!

  39. @Francesca. Oddio!!! Non avevo capito niente! Io pensavo che la tua poesia fosse un esempio di ludico-noir!!! Una specie di “La morte ti fa bella” in versione poesia… Vabbè, non avevo capito l’intenzione.
    @ Francesca Matteoni. Ciao grilla!

  40. attaccare questa poesia per delle sfumature mi sembra davvero risibile. l’unico appunto sensato è che, secondo me, andrebbe lavorata di più, dopo averla un po’ metabolizzata.

    resta un “prodotto” made in francesca genti, una dei pochi poeti italiani con una sua cifra del tutto originale.

  41. Sì Francesca, non avevo capito del tutto, ti prego di scusarmi. Ciò che aggiungi mi trova d’accordo. Ricambio il tuo ringraziamento.

    Franz: è vero, tra gli attuali poeti italiani capita molto raramente di poter ricondurre “a occhi chiusi” un testo al suo autore, e questo vale senz’altro per Francesca Genti. Sta alla sua bravura di scrittrice mantenere tale aspetto come un punto di forza e non, in qualche modo, come un limite. Ciò che sinceramente le auguro, (questo discorso vale ovviamente per tutti gli autori), è di non rimanere imbrigliata suo malgrado entro confini che invece possono (o devono) mutare nel tempo.

    Saluti!
    Raimondo

  42. appunto, non puoi pretendere cambiamenti repentini, seppure ce ne fosse bisogno ( e non lo credo).

    non sta scritto da nessuna parte che un artista debba cambiare pelle, stile, cifra. è come nella retorica della “crescita”.

    come se un essere umano debba “crescere” (umanamente, artisticamente ecc.) dopo i 30/40/50 anni. è una scemenza. si cambia a prescindere, altrimenti la poesia, l’arte, la si puo’ pure insegnare tramite quei libercoli americani di autoaiuto che hanno creato in non pochi casi dei suicidi.

    niente “deve” niente. qui si tratta di una poesia molto bella – nello stile di FG- ma che secondo il mio parere critico potrebbe migliorare dopo un periodo di sedimentazione.

    il discorso della metrica pura o bastarda è un discorso insensato. cio’ che importa è che il “canto” si sente; e qui il canto si sente.

  43. Franz, dici: “non sta scritto da nessuna parte che un artista debba cambiare pelle, stile, cifra”. Certamente. Altrettanto, non sta scritto da nessuna parte che NON debba farlo. Niente “deve” niente, siamo d’accordo. Il mio augurio è infatti che un autore (FG in questo caso) non si ritrovi a lungo andare “soggetto” ad un dato “stile” solo perché in quello stile viene identificato, catalogato ed è quindi “comodo” rimanerci (attenzione: non dico lo stia facendo adesso!). Insomma l’augurio che si tratti sempre di una scelta attiva, non solamente volta alla necessità di essere riconosciuti a tutti i costi, o di dare al lettore quello che si aspetta.
    Gaber: Eppure il granoturco / che ha scelto di esser giallo / non si domanda niente, non ricorda. / Chissà se poi continua / a presentarsi giallo / per essere fedele a chi lo guarda.

  44. E’ arrivata l’artiglieria pesante! Ma la Genti dove lo fa il reclutamento?
    @fk Sfumature?…Risibile è difendere l’indifendibile! Già il “confusionismo” del titolo dice tutto…usufruendo della fantasia!!!

  45. Qui parlerò in veste di “FAN” della poesia della Genti.
    Ogni testo andrebbe sempre inquadrato all’interno di un percorso artistico.
    Conosco l’opus gentiano abbastanza bene per affermare che questa forma da lei adottata (più estesa ed eleborata rispetto a molti altri testi) è un approdo artistico evidente già nella conclusione di Poesie d’amore per ragazze kamikaze.
    A parte l’evidente capacità di sintesi di Genti (io parlerei di una generale vena “acmeista”, un verso che cerca sempre un vertice nelle direzioni più disparate) credo che sia necessario soffermarsi sulla scelta linguistica operata. La poesia di Genti tocca quei temi che potremmo definire classici (qui abbiamo l’amore e il suo rovescio, l’istinto omicida, nell’ultimo testo di Poesie d’amore c’era l’amore come bestia) ma come lo fa? Sceglie un immaginario specifico, oggetti iperconnotati, appronta uno scenario urbano, luci e colori in stile cartoon per far risaltare i temi cardine della poesia di ogni tempo. In questo modo, dopo la lettura di un suo testo, si ha la sensazione di una riscoperta: ci troviamo a riconoscere i meccanismi umani più elementari e si impara nuovamente a non darli per scontati. In questa prospettiva quella di Genti è poesia civile, porta a termine un compito alto, tiene conto di una cultura contestualizzata in un’epoca precisa.
    La “bimba urbana” e la “ragazza kamikaze” in fondo sono la stessa persona (termine da intendersi nella sua accezione latina) e analizzando il percorso che porta avanti a mio avviso segnala l’inasprirsi dell’epoca.
    Quell’epoca in cui un potere maschilista e fallocrate in crisi, vedendosi morente e ormai impotente, azzanna senza ritegno dove capita.

  46. @M. Simonelli Addirittura criticare la Genti significa apprartenere al potere maschilista fallocrate in crisi…quando si fanno certe affermazioni bisognerebbe avere il senso del ridicolo.
    Io ritengo semplicemente che il testo della Genti sia brutto nella forma e che il contenuto sia del tutto posticcio (l’invettiva ha ben altre altezze), ma la cosa peggiore è che questo testo ha una vena di compiacimento insopportabile. L’autrice, non riuscendo a rendere l’autenticità di un sentimento primario, l’amore che si trasforma in odio, usa in maniera del tutto velleitaria un florilegio di citazioni (qualcuno le ha chiamate collezione di figurine) alte (da liceo) e basse, collage, ammiccamenti, versi di una bruttezza imbarazzante e poi non ha il coraggio di andare sino in fondo nella coerenza del testo, perchè rassicura (con spirito mediocre e piccolo borghese) il lettore, che lei sta usufruendo della fantasia anche se pensa queste cose brutte, queste cose voluttuose e addirittura si rifugia nell’Amore Universale, altro che minimalismo, questo è velleitarismo. E poi quella lassa su Mario Schifano….stendiamo un velo pietoso… l’unica cosa vera è che “Mario Schifano è stato un gran pittore”, peccato che sia affermato in un verso del tutto gratuito nell’economia del testo, scritto solo per rimediare una rima in più.

    P.S. “oggetti iperconnotati”…questa espressione è sempre stata usata per indicare la scelta (ideologica di fondo) di Andy Warhol, attribuirla alla Genti mi sa un po’ di “pezza a colori”!

  47. Marco, il tuo richiamo all’acmeismo è interessante, anche se davvero azzardato. Qui secondo me c’è più feticismo che materialismo, più uno stare sulle etichette che uno stare dentro le cose. In questo testo, e magari anche in altri, si ha l’impressione di abitare un mondo bidimensionale, di adesivi appiccicati sui concetti. (Alle volte lo straniamento, l’alienazione, sono risultati apprezzabili in poesia. Ma qui si cerca l’empatia, mi pare, a mio modo di vedere fallendo). Concedimi di aggiungere questo: i meccanismi umani sono sì elementari, ma al tempo stesso articolati, contraddittori. E qui non c’è mai contraddizione, semmai controllatissimi cambi di stati d’animo che tra di loro non si mischiano, non comunicano. Il personaggio di questa poesia parrebbe un essere letteralmente privo di spessore, come una stringa in codice binario, fatta solo di 1 e 0.

  48. ciao a tutti,

    scusate se non rispondo, sono nel trasloco e non ho sempre internet sottomano.

    appena mi sono sistemata rispondo bene.
    ciao

  49. Credo che soldato semplice, al di là della sua vis polemica, abbia colto il punto dolente. Passando sopra alle varie magagne di brutti versi (“e nella testa nascono pensieri” per citarne uno), scopiazzamenti e citazioni alla rinfusa, quello che emerge è la totale mancanza di autenticità d’ispirazione. Questa poesia è un esercizio retorico di basso profilo, dove tutto è già sentito, già digerito e qui viene ripresentato sotto forma di poltiglia indigesta pop. E poi manca del tutto di quella contraddizione (per dirla con Raimondo), quella tragicità (Medea?) che un’invettiva degna di questo nome dovrebbe avere (ricordiamoci che si sta parlando dell’odio, di istinti omicidi verso una persona che si è amata e che ha tradito) e lo dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la fuga finale nella fantasia, nella gatta e nell’amore universale e non mi sembra certo una riconciliazione da trilogia eschilea, per rimanere nell’ambito dei tragici, ma una tiepida, insipida speranza in un generico futuro.

  50. … mi sento una tronista in pasto al pubblico di commentatori di “Uomini e donne” .
    Mi piace e diverte e galvanizza che questa mia poesia scateni la bile e i commenti di tanti critici, talmente sicuri di quello che dicono, da non avere neanche il coraggio di darsi un’identità.
    Sono in pieno accordo con Franz Krauspenhaar che ringrazio per gli interventi :può piacere o non piacere questa P-O-E-S-I-A (e può essere migliorata), ma il metodo di critica (si fa per dire, eh!) è totalmente inconsistente.
    E per quanto riguarda citare a casaccio, che dire? Basta leggere a caso i commenti, specialmente quelli in stile “aiazzone-linea alta-damascata” tipo l’ultimo.
    Raimondo caro (ma sei Iemma?), poi non mi hai ancora spiegato i due poli mèlange postmodermo e minimalismo, detti così non vogliono dire niente.
    Comunque non mi pento e nè mi ravvedo nè son contrita per quello che ho scritto, anzi.
    Per quanto mi riguarda, chiudo qui la discussione su NI, per tutti i “cuor di leone” che vogliono continuare “un pacato scambio di opinioni”, la mia mail è f.genti@email.it
    ciao.

  51. Francesca,

    a questo punto non mi è chiaro il motivo per cui pubblicare una poesia su un blog. Per contemplarla, adorarla, come fosse un idolo o una reliquia? Oppure perché sia uno spunto per ragionare intorno a quel testo, a quello che rappresenta, alla “ideologia” che sottitende? Alle mostre d’arte – dopo averle acquisite con i propri sensi e fatte proprie – non capita forse di conversare sulle opere? Ci sarà chi è entusiasta, chi svaluta, chi lancia un insulto da dietro una colonna… Se lo accetta l’artista che espone le sue tele, lo puoi accettare anche tu, con una poesia su un blog. Oppure no?
    Non voglio più entrare nel merito del testo, anche perché al tuo quesito ho risposto, e non solo a quello, indirettamente nei commenti successivi. Anche se in modo che evidentemente non ti soddisfa. Forse ho impiegato termini eccessivamente sbrigativi: ma nel complesso mi pare sia chiaro quali aspetti metto in discussione di questa tua poesia.
    Questo fare di tutta un’erba un fascio mi pare profondamente sbagliato. Mi pare tu mi abbia riconosciuto una certa pacatezza (che ora invece richiami con sarcasmo). Non stimo né giusto né interessante attaccare mediante boutade un po’ teppistiche, che hanno un sapore di provocazione e persecuzione, di caccia alle streghe, come qualcuno ha fatto nei tuoi confronti. Lì sta la “bile”, che non serve a niente. Altrettanto, tra gli interventi “costruttivi”, non mi pare appropriato che tu conferisca dignità solo alle opinioni che preferisci.
    Al tempo stesso ho trovato bello che tu partecipassi alla discussione. Io – non so se ti riferivi a me – non mi sento affatto “sicuro” di ciò che ho scritto. Anzi, ho cercato di mettere alla prova qualche pensiero, qualche idea: niente di più. Però una cosa, mettiamoci d’accordo: se la mia “critica” è “inconsistente” (forse lo è, ci mancherebbe, ma non so se debba deciderlo tu), scrivere ad esempio “la Genti è Poesia” che cos’è? Perché una forma di “inconsistenza” ti è sgradita e l’altra no? Ti dirò questa mia sensazione: la mia ti rende un miglior servizio.

    Raimondo Iemma

  52. cara francesca, non rispondi nel merito a nessuna questione posta, a te piace essere adulata o al massimo fintamente criticata (non è il caso di Raimondo, anche se secondo me ha uato un approccio sin troppo conciliante, ma comunque coerente) e poi nessuno ti sta crocifiggendo, semplicemente ti sto dicendo che LA TUA POESIA E’ BRUTTA e ho cercato di spiegarti perché, anche rifacendomi a cose dette da altri…Poi se non vuoi essere criticata da anonimi va a un dibattito pubblico (se mai capiterà di incontrarci ti dirò le stesse cose in faccia), fare quest’obiezione su un blog è risibile e infantile.

    fuocofatuo.f@gmail.com

  53. Caro Raimondo,

    non è a te che mi riferivo, mi pare chiaro, ma a tutti quelli che mi sembra attacchino più me che la mia poesia, in modo, come hai appunto sottolineato tu, teppistico, aggressivo e per di più anonimo.
    Cosa dovrei fare con tutti questi lanciatori di sassi dai cavalcavia? Starmene brava e zitta? Scusarmi perché ho scritto qualcosa che non aggrada loro? Recitare un mea culpa?
    Rileggiti tutta la schidionata di commenti.
    Non mi sembra che ci sia del gran materiale su cui riflettere : chi dichiara sarcasticamente che “scrivo troppo”, chi mi accusa di “copiare” quando cito in modo del tutto esplicito, chi insinua chissà quali strategie di difesa, chi parodia in modo cretino i miei versi. Tutto questo senza mai prendersi mezza responsabilità, perché nell’anonimato. Per me queste sono commenti di merda, fatti da persone di merda.
    E non capisco perché ci si scandalizzi solo delle mie risposte (poche e non certo atte a fomentare la bagarre) e non di tutta la spazzatura aggressiva che mi è stata buttata addosso).
    A te, come a Salvatore ho risposto contestualmente.
    Comunque, se hai voglia di scrivermi hai la mia mail.

  54. la Genti é poesia ribadisco
    ha il suo stile
    si riconosce all’istante
    incanta!!!!
    c.

    Quando cade un governo

    Quando cade un governo

    nessuno scrive una poesia.

    Stanno tutti di fronte alla televisione

    a sentire a che ora il Presidente

    ha rassegnato le dimissioni.

    È stato all’incirca alle otto di sera

    una sera di pioggia romana.

    Le sirene delle auto blu giravano mute

    sui ciottoli umidi del piazzale

    di fronte al Quirinale. Aspettavano.

    Nella sala stampa allo stesso modo si aspettava.

    Quando cade un governo

    è una formula politica perché,

    a livello puramente amministrativo,

    rimane in carica per sbrigare gli affari correnti.

  55. Ciao Carmine,
    io mi sono sempre firmato, infatti il mio nome è Raimondo.
    Una volta mi è pare di aver letto che Raimondo significa qualcosa come “divina protezione”. Ci sono due correnti di pensiero su quando si festeggi San Raimondo: il 31 agosto oppure il 7 gennaio. Il bambino Raimondo era piuttosto confuso da questo piccolo paradosso, che però più avanti si è risolto, dimenticando l’onomastico. Raimondo rimane comunque un nome assai poco diffuso, anche se nella mia famiglia ci sono altri due casi, di persone putroppo non più in vita.
    Comunque, se intendi schedarmi non hai che da dirmelo e non avrò problemi a declinarti le mie generalità complete.

    Raimondo

  56. egr sig raimondo lei si è palesato solo quando la genti glielo ha per caso chiesto
    forse insospettita da cotanta insistenza o stile?

    ps mio cognato che si chiama raimondo
    per le origini sulla beata vergine del carmelo mi faccio una ripassata e le dico
    c.

  57. mi diverte sempre leggere certi “critici” che affermano che alle “critiche”, soprattutto quelle maldestre e in cattiva fede, il criticato dovrebbe “abbozzare”, accettare “il confronto” ecc. ognuno ha il suo carattere, e nessuno puo’ permettersi delle regole di comportamento certe. vale a dire: se genti trova certe “critiche” delle troiate in piena regola, ha il diritto di replicare anche con una certa violenza, benchè priva dell’insulto.

    un autore ha il diritto di criticare il critico (quello vero) figuriamoci il dilettante allo sbaraglio.

  58. Franz K.,

    non si tratta di esprimersi da “critico”, bensì da lettore. Una persona che legge una poesia, la fa propria, la giudica. Io credo che all’autore possa, ripeto possa, interessare cosa pensa un lettore. (Poi ci saranno i critici che, dall’alto delle loro cattedre e con a disposizione un tempo sempre risicatissimo, sentenzieranno: questo è puro Made in Genty! Con grande profitto per la comprensione). Oppure l’autore può benissimo fregarsene dell’opinione del lettore: ma allora perché divulgare, specie in un blog che abilita i commenti?
    Comunque sia, mi sembra ampiamente riduttivo imputare al semplice “carattere” della persona che scrive la disponibilità ad ascoltare le critiche (con la c minuscola, piccolissima, c-micron). Semmai a come un autore intende affrontare le conseguenze – positive, negative, irrilevanti, etc. – del suo scrivere.

    Au revoir à la prochaine,

    Raimondo

  59. Rientro solo ora nel post, anche se in questi giorni ho cancellato diversi commenti ‘simpatici’ della solita persona, suppongo, con diversi nick. Ne ho appena cancellati altri tre che esulavano dal post. Si può parlare di una poesia in termini positivi, negativi, neutri,etc., quando però la cosa scade nella provocazione idiota o non so in quale tipo di sindrome dell’apparizione online, non ci si può stupire se poi l’autrice o l’autore dei versi si stufa e soprattutto se il postante modera. Qualsiasi commento ritenuto da me fuori luogo verrà cancellato, tanto per essere chiari. Chi continuasse dovrebbe interrogarsi su come spende il suo tempo.

  60. Passando oltre la minaccia di censura indiscriminata che si commenta da sola, vorrei far notare alla moderatrice, che l’uso di espressioni quali “persone di merda” “troiate” (ancora presenti nei commenti) ecc. è venuto dall’autrice e da un suo critico positivo e che, per quel che mi riguarda, anche se con veemenza, ho criticato (senza ricevere una risposta nel merito che non fosse “Aiazzone stile alto damascato”) e mai offeso.

    @fk attribuirsi la patente di super critico e definire gli altri “dilettanti allo sbaraglio” fa un po’ sorridere, per non dire altro.

    La sensazione è che dietro il vostro complottismo e l’allusione a maniaci perditempo ( se non ci fossero persone che perdono tempo con i vostri post NI non avrebbe ragione di esistere) ci sia una mancanza di argomenti. E poi magari, la Genti, passato il nervosismo, potrà trarre beneficio dalle critiche anche più dure, perché l’aiuteranno a migliorare il suo “stile”. A tutti fa piacere sentirsi dire “sei la poesia” ecc. ma non sempre ciò è utile e, soprattutto, vero.

  61. @Fuoco Fatuo. Non mi risulta di aver cancellato nessun commento di questo nick. Per il resto pensa quel che ti pare, se la mia moderazione si commenta da sola, non c’è bisogno di sottolinearlo.

  62. io non ho detto di essere un critico (anche se nel passato ho recensito libri su alcuni giornali) ho scritto “il mio parere critico”. se leggete male, credo “ad arte”, è un problema vostro.

    come un problema vostro – ma purtroppo anche nostro – è doversi confrontare con giudizi che, a mio avviso, sono di “dilettanti allo sbaraglio” o da “dilettanti allo sbaraglio”. purtroppo non più presentabili da corrado mantoni nella sua “corrida”, dato che il presentatore romano non è pià tra noi da circa dieci anni.

    caro iemma, sono d’accordo. ma come ci sono i cattivi critici (sommari, disonesti intellettualmente e non solo, impreparati, semplicemente stupidi) così è per i lettori. ho conosciuto lettori che mi hanno criticato anche duramente ma con degli argomenti. ho letto recensioni piuttosto dure che mi riguardavano che mi sono state utili.

    qui leggo soprattutto acrimonia, ipocrisia, dilettantismo. i lettori spesso non capiscono un cazzo, diciamolo. questa retorica del lettore che ha sempre ragione è un’idiozia, come se il lettore fosse il cliente di un ortofrutta. il lettore ha spesso torto, altrimenti non avremmo certi “capolavori” in cima alle classifiche di vendita.

  63. ok criticare è essere acrimonioso, ipocrita, dilettante allo sbaraglio, non capire un cazzo! se i lettori non capiscono un cazzo fatevi un blog ad inviti e “commentatevi” tra di voi.
    Però NESSUNO RISPONDE NEL MERITO io ho argomentato, bene male non lo so e mi sto beccando solo insulti..se poi pensate che io sia responsabile di altri nick sono fatti vostri!

    quello della Genti è un testo che ha tantissimi difetti:
    1) adotta una forma lunga, piana che però non regge la distanza se non attraverso una serie di immagini incollate senza un telos che non sia una situazione cornice che può contenere tutto e il contrario di tutto.
    2) non riesce a essere drammatico al di là della ostentazione di immagini forti.
    3) i versi sono sporchi al di là dell’intenzione dell’autrice e, a quanto pare, tutti conveniamo che vadano “limati”.
    4) l’idea di fondo, poco originale, viene banalizzata da un finale annacquatissimo, generico e inutilmente autoconsolatorio.
    5) l’inserto su mario schifano viene utilizzato, oltre che per un generico richiamo al colore dell’amore, solo per augurare al tu della poesia di morire d’overdose.
    6) Dando per assodata la buonafede che senso ha un verso come “Tenera è la notte, e senza vento”?
    7) forse se l’autrice avesse aspettato un po’ a pubblicarla, facendola sedimentare, si sarebbe risparmiata molte critiche.

    Con questo vi saluto definitivamente. se volete contattami, come ha fatto l’autrice per dirmi tante cose simpatiche, la mia email l’avete.

  64. odio e trovo stupido commentare una poesia come fanno i critici o i professori a scuola le parafrasi cazzate (!) la poesia ti dovrebbe rimanere in testa come un refrain di una canzone che ascolti senza sentirla – è quello che più ti colpisce ti ha toccato – o come l’ombra che ti rimane negli occhi (l’occhio della mente) dopo aver fissato il sole o il cielo fuori dalla stanza dove sei rientrato e non vedi, appunto, la stagnola per fumare.

    … …
    … …
    …è stato eroinomane…
    …grande pittore e grande eroinomane…
    …ha fissato nel GIALLO le due cose.
    …Sacra Corona Unita…
    …la mano sinistra per questa poesia…
    …tossico che scioglie l’eroina…
    …placida, ascolto Brian Eno…
    …catartica violenza necessaria…
    … …
    … …

  65. Chiedo di cancellare l’ultimo commento di Francesca Matteoni perché “fuori luogo”, secondo i criteri adottati dalla moderatrice.

  66. Chiedo di cancellare l’ultimo commento di Francesca Matteoni perché “fuori luogo” “in quanto provocazione idiota”, secondo i criteri adottati dalla moderatrice.

    ho argomentato,come al solito, e mi becco subito un commento in cui mi si dice che dico “cazzate” e che devo adorare la Genti. MODERATRICE FRANCESCA MATTEONI CHE FAI?

  67. Caro Krauspenhaar,

    non ho mai detto che il lettore ha sempre ragione. Dico semplicemente che, se si decide di entrare in contatto con i lettori (come in questo caso) non si può poi pretendere di ascoltare solo cose gradite (gli insulti quelli sì, è sacrosanto pretendere di non riceverli). Quanto al fatto che gli argomenti di critica siano deboli, mi sta bene, se lo dici tu. Forse però per affermarlo occorrerebbe anche spiegare perché siano tanto inadeguati. Chi ha difeso questo testo, tranne forse Simonelli, si è limitato in sostanza a dire, come anche tu hai fatto: “non capite una mazza, siete una ridda di dilettanti che farebbero meglio a stare zitti, questa poesia è bellissima”. E anche “non si cresce per sempre, ognuno ha il suo carattere, i lettori non capiscono un cazzo”. Però! Alla faccia del qualunquismo!

    Raimondo

  68. senti, non è che siamo a una gara di critiche. non sta scritto da nessuna parte che io dovevo fare la mia critica alla poesia di genti, di cui ho letto tutti i suoi libri. avrei detto cose già dette e ripetute da altri sicuramente meglio. ho detto che questa aveva bisogno di una revisione: dire come sarebbe stato un mezzo insulto all’intelligenza dell’autrice; all’autore serio non serve un “prontuario di correzione del testo”. a un autore serio basta una mezza frase detta nel modo giusto.

    poi vai a rileggerti i miei interventi, se hai tempo da perdere ovviamente, e scoprirai che no ho detto quello che tu riassumi in mezza frase. perchè o li ha letti e li riassumi a cazzo di cane, o non li hai letti e li immagini.

    hai capito o devo farti un disegno esplicativo?

  69. Ciao Francesca, questa tua poesia mi è piaciuta molto.

    Certe (lievi) irregolarità secondo me ci stanno, di poesia “fatta benino” ce n’è già tanta, il tuo se non altro mi sembra un tentativo più originale (anche rispetto ai precedenti crepuscolari).

    Ti metto qui sotto la colonna sonora ideale ;-)

    Spero a presto, non so dove né quando,

    baci,

    A.

  70. Rientro dopo un po’ nel post e scopro che non si può fare dell’ironia, “non si può criticare senza uno straccio di argomentazione”, se si argomenta si è “dilettanti allo sbaraglio”, se si è analitici si rischia di fare un pedante “prontuario di correzione del testo”… insomma ci vogliono solo “mezze frasi dette nel modo giusto” tipo avvertimento.
    Da oggi in poi si potrà commentare solo con la formula: “che te lo dico a fare!”…spero, almeno, con intonazioni diverse!

  71. Franz,

    mi sembra sia tu a fare finta di non capire. Non ho preteso da te nessuna analisi. Ho detto (vai a rileggere, se hai tempo da perdere) che se stimi dilettantesche e risibili alcune critiche non puoi esimerti dallo spiegare perché. Altrimenti procedi solo per argomenti di autorità (quel “voi non capite un cazzo”, il tuo leit-motiv di questi giorni: è una buona idea per una maglietta, magari con un disegnino).

    Raimondo

  72. Per concludere, grazie a questa discussione appurammo che:

    – era nato il marchio “Made in Genty” per le poesie di qualità;

    – era nato lo standard “blamed by Krauspenhaar” per le opinioni dilettantesche;

    – una dirompente manifesto avrebbe guidato il lavoro della comunità di scrittori: “i lettori spesso non capiscono un cazzo”.

    Tutto ciò accadeva nel settembre 2009, in un autorevole blog di letteratura.

  73. ot
    dedico questa poesia di Francesca Genti
    a simone cattaneo
    1974 2009
    poeta

    SPERO DI MORIRE IN PRIMAVERA

    con un sole che ferisce e che fa male
    spero di essere giovane e vitale
    e morire con un gesto plateale.
    di uno schianto pazzesco in kawasaky.

    spero che quel giorno dello schianto
    tu mi abbia detto delle cose amare
    senza avere il tempo di farmi le tue scuse.
    spero che tu viva nel rimpianto.

    spero che l’azzurro di quel cielo
    sia per te qualcosa di bestiale
    un azzurro del tutto insostenibile
    ancora peggio di venire al funerale:

    quell’azzurro-cielo deve rimanere
    un colore senza niente di colore
    che il nero in confronto è come il sole
    che riverbera sopra il sangue e le lamiere

    ciao simone
    c.

  74. Ho riletto la poesia di Genti e continua a sembrarmi riuscita…sì è una poesia pop nel senso proprio di *popolare” e di mescolanza di generi alto-basso ma è soprattutto una poesia diretta ed espressionista. Non è che il dolore debba sempre essere “tragedia”, esiste anche il tragicomico, la capacità di autoironia, l’aggrapparsi – se si vuole infantile ma limpido, grazie a Dio – ai propri referenti culturali e non, che siano Schifano e Fitzgerald, Leopardi e la gatta. Dire poi che non vi è struttura mi pare del tutto fuori strada: siamo di fronte al tema classico della catarsi nel ripercorrersi notturno di un sè che va dalla violenza del vaamorìammazzato all’apertura verso il futuro. Indubbiamente il testo, come la maggioranza dei testi, è migliorabile specie metricamente ma la sua *forza* è l’autenticità della voce, inclusi i manierismi che l’autrice esibisce più che consapevolmente, in chiave di grottesco; può non *piacere* il genere ma non se ne può negare l’esistenza e, per quanto mi riguarda, la rilevanza.

    E Simone Cattaneo, ahi, non è più…il che è dannatamente più importante di ogni parola: gli sia la terra lieve.

    V.

  75. raimondo iemma.

    a questo punto mi sento pronto per continuare la discussione davanti a una birra o altra bevanda a te gradita. puo’ darsi che ci si possa comprendere. l’idea della maglietta ammetto che non è male.

  76. @viola ti ringrazio sei una delle poche che ha sentito il bisogno di argomentare e implicitamente di non giudicare come cazzate le opinioni negative su questa poesia. Resto della mia idea, che non ripeto, due sole precisazioni: non si può oscillare tra manierismo delle citazioni (un po’ stucchevole se queste citazioni si ripetono come una cifra immutabile nel tempo, di poesia in poesia) e versi “sporchi”, senza che al lettore venga il sospetto di un non controllo del testo da parte dell’autore. La struttura della catarsi, in questa poesia, non sembra avere un ordine interno, ma procede per giustapposizioni, che non giungono mai alla crisi che un processo catartico deve avere, in questo testo tutto ciò non può esserci perchè non c’è un’autentica messa in gioco dei sentimenti, invece c’è sempre di fondo l’autrice che dice “guardate come sono brava” mi basta poco (il pretesto di un amore finito) per creare qualsiasi gioco illusionistico, il compiacimento di cui parlavo nel precedente intervento.

  77. prendersi il rischio di sostenere la rima e non cadere nel ridicolo mi sembra già un gran risultato. a mio parere però questa non è all’altezza delle tue migliori. ma non penso che lasciar sedimentare avrebbe portato a migliori risultati.
    ogni poesia è misteriosa, nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere (j.l.b.)

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La regina del fuoco

di Maria Gaia Belli
Molto molto tempo fa, quando il cielo era più alto della dorsale, la bambina Pauni viveva in un villaggio sulla montagna. Suo padre cacciava nei boschi per la lunga estate, portava a casa carne e pellicce in abbondanza.

Pietre da taglio

di Anna Franceschini
Il quartiere si dipana in cortili interni portoni d’entrata   numeri civici i fili da stendere senza fiducia corde antiche che non servono a nulla Con le amiche ci si nascondeva si andava un po’ fuori di casa erano deserti di persone Avevo un’amica senza colpa   e senza casa

La società degli uomini barbagianni

di Emanuele Kraushaar
Io sono A. Una volta ho chiesto a mia madre perché mi avesse chiamato così. Non ha detto niente ed è scoppiata a ridere. Ricordo la sua bocca che si apriva e i suoi denti bianchissimi.

Il Mondo è Queer. Festival dei Diritti

Il Mondo è bizzarro, imprevedibile, queer. Le sue stranezze ne costituiscono la ricchezza. Con queste iniziative vogliamo tenere vivo il dialogo sull’idea di persona, collettività e famiglia planetaria, promuovendo attenzione e consapevolezza verso questioni di genere, fragilità invisibili e il nostro rapporto con il pianeta in un momento critico degli equilibri conosciuti.

Morire, un anno dopo

di Rebecca Molea
Mi sono chiesta a lungo cosa sarebbe successo: come avrei reagito alla notizia – piangendo? con sollievo? –, come sarebbe stato il dopo – un senso di solitudine perpetua o, a un certo punto, un’abitudine? – e, sopra ogni altra cosa, che significato avrebbe avuto, per me, per noi, per tutti, la morte.

Reincarnazioni

Spalancò la porta di metallo sbatacchiandola senza riguardo; la lucetta della sauna che aureolava Samstag sembrava accecante vista dal fondo del corridoio angusto e buio; lo chiamano effetto Brocken: così che appena emerso dalla nuvola di vapore,
francesca matteoni
francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Sono nata nel 1975. Curo laboratori di tarocchi intuitivi e poesia e racconto fiabe. Fra i miei libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Acquabuia (Aragno 2014). Ho pubblicato un romanzo, Tutti gli altri (Tunué, 2014). Come ricercatrice in storia ho pubblicato questi libri: Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014) e, con il professor Owen Davies, Executing Magic in the Modern Era: Criminal Bodies and the Gallows in Popular Medicine (Palgrave, 2017). I miei ultimi libri sono il saggio Dal Matto al Mondo. Viaggio poetico nei tarocchi (effequ, 2019), il testo di poesia Libro di Hor con immagini di Ginevra Ballati (Vydia, 2019), e un mio saggio nel libro La scommessa psichedelica (Quodlibet 2020) a cura di Federico di Vita. Il mio ripostiglio si trova qui: http://orso-polare.blogspot.com/
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