due passi ( fare )
Chiara
[ M. C. ]
e fammi vedere: quanto maschio puoi diventare
questo è quello: il solito – noioso insicuro, bevo
e mi trastullo al sole e non articoli che molli frasi
fatte patologiche – e farmi femmina felice, forse
credimi: non è in tuo potere. ho la buona creanza
di non fingere m’interessi quello che – mi dai a bere
[ que se muere dìa a dìa! no quiero beber de tu rio]
vuoi figurare? voglio finire! in fretta questa farsa
covo un comodo atto unico! chetichello dal Circo
para boca te chupo todo: temblor corto y rápido
sei il nocciolo che sputo, senza drupa di ciliegio
sei tedio come ogne membro o ponte lungo
come la coda – in strada – com’autunno
capita una volta all’anno: ripeti la funzione periodica!
mi chiedi cose così: nuovi malanni e vecchi fastidi
ampolla il Nero la bocca diAvola – e cocci di corpi
chiusi nel come nel dove – gettòno
musico la solita solfa del solito spunto
al solito bevo – «in nomine Beck’s et Whisky
y Frozen Daiquiri », bevo «in nomine Brandy
Vodka et Cuba Libre» brindo «en el nombre
del Mambo, della Rumba y del – Cha cha cha»
poetica le sette lettere della parola
epatica poeta le sette note disturba
in una parola ematica – si sanguina
quale derma quale cena quale stella?
scarica a cielo aperto, concimi bene
anche a te ridiedi: la voglia di ridere
vita e sangue che mi succhi e ti nutri
e dimentichi l’altra – e mi dimentichi
dormi placido dormi pago dormi profondo
bevo la cucina bevo piango bevo tutto il tuo
vino, un vino davvero vecchio, marziale epigrammata:
per un vecchio che finge di essere giovane non inganni
personam capiti detrahet illa tuo – sono quella Proserpina
quella che presto strapperà dal tuo volto la maschera
quello che ti doveva ha fatto: sei in salvo dai fantasmi
e adesso che tutto il vino è finito, mi asciugo la bocca
e allungo il passo: prendo la porta e chiudo il cappotto
quanti incubi posso affrontare senza più dormire?
Cameriere, lascia stare! non serve – un altro – calice
versa qui il veleno, qui dove: brucia bene. la ferita!
Jacopo
Sollevarono la testa verso l’alto
apparsa, oltre il cespuglio che li nascondeva,
la luna.
Una reminiscenza liceale lo fulminò:
“La luna è il ricordo di una deflorazione celeste.
Forse ancor prima del menarca, la Terra,
giovane e incandescente,
venne prese di mira da un asteroide libidinoso
che, un giorno, si tuffo’ a bomba
nella gigantesca bacca granata.
Spacchi, schegge, cocci, tronconi,
banane grandi come regioni
presero il largo verso l’alto,
verso l’altro.
I frammenti sciamarono all’unisono per milioni di anni,
come una costellazione impura.
Curiosi, si approssimarono, si unirono
e tornirono in un cielo senz’aria,
rosi o cesellati
solo dal tempo”.
Gli occhioni accidentati,
oltraggiati, improvvisarono una piccola marea,
che li travolse, insieme al menarca, al cespuglio
e al liceo.
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Nel grazie, Francesco [che r’accogli] a passo di Danza [anche] i passi di Dama, felice dell’incastro/incontro con *Gli occhioni accidentati* di Jacopo
Screams – rompere il silenzio
Waking – dai morti di notte
La vendetta è bollente
He’s – tornato ad uccidere la luce
Poi, quando – HE’S – trovato chi cerca di – he’s
Ascolta in soggezione e [you’ll] sentirlo
Abbaio la luna
Anni trascorsi, in tormento
Sepolto in una tomba, senza nome
Ora egli è risorto
Miracoli, avrebbe dovuto salvare
Quelli che questa bestia è, alla ricerca di
Ascolta in soggezione e [you’ll] sentirlo
Abbaio la luna
Sì maledetto, e lo seppellirono
Insieme, con vergogna
E il pensiero, la sua anima senza tempo, era andato
L’inferno che brucia nel vuoto – unholy – uno
Ma ora – HE’S – tornato a dimostrare il contrario
Howling – in ombra
Vivere in un incantesimo lunare
Egli trova il suo paradiso
Vomitando dalla bocca dell’inferno
E quando scopre che cerca di – he’s
Ascolta in soggezione e [you’ll] sentirlo
Abbaio la luna.
Bello, serrato e compatto il testo di Jacopo Galimberti. Ma direi che tutte e due i testi, così giustapposti, spiccano bene.
@EFFEFFE
e se di questi “pasos dobles” se ne facesse una audioantologia?…magari circolante (non solo in rete?)?
Si legge la poesia di Chiara Diano come un’ assunzione della lingua.
Una poesia alcolizzata al dolore, al tempo fermato, al movimento
tra seduzione e distanza, riso e dolore, la possibilità dell’amore
vicino, erotico, e nello stesso momento la realtà dell'”altra”.
Il liquore poetico inonda il corpo, il desiderio entra nell’oblio
e attinge al passo che potrebbe cancellare il manco; paso doble
che mi ha toccata come ago.
In Jacopo leggo la poesia dell’ universo in frammenti di corpi
in atto d’amore e di fantasia, un’esplosione, un’espressione
pura dell’impurità, un gioco delle parole, una creazione potente.
L’immagine di Effeffe è sempre nella danza della seduzione
con la scarpa hors cadre, la scarpa femminine usce sempre
del quadro immaginato, imprevedibile.
Salvatore!
E’ una bell’idea, no la tua?
Immagina due voci che si rispondono
con sotto fondo musica.
@ Véronique:
Ringraziando per parole/pupille/polsi che hanno condiviso e consentito, volevo chiederle se posso usare il suo commento per introdurre il mio Virus # 71 [raccolta che contiene M.C.]. Ha estratto il tutto che – da sempre cerco e cerco di comunicare. E lei mi ha intelletta. E ancora grazie.
@ Daniele:
Che Dante “debba” qualcosa [anche] ai Sepultura; e Pessoa ai Moonspell; e Milton agli Elend; etc… Possiamo dimostrarlo! Che Ozzy pensasse/tributasse Leopardi [già ti dissi] è *leggermente* più complesso anche per noi, eh eh eh! Pure: giàssapevo – nel prima nel poi – avresti perorato il *pastore* che canta (al)la luna!
My best growls!
sempre più su
questi passi fanno volare
c.
Versi giovani, di dolore e rabbia. Chiara e Jacopo un saluto e un abbraccio a entrambi.
Tre oche nel giardino del re.
Cordelia: Cococosa vede un cieco in una notte di LUNA piena? Cococome fa un sordo a sentire il canto primaverile degli usignoli?
Pina: Pipipiegano forse i sensi al loro volere, cercando di raggiungere l’irraggiungibile saltando senza rincorsa in un baratro profondissimo?
Teresa: Tetetemo di no. Il buio a volte è troppo profondo anche per gli occhi di un cieco, il silenzio troppo grande per l’udito di un sordo.
Pina: Pipipiango allora per loro.
Cordelia: Cococosa riserva loro la vita? Cococosa potrà guardare un cieco per trovare una risposta alle sue domande? Cococosa sentirà un sordo nel profondo del suo cuore?
Teresa: Tetetenerezza, dolore, forse calore. Ma senza sapere la risposta a tutti i loro dubbi.
Cordelia: E cococosa si domanda un cieco? Che cococosa si chiede un sordo?
Pina: “Smetterà di pipipioverci addosso, prima o poi?”
Cordelia: Grande domanda. Ma esiste una risposta? O sono forse cococondannati a vagare in eterno alla ricerca di una cococonoscenza che mai nessuno insegnerà loro?
Teresa: Non ti crucciare per un cieco. Tutto quello che può vedere è già nella sua tetetesta. E non penare per un sordo, perché il tetetempo gli porterà tutti i suoni di cui avrà bisogno.
Tre oche nel giardino del re.
Ancora, e ancora, e ancora. E sempre.
Chiara,
Ringrazio per la bella risposta nello slancio poetico.
E certo che è possibile usare il mio commento, anche se barcolla
nella lingua, è un onore.
a me la poesia di Chiara Daino mi eccita.
Lunga vita a Chiara Daino!
stenografico da i-point: sì, bruciano bene.
Hail
Abbraccio nell’abbraccio Nadia che sei e sai
e nel grazie – sempre – Carmine!
@ Daniele:
Assereto, *onde siccome suole* leggerLa, La Dama ri-conosce i suoi testi *riciclati!* eheheh;) Si vergogni! La perdono solo per l’AmatOzzy! Ché non merito un commento originale, vergato per l’occasione? [Tapiname! Le tende! Le tendeee!]
@ Véronique:
E grazie, cuore gonfio, davvero. Questa mia ultima raccolta che rilega/relega i miei molti maschi nel dove [si] meritano non poteva trovare parole migliori delle sue – per riassumere la condensa del miocardio tutto spine. E ancora: Véronique, la sua Lingua è perfetta. L’unica che barcolla – è l’ennesima storia, che si vomita: in versi. E si dimentica. Grazie
@ Jacopo:
Felice le mie Frasi/Parole siano quella *Fase di Plateau*! Ché, finalmente, ho danzato con un uomo che non vuole eliminarmi! Grazie Jacopo! Nell’a presto dei prossimi passi [da fare], della Danza che ci destina…
“Non è questa una sera soffice
a colmare una mancanza muta
ma non è per questa sola sera
non è per questo mare immoto
che ripenso alla fragile vita
che m’indubbio tra miti ed idee.
Sulle spalle la testa s’infiamma
solo gli occhi rimangono immoti
a fissare momenti creduti
momenti ceduti
poi vuoti.
Ma fuori c’è un vento che incalza
che innalza un furore temprato
che tutto trascina e sommuove
che scalza
le cortine del morto torpore
ora il sonno è spezzato ed il senno
di trovare non più cercherò
or che il vento ha cantato col mare
del gran moto il mio urlo farò.”
[I miei complimenti ad entrambi! Chiara grazie della forza che risiede, che danza e che esplode, che esilia la pace dei morti dimentichi d’essere vivi!]
G:A:
L’assenza di originalità non è tanto nel testo [ri]utilizzato, quanto nel contenuto quando scarseggia. Debbo confessarlo: quando la Luna s’è fatta viva [E VIVA!: almeno Lei non è a Staglieno] ho deciso per quel passaggio, senza pensare a quanto dolore avrebbe inflitto alle tende. Tende che diventano sempre più resistenti, sempre più dure, sempre più capaci. E il contenuto non diventa degno di memoria in base alle tende strappate. Neppure se decide di seguire orme già talmente battute che si vedono ancora i falò in lontananza.
A te, grazie. Ancora e oltre il sempre.
@ Guglielmo:
e nel grazie sia fiamma felice e fiera il tuo incedere/incidere l’italico idioma!
@ Daniele:
di tenda in tenda – yeah, they were poets, we are THE D!
http://www.youtube.com/watch?v=vOBKxUT9Da4&feature=related