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Il convito [Eracle #4]

convito_3
di Ginevra Bompiani

In realtà non era venuto lì per banchettare. Doveva occuparsi del cinghiale; ma traversando la terra dei centauri si era fermato con loro, vinto dall’ospitalità. Gli avevano cotto le carni, che di solito mangiavano crude. Avevano conversato con lui, e messo a tacere la metà animale: per una volta che potevano trattarsi da uomini.

C’era perfino Chirone, il saggio. E pareva un convito di vecchi sapienti, le zampe nell’ombra, le mani alacri, le teste dritte, a raccontare. Ma fu l’entusiasmo intellettuale a perderli. Il desiderio di celebrare quell’incontro di parole. E la Festa, con il suo slancio rituale, riportò il corpo alla luce. Eracle si curvò a bere dall’anfora quel liquido oscuro che ancora non si sapeva mescolare con l’acqua. Un dono di Dioniso, inaugurato per l’occasione, di cui s’ignorava il potere di confondere lo spirito alla sua ombra, di fare di due metà un tutto.

Allora gli zoccoli cominciarono a parlare, la lingua a danzare, le mani a vedere e gli occhi a combattere. Quel che era diviso si riunì, quel che era unito si divise – in due campi. Eracle volle rimanere dalla parte dell’intelligenza: ma anche per lui tutto si era confuso, e le sue frecce colpirono i mansueti. Ferirono per sempre Chirone, uccisero l’ospitale Folo, e risparmiarono i furioso, fuggiti nelle selve.

E questo imbroglio apparve così tremendo agli occhi di Eracle, tanto lo disperò, che quando tornò a Micene con il cinghiale vivo appeso alla spalla, e ancora una volta gli dissero che Euristeo si era nascosto al suo arrivo nel recipiente di bronzo per non doverlo vedere, gli andò sopra con la sua preda, si affacciò all’orlo del vaso da cui sporgevano la testa e le braccia del re, e lo spaventò a morte scuotendogli sul capo la bestia legata.

Era partito per un’impresa, e si era trovato in un’altra, che era un errore. Che gli importava di quel cinghiale vivo, quando aveva visto coi suoi occhi spalancarsi le porte di Dioniso e irridere i suoi sforzi a favore della misura? Come poteva lui solo far fronte al selvatico, all’eccesso, alla dismisura? Quando il clamore bacchico sfondava con le sue corna di toro le esili pareti tessute dalle pacate divinità? Chiudeva una falla e un’altra si apriva.

Lui e il cinghiale non formavano, affrontati, due metà di un tutto, come le zampe e il torso dei Centauri? Se anziché battersi si fossero fusi, quale non sarebbe stata la loro potenza?

Perciò, furente, scrollò sulla testa del re quella sua vittima insulsa, quella sua ombra animale, in cui, non per la prima volta, aveva riconosciuto un dio. Lo stesso che abitava la groppa di Chirone e che lo rendeva immortale. E se Dio e Bestia sono tutt’uno, quale sfida spingeva Eracle a battersi contro entrambi, da uomo? Il Centauro porta con sé cielo e inferno, ma Eracle è il campione di chi li vuol vedere disgiunti per cintare sulla terra la sua strada diritta.

[Questo è il quarto di tredici racconti sulle dodici fatiche di Eracle e resto. E per dare altri numeri Il convito è incluso in una raccolta intitolata Le specie del sonno uscita nel millenovecentosettantacinque per i tipi di Franco Maria Ricci e riedita da Quodlibet nel millenovecentonovantotto. Nella prefazione Italo Calvino ha scritto Per i miti una prima volta non c’è mai stata; o ogni geroglifico si sovrappone la storia delle sue decifrazioni; è così che nel nostro confronto col mito, sia la sua immagine che la nostra immagine si moltiplicano come in una stanza foderata di specchi. E specchio sia, anche NI. Il tavolo in apice è un progetto di Raul Barbieri. La prima fatica di Eracle è qui, la seconda qui, la terza qui.

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6 Commenti

  1. molto bello, Chiara, questi pezzi di Ginevra Bompiani sono allo stesso tempo svagati e pungenti, mitologici e attuali, grazie assai.

  2. è vero sparz sono svagati e pungenti, sono divertiti e analitici. io li avevo letti anni fa, poi ogni tanto li rileggo, un po’ perché la mitologia mi piace, un po’ perchè mi divertono le variazioni. comunque, grazie a te.
    e grazie a lucia per aver fornito l’adatta colonna sonora!
    buona domenica
    :-)
    chi

  3. si ritrova Desdemona a scoprire di dire cose differenti da quelle che credeva :” …Non è del canto questo il lugubre fin…”.

  4. Quanta attualità in queste storie apparentemente lontane e quanta capacità di riflessione. Anch’io amo la mitologia, perché mi inquieta la ragione. Due volte grazie: a chi ha scritto e a chi mi ha permesso di leggere.

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