Vivo e lavoro a
Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e
Sud, collaboratore dell’
Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese
Focus-in. Spettacoli teatrali:
Do you remember revolution, Patrioska,
Cave canem,
Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori
Osvaldo Soriano Football Club,
Era l’anno dei mondiali e
Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera).
Métromorphoses,
Autoreverse,
Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York,
edizioni La Camera Verde,
Chiunque cerca chiunque,
Il peso del Ciao,
Parigi, senza passare dal via,
Il manifesto del comunista dandy,
Peli,
Penultimi,
Par-delà la forêt. ,
L'estate corsa
Traduttore dal francese,
L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa,
Immediatamente di Dominique De Roux
Bellissima.
La fuga è il silenzio del mare pieno,
quando il nuotare non tocca sabbia
dentro oggetti trovati del cuore
sfiorano la superficie dell’acqua
Caserta come punto d’ancoraggio
li sangue vivo della tua origine
ha il colore della prima giornata
la fuga sulla terra gialla,
corsa selvatica dietro la paura
Caserta come lingua del vento salino
il tuo cuore a nudo,
tu lo sai, la solitudine in mare
in fuga non esiste,
dentro si mormora le voce del desiderio
e nuotano le isole dell’infanzia.
Grazia a te, voyageur, poète , homme de belle humanité.
Grande effeffe uno dei photoshoperò più belli, intensi, poetici. Riccchissimo. Da vedere e rivedere, per attizzarsi a scovare, con incanto, le mille pepite nascostevi. Bellissimo esempio di poesia concettuale e multimediale, audiovisiva. Posso fare una piccola nota critica? Curerei di più il ritmo delle sovrimpressioni scritte (nella prima parte sono armonizzate a quelle delle immagini, nella seconda parte diventano un po’ troppo veloci. Forse avrei escluso la citazione finale di Laborit, suona pleonastica, l’intero photoshoperò è di per sè un magnifico elogio della fuga , intesa proprio nel senso culturale e biologico datole da Laborit. Insomma, per citare Jack Nicholson in “Cinque pezzi facili”, egli dice, confessando i suoi smarrimenti davanti al padre paralizzato nella lingua e nei movimenti : “Io non fuggo, non scappo, semplicemente mi allontano dalle cose che vanno a male…”.
Ma questo è un commento di getto. Il tutto è da vedere e rivedere, e ad ogni modo sempre i miei più vivi complimenti, per gli straordinari stimoli dei photoshoperò.
Davvero bello, fili di immagini e parole che si srotolano
dimmi ora
che l’hai r a p p r e s o il viso
e la digitale ha raggelato ogni linfa
in quei grammi di luce pesta memoria
pesata in un ciclo diverso
dimmi cosa
dimmi
cosa ti è rimasto nella muta del sangue?
Un castello o un cestello di mollette colorate
acque reflue della passione fattasi meno di segni
filiato-io di reti da caccia
al(b)a che non arriva mai alla sorgente della notte e
resta àncora il buio
nel cristallino del occhio
come in uno scavo nella f(r)onte.
ef-fe per ringraziare effe
ma lo sai che mi hai commosso!
effeffe (commosso viaggiatore)
La cellula (impazzita e dissidente) W. Benjamin (già M. Proust) di Ischia del PARTITO COMUNISTA DANDY , che si batte instancabilmente contro la “zittatura del paroletariato”, segnala un delizioso libro di Ulf Peter Hallberg, “Lo sguardo del flaneur”, Iperborea Milano 2002, pp. 317, euro 18,00, prefazione di Claudio Magris: con la compagnia fantasmatica di Walter Benjamin e Anna Blume, l’autore viaggia attraverso la vecchia Europa, da Berlino a Praga, da Mosca a Pietroburgo, da Kiev a Cracovia, da Bratislava a Budapest, ma anche a Parigi, New York, Vienna. Interroga Paul Auster e Robert Menasse, Elfriede Jelinek, Péter Nàdas, Peter Estherazy, Gyorgy Konrad, Reinhard Jirgl, Ivan Klima, Gisela Freund, Yves Bonnefoy, gli attori orfani di Kantor etc.
Come un’ombra, il flaneur sfiora le cose, gli oggetti, le persone senza sistematicità, muovendosi ai margini, non cerca una (improbabile) risposta definitiva essendo la realtà precaria e impermanente. Citazioni e fotografie si alternano in un testo tra i più amati dai comunisti locali (instancabili flaneur tra il balconcino fiorito e il cesso, dalla cucina al letto-divano-scrittoio).
grandissimo cellulare che dissidi ( cifra comunista dandy di tutte le cellule comuniste dandy è l’eresia.erosia) tenterò di procurarmi il libello sul flaneur circonflesso. saluti al castello aragonese che vegliò sulle nostre creazioni
effeffe
Il vero miracolo
era di rimanere inchiodato
per un solo braccio
al destino
mi piacque molto.
Grande Giorgio! C’ è un tessera per me al PCD “M.Proust” di Ischia?
Per averla, sono disposto a leggere non solo “lo sguardo del flaneur”, ma anche tutti gli altri libri che segnalerai e, previo esame di ammissione, accere alla sospirata tessera. Così ci aggiorniamo : negli anni cinquanta sessanta ( e anche inizio anni settanta nei paesi) prima di avere la tessera del Pci bisognava attaccarne manifesti, montare e smontare palchi e vendere l’unità la domenica! Ah, che tempi!….O tempora o mores!
bello davvero, un canto da zingaro cardillo…V.
la vita è altrove:qui
c.
sono molto d’accordo col primo commento di Salvatore d’Angelo. Ma il risultato è comunque visionario, come da effeffico manuale, del resto.
Se nei cinema, t’immagini?, si proiettasse una cosa così per una bella mezz’ora, forse il pubblico comincerebbe a svegliarsi un tantino e a uscire dalla debordiana società dello spettacolo, per entrare in uno stare insieme più umano.
@ sparz
..e quello che dici, a proposito del pubblico, succederebbe proprio perchè effeffe ha ben letto “criticamente” la “società dello spettacolo” di Debord, e ne applica la lezione attraverso la creatività dei suoi photoshoperò.
fringuellante e insieme sfringuellante